Pubblichiamo la trascrizione della bella assemblea che c'è stata
il 29 marzo a Bologna presso "Armonie" con la presentazione del libro
di Anuradha Ghandy: "Tendenze filosofiche nel movimento femminista".
Queste presentazioni stanno avvenendo in altre città: Taranto, MIlano
e a maggio/giugno Torino, Palermo, ecc
Invitiamo le compagne, le realtà femministe ad organizzare anche
nelle loro città la presentazione di questo importante libro. Garantiremmo la
presenza di una compagna del Mfpr
Buona lettura!
MFPR
Anuradha Ghandy era, come dice Arundathy Roy , “differente”.
Anuradha Ghandy nasce in una famiglia progressista e già nell’università
diventa una leader delle lotte; subito dopo fa l’insegnante e diventa una delle
principali attiviste per i diritti umani nel paese. Dopo comincia il suo
periodo di lunga clandestinità perchè sceglie di fare appunto una vita
“differente”, da comunista, militante. Nel primo periodo fa un lavoro tra gli
operai, in particolare tra gli edili, ne organizza molte lotte. Per tre anni
sta nelle zone dove opera l’Esercito guerrigliero di liberazione popolare. E'
l’unica donna che è stata, finché non è morta, nel Comitato centrale del
Partito Comunista dell’India (Maoista) che dirige la guerra popolare in India.
Anuradha Ghandy già da vari anni soffriva di una sclerosi
multipla ma a questa si aggiunse la malaria. Lei andò in un ospedale per
accertamenti ma poiché era clandestina non diede il suo vero nome. Quando i
medici si accorsero che questa malaria era molto avanzata che le distruggeva
via via tutti gli organi vitali, non poterono avvisarla e morì il 12 aprile
2008.
Ma questa compagna fino all’ultimo giorno, con tutte le
sofferenze, non si è mai fermata un momento; dalla mattina alla sera girava,
andava nelle zone dove è in atto la guerra popolare, e per lungo tempo portò
avanti un lavoro per organizzare le donne riuscendo ad organizzare il più
grosso movimento delle donne adivasi (adivasi significa “popolazione
originaria”), penultimo gradino delle caste, dopo gli adivasi vengono i dalid,
gli intoccabili, e gli adivasi vengono trattati dallo Stato e governo indiano
anch'essi con la politica dei massacri, repressione, per le donne vengono
riservati stupri, uccisioni. Il movimento delle donne adivasi organizzato da
Anuradha Ghandy contava almeno 90mila donne.
Arundathy Roy fa l’introduzione di questo libro, e dice ad un
certo punto: io non ho mai avuto la fortuna di incontrare direttamente Anuradha
Ghandy, ma andai al suo funerale. La cosa che un po' mi sorprese e sentii fu
che tutte le persone che la conoscevano parlavano di lei come di una persona
che aveva fatto tanti sacrifici”, e poi aggiunge “Per me comunque con Anuradha
Ghandy ci si imbatte come in qualcuno
che felicemente ha barattato noia e banalità per seguire il suo sogno. Non era
santa o missionaria. Ha vissuto una vita esilarante che è stata dura, ma
appagante”.
Questo era Anuradha Ghandy e questo è stata dall'inizio alla
fine.
Anuradha Ghandy non era un intellettuale nel senso classico
della parola – non era come Arundathy Roy che normalmente usa i suoi scritti
per denunciare - era prima di tutto una militante, per cui la teoria era
strettamente legata alla pratica, non faceva teoria limitandola alla
conoscenza, divulgazione; faceva teoria come se fosse un'arma, un “fucile in
spalla”, contro lo Stato, il governo. Un governo che da quando si è insediato
il fascista Modi ha peggiorato enormemente la situazione, nel senso che intere
zone – non se avete sentito parlare dell'”Operazione Green Hunt” (caccia verde)
– per far insediare grandi multinazionali vengono sgomberate dall'esercito con
massacri alle popolazioni, e alle donne vengono riservati non solo uccisioni ma
stupri e violenze delle più efferate.
In India, uno dei più grandi continenti - per cui ciò che accade
in questo continente acquista una dimensione e rilevanza grandissima – gli
stupri e le uccisioni delle donne che sono i più numerosi nel mondo sono di tre
tipi. Sono uccisioni, stupri fatti per l'esistenza della realtà semifeudale,
frutto del patriarcalismo tribale, per cui gli stessi capi dei villaggi sono
parte integrante dell'azione di violenze fatti dai maschi; a questo si unisce
la violenza “moderna” dell'imperialismo nelle città che in India sono immense che
porta all'abbrutimento delle persone, e di cui le donne sono le principali
vittime. Ma c'è un terzo aspetto, forse quello più terribile: gli stupri e
uccisioni vengono usati come arma di guerra. L'esercito quando va a “liberare”
per conto delle multinazionali intere zone usa gli stupri e le violenze
sessuali verso le donne; nelle carceri, le donne e le compagne sono torturate
nella maniera più terribile, ad una donna vennero infilate delle pietre nella
vagina. Questa è una cosa normale, gli uomini dell'esercito, i paramilitari,
sia di loro, sia perchè comandati, portano avanti costantemente queste pratiche
di torture e assassine.
Ma c'è l'altra faccia della medaglia, proprio in India. Perchè
in India è in atto una guerra di popolo da vari anni in cui le donne sono il
60% dell'Esercito popolare. Le donne sia negli organismi di massa che nel
Partito sono spesso la maggioranza, sono nella direzione, sono coloro che
portano avanti la “rivoluzione nella rivoluzione” mentre fanno la guerra di
popolo.
Chiaramente questo non è che sia ben visto dalla stampa e mass
media in generale, anche per questo si “parla poco dell'India”, come molti
dicono.
Anuradha Ghandy in una intervista dice che cosa ha significato
la guerra popolare, la lotta armata per le donne. La lotta armata per le donne
ha significato emancipazione, passare da una situazione di estrema oppressione,
tripla oppressione alla possibilità di decidere, di essere determinanti nella
vita delle donne, dell'intera popolazione. Anuradha Ghandy diceva: la guerra
popolare ha mandato in frantumi le esitazioni delle donne, ha raddoppiato la
loro forza per ribellarsi, ha mostrato il cammino per la liberazione della
donna.
Un esempio di questo l'abbiamo anche noi: le partigiane che fino
al giorno prima erano spesso donne che facevano una vita normalissima, anche se
non certo esaltante, nella Resistenza, nell'essere protagoniste della guerra di
popolo, come di fatto fu la Resistenza antifascista e antinazista, si
trasformarono da un giorno all'altro; diventano protagoniste non solo della
propria vita, ma della società. Ecco cosa significa per le donne la guerra di
popolo.
Anuradha Ghandy diceva che la guerra di popolo è quella più
adeguata alla battaglia delle donne, perchè le donne hanno una battaglia molto
lunga da fare, e quindi la guerra popolare di lunga durata è ciò che le
consente di fare un percorso che abbracci tutti gli aspetti, non solo quello
militare di lotta contro il governo, lo Stato, l'imperialismo, ma anche quello
di distruzione via via di tutte le sovrastrutture, tutte le oppressioni.
Il libro di Anuradha Ghandy ha una particolarità che può
sembrare strana: è fatto da una compagna indiana ma parla delle tendenze
filosofiche nel femminismo occidentale. Come mai? Lei lo spiega
nell'introduzione. Dice che queste tendenze hanno avuto molta influenza anche
nel movimento delle donne in India e quindi era necessario andare alle
“origini”, fare questa analisi critica delle tendenze, andandole a prenderle
dalle loro prime teoriche. Quindi Anuradha Ghandy affronta l'analisi critica a
questo livello. E questo è giusto, perchè quando una teoria, una tendenza si
diffonde, penetra in altre realtà, chiaramente un po' cambia, però il problema
è di andare ad intaccarne il fulcro, da dove è nata, come si espressa, le concezioni,
ecc., per far chiarezza o piazza pulita. Questo fa Anuradha Ghandy.
E' un libro diverso da altri. Qui sempre Arundathy Roy ad un
certo punto nel descrivere lo stile di scrittura di Anuradha Ghandy dice che è
come se buttasse delle “bombe” quando analizza quelle tendenze. Dice: “alcune
delle sue affermazioni esplodono fuori dalla pagina come bombe a mano e le
rende molto più personali. Leggendole si intravede la mente di qualcuno che
avrebbe potuto essere un serio studioso, accademico, ma fu sopraffatto dalla
sua coscienza e trovò impossibile sedersi e teorizzare semplicemente le
terribili ingiustizie che vedeva attorno a lei. Questi scritti rivelano una
persona che sta facendo tutto il possibile per collegare teoria e pratica,
azione e pensiero”.
La maniera con cui in questo testo vengono analizzate le
tendenze è, come dicevo, abbastanza diversa. Si prende tendenza per tendenza.
Prima dà una visione storica d'insieme del movimento delle donne in occidente,
dai primi movimenti in America, Inghilterra, ecc. Su questo c'è una questione
importante. Anuradha Ghandy dà molto valore al movimento femminista, anche se
poi ne vede i limiti. Ma dice che senza il movimento femminista non ci sarebbe
stato né un vasto movimento delle donne, né una presa di coscienza in generale
su cosa è la società, sul patriarcalismo, femminismo, ecc. Lei dice: “Il
movimento ha costretto uomini e donne a guardare in modo critico i loro
atteggiamenti e pensieri, le loro azioni, le loro parole riguardo alle donne.
Il movimento sfidò vari atteggiamenti patriarcali e anti-donna che
contaminarono anche i movimenti progressisti e rivoluzionari e influenzarono la
partecipazione delle donne in essi. Nonostante le confusioni e le debolezze
teoriche il movimento femminista ha contribuito in modo significativo alla
nostra comprensione della questione delle donne nel mondo attuale. Il movimento
mondiale per la democrazia e il socialismo è stato arricchito dal movimento
delle donne”.
Questo è importante, compagne. Noi come organizzazione abbiamo
molti legami con realtà internazionali e vi posso assicurare che questa
affermazione non è, anche tuttora, affatto scontata in alcuni movimenti,
organizzazioni, partiti che sono comunisti, rivoluzionari,
marxisti-leninisti-maoisti, che però rispetto al movimento femminista, al
movimento delle donne hanno come una cesura: Ah, ma quelle sono piccolo
borghesi... A livello internazionale, anche in nostre organizzazioni “sorelle2,
affermare la necessità che anche nei loro paesi si costruisca un movimento
femminista proletario rivoluzionario era come sentirsi qualificare “piccolo
borghese”. Via via questo è cambiato ed in effetti ora in Germania, in Austria,
in Francia, ecc., ci sono movimenti abbastanza simili a quello che abbiamo
costruito in Italia; però è stata dura, perchè il solo parlare di “femminismo”
è come se tu stavi dicendo una bestemmia, tu che sei comunista...
Anuradha Ghandy invece rovescia la questione. Lei che era
comunista, che è stata nel CC del PCI(M), dice che il movimento femminista è
una ricchezza.
Tornando al testo. Anuradha Ghandy fa un'analisi delle varie
tendenze: femminismo liberale, femminismo radicale, l'anarco-femminismo,
l'eco-femminismo, il femminismo socialista, post modernismo e femminismo.
Per ogni tendenza, prima fa un'analisi e ne spiega i nuclei
teorici, poi fa una critica a questi nuclei e poi fa una sintesi delle
debolezze e aspetti negativi.
Questo metodo fa sì che anche se lei affronta questioni teoriche
abbastanza complesse, le rende abbastanza semplici e chiare, perchè restino le
questioni principali. Un'altra cosa che viene fuori è che non solo vengono
affrontate le tendenze principali ma, poiché in ognuna di esse ci sono altre
“sottotendenze”, anche le tendenze derivanti dalle principali o che se ne sono
distinte. L'esempio più emblematico è la parte sul femminismo radicale.
Qui Anuradha Ghandy affronta anche tematiche molto attuali, per
esempio il separatismo.
Noi siamo “separatiste” nel senso che riteniamo assolutamente
necessario che le donne si diano una propria organizzazione, per costruirsi le
proprie armi, essere così più forti per portare questa forza all'interno del
movimento proletario più generale. Senza questa propria organizzazione, non è
vero che le donne pesano.
Quindi “separata” non nel senso strategico, ma come necessità di
unità, di forza delle donne.
Anuradha Ghandy, lei che ha organizzato 90mila donne, questo lo
affronta. Ma dice: il femminismo radicale, questa tendenza a teorizzare il
separatismo, a cosa poi porta? Porta a non vedere qual'è la contraddizione
principale, il nemico principale, Rende principale la contraddizione uomo-donna
e quindi nasconde la contraddizione principale: il sistema borghese,
imperialista. Questo femminismo può apparire più rivoluzionario ma la
conseguenza è il rischio di scadere nel riformismo, perchè tu non lotti per
rovesciare una società che inevitabilmente perpetua la contraddizione
maschilista, sessista, bensì riduci la lotta alla contraddizione di genere. In
questo modo questo “separatismo” va bene al gruppo ma non è in sintonia con la
grande realtà delle donne più oppresse e sfruttate da questo sistema borghese.
Altro esempio di attualità è la critica all'eco-femminismo. Noi
questa questione ecologica, che investe non solo le donne ma tutte le masse, ce
l'abbiamo in casa, a Taranto. Anuradha Ghandy dice che questa tendenza denuncia
che lo sviluppo capitalista è uno sviluppo che distrugge l'ambiente. Che è
vero. Però qual'è la risposta? La risposta è: torniamo all'economia precedente,
all'economia agricola, ecc. Quindi questa tendenza diventa una sorta di
teorizzazione dell'andare indietro, rispetto allo sviluppo dei rapporti di
produzione. Ma non è che prima era tutto bello per le donne. Nelle campagne, e
lo vediamo benissimo anche ora in particolare con le migranti, ma non solo, le
donne venivano trattate da schiave. Quindi, tutta questa bellezza non c'era.
Questa tendenza, quindi, alla fine porta ad una posizione
arretrata, conservatrice.
In un altra parte del testo troviamo la critica alla teoria
della “differenza sessuale” che anche da noi era molto in voga qualche anno fa.
Questa tendenza partiva da un'affermazione che una poteva anche condividere ma
alla fine portava a dire che la differenza tra uomo e donna, i valori di cui le
donne erano portatrici (dalla non violenza, alla cura dell'altro, ecc.) erano
da rivendicare, anzi da farne la propria identità, contro...
Anche questo viene analizzato. Anuradha Ghandy dice che in
realtà vengono dette le stesse cose che afferma il potere borghese per giustificare
la differenza delle donne; la borghesia afferma che i neri sono così perchè
sono neri, le donne sono così perchè sono donne... Quindi si dà spazio a quella
che è un'azione della borghesia volta a mantenere lo status quo per mantenere
l'oppressione.
Anuradha Ghandy analizza le varie tendenze legandole allo
sviluppo della società. Per esempio, all'inizio fa l'analisi del femminismo
liberale e lo lega agli inizi della società borghese. Poi dice, questo
movimento liberale viene meno non tanto perchè vi è stata una critica ma perchè
il sistema va avanti e le stesse tendenze cambiano, e quindi si passa dal
femminismo liberale al femminismo radicale; da un femminismo che chiedeva allo
Stato di attuare delle leggi, degli interventi per i diritti delle donne, a un
femminismo che pensa che non questo Stato possa dare i diritti ma che questo
Stato si debba quanto meno trasformare.
Questo libro è importante perchè parla a noi, parla delle
tendenze che ci troviamo anche in Italia. Quindi ci dà strumenti per analizzarle.
Noi siamo contro due atteggiamenti: uno, quello che dicevamo
prima, superficialmente liquidatorio: “sono piccolo borghesi” – per esempio
nell'attuale movimento di Nudm la maggioranza è piccolo borghese, e quindi il
risultato sarebbe: non ci vengo... Questo, però, sarebbe sbagliato, perchè
quando in piazza scendono 200mila donne, tu ci devi stare, devi combattere,
devi portare un'altra linea, devi scontrarti...
L'altro atteggiamento è, siccome è il movimento delle donne,
dobbiamo essere tutte unite, non ci si deve scontrare (per esempio, nell'ultima
assemblea nazionale di Nudm appena una osava criticare degli interventi, si
trovava ad assere attaccata come quella che voleva rompere la bella unità del
movimento delle donne).
Per questo la battaglia critica verso le tendenze parla a noi.
Essere nel movimento delle donne vuol dire capire, analizzare, vuol dire dire
ciò che è giusto e ciò che non è giusto.
Nel femminismo socialista Anuradha Ghandy analizza, tra le altre
posizioni, la tendenza a vedere come centrale l'intervento nel campo delle
idee, dell'educazione, solo nel campo sovrastrutturale. Da qui, l'importanza
dell'educazione nelle scuole, nella società, ecc. Certo, tutto serve. Ma se tu
metti da parte i rapporti di produzione, il sistema del capitale, è come se tu
pensassi di svuotare il mare con un cucchiaio; tu cerchi di fare un'educazione
diversa e il governo fa leggi che fanno della scuola un luogo di propaganda del
pensiero più reazionario, fascista, sessista... Quindi, devi distruggere la
causa.
Altra questione è la denuncia del patriarcalismo. Una cosa è il
sistema patriarcale in India, dove c'è un sistema semifeudale e quindi il
patriarcalismo corrisponde al sistema; ma in un paese imperialista come il
nostro, in cui il patriarcalismo non può reggersi su una base feudale perchè
non c'è più il feudalesimo o semifeudalesimo. Nel nostro paese - come negli
altri paesi occidentali - il sistema capitalista, pur nella sua fase più
avanzata, ha interesse ad usare tutte le armi, e quindi anche il
patriarcalismo, ma questo vuol dire capire che il patriarcalismo è a livello
ideologico, di sovrastruttura, ma a livello pratico tu devi lottare contro
questo sistema che non è arretrato, bensì avanzato.
Pensiamo ad interventi che sentiamo nelle assemblee, o a scritti
che leggiamo, che alla fine, tutta una giusta denuncia, analisi critica si
riduce a cosa? A fare un'attività di educazione, culturale, ecc.
Per fortuna poi la pratica è diversa, come stiamo vedendo in
questi mesi.
Però le teorie restano, e finchè non si spazzano le teorie è
come se: le gambe sono buone ma vengono dirette da una testa che non va bene.
Allora, devi unire la testa alle gambe.
Concludo, dicendo che questo libro di Anuradha Ghandy è una
sorta di “manuale” che noi possiamo non solo leggere, ma usare.
Interventi:
- Nel libro ad un certo punto Anuradha Ghandy parla di noi, del
movimento lesbo femminista. Io mi ci ritrovo, anche io mi rivedo negli ultimi
25 anni di militanza come lei ci ha descritto. In qualche modo siamo implose
dentro il nostro essere, le nostre teorie, il nostro modo di lottare e non
siamo riuscite ad andare oltre.
- Siamo a Bologna. Qui prima di tutto ha imperversato la teoria
della differenza, e qualsiasi cosa che si discostasse dalle teorie in corso veniva
criticata dalle stesse donne, che poi erano piccolo borghesi o alto borghesi.
Poi vi è stato un momento in cui abbiamo fatto un sacco di azioni. Non era una
battaglia per i diritti, era una battaglia di liberazione dall'isolamento, da
un'oppressione che comunque noi abbiamo sempre vissuto.
- Del femminismo materialista Anuradha Ghandy non parla?
Mfpr - Nel femminismo socialista, Anuradha Ghandy, che anche qui
dice che non è riducibile a “uno”, scrive che questo femminismo ha cercato di
avvicinarsi alle concezioni storico materialistiche. Ma aggiunge: queste
femministe hanno colto da Marx l'analisi per cui alla base c'è la produzione e
la riproduzione, però poi se ne sono allontanate, cogliendo solo l'aspetto
della riproduzione, e hanno criticato il marxismo perchè avrebbe colto solo la
questione delle basi economiche, quindi la lotta di classe e non la lotta di
genere. Poi mettendo al centro l'aspetto della riproduzione vedono storicamente
solo l'aspetto della divisione del lavoro. Ma Anuradha Ghandy dice che la
divisione del lavoro in sé non era già subordinazione. Nel periodo del
matriarcato la divisione del lavoro era una divisione naturale e le donne,
proprio perchè avevano un ruolo più sociale, una sorta di “cape” della
comunità, erano molto considerate. Una divisione, quindi, che non metteva
l'uomo in una posizione di potere. Quando succede questo? Con la proprietà
privata. Nel momento in cui vi è uno sviluppo degli strumenti, si passa dalle
attività fatte a mano ai primi attrezzi usati dall'uomo, e quindi vi è una
produzione maggiore di quella che bastava alla famiglia, vi è una sorta di
accumulo di beni, qui comincia ad esserci quella proprietà privata. Proprietà
privata in cui la prima divisione del lavoro avviene tra uomo e donne. Le donne
perdono quel potere che avevano, c'è il passaggio tra il riconoscimento
matrilineo dei figli a quello patrilinio e qui vi è la base storico
materialistica che dà origine al ruolo di subordinazione, all'oppressione delle
donne.
Anuradha Ghandy scrive che vedere solo la divisione del lavoro
si resta ad un livello primordiale, anche tra gli animali vi è una sorta di
divisione del lavoro.
Mettendo al centro e vedendo solo l'aspetto della riproduzione,
che è riproduzione della forza-lavoro e della sua assistenza che permette di
fornire al capitale forza-lavoro, la contraddizione ridiventa uomo-donna e
l'aspetto del sistema di produzione viene “lasciato in pace”.
La cosa è chiaramente molto più complessa e nel testo Anuradha
Ghandy l'analizza in maniera profonda.
- Che tipo di femminismo, di lotta di liberazione delle donne
propone Anuradha Ghandy?
Mfpr - In termini teorici Anuradha Ghandy era
marxista-leninista-maoista e quindi si rifà alla strada indicata dal mlm. Lei
parla di legare la lotta di classe alla lotta di genere. In Perù le prime
teorizzazioni sulla questione femminile del Pcp, poi in Nepal, quando era
rivoluzionaria una dirigente maoista, Parvati, già si è posto che la “chiave” è
l'intreccio tra lotta di classe e lotta di genere, e che non affermare questo
intreccio, affermare solo la lotta di classe, oltre che mantenere in uno stato
gregario le donne, il loro movimento, e non come elemento centrale, di
principio della lotta rivoluzionaria, oltre che ostacolare la lotta di
liberazione delle donne, è come togliere una così grande potenzialità che viene
dal movimento delle donne. E può venire solo dal movimento delle donne, perchè
le donne sono oppresse a 360°, le subiscono tutte. In questo senso, il
movimento delle donne è più naturale che sia rivoluzionario e non riformista,
perchè non può bastare che tu mi risolvi il problema del lavoro, perchè vado a
casa e trovo la violenza maschilista, i femminicidi. Quindi proprio perchè
l'oppressione è a 360° il movimento delle donne porta potenzialmente un esigenza
di trasformazione a 360°; tanto che non si può fermare neanche alla
rivoluzione, ma vuole la rivoluzione nella rivoluzione.
In questo senso l'intreccio tra genere e classe è la chiave per
affermare un femminismo che sia rivoluzionario, che sia proletario, perchè la
maggioranza delle donne sono lavoratrici, vivono una condizione o proprio
proletaria o molto simile al proletariato.
Anche noi, perchè parliamo di movimento femminista proletario
rivoluzionario? Perchè ci vuole tutto: ci vuole il femminismo, che, come dice
Anyuradha Ghandy, ha arricchito, nonostante i suoi limiti e concezioni piccolo
borghesi.
Io non sono d'accordo con chi dice: Marx non se n'è fregato
niente delle donne,,,, Marx non ha parlato di donne, e quindi... - io penso
invece che se si legge bene, Marx ha parlato delle donne, ha messo le basi pure
sulla questione della rivoluzione nella rivoluzione, poi Mao Tse tung le ha
concretizzate con la rivoluzione culturale proletaria e il grande “assalto al
cielo” delle donne. Ma nello stesso tempo dico che se non ci fosse stato il
movimento femminista pure il più bravo comunista fino ad un certo punto poteva
arrivare, perchè la teoria rivoluzionaria viene dalla pratica e torna alla
pratica.
Marx diceva che se non ci fossero stati gli operai, le
esperienze del proletariato che analisi potevamo fare? Nel 700 non era
possibile elaborare una teoria proletaria. Così come senza la Comune di Parigi
non poteva esserci la teoria che lo Stato non si può trasformare ma si deve
rovesciare per fare uno Stato proletario.
Senza che i popoli, le masse concrete si muovano e quindi
producano le idee, non è possibile che ci sia la scienziato o la scienziata di
turno.
- Engels ne “L'origine della famiglia, della proprietà privata e
dello Stato” lo dice chiaramente.
Mfpr – Ma normalmente non si assume quel tipo di analisi storica
fatta da Engels. Se tu non rimuovi la base della condizione delle donne,
ponendo fine alla proprietà privata, non è possibile metter fine
all'oppressione dell'uomo verso la donna.
- A questo punto una compagna proletaria ha posto la questione
della “vendetta” oggi. Io sono d'accordo su tutto, ma proprio perchè siamo
umane la vendetta ci serve. Io penso ad un movimento di vendetta, poi andiamo a
fare una lotta più grande.
Ma rispetto allo Stato – ha proseguito la compagna – volevo
chiedere: sia come Mfpr sia come compagne in India, si mette in discussione lo
Stato, oppure in quanto marxiste pensate che sia necessario un periodo di
transizione?
Mfpr – Sinteticamente pensiamo, pensano che sia necessario un
periodo di transizione. Noi vogliamo distruggere questo Stato, ma pensiamo che
sia necessario costruire uno Stato in mano agli organi costruiti nella lotta
rivoluzionaria dai proletari, dalle masse popolari, dai consigli di fabbrica
agli organismi delle donne, intercambiabili, revocabili in qualsiasi momento;
questo momento ci vuole per andare ad un'estinzione dello Stato, il comunismo
non ha nessuno Stato.
Marx teorizzò questo anche sulla base dell'esperienza della
Comune di Parigi e del suo massacro (la Comune è durata solo due mesi e dieci
giorni) - su questo un bellissimo libro è quello scritto proprio da
un'anarchica Louise Michel. Marx dice che la Comune di Parigi fu “troppo
buona”, ci voleva uno Stato proletario molto più forte, molto più Stato per
riuscire a sconfiggere i suoi nemici.
29.3.2019