04/11/16

Fare la baby sitter a Napoli. Storie di ordinario sfruttamento

Fare la baby sitter a Napoli: una testimonianza che domanda organizzazione e lotta autonoma delle donne lavoratrici ovunque siano - a Roma il 25 nov. portiamone la voce e le istanze - mfprnaz@g.mail.com  


Allo sportello legale della Camera Popolare del Lavoro di Napoli (all'interno dell'Ex OPG "Je so' Pazzo") veniamo a contatto con lavoratrici e lavoratori diversi per età, per impiego e mansioni svolte: una grande varietà che ci permette di saggiare a livelli differenti quale sia la condizione della classe oggi nei luoghi di lavoro.

A partire delle singole situazioni che i lavoratori ci presentano allo sportello, ci dobbiamo confrontare con diverse tipologie di padroni e padroncini e individuare, di volta in volta, lo strumento più adatto per risolvere il problema specifico. Non sempre si tratta di una lotta gloriosa, ma tutte le volte è una sfida, una battaglia individuale combattuta per il riconoscimento dei propri diritti (giusta retribuzione, tfr, uscita dal nero…), che si trasforma man mano nella presa di coscienza, nel desiderio condiviso di rivendicare dignità e migliori condizioni.

I lavoratori che più di frequente si rivolgono a noi provengono dal settore della ristorazione e dei lavori “di cura”, in particolare oggi vogliamo raccontarvi cosa significa fare la baby sitter a Napoli.

Distacchiamoci dall'immaginario che ci riportano film e telefilm americani: le baby sitter non sono teen agers che guardano la tv mentre i bambini dormono e i loro genitori sorridenti sono andati ad
una cena di lavoro… o meglio, possiamo dire che se la seconda parte è verosimile, la prima è assolutamente irreale. Sì, perché fare la baby sitter a Napoli è molto di più!
Fare la baby sitter a Napoli significa innanzitutto lavorare a nero, nonostante esista un contratto collettivo nazionale che regoli mansioni, responsabilità, stipendio e diritti.
Fare la baby sitter a Napoli significa non solo badare ai bambini in casa, ma anche accompagnarli a scuola, alle attività sportive, dagli amici, aiutarli nei compiti e all’occorrenza preparare il pranzo, la cena e lavare la cameretta, il bagno, la cucina… come se fare l’autista, l’insegnante, la cuoca e la collaboratrice domestica fossero tutte mansioni comprese nel lavoro di baby-sitter!
Fare la baby sitter a Napoli significa percepire un paga che nel migliore dei casi arriva a 6 euro l’ora, con cui si cerca di arrivare a fine mese, di pagare l'affitto e le bollette e le tasse universitarie, con l’aggravante di dover sopportare non tanto i “capricci” dei bambini, ma quelli dei loro genitori! Perché i genitori sono datori di lavoro capricciosi, ti rifiutano come se fosse una pretesa assurda il rimborso per il biglietto della metro o della benzina per i vari spostamenti, ti chiamano nel giorno libero e ti pregano di correre entro mezz’ora perché il bambino non sta bene, e magari il giorno dopo ti cambiano l’appuntamento, o ti dicono di saltare la giornata, perché tanto “non servi”, hanno già risolto… e quindi niente paga.
Ma cosa succede se un giorno dovessi stare male tu? Se un giorno non potessi andare perché hai una visita medica importante da fare?
I datori di lavoro si imbestialiscono e scaricano su di te tutte le loro frustrazioni perché non sanno a chi lasciare il bambino! Neanche a parlarne di diritto ai giorni di malattia, ai permessi retribuiti, alle ferie, agli straordinari, per il lavoro notturno, per il lavoro festivo…tutto ciò non esiste.
Fare la baby sitter a Napoli significa subire un trattamento tanto più umiliante quanto più sei un soggetto debole e ricattabile: le ragazze immigrate lavorano a condizioni ancora peggiori e con paghe ancora più basse.
Allora cosa si può fare? E cosa possiamo fare noi? Intanto informarsi, conoscere i propri diritti, cominciare col prendere a riferimento il contratto collettivo nazionale… Per tutto questo e per qualche aiuto in più si può passare allo sportello legale ogni mercoledì alle 18:00 – da settembre ad oggi siamo riusciti a strappare qualche "soldino" a padroni danarosi che rifiutano persino di versare il tfr alle baby sitter licenziate in tronco per i motivi più assurdi.
E per sentirsi meno soli, rassegnati e scoraggiati, quando non si hanno colleghi con i quali confrontarsi, oltre allo sportello c’è la Camera Popolare del Lavoro, lo spazio dove lavoratrici e lavoratori possono condividere le proprie vicende e capire quali sono i mezzi per migliorare le condizioni di lavoro di tutti!

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