DENUNCIA E MOBILITAZIONE AL SALUMIFICIO BERETTA, CONTRO L’ACCORDO BIDONE 2.19 E LA CGIL CHE SI E’ FATTA AZIENDA
Oltre la mobilitazione delle operaie Slai Cobas, sole a rivendicare una piattaforma operaia con aumenti salariali, la difesa delle condizioni di lavoro, l’internalizzazione dell’appalto, che oggi di fronte all’accordo bidone è denuncia e opposizione per cancellarlo, in reparto e ancora nei giorni scorsi assemblea e sciopero, il fatto nuovo è un comunicato stampa di cui siamo venuti in possesso, uscito dalla sede milanese Cgil, vergognoso, che usa toni paternalistici verso le lavoratrici ed è pieno di menzogne, inviato evidentemente alle redazioni dei giornali dato che in fabbrica non hanno aperto bocca. ‘Prendi i soldi e scappa’, verrebbe da dire, solo che a differenza del noto film i soldi li hanno lasciati tutti nelle tasche dei padroni, ma spariti quello si. Cgil non ha detto o scritto una sola riga nello stabilimento, di fronte alle contestazioni quotidiane contro l’accordo e le delegate che lo hanno convalidato.
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Il comunicato è quello qui riportato.
Ne abbiamo fatto una lettura critica, riga per riga, in assemblea con le operaie durante uno sciopero, in pubblico alla portineria e questa è la valutazione che ne è uscita.
Cgil è in perfetta malafede, concetti come percorso democratico della trattativa, mandato e parere favorevole sono abusati in modo spregiudicato come paravento.
Nella realtà, Cgil ha fatto proprio il fascismo padronale dell’azienda, che nega alle operaie la libertà e i diritti sindacali, come quello di scegliersi il sindacato, ed ha agito attraverso fatti compiuti grazie all’alleanza ed alle concessioni interessate del padrone, spacciate come riconoscimento (noi trattiamo!).
La trattativa è avvenuta nel chiuso degli uffici, non vi è traccia di bozze di piattaforma, ‘quelle del Cobas non le devono sapere...’ sono arrivati a giustifcarsi con loro iscritte, che appaiono come parte passiva quando in realtà opportunisticamente praticano la divisione di classe e il crumitaggio durante gli scioperi. Nessuna assemblea generale e chiaramente le lavoratrici dell’appalto non sono state chiamate ad alcuna votazione per approvare ipotesi di piattaforma.
Il 18 marzo in fabbrica la notizia è arrivata a sorpresa ‘ieri le delegate della Cgil alla sede Mpm hanno firmato il nuovo accordo aziendale’. Una firma che ha spiazzato tutte le operaie che non ne erano al corrente, non conoscevano nemmeno la bozza dell’accordo, comprese le iscritte Cgil.
Tanto è falso il comunicato stampa che pure le date sono piegate alla loro versione democratica di comodo: l’accordo inequivocabilmente riporta che è stato firmato il giorno 17.03.25 non a gennaio o
prima ancora. Nessuna assemblea quindi ci può essere stata ‘dopo la firma il 25 gennaio 25,’ men che meno per la trasparenza dell’accordo. Alterare le date viene fatto per dare l’idea che ci siano state consultazioni.Quella che chiamano trasparenza in ogni modo non può essere una benevola spiegazione a posteriori. Le lavoratrici hanno il diritto di partecipare alla stesura, approvare e lottare per le piattaforme operaie.
Invece coinvolgimento e comunicazione inesistente, tant’è che appena abbiamo spiegato che l’accordo Cgil aveva anche tagliato l’art 4 del precedente accordo aziendale, riferito ad un vecchio premio presenza di 800 euro (pur se peggiorato dalla Uil nel 2022), Cgil resta muta e corre l’azienda in soccorso del suo sindacato per dire che comunque ‘il premio presenza avrebbe continuato ad essere mantenuto’. Un bel gioco di squadra.
Ma lo scribacchino dell’ufficio stampa conferma e rincara quando scrive: Filcams Cgil è disponibile al dialogo... assicurando il pieno diritto a fare proposte… arrogandosi il potere ‘da padre padrone’ di concedere o meno concessioni postume e impotenti. Altro che dialogo con le lavoratrici, Filcams Cgil ha agito come porta ordini aziendale ‘no aumenti, più di così non si può…, produttività, precarietà’.
Auto celebrazione e disprezzo verso le operaie. Al punto 1, afferma ‘riconferma del superminimo aziendale…! Evviva. L’accordo aziendale Slai Cobas del 2021 prevedeva 150 euro netti come superminimo di aumento mensile. E per fortuna che è stato fatto come superminimo altrimenti avrebbero peggiorato pure quello! Ma si tratta dell’aumento di quattro anni fa! Cgil sta dicendo che quell’aumento deve bastare, alle operaie non serve altro. Difende i profitti dei padroni, mentre la classe operaia è sotto il peso del carovita e di una forte emergenza salariale da sciopero generale. E cerca di trasmettere al lettore disattento o compiacente, l’idea di aver portato un aumento ‘arrotondandolo a 170 euro’. 150 euro netti corrispondono a 167.81 lordi, la differenza con 170 sono e 2.19 euro lordi, appunto l’aumento come vogliono i padroni.
È un gioco di parole, sulla pelle delle operaie. Lo fanno perché sono intrinsecamente dalla parte del sistema produttivo capitalista, collaborano alla gestione dell’attività produttiva. Si possono permettere di farlo così perché oggi la classe operaia non ha ancora il livello di autonomia e di organizzazione necessari.
Gli altri punti parlano di pochi euro, dati come indennizzo per turni e straordinari disagiati, come il necessario 6x6 per far fronte ai carichi stagionali di Beretta (spacciato come sperimentazione) che costringe a stare in fabbrica sei giorni invece che cinque. Incentivi mirati con la logica di spingere le operaie ad essere totalmente flessibili, come richiede l’azienda.
Quindi un comunicato stampa che maschera e rimuove i contenuti effettivi dell’accordo aziendale, facendolo ne rivendica i contenuti e la linea di chi agisce per far passare interessi e richieste del padrone tra le lavoratrici, dopo aver abbandonato la lotta per la difesa di quelli operai, la lotta di classe.
Il comunicato stampa inoltre non dice e nasconde che:
- l’accordo 17.3.25 Cgil/2.19, si assume la necessità di aumentare la produttività, i ritmi di lavoro.
- L’accordo riconosce, dalla prima pagina all’ultima l’appalto, ovvero il doppio inquadramento discriminante in fabbrica per operaie che fanno lo stesso lavoro in linea di produzione, nello stesso reparto, fianco a fianco con diritti e paga differenziate, con il rapporto di lavoro precario in appalto e il CCNL Multiservizi anziché quello Alimentari che hanno le operaie dipendenti dirette Beretta.
- E infamia finale, l’accordo ha eliminato la garanzia del posto di lavoro al Salumificio Beretta di Trezzo, prevista nel precedente accordo del 6.8.21, sottoscritta da Slai Cobas con Beretta spa, per le operaie dell’appalto, un altro degli obiettivi dell’azienda per alimentare un clima di tensione e preoccupazione per le prospettive occupazionale delle operaie dell’appalto.
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