Come Movimento Femminista Proletario
Rivoluzionario abbiamo aderito al soccorso rosso proletario e lanciato un appello a tutte le compagne e donne proletarie a mobilitarsi
per la fine della tortura bianca su Nadia Lioce. Nel seminario del 6 giugno a
Palermo, l'assemblea del 20° anniversario del MFPR ha espresso solidarietà alla prigioniera politica, con l'impegno a
mobilitarsi per porre fine alla sua attuale
detenzione.
Da oltre 10 anni Nadia Lioce è
sottoposta a un regime di "carcere duro, più duro degli altri": il carcere di
L'Aquila in 41 bis, dove "le detenute sono trattate peggio dei boss mafiosi" e le
condizioni di isolamento già gravi, riservate ai prigionieri politici, sono
state per lei ulteriormente inasprite da oltre un anno, con la misura dell'isolamento
disciplinare.
Particolarmente odioso e
inaccettabile, già sotto il profilo costituzionale, è il limite imposto
dal dipartimento di amministazione
penitenziaria alla lettura/cultura per chi è sottoposto a un regime di 41 bis,
come è avvenuto per Nadia Lioce, contro le stesse sentenze della
magistratura.
Su questo è stata avviata la
campagna "pagine contro la tortura", ma ciò che a noi, come compagne,
donne proletarie, comuniste rivoluzionarie preme è denunciare con forza alle
masse proletarie l'aspetto controrivoluzionario dell'applicazione del regime del
41 bis a Nadia Lioce e agli altri prigionieri rivoluzionari. Quello punitivo,
disumano e degradante è innegabile, lo si è visto con la morte da Stato di Diana
Blefari e noi non vogliamo ricordare queste donne, le donne combattenti, la loro
vita, le loro scelte solo dopo morte o solo per il passato, ma guardando in
prospettiva verso il futuro.
Queste donne, al di là di scelte di
lotta alla fine perdenti poiché non basate sulla mobilitazione delle masse nella
guerra di popolo contro questo sistema capitalista, hanno avuto il merito di
riaffermare, dopo gli anni della Resistenza, contro una visione delle donne
“pacifiche e non violente”, la necessità della lotta rivoluzionaria in cui le
donne siano in prima fila per mettere fine all'unica vera violenza, quella
reazionaria dello Stato borghese, fascista e
maschilista.
Con l'applicazione del 41 bis ai
comunisti rivoluzionari è proprio l'emergenza della necessità della lotta
rivoluzionaria che si vuole colpire.
Che questa necessità sia diventata
un'emergenza non è certo un mistero per chi ci governa ed è la naturale
conseguenza delle politiche da macelleria sociale, attuate con la complicità di
sindacati venduti.
Che questa necessità sia diventata
un'emergenza non è neanche più un mistero per le stesse masse proletarie, sempre
più a fare i conti con la repressione quando si battono per il diritto al
lavoro, alla casa, alla salute.
Quello che forse è ancora un mistero
per il proletariato è il nesso tra "lotta alla mafia", come la chiama lo Stato,
e lotta alla classe proletaria, così come disciplinata dall'estensione, nel
2002, dell'applicazione del 41 bis ai prigionieri rivoluzionari.
Capire questo nesso non è facile,
soprattutto se si fa della campagna contro il 41 bis una pura questione di
civiltà, perché al di là delle approssimazioni giustizialiste che anche i
proletari sono portati a fare, il 41 bis viene percepito dalle masse come una
forma di protezione dei cittadini dalla
mafia.
Ma il dubbio ci aiuta a dirimere
ogni confusione:
Se la funzione del 41 bis è
"ostacolare le comunicazioni dei detenuti con le organizzazioni criminali
operanti all'esterno e interrompere i flussi
comunicativi che rappresentano la linfa vitale delle organizzazioni criminali",
perché accanirsi sui prigionieri politici se la loro organizzazione non
esiste più? Quale "organizzazione criminale operante all'esterno" teme
oggi lo Stato? Può "Il Capitale" o il "Manifesto del Partito Comunista"
rappresentare "la linfa vitale" di una non più esistente "organizzazione
criminale"?
Evidentemente sì ed è tutto qui il
carattere oscurantista e
controrivoluzionario dell'estensione del regime del 41 bis ai prigionieri e alle
prigioniere politiche rivoluzionare. E' in quello spettro che si aggira per
l'Europa "l'organizzazione
criminale" da colpire ed è in quei 'Proletari di tutti i paesi,
unitevi!' la "linfa vitale dell'organizzazione criminale" e uccidendo la
conoscenza, la solidarietà di genere e di classe vogliono sterilizzare l'idea
stessa di rivoluzione.Per questo noi
donne del mfpr siamo contro ogni discorso interclassista. “Le donne, come gli
uomini sono reazionarie, centriste o rivoluzionarie, non possono di conseguenza
combattere la stessa battaglia. Attualmente la classe distingue gli individui
più del sesso…” (Mariategui).
E diciamo che contro la violenza reazionaria, sessista, di
morte, noi siamo per la violenza rivoluzionaria. Noi siamo, e lo vogliamo sempre
più, legate a filo rosso con le partigiane, consideriamo parte della nostra
storia anche le combattenti della lotta armata degli anni 70, noi siamo con le
compagne maoiste della guerra popolare in India, come con le combattenti curde
di Rojava, con le Palestinesi che danno la propria vita per mettere fine alla
violenza del carcere eterno di Israele, ecc.
Noi siamo con le ragazze delle
tante banlieues sparse nei nostri paesi imperialisti che si ribellano contro la
tripla oppressione, e non trovano ancora la risposta rivoluzionaria che dica:
SI, è giusto ribellarsi!
Come diceva Marx, la violenza
rivoluzionaria è la levatrice della storia, è il bello non è il brutto, perché
tramite la violenza rivoluzionaria è possibile mettere la parola fine a tutto il
brutto, allo sfruttamento, agli stupri, alle uccisioni, a tutte le forme di
violenza sessuale, agli orrori, all’oppressione infinita, alle guerre...
E
noi, come donne, abbiamo doppie ragioni per ribellarci!
Per tutto questo saremo in marcia a dicembre, per preparare il nuovo sciopero delle donne
e portare le esperienze più significative di questi 20 anni di lotta del
mfpr.
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