“Adesso parliamo noi”: i contestatori della Roccella raccontano quello che è successo al Salone del Libro
Dopo giorni di polemiche e ricostruzioni di parte di quanto accaduto, Non Una di Meno, Extinction Rebellion e Fridays for Future raccontano quello che è successo al Salone del Libro: dalle ragioni della contestazione e la scelta di scendere dal palco fino al comportamento delle forze dell’ordine. Perquisizioni, telefoni sequestrati e persone strattonate fanno oggi emergere un’altra storia. “Se la nostra è violenza privata, le loro politiche sono violenza pubblica”.
Nei giorni successivi alla contestazione al Salone del libro di Torino, si sono susseguite tantissime dichiarazioni ai limiti della diffamazione nei confronti di Non Una di Meno, Extinction Rebellion e Fridays for Future. A rincarare la dose, le dichiarazioni della stessa ministra Roccella, che ha affermato: “Se non ci sono state aggressioni è anche perché c’era la polizia” e ancora “Ci sono stati dei tafferugli” [Il Giornale]. Frasi puntualmente smentite dai numerosi video presenti sul web e dagli stessi principi che definiscono i movimenti coinvolti.
Le reazioni politiche
Dopo che per giorni un coro compatto di ministri, esponenti del governo e politici come Meloni, Calenda e Renzi hanno potuto esprimere la propria interpretazione dei fatti su giornali e televisioni, parlando di “fascismo degli antifascisti” [Adnkronos], “negazione del diritto di parola” [Fanpage], “squadrismo” [Il Tempo], arrivano adesso le dichiarazioni di chi ha messo in atto la protesta. “Abbiamo aspettato un po’ di giorni prima di prendere parola. Abbiamo lasciato l’opinione pubblica affannarsi a trovare la giusta definizione di fascismo, di libertà di parola e del diritto al dissenso in uno stato democratico” commentano da Extinction Rebellion e Non Una di Meno.
“La ministra Roccella e gli esponenti del governo che si sono espressi su giornali e TV in questi giorni, hanno tentato in tutti i modi di lasciar intendere che le persone che l’hanno contestata avessero intenzioni violente, distorcendo completamente ciò che è accaduto e diffamando movimenti che mai hanno agito con violenza” aggiunge Marta di Fridays for Future. “Non esiste un solo video in cui appaiono forme di violenza da parte di chi stava contestando. Invito tutti i politici e i ministri che si sono espressi in tal senso – da Meloni a Salvini – a provare il contrario, perché è troppo facile parlare per frasi fatte”.
I contenuti della protesta
Una protesta pacifica pensata per denunciare da un lato le posizioni della ministra Roccella [Open], che ha più volte dichiarato che “l’aborto è una scorciatoia che non dovrebbe più esserci”; dall’altroil governo nazionale e regionale, che a fronte di una crisi climatica ormai conclamata, continua a osteggiare qualsiasi misura volta a ridurre le emissioni e a inquinare irresponsabilmente il dibattito pubblico con affermazioni dichiaratamente negazioniste, come quelle del senatore Malan [La Repubblica]. “Ci hanno accusate di non essere disposte al dialogo e di avere impedito alla ministra di parlare. L’enorme spazio mediatico riservato agli esponenti del Governo su questa vicenda dovrebbe rendere chiaro a tutti l’asimmetria nell’accesso ai media di una ministra e di semplici cittadine. Dovrebbe renderci chiaro quanto parlare di fascismo e squadrismo sia grottesco” – dice Aurelia di Extinction Rebellion, come è già stato ripetuto da scrittrici come Michela Murgia [Adnkronos], Selvaggia Lucarelli [Instagram] e Roberto Saviano [Instagram].
Durante la contestazione tante persone sono intervenute per portare la loro testimonianza personale: “Soffro di vulvodimia ed endometriosi e spendo 300 euro al mese in cure mediche, che riesco a sostenere solo grazie a tantissimi straordinari. Mi fa arrabbiare vedere un milione di euro di soldi pubblici stanziati dalla regione Piemonte a favore delle associazioni antiabortiste, senza alcun riguardo per le liste di attesa infinite negli ospedali pubblici. Al Governo nazionale e regionale interessa dei corpi delle donne solo quando fa loro comodo, per normarli e controllarli. Non è più consentito sentirsi vittime di ingiustizia?” ha dichiarato Serena, attivista di Non una di Meno Torino.
Le 29 denunce e la reazione delle Forze dell’Ordine
Certamente non invitano al dialogo neanche le 29 denunce per “violenza privata”, annunciate a mezzo stampa dalla Questura di Torino e stigmatizzate, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano dall’avvocato torinese Claudio Novaro: “Hanno uno strano rapporto con la repressione del dissenso. La Digos si aggrappa sempre al fatto che un numero cospicuo di manifestanti è in grado di impedire lo svolgimento di una manifestazione, costituendo di per sé una minaccia. Ma è una ricostruzione fantasiosa”. Per capire quello che è successo sabato al Salone del Libro di Torino occorre però conoscere i fatti, guardare tutti i video dalla giornata, ascoltare e dare spazio al racconto di chi quella protesta l’ha messa in pratica. Il racconto che emerge, testimoniato dai video in circolazione, è di semplici persone che, usando i propri corpi e le proprie voci, si sono alzate per cantare dei cori e pronunciare parole di dissenso, in una protesta pacifica che mai ha sfociato nella violenza. Cori ai quali si è via via unita in solidarietà una folla variegata, che ha animato, rinvigorito e trasformato la protesta, mostrando come le posizioni di Roccella e Marrone sull’autodeterminazione delle donne abbiano suscitato sdegno anche tra i visitatori del Salone.
Ma il racconto che emerge oggi dalle attiviste, parla anche di un pesante clima di intimidazione, di minacce da parte delle forze dell’ordine, di persone strattonate e trascinate via con la forza, di telefoni sequestrati e zaini perquisiti in maniera illegittima e senza mandato. Nei video che si vedono sul web, infatti, nonostante le persone presenti non abbiano mai opposto resistenza attiva, vengono afferrate in malo modo dalla polizia e trascinate via di peso. “Non appena mi sono alzata in piedi ed ho iniziato a cantare con la bandiera di Extinction Rebellion, due agenti mi hanno strappato la bandiera dalle mani, trascinandomi lontano dal palco con forza” racconta Bianca. “Hanno poi strappato dalle mani i cellulari di altre due persone, cercando di cancellare tutti i video, fatti proprio per testimoniare quello che stava succedendo. E questo le forze dell’ordine non possono farlo”.
Il fascismo degli antifascisti?
Le persone che hanno partecipato alla protesta sono state accusate da Roccella e da Giubilei di aver mostrato “il fascismo degli antifascisti”. “Quindi dei cittadini che, in uno stato democratico, usano i propri corpi e la propria voce per contestare pacificamente una ministra e le scelte politiche che porta avanti il governo italiano in tema di diritti civili e lotta alla crisi climatica, sarebbero un metodo fascista” dichiara un’altra attivista di Extinction Rebellion.
La motivazione, nel ragionamento che poi Giubilei ha esposto a mezzo stampa, è che siano stati fatti dei cori quando la ministra ha iniziato a parlare e che non sia stato accettato il dialogo da parte di chi stava contestando. “Questa ricostruzione è paradossale: la ministra ha preso parola subito dopo i primi cori e tutta la platea la stava ascoltando, visto che evidentemente era l’unica ad avere il microfono. Ha ripetuto che i medici obiettori non siano un problema per l’accesso all’aborto” – anche questo smentito dai dati [Il Fatto] e dall’esperienza della platea che l’ha fischiata – “e ha cercato di spostare il discorso sull’utero in affitto. Di quale dialogo stiamo parlando esattamente? Roccella ha nei fatti negato la disponibilità al dialogo che ha poi vantato in ogni intervista”.
I video diffusi dai movimenti contengono, inoltre, diverse sequenze delle intemperanze verbali degli esponenti di Fratelli d’Italia, sul palco insieme a Roccella. Il giubilo rabbioso di Montaruli – anche lei esponente con una passato nell’estrema destra italiana – che urla “Faremo il rullo di tamburi quando Lagioia se ne andrà veramente dal Salone” [La Repubblica]. Il minaccioso “sali sul palco, facciamo la presentazione insieme” che Maurizio Marrone (assessore al Welfare della Regione Piemonte ed ex leader del Fuan, associazione studentesca di estrema destra), ha rivolto a Marco Giusta, del Coordinamento Pride torinese, colpevole di avere liberamente espresso la propria opinione in difesa delle attiviste presenti e la cui presentazione era saltata proprio perché la ministra Roccella e l’assessore Marrone si sono rifiutati di lasciare il palco oltre l’orario previsto [Torino Pride], occupando – nei fatti – il palco del padiglione per tre ore. Fino alle urla di “cafone e plebeo” da parte dell’avvocata Annamaria Bernardini o di “fascisti, fascisti” dell’opinionista Francesco Giubilei, consigliere del Ministro Sangiuliano. Una violenza verbale poco consona a chi in quel momento rappresentava le istituzioni, come ha sottolineato Nicola Lagioia “Non tirerei in ballo il fascismo con tutta questa facilità, è più grave che lo dica un ministro e non che lo dicano i ragazzi. Il fascismo è un’altra cosa, c’è quando il potere interviene in maniera violenta” [La Repubblica, 22/05/23].
Esiste infatti un’asimmetria tra chi governa e i semplici cittadini. Un’asimmetria di potere e opportunità di esporre il proprio pensiero: chi governa ha evidentemente tantissimo spazio mediatico, ha il potere legislativo, ha spazi di parola in moltissimi eventi rilevanti in tutta l’Italia. “Sostenere che la ministra sia stata silenziata – come hanno detto Giorgia Meloni, Matteo Renzi e come hanno ripetuto ormai la quasi totalità degli esponenti del governo -, significa non comprendere questa differenza” commentano da Extinction Rebellion. “Affermare che è stata rifiutata un’offerta al dialogo, in quel contesto, è privo di significato. Non si trattava di una mediazione, salire sul palco a dialogare non modifica le posizioni di un ministro. Si tratta di pacifico dissenso, cosi come garantito dalla nostra costituzione”.
La scelta di non andare in televisione
In questo clima di tensione e conflitto, che smentisce le dichiarazioni di Roccella di apertura al dialogo, i tre movimenti hanno anche ritenuto di declinare gli inviti a intervenire alle trasmissioni “Diritto e Rovescio”, “Tagadà” e “Mattino 5” in studio con gli stessi Giubilei e Bernardini. Una nota inviata alle redazioni, argomenta le ragioni di questa decisione [Nota di replica], una decisione non riportata durante la trasmissione Mattino 5, ad esempio, in cui si è parlato genericamente di un ritiro da parte dei movimenti, senza mai però citarne il contenuto. “Se lo avessero fatto, avrebbero permesso a chi stava guardando di capire. Hanno scelto invece di non riportarlo, confermando come il dibattito televisivo sia ridotto a puro spettacolo, rissa e polarizzazione della discussione. Siamo disponibili a partecipare a trasmissioni che si concentrino sui contenuti e diano spazio all’argomentazione ragionata e non urlata, che offrano la possibilità di organizzarsi con tempi compatibili con la vita di persone che lavorano e studiano. Non siamo invece disponibili ad essere ulteriormente strumentalizzate e schiacciate da chi fa l’opinionista di professione” dichiara Martina di Extinction Rebellion.
“Il 6 maggio eravamo ad Ancona per una manifestazione nazionale sull’aborto passata completamente sotto silenzio, in una Regione dove non è praticamente più possibile abortire [Non Una di Meno]. Auspichiamo che l’attenzione pubblica sui temi della protesta continui e non derivi solo dall’incapacità di una ministra di accettare una contestazione” aggiunge Mara, di Non Una di Meno Torino.
I molti commenti che hanno sottolineato il sacrosanto diritto a protestare, ma in maniera educata e composta, che non dia troppo fastidio, insomma, appaiono quindi vuota retorica. L’asimmetria di potere mediatico e di libertà di parola tra una ministra e chi la contesta viene svelato dai fatti di questi ultimi giorni, che contraddicono ricostruzioni parziali e capziose di quanto accaduto.
“Se si andrà davvero a processo per violenza privata, ci andremo tutte insieme, compresi ministri, assessori e forze dell’ordine. Se la nostra è violenza privata, le loro politiche sono violenza pubblica” concludono le attiviste.
Extinction Rebellion, Non Una di Meno, Fridays For Future
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