Per due volte, la comunità iraniana nella settimana appena trascorsa, è scesa in piazza a Bergamo e ieri lo ha fatto in tutta fretta per l’appello lanciato in Iran, per uscire dalle case, andare nelle piazza alle ore 10.00, ovunque possibile, contemporaneamente.
A Bergamo, principalmente studenti, in maggioranza donne, coraggiose e determinate portano la loro lotta contro il regime islamico, anche per le persone all’estero, non priva di pericoli e ritorsioni come viene detto dal megafono. Combattivi nel denunciare l’oppressione e la repressione della vita e della lotta che vede in Iran le donne in prima fila. Per smascherare l’incredibile versione ‘ufficiale’ del regime, come d’uso corrente tra le polizie anche dei paesi cosiddetti democratici, che cerca di far passare per un malore l’omicidio di Mahsa, barbaramente uccisa di botte nelle celle della polizia religiosa. E nelle proteste seguite sono oltre 180 i manifestanti uccisi dai militari, 3 solo ieri negli scontri per le cariche nelle piazze del paese, dove la repressione non ferma le proteste dalle università, dei lavoratori in seguito all’assassinio di Mahsa, ma le alimenta.
Nelle partecipate iniziative di Bergamo, significativa la presenza di un gruppo di lavoratori immigrati dello Slai Cobas per il sindacato di classe, che nella solidarietà internazionalista ‘alla rivoluzione di Mahsa’, nell’appoggio alla lotta delle donne che sono alla testa delle masse e del popolo in rivolta contro il regime degli ayatollay, hanno trovato una immediata intesa con i giovani universitari..
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