08/12/25

Formazione rivoluzionaria delle Donne - Tendenze nel movimento femminista in Italia, oggi - Nudm - 1° parte

Questo testo di analisi critica delle posizioni di Nudm è contenuto sempre in questo opuscolo. Oggi pubblichiamo una prima parte, con le parti più significative di questo lavoro teorico.

La seconda parte sarà pubblicata la prossima settimana.

L'opuscolo "360" contiene tanti altri importanti testi, che affrontano una serie di altre questioni teorico, ideologiche, politiche che sono attuali nel dibattito e lotta di posizione nel movimento femminista.

Per richiedere l'opuscolo scrivere a: mfpr.naz@gmail.com o WA 3408429376

Da dove nasce il movimento Nudm in Italia

In Italia a partire dal 2016 si è sviluppato un grande movimento di donne che si è incarnato principalmente nella realtà di NUDM.

Il fatto che Nudm, oggi, per la composizione di classe, rifletta principalmente le concezioni/posizioni di fondo e generali del femminismo e sia quindi espressione e sintesi delle sue varie facce, ci permette di fare questa analisi riferendoci a Nudm;

Nei primi mesi del 2014 a Roma vari collettivi femministi, alcuni provenienti principalmente dall’esperienza delle occupazioni di case, decisero di costituirsi in rete e assunsero il nome “Io Decido”, facendo riferimento alle donne spagnole che lottavano per la libertà di scelta in materia di procreazione. Nelle prime assemblee costitutive venne messo al centro il concetto del partire da sé e della relazione tra donne fuori da meccanismi gerarchici di potere; da qui l’importanza data ai momenti assembleari come unici luoghi delle decisioni.

Altro elemento era la volontà di costruire un soggetto collettivo intersezionale, capace cioè di connettersi con i molteplici aspetti della soggettività e forme di oppressione imposte dall’attuale sistema sociale, rifiutando il binarismo sessuale, uomo-donna, e l’eterosessualità come norma imposta socialmente, ma collegandosi alle lotte delle soggettività lesbiche, gay, transessuali, bisessuali attorno al movimento LGTB-queer...

Nel corso di due anni furono organizzate molteplici iniziative, per esempio contro l’obiezione di coscienza di medici e farmacisti, per l’applicazione della 194 e il rilancio dei consultori ecc.

Il 29 maggio del 2016 a Roma ci fu il femminicidio di una ragazza di 22 anni, Sara Di Pietrantonio, uccisa e bruciata dall’ex fidanzato che fece scattare a livello nazionale una forte indignazione per la sua crudeltà. Si sentiva forte l’urgenza di trovare forme nuove per lottare contro una realtà concreta fatta purtroppo di femminicidi, di stupri e di violenza ormai quotidiana e di unire le varie realtà impegnate su questo fronte.

Da qui l’obiettivo della costruzione di una rete nazionale… il nome poi scelto di “Non una di meno” era in collegamento con il movimento “Ni una menos” delle donne argentine.

Si è man mano formato un vero e proprio movimento che è entrato nella scena pubblica a livello nazionale con la prima e grande manifestazione del 25 novembre a Roma contro la “violenza maschile sulle donne”, cui è seguita l’indomani, il 27 novembre, la prima assemblea nazionale con l’obiettivo annunciato della stesura di un Piano nazionale femminista contro la violenza maschile sulle donne costruito dal basso attraverso una pratica politica orizzontale.

Dopo la prima manifestazione nazionale, diverse iniziative sono seguite con lo sviluppo della varie diramazioni territoriali di NUDM in tante città sul tema della violenza/femminicidi, contro le sentenze sessiste dei tribunali, sul tema dell’aborto e contro la disapplicazione della 194; antirazziste, fino ad arrivare all’assunzione a livello di movimento nel 2017 della parola d’ordine dello sciopero delle donne (che in Italia l’Mfpr aveva lanciato e concretizzato in primo evento storico ed eccezionale già a partire dal 2013), anche sulla spinta propulsiva dell’appello della donne argentine e polacche di organizzare lo sciopero l’8 marzo in tutto il mondo, uno sciopero scrive NUDM “…che riconnettesse sfera pubblica e sfera privata, produzione e riproduzione…”.

In merito a queste mobilitazioni, iniziative, manifestazioni che hanno portato in piazza centinaia di migliaia di donne abbiamo scritto: “I fatti sono sempre più duri e più veri delle parole, e ci riferiamo ai ‘buoni fatti’ della combattiva opposizione al governo e alle politiche fasciste/populiste/ sessiste/razziste del movimento NUDM, ma le parole non vanno sottovalutate... necessità della lotta anche rispetto alle parole, alle ideologie, alle teorie che li accompagnano e che prima o poi possono tornare ad influire sui fatti, perché sono espressioni di classi, e in questo caso della piccola borghesia maggioritaria come concezioni, ideologia e conseguente prassi nel movimento…”.

...Un movimento che porta in piazza centinaia di migliaia di donne non si può far finta di non vederlo, o liquidarlo tout court in modo superficiale o infantile dicendo che in quel movimento sono tutte piccolo borghesi e pertanto le proletarie, le lavoratrici, le operaie non se ne devono interessare.

Ma partecipare e agire nel movimento pensando che in quanto donne siamo meccanicamente tutte uguali e unite sugli stessi obiettivi e linea di lotta, è altrettanto sbagliato, significa cadere nella rete dell’idealismo dell’opportunismo, perché in questa società capitalista divisa in classi le donne non sono tutte uguali, le donne sono borghesi, sono piccolo-borghesi, sono proletarie, e come ha affermato Mariategui, il fondatore del Partito Comunista Peruviano, che ha analizzato la questione delle donne a partire dalla condizione di oppressione nel suo paese, “…attualmente la classe distingue gli individui più del sesso… le donne sono reazionarie, centriste o rivoluzionarie e di conseguenza non possono combattere la stessa battaglia”. Il femminismo, quindi, non è una cosa unica, c’è il femminismo borghese, piccolo borghese e il femminismo proletario.

Il piano femminista

...Non Una Di Meno, in occasione della prima grande manifestazione del 25 novembre 2016 annunciò la presentazione del «Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere», ponendolo come obiettivo di fase...

La filosofia di questo piano è quella di voler migliorare/cambiare dall'interno questo sistema borghese, imperialista… Si persegue una trasformazione culturale e politica, che avverrebbe principalmente sul piano delle idee, dell'educazione.

Sulle illusioni di poter cambiare le idee, senza rovesciare il sistema capitalista, la classe borghese dominante, già tanti anni fa Marx ed Engels hanno detto parole definitive: "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché a essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio (...)". [Marx Engels, L'ideologia tedesca]

Circa i tre quarti dell’intero piano femminista contro la violenza maschile sulle donne, sono incentrati su una trasformazione culturale e politica della società, sul potenziamento di consultori e CAV “laici e femministi”, il riconoscimento di quelli autogestiti dalle donne e il loro intervento formativo/educativo a vari livelli (scuole, nidi e università, istituzioni politiche, media e industria culturale, aziende, luoghi di lavoro, ASL, magistratura, avvocati, consulenti, forze dell’ordine, polizia penitenziaria ecc… E su intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile e di genere sulle donne”...

Sulla questione della violenza sessuale, si dice che la "violenza è strutturale" solo per dire che non è frutto di individui ma è insita nella società, nella famiglia, ecc. Un pò poco decisamente.

Non si fa un'analisi di classe di questa società, non si denuncia che è questo sistema capitalista la causa principe inevitabile, e che quindi non si può chiedere allo stesso sistema di non essere tale, e di conseguenza non si fa, anzi si contrasta, una lotta delle donne che abbia come prospettiva il rovesciamento della società capitalista.

Non si spiega mai, in maniera esplicita, l’origine del patriarcato. Certo, si “riconosce l’intreccio tra la matrice patriarcale e quella capitalista delle oppressioni”, e si dice: “la violenza di genere non è un’eccezione o un’emergenza del momento, ma il prodotto del patriarcato che ha una storia millenaria.

Patriarcato che nel sistema capitalistico ha trovato nuova linfa vitale, a partire dalla divisione sessuale del lavoro che ha relegato le donne dapprima nella dimensione domestica - facendo così della famiglia etero-normata e mononucleare il cardine della riproduzione sociale -, in secondo luogo includendole nel mercato del lavoro al prezzo di nuove violenze, disparità e ingiustizie”; ma questa affermazione è in realtà un insidioso sofisma, che crea confusione, sia sull’origine del patriarcato, sia su quella del sistema capitalistico, e stride con l’analisi storico-materialistica della condizione di oppressione delle donne.

(L’analisi storico materialistica di Engels e Marx dimostra che c’è stato tutto un lungo periodo, dallo stato selvaggio alla fase barbara, in cui veniva riconosciuto il ruolo centrale della donna, come determinante nel sistema sociale. I mezzi di produzione (terra, strumenti rudimentali) erano di proprietà collettiva e i beni equamente distribuiti.
Nell’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato Engels dimostra che nella società di tipo comunistico la differenza sessuale non era fonte di disuguaglianza, le donne non erano in condizione di subalternità.
Con lo sviluppo della proprietà privata legata allo sviluppo degli strumenti di produzione che portarono ad un progressivo accumulo di beni oltre la necessità immediata, si pone l’esigenza di tramandare ai figli maschi questa proprietà, “le ricchezze, nella misura in cui si accrescevano, da una parte davano all’uomo una posizione nella famiglia più importante di quella della donna, dall’altro lo stimolavano ad utilizzare la sua rafforzata posizione per abrogare, a vantaggio dei figli maschi la successione tradizionale…”. Dal diritto materno si passa a quello paterno e la prima divisione del lavoro è la divisione tra uomo e donna.
La nascita della proprietà privata e il conseguente passaggio dal matriarcato al patriarcato pone per le donne la base storico-materialistica della condizione di oppressione e subordinazione “segna la sconfitta sul piano storico universale del sesso femminile”, “la monogamia fu la prima forma di famiglia (patriarcale) che non fosse fondata su condizioni naturali ma economiche, precisamente una vittoria della proprietà privata sulla originaria e spontanea proprietà comune… essa appare come un soggiogamento di un sesso sull’altro… la prima divisione del lavoro è quella tra uomo e donna per la procreazione dei figli…” 
(Marx) la prima forma di antagonismo fu quella tra uomo e donna”.)

Questa ambiguità di fondo è corroborata anche dalla parte introduttiva del piano di NUDM, quando si afferma che “La violenza maschile è espressione diretta dell’oppressione che risponde al nome di patriarcato, sistema di potere maschile che a livello materiale e simbolico ha permeato la cultura, la politica, le relazioni pubbliche e private. Oppressione e ineguaglianza di genere non hanno quindi un carattere sporadico o eccezionale: al contrario, strutturale. Non sono fenomeni che riguardano la sola sfera delle relazioni interpersonali, piuttosto pervadono e innervano l’intera società... Il patriarcato, e dunque la violenza maschile, sono inoltre da sempre funzionali alle logiche del profitto e dell’accumulazione capitalistica, all’organizzazione della società secondo rapporti di sfruttamento”. Con questo paralogismo, sembrerebbe che la divisione della società in classi, e quindi l’origine del patriarcato, sia in realtà indipendente dal sistema capitalista, quasi fosse un “di più”, che merita di essere menzionato solo a fine discorso.

Anuradha Ghandy nel suo libro, analizzando il femminismo radicale che al suo interno racchiude diverse tendenze o sottotendenze tra cui quella del femminismo culturale, scrive: “…mentre si formulano critiche estremamente forti sulla struttura patriarcale – della società – le soluzioni che si offrono sono di fatto riformiste… anche se hanno iniziato analizzando l’intero sistema – affermando che si deve trasformare e cambiare – la loro linea di analisi li porta in canali riformisti…”.

La linea ideologica/teorica alla base del «Piano femminista” di NUDM rientra in questa analisi, perché accanto all’affermazione che la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere sono sistemiche, strutturali, cioè insite nel sistema capitalista etero-patriarcale, le “soluzioni” proposte vanno nella direzione invece di voler cambiare dall'interno questo sistema borghese.


(CONTINUA)

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