20/05/25

Taranto - Richieste condanne contro i porci/violentatori autisti dell'Amat - Il 29 maggio il Movimento femminista proletario rivoluzionario sarà al Tribunale

La novità positiva è che, a differenza di altri processi che usano uno stato di debolezza, difficoltà della donna per dire che era "consenziente" (ultima la sentenza per il figlio stupratore di La Russa); in questo processo a Taranto, invece, è un fondamentale elemento aggravante, probante delle violenze e abusi sessuali.

La ragazza deve avere almeno questa giustizia e non subire violenze anche in Tribunale. Le compagne Mfpr di Taranto ci saranno. 

Dalla stampa locale

"Richieste di pena a carico di 8 autisti dell’AMAT, azienda di trasporto pubblico di Taranto accusati di aver abusato sessualmente di una ragazza disabile in più occasioni all’interno dei bus fermandoli in luoghi appartati.
5 anni e 6 mesi di carcere per cinque imputati e altri  6, 4 e 2 anni e mezzo di carcere per altri tre nel processo del 15 maggio.
Le accuse sono di violenza sessuale aggravata, atti persecutori e abuso d’ufficio con l'aggravante di aver approfittato della condizione di disabilità mentale della ragazza. I fatti contestati risalgono al periodo tra il 2018 e il 2020 quando la giovane, all’epoca dei fatti una minorenne che si affidava quotidianamente ai mezzi pubblici locali, sarebbe stata sottoposta a continui abusi fisici.

Secondo l'accusa, a bordo dei bus, gli autisti avrebbero abusato ripetutamente della giovane. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, gli autisti approfittando del rapporto di confidenza che la ragazza aveva instaurato con loro, parcheggiavano gli autobus in luoghi isolati, bloccavano le porte e poi abusavano di lei.
Per i pm gli autisti avrebbero approfittato della sua fragilità che era "ben nota a tutti", sottoponendola ad abusi nel bus in luoghi appartati, ad esempio sotto un cavalcavia o nei pressi di una delle portinerie dello stabilimento ex Ilva dove fermavano i mezzi di servizio.

Gli abusi sarebbero andati vanti a lungo e le indagini erano scattate solo quando la ragazza fu poi convinta nel 2020 a denunciare gli abusi dal suo fidanzato. A carico degli indagati, di età compresa tra i 40 e i 62 anni, anche alcune intercettazioni telefoniche e filmati del sistema di videosorveglianza.

Il magistrato inquirente ha depositato una memoria di 294 pagine in cui ha ripercorso tutti gli elementi emersi nel corso delle indagini.... gli imputati - ha detto il magistrato - «non hanno esitato a screditare e ingiuriare la persona offesa, offendendola sia nell’aspetto, con riguardo alle qualità fisiche, sia nelle capacità intellettive (“quella tipo down”)... arrivando ad asserire che le accuse fossero un pretesto per dare corso a mire risarcitorie».

L’accusa ha sottolineato inoltre che «l’estrema difficoltà per la vittima di ripercorrere gli accadimenti e gli abusi subiti, unitamente alla considerazione del tempo trascorso e soprattutto dei deficit cognitivi della medesima, non deve ancora una volta rappresentare un elemento distonico nell’impianto accusatorio, ma un naturale fisiologico corollario della vittimizzazione secondaria, che nel caso concreto è stato positivamente risolto proprio attraverso il ricorso alle contestazioni».
Per il pm Castiglia, insomma, la condizione di disabilità psichica della vittima è l’elemento fondamentale su cui si sono basati quegli abusi sessuali e non un fattore che indebolisce la ricostruzione dei fatti compiuta dalla vittima..."

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