Pubblichiamo stralci dal terzo intervento, del Movimento
Femminista Proletario Rivoluzionario di Taranto: "Le ragioni della
campagna per Nadia Lioce"
Prima di tutto volevo sinteticamente
dire perché stiamo portando avanti questa campagna di solidarietà a Nadia
Lioce, contro le condizioni di detenzione nel regime duro del 41bis, in varie
città - non solo a L'Aquila ma anche a Taranto, Palermo, Milano, Roma, Napoli,
ecc. Anche perchè alcuni di noi si sono trovati di fronte al fatto che persone,
che non sono già impegnate nella lotta contro la repressione, neanche sanno chi
sia Nadia Lioce.
Noi stiamo facendo questa campagna per tre ragioni.
1 - La repressione che questo Stato
sta portando da tempo avanti ed avanza sempre di più, è una repressione che
colpisce praticamente ogni movimento di lotta. In questo mesi, settimane si è
accanita contro i movimenti antifascisti, che giustamente, mentre gli altri
facevano campagna elettorale, in tante città alle liste e iniziative elettorali
di partiti e forze fasciste, hanno risposto non presentando altre liste, ma con
la lotta, con le iniziative di antifascismo militante. Ci sono attualmente
decine di compagni, da Torino a Bologna, che non solo sono denunciati ma molti
stanno ancora nelle carceri o agli arresti domiciliari per il solo fatto che
hanno fatto queste manifestazioni. Tra l'altro in una situazione in cui chi
giura sulla Costituzione (che dice che è vietata la ricostituzione del partito
fascista), invece difende fascisti e nazisti e reprime chi lotta, chi in un
certo senso vuole anche applicare questi aspetti della Costituzione nata dalla
Resistenza.
In questa situazione, quindi, in cui
non solo le lotte antifasciste, ma viene repressa qualsiasi lotta, -anche le
lotte sindacali, anche le lotte per il lavoro, ecc., appena fuoriescono
minimamente dai canali stabiliti vengono considerate sovversive, e anche se sei
un lavoratore licenziato, un disoccupato subisci denunce, fermi ecc. - che
c'entra Nadia Lioce?
Secondo noi la repressione di questo
Stato trova la sua punta di iceberg nella repressione verso i prigionieri
politici rivoluzionari; cioè verso chi, in varie maniere, con cui si può anche
essere d'accordo o meno, pone il fatto che non si può pensare di poter
riformare un sistema, uno Stato che si presenta nel 90% delle volte solo con la
faccia della repressione, che attacca i diritti della maggioranza delle masse,
da quelli più elementari al diritto a vivere, al diritto alla giustizia, al
diritto quasi all'umanità. Allora il problema è che chiunque metta in
discussione questo Stato, chiunque dica - e anche noi lo diciamo - che va
rovesciato questo sistema, che non è riformabile, che è uno Stato al servizio
dei padroni, al servizio dei potenti, ecc., deve essere messo a tacere,
impedito di agire, attraverso una repressione a 360°.
Ma da un lato questo Stato con la
repressione si mostra forte, dall'altro, proprio per questo, mostra di avere
paura anche del solo fatto che si allude al cambiamento radicale di questa
società, alla rivoluzione.
Quindi chi allude a questo deve
tacere, e la condizione di detenzione di Nadia Lioce simbolicamente rappresenta
questa volontà dello Stato di reprimere chi solleva il velo.
2 - Perché Nadia Lioce è attualmente
l'unica donna, prigioniera politica rivoluzionaria che sta da oltre 12 anni in
regime di 41 bis.
Prima si parlava della Cella Zero.
Come ci dobbiamo immaginare le condizioni disumane dei detenuti comuni,
immaginiamoci cosa vuol dire per 12 anni non poter leggere, scrivere quando si vuole,
non poter avere contatti neanche all'interno del carcere. Questo è uccidere una
persona.
3 - Ma c'è anche una terza motivazione
ed è quella, secondo noi oggi più bella. Nonostante che per 12 anni si vuole
tenere una donna, una compagna, in una situazione da tomba, questa compagna
continua a lottare, con i mezzi possibili che può usare. Porta avanti una
denuncia, una protesta concreta, quindi in questo senso è anche un esempio
verso gli altri detenuti politici, una indicazione a non piegarsi, a non rinunciare,
a continuare a lottare anche dall'interno del carcere.
In questo senso c'è una questione di
lotta fuori e dentro, e in questo senso si pone il problema di estendere la
lotta, una lotta che noi pensiamo debba unire la protesta all'interno e la lotta
che noi dobbiamo e possiamo fare all'esterno. E questo è una lotta che può dare
un colpo alla strategia della repression statale.
Noi vogliamo vincere anche su Nadia
Lioce!
Ma voglio dire anche un'altra cosa.
Io sono di Taranto, a Taranto c'è
l'Ilva. L’Ilva non solo produce acciaio, ma in tutti questi anni e ancora oggi
continua a produrre morti. Ha prodotto centinaia di morti di operai, migliaia
di malati di tumore, di morti di bambini, di donne, di abitanti del quartiere
vicino l'Ilva. Ma padron Riva non si è fatto neanche mezza giornata di galera.
Ieri hanno assolto Olivetti e altri
padroni per le morti da amianto. Sono morti decine e decine di operai per
l'amianto e spesso anche i loro familiari, le loro mogli perché gli operai
portavano a casa l’amianto. Sono morti perché i padroni per il loro profitto
non stanno a guardare se in quella cosa che tu tocchi c'è l'amianto. Ma questi
ora sono stati assolti.
In questi mesi i mass media borghesi
hanno celebrato due anniversari: l'anniversario di Moro, e l'anniversario di
Biagi, mentre continua in silenzio e più di prima, la strage sul lavoro. Allora
io mi chiedo, chiediamoci tutti: cosa è che distrugge di più, quali morti sono
più gravi? La legge Biagi ha istituzionalizzato la precarietà, è come se il governo
avesse detto ai padroni: “Andate sul mercato, il lavoratore che vi conviene di
più prendetelo, il contratto che vi conviene di più fatelo”. Operai, diventati
ufficialmente solo delle braccia. Quella Legge è stata l'anticipo del jobs act,
ha istituzionalizzato i contratti a tempo determinato, precari, contratti
parasubordinati. La sicurezza è veramente iniziata ad essere di un altro mondo.
Quanti operai sono morti per quella legge? O quanti disoccupati si sono
suicidati perché non trovavano lavoro? E allora, di grazia, che cos'è che
distrugge di più, quali sono i morti che noi dobbiamo piangere?
Allora su questo non ci venissero a
fare le prediche e gli anniversari, non ci venissero a fare le morali, i
pianti, ecc., perché non sono certo loro che lo possono fare.
Tornando alla vicenda Nadia Lioce, Noi
abbiamo avviato, o meglio riavviato, una campagna, perché questa questione di
Nadia Lioce non è che l'abbiamo iniziata noi. Negli anni passati c'erano state
altre iniziative. Noi però questa campagna l'abbiamo iniziata per portarla non
solo nelle aree di compagni e compagne, a chi già lotta contro la repressione e
che è quasi scontato che la sostenga.
Noi questa campagna l'abbiamo iniziata
e la portiamo avanti tra i lavoratori, gli operai, tra le donne, tra le
giovani, tra i democratici, tra gli avvocati, ecc. Gente che tra l'altro in
parte neanche sapeva chi è Nadia Lioce o, se sapeva, di certo sapeva che Nadia
Lioce non è una detenuta comune, che in qualche modo è "uscita fuori dalle
regole del sistema" (che ti mette fuori dalle regole). Stiamo parlando di
una prigioniera politica rivoluzionaria. Eppure dall'esperienza concreta vi
dico che tanti stanno sostenendo questa battaglia. Abbiamo fatto una raccolta
di firme per le condizioni di vita di Nadia Lioce, contro il 41 bis e l'abbiamo
fatta, ad esempio a Taranto, davanti al tribunale e lì non c'erano certo
compagni che lottano contro la repressione, eppure hanno firmato in tanti. A
livello nazionale siamo arrivati a quasi 3 mila firme.
Questo è importante non perché
facciamo una battaglia solo per Nadia Lioce, No. Il problema è che se noi
portiamo avanti questa battaglia tra le masse, tra i proletari, vinciamo o
semi-vinciamo - perché purtroppo per vincere realmente si dovrebbero
distruggere le carceri, si dovrebbe distruggere questo sistema. E se vinciamo
almeno su alcune questioni, sarà un segnale per altre battaglie come questa,
per altri detenuti. Perché Nadia Lioce, come dicevo prima, non si è rassegnata,
e dall'interno sta dando un forte contributo a questa battaglia, sta facendo
una protesta ed ha fatto un'analisi dettagliata su cos'è il 41 bis, la sua
storia, come viene realmente applicato.
Noi vogliamo estendere questa campagna
anche il 4 maggio, in occasione della prossima udienza. Vogliamo che non solo a
L'Aquila, dove sta Nadia e si terrà l'udienza, si manifesti, ma lo si faccia
anche nelle altre città in cui siamo, in cui ognuno possa fare qualcosa, dal
presidio alla controinformazione, ai comunicati stampa, alle locandine.
Estendendo la mobilitazione ci sarà
anche una risposta più forte a quelle denunce che la polizia il 24 novembre ha
fatto contro 31 persone. Se lo Stato ha voluto denunciare chi stava all'Aquila
per la manifestazione, noi denunceremo lo Stato per la repressione non solo a
L'Aquila, ma anche a Taranto, Napoli, Palermo, ovunque saremo. Perché vogliamo
che questa battaglia si estenda e non si spenga, rimanendo una cosa per addetti
ai lavori, che chiaramente sono il necessario "innesco", perché senza
i compagni, senza le compagne, non ci sarebbero queste manifestazioni. Ma i
compagni e le compagne non vogliono rimanere da soli e quindi vogliono portare
la battaglia a chi subisce questo sistema, che vuol dire sfruttamento, vuol
dire oppressione, vuol dire mancanza di diritti, vuol dire ingiustizia,
eccetera. Quei giovani, donne, lavoratori - e lo abbiamo visto - che sono
disposti a dire basta.
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