07/11/15

Contro il 41 bis, solidarietà e mobilitazione per la prigioniera politica rivoluzionaria Nadia Lioce!


Come Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario abbiamo aderito al soccorso rosso proletario e lanciato un appello a tutte le compagne e donne proletarie a mobilitarsi per la fine della tortura bianca su Nadia Lioce. Nel seminario del 6 giugno a Palermo, l'assemblea del 20° anniversario del MFPR ha espresso solidarietà alla prigioniera politica, con l'impegno a mobilitarsi per porre fine alla sua attuale detenzione.
Da oltre 10 anni Nadia Lioce è sottoposta a un regime di "carcere duro, più duro degli altri": il carcere di L'Aquila in 41 bis, dove "le detenute sono trattate peggio dei boss mafiosi" e le condizioni di isolamento già gravi, riservate ai prigionieri politici, sono state per lei ulteriormente inasprite da oltre un anno, con la misura dell'isolamento disciplinare.
Particolarmente odioso e inaccettabile, già sotto il profilo costituzionale, è il limite imposto dal dipartimento di amministazione penitenziaria alla lettura/cultura per chi è sottoposto a un regime di 41 bis, come è avvenuto per Nadia Lioce, contro le stesse sentenze della magistratura.
Su questo è stata avviata la campagna "pagine contro la tortura", ma ciò che a noi, come compagne, donne proletarie, comuniste rivoluzionarie preme è denunciare con forza alle masse proletarie l'aspetto controrivoluzionario dell'applicazione del regime del 41 bis a Nadia Lioce e agli altri prigionieri rivoluzionari. Quello punitivo, disumano e degradante è innegabile, lo si è visto con la morte da Stato di Diana Blefari e noi non vogliamo ricordare queste donne, le donne combattenti, la loro vita, le loro scelte solo dopo morte o solo per il passato, ma guardando in prospettiva verso il futuro.
Queste donne, al di là di scelte di lotta alla fine perdenti poiché non basate sulla mobilitazione delle masse nella guerra di popolo contro questo sistema capitalista, hanno avuto il merito di riaffermare, dopo gli anni della Resistenza, contro una visione delle donne “pacifiche e non violente”, la necessità della lotta rivoluzionaria in cui le donne siano in prima fila per mettere fine all'unica vera violenza, quella reazionaria dello Stato borghese, fascista e maschilista.
Con l'applicazione del 41 bis ai comunisti rivoluzionari è proprio l'emergenza della necessità della lotta rivoluzionaria che si vuole colpire.
Che questa necessità sia diventata un'emergenza non è certo un mistero per chi ci governa ed è la naturale conseguenza delle politiche da macelleria sociale, attuate con la complicità di sindacati venduti.
Che questa necessità sia diventata un'emergenza non è neanche più un mistero per le stesse masse proletarie, sempre più a fare i conti con la repressione quando si battono per il diritto al lavoro, alla casa, alla salute.
Quello che forse è ancora un mistero per il proletariato è il nesso tra "lotta alla mafia", come la chiama lo Stato, e lotta alla classe proletaria, così come disciplinata dall'estensione, nel 2002, dell'applicazione del 41 bis ai prigionieri rivoluzionari.
Capire questo nesso non è facile, soprattutto se si fa della campagna contro il 41 bis una pura questione di civiltà, perché al di là delle approssimazioni giustizialiste che anche i proletari sono portati a fare, il 41 bis viene percepito dalle masse come una forma di protezione dei cittadini dalla mafia.

Ma il dubbio ci aiuta a dirimere ogni confusione:
Se la funzione del 41 bis è "ostacolare le comunicazioni dei detenuti con le organizzazioni criminali operanti all'esterno e interrompere i flussi comunicativi che rappresentano la linfa vitale delle organizzazioni criminali", perché accanirsi sui prigionieri politici se la loro organizzazione non esiste più? Quale "organizzazione criminale operante all'esterno" teme oggi lo Stato? Può "Il Capitale" o il "Manifesto del Partito Comunista" rappresentare "la linfa vitale" di una non più esistente "organizzazione criminale"?
Evidentemente sì ed è tutto qui il carattere oscurantista e controrivoluzionario dell'estensione del regime del 41 bis ai prigionieri e alle prigioniere politiche rivoluzionare. E' in quello spettro che si aggira per l'Europa "l'organizzazione criminale" da colpire ed è in quei 'Proletari di tutti i paesi, unitevi!' la "linfa vitale dell'organizzazione criminale" e uccidendo la conoscenza, la solidarietà di genere e di classe vogliono sterilizzare l'idea stessa di rivoluzione.

Per questo noi donne proletarie, che lottiamo per spezzare le doppie catene di questo sistema, appoggiamo la campagna del Soccorso Rosso Internazionale (SRI) contro il 41 bis, ma con una nota di critica sull'appello trasmesso e di seguito riportato, della frase che non condividiamo e sottolineiamo in grassetto


L'appello del Soccorso Rosso Internazionale (SRI) nell'ambito della campagna SRI contro il 41-bis:

Contro il 41-bis! Solidarietà ai rivoluzionari prigionieri!

In Italia, dal 2005, tre rivoluzionari prigionieri, militanti delle BR-PCC, sono continuativamente sottoposti al regime di isolamento previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Questo regime consiste in:
  • l’isolamento è previsto per 23 ore al giorno. Quasi sempre i compagni vengono reclusi in celle piccolissime, confinate in tunnel sotterranei. L’ora d’aria disponibile è una sola, nella quale i compagni sono costretti a muoversi dentro un cortiletto di cemento armato di pochi metri quadri e circondato da alti muri. La socialità prevede la possibilità di incontrare al massimo altri tre prigionieri (selezionati dalla direzione del carcere) con i quali vengono vietati scambi di libri, cibo, vestiti, corrispondenza, ecc…;
  • a partire dal 2011 i Governi italiani hanno disposto ulteriori restrizioni in tema di censura: viene vietato l’acquisto di stampa autorizzata al di fuori del carcere; viene vietato il ricevimento di libri e riviste da parte di familiari; viene vietato l’accumulo di libri in cella (massimo tre, più due riviste e tre giornali); viene vietato lo scambio di libri e riviste tra detenuti; è previsto scrivere lettere solo alle persone con le quali si fanno i colloqui;
  • una forma di punizione consiste nel divieto di parlare o salutare altri prigionieri;
  • i colloqui sono consentiti soltanto con familiari diretti (1 ora al mese) e per mezzo di vetri divisori, telecamere, microfoni, che impediscono ogni contatto diretto. Le ore di colloquio perse non sono più recuperabili nel corso dell’anno, ma sostituite con 10 minuti di telefonata;
  • il processo si svolge solo in videoconferenza, attraverso il quale lo Stato ricatta i compagni: o seguire il processo dietro un monitor nel carcere in cui si è detenuti oppure rifiutarsi.
  • all’interno delle sezioni per il 41-bis l’ordine interno è affidato nelle mani di corpi scelti della polizia penitenziaria, inquadrati nel Gruppo Operativo Mobile (GOM);
  • per quanto il 41-bis sia già un regime di detenzione speciale, al suo interno sono previste delle ulteriori aree riservate, nelle quali sono detenuti i compagni, allo scopo di aggravarne la condizione di isolamento.
Con il 41-bis lo Stato attua il tentativo di annientare l’identità politica dei compagni; con il 41-bis lo Stato tenta di spezzare il rapporto e la comunicazione tra i prigionieri e l’esterno e tra i compagni stessi; con il 41-bis lo Stato tenta di attuare una strategia di deterrenza contro chi all’esterno lotta per una prospettiva rivoluzionaria; per lo Stato il 41-bis è permanente e pone infami condizioni per uscirne: ovvero collaborare con lo Stato stesso.   
Questo progetto d’annientamento è fallito, in quanto i tre militanti delle BR-PCC continuano a mantenere salda e a rivendicare la propria identità rivoluzionaria e resistono a queste dure condizioni detentive.   
Nessun rivoluzionario, prima del 2005, era mai stato sottoposto al 41-bis. Uno dei motivi principali della sua applicazione, da parte dello Stato, contro i tre compagni è che essi hanno incarnato la ripresa –nella teoria e nella prassi- di un progetto rivoluzionario e, ancora oggi, rappresentano un’opzione rivoluzionaria che la Borghesia vuole a tutti i costi stroncare. (1)   
Contro il 41-bis e a sostegno dei compagni è necessario costruire e promuovere una grossa mobilitazione a livello internazionale. Questa mobilitazione non deve avere un carattere umanitario, ma politico: bisogna far conoscere i percorsi politici dei compagni prigionieri e sviluppare la solidarietà militante intorno ad essi.   
Infine, vogliamo ricordare la compagna Diana Blefari Melazzi, morta «di carcere» a seguito del 41-bis.
Costruire la solidarietà! Abbattere il capitalismo!

Soccorso Rosso Internazionale (SRI)
rhi-sri.org
info@rhi-sri.org


(1) nota
L'incarnazione di un progetto rivoluzionario non può essere rappresentata da questi compagni. Progetto rivoluzionario significa PARTITO COMUNISTA RIVOLUZIONARIO, per noi marxista-leninista-maoista, FRONTE UNITO, FORZA COMBATTENTE nella strategia universale della guerra popolare. Nessuna rivoluzione è possibile senza questi 3 strumenti. I compagni in prigione sono interni al movimento rivoluzionario, ma non ne incarnano il progetto.
E' chiaro che la borghesia colpendo e incarcerando questi compagni, vuole colpire la rivoluzione e tutti i rivoluzionari, ma questo non può essere confuso con l'identificazione con la linea e percorso di questi compagni come 'l'opzione rivoluzionaria'

Nessun commento: