06/01/11

Addio Geraldine! Il casco ci salva non solo la vita, ma anche la dignità.

Addio Geraldine, la bestia nera del capitalismo ha rubato la tua immagine per la propaganda bellica e per scoraggiare gli scioperi, la sicurezza sul lavoro, per aumentare i profitti.
Noi continueremo a usare la tua icona per ricordare a tutte che bisogna rimboccarsi veramente le maniche, per cambiare tutta la nostra vita, per usare le nostre mani come più ci piace e come più ci serve, nel lungo e tortuoso cammino della nostra doppia rivoluzione

30.12.2010. E’ morta a
84 anni Geraldine Hoff Doyle. Fu immortalata nel poster intitolato «We Can Do It!» del 1942, ma lei lo scoprì solo nel 1982

Dal CORRIERE.IT

Geraldine Hoff Doyle, il cui volto divenne un’icona americana della lotta antinazista durante la Seconda guerra mondiale, è morta domenica scorsa a Lansing, nel Michigan, all’età di 86 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato giovedì dalla figlia Stephanie Gregg al New York Times, precisando che la madre è morta per le complicazioni di un’artrite.
Doyle fu la modella inconsapevole del poster intitolato «We Can Do It!» (1942), in cui si vede un’operaia di una fabbrica che mostra la flessione dei bicipiti del braccio destro.
Il manifesto grafico, commissionato dal War Production Coordinatig Committee, più tardi divenne uno dei simboli del movimento femminista americano.
La signora Doyle non fu a conoscenza dell’esistenza del poster fino al 1982, quando, sfogliando una rivista, vide una fotografia in cui riconobbe se stessa. La figlia Stephanie ha detto che il volto sul manifesto era quello di sua madre, mentre i bicipiti muscolosi non erano i suoi. «Mia madre non ha mai avuto braccia muscolose, era piuttosto esile, anche se con belle labbra, sopracciglia arcuate e una forma del viso fascinosa», ha aggiunto la figlia.


Nel 1942, quando aveva 17 anni, Geraldine Hoff trovò lavoro in una fabbrica di metalli vicino a casa sua, a Inkster, nel Michigan, nei pressi di Detroit, «contribuendo così allo sforzo bellico degli Stati Uniti». Un giorno un fotografo della United Press arrivò in fabbrica per scattare immagini alle donne che lavoravano per un servizio giornalistico di propaganda a sostegno della patria in guerra. Una delle foto fu poi utilizzata dal grafico J. Howard Miller per realizzare un poster che venne impiegato anche dalla società Westinghouse con l’obiettivo di scoraggiare gli scioperi e l’assenteismo alle catene di montaggio delle fonderie.
Agli inizi degli anni Ottanta il poster «We Can Do It!» è stato riscoperto dalle femministe.
Geraldine Hoff abbandonò il lavoro in fabbrica due settimane dopo la foto che le fu scattata, quando venne a sapere che un’operaia era rimasta ferita alle mani alla pressa dei metalli. Geraldine temeva che anche a lei potesse capitare un simile infortunio, impedendole così di poter continuare a suonare il violoncello, sua grande passione.
Fu durante uno dei suoi lavori successivi, quando gestiva un chiosco di bibite, che Geraldine incontrò il suo futuro marito, Leo H. Doyle, all’epoca studente di odontoiatria. Sono stati sposati per 66 anni e il marito è deceduto pochi mesi fa. Oltre a Stephanie Gregg, Geraldine Hodde Doyle lascia altri quattro figli, 18 nipoti e 25 pronipoti.

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