Algeria. L'idea nata da un gruppo su Facebook, oltre 3mila le iscritte: chiedono di poter decidere per sé come vestirsi. Intanto a fronte di una società meno laica di prima, l’Islam politico si unisce sotto un unico partito
Algeria. Il bikini come simbolo di rivolta
di Stefano Mauro
«Andare in spiaggia d’estate può diventare un calvario se si è algerine» così comincia la sua intervista Leila – nome fittizio per non essere molestata – al quotidiano algerino Le Provincial. Dal 5 Luglio, due volte alla settimana, decine di donne di Annaba, città balneare algerina, organizzano “uscite collettive in spiaggia”. Obiettivo: poter andare al mare con costumi interi o in bikini, senza incorrere nelle minacce o nelle molestie maschili, per far riappropriare le donne di uno “spazio pubblico”.
Tutto è cominciato per merito di Leila con la creazione di un gruppo, tenuto segreto per evitare minacce e ritorsioni, su Facebook: si è passati in meno di un mese da 50 ad oltre 3600 iscritte. Il gruppo, dopo l’unica intervista rilasciata al quotidiano algerino, sta raccogliendo migliaia di adesioni di sostegno sui social anche in paesi europei come Francia e Belgio.
«Da noi andare in bikini in mezzo a decine di maschi» – continua Leila – «può essere molto spiacevole, come può esserlo in alcuni locali o nelle strade….insieme, invece, ci sentiamo molto più sicure». Il malessere delle algerine riguarda soprattutto l’islamizzazione dei costumi o la contaminazione di usanze – come i burkini – che provengono dai paesi del Golfo. Il movimento è per la libertà di scelta della donna anche se, ammettono le iscritte, è più facile “che una donna in bikini difenda il diritto di indossare il burkini, piuttosto che avvenga il contrario”.
La discussione, sui social, rimane molto accesa. Tutte le donne iscritte non hanno paura delle minacce e sono decise a continuare perché per loro “la cultura arabo-musulmana non deve essere un pretesto per limitare la libertà di donne emancipate che studiano, viaggiano e lavorano”.
L’islamizzazione della società algerina, invece, ha causato in questi anni una progressiva nascita di movimenti per la “moralizzazione dei costumi ”. Eccessi che hanno portato, durante le ultime elezioni legislative di maggio 2017, alla cancellazione dei volti delle donne dai manifesti elettorali.
pubblicato su ilmanifesto.it
«Andare in spiaggia d’estate può diventare un calvario se si è algerine» così comincia la sua intervista Leila – nome fittizio per non essere molestata – al quotidiano algerino Le Provincial. Dal 5 Luglio, due volte alla settimana, decine di donne di Annaba, città balneare algerina, organizzano “uscite collettive in spiaggia”. Obiettivo: poter andare al mare con costumi interi o in bikini, senza incorrere nelle minacce o nelle molestie maschili, per far riappropriare le donne di uno “spazio pubblico”.
Tutto è cominciato per merito di Leila con la creazione di un gruppo, tenuto segreto per evitare minacce e ritorsioni, su Facebook: si è passati in meno di un mese da 50 ad oltre 3600 iscritte. Il gruppo, dopo l’unica intervista rilasciata al quotidiano algerino, sta raccogliendo migliaia di adesioni di sostegno sui social anche in paesi europei come Francia e Belgio.
«Da noi andare in bikini in mezzo a decine di maschi» – continua Leila – «può essere molto spiacevole, come può esserlo in alcuni locali o nelle strade….insieme, invece, ci sentiamo molto più sicure». Il malessere delle algerine riguarda soprattutto l’islamizzazione dei costumi o la contaminazione di usanze – come i burkini – che provengono dai paesi del Golfo. Il movimento è per la libertà di scelta della donna anche se, ammettono le iscritte, è più facile “che una donna in bikini difenda il diritto di indossare il burkini, piuttosto che avvenga il contrario”.
La discussione, sui social, rimane molto accesa. Tutte le donne iscritte non hanno paura delle minacce e sono decise a continuare perché per loro “la cultura arabo-musulmana non deve essere un pretesto per limitare la libertà di donne emancipate che studiano, viaggiano e lavorano”.
L’islamizzazione della società algerina, invece, ha causato in questi anni una progressiva nascita di movimenti per la “moralizzazione dei costumi ”. Eccessi che hanno portato, durante le ultime elezioni legislative di maggio 2017, alla cancellazione dei volti delle donne dai manifesti elettorali.
pubblicato su ilmanifesto.it