Lettera aperta alle donne, proletarie, immigrate, compagne detenute
Siamo donne, lavoratrici, immigrate che anche in questo periodo pandemico non abbiamo mai smesso di lottare per i nostri diritti, contro il doppio sfruttamento e doppia/tripla oppressione, per un mondo migliore.
In
un‘istituzione classista e patriarcalista come
il carcere la pandemia ha inasprito di molto le condizioni già dure delle donne
detenute; ma da Pozzuoli a Rebibbia, da Latina a Vigevano, da Torino a Trieste
ecc. avete fatto emergere con le denunce e la cruda evidenza dei fatti, con la
lotta e la solidarietà, unita alle proteste fuori dal carcere, che è giusto e
necessario ribellarsi!
Isolate nel sovraffollamento, distanziate dagli affetti,
alle proletarie detenute anche l’accesso a servizi e beni primari è precluso,
compresa l’assistenza legale e un vitto decente.
La mancanza di informazione sulla situazione sanitaria
all‘interno del carcere si unisce alla mancanza di comunicazione con l’esterno.
Non si contano i rigetti o gli arresti delle pratiche per le misure
alternative, anche per le detenute che per legge ne avrebbero diritto.
L‘assistenza sanitaria e psicologica è inadeguata o inesistente, attività e
percorsi formativi all’interno assenti e così pure un effettivo reinserimento
lavorativo e abitativo all’esterno. Le strutture in cui le detenute sono
costrette a vivere sono per lo più fatiscenti, carenti di servizi igienici, e
l‘acqua calda è un miraggio, come pure, spesso, il rispetto delle regole sulle
ore d’aria, e di apertura. A causa della totale assenza di socialità e di
attività al di fuori della cella, le detenute passano la maggior parte del
tempo rinchiuse, e il consumo della cosiddetta “terapia psichiatrica’’ è
aumentato.
Molte donne sono entrate nelle carceri proprio durante il lockdown, quando con la pandemia in corso, queste andavano svuotate!
Raccogliendo
le vostre denunce e richieste, diciamo:
-
libertà, svuotare le carceri, accesso a misure alternative per le
donne/proletarie detenute, come tutela del diritto alla salute, anti covid,
alla genitorialità, e come difesa dalle violenze, abusi sessuali in carcere che
colpiscono soprattutto immigrate, soggettività trans, ecc.
- nessuna repressione, riconoscimento del diritto delle donne all'autodifesa per aver reagito alla violenza maschile. Per loro il diritto all’autodifesa, sancito invece per legge a tutela della proprietà privata, non è contemplato. E alla violenza subita fuori si aggiunge la violenza del carcere, e non poche volte dei suoi uomini in divisa.
Come donne/lavoratrici combattive noi vorremmo che in questo 8 marzo, a un anno dalla strage di stato nelle carceri, in questa giornata in cui tante donne scenderanno in Italia e in tanti paesi in sciopero contro padroni, governo, Stato, sistema capitalista patriarcale, uomini che odiano le donne, anche la voce delle donne nelle carceri si faccia sentire forte e unita, per dire insieme: tutta la vita deve cambiare!
Che lo sciopero delle donne entri e “illumini” le nere galere, in tutte le forme possibili e creative da voi decise!
Un forte abbraccio solidale dalle donne/lavoratrici combattive
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