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09/04/10

Omsa: un accordo che vale un pacco... di calze!

www.infoaut.org

Aggiornamento sulla situazione della Omsa di Faenza
a cura delle compagne del Centro Sociale Askatasuna e del collettivo femminista Rossefuoco

Dal piazzale dell'Omsa a Faenza, in via Pana, sono passati tutti, prima e dopo le elezioni, politici e televisioni, sindacalisti e parlamentari, Pd, PdL, Santoro, Di Pietro, La7 e Ballarò... ma la Omsa chiude.

Mesi di mobilitazioni, le operaie a presidiare i cancelli dello stabilimento giorno e notte per impedire che i macchinari venissero smontati e portati in Serbia, cortei e persino concerti, una campagna di boicottaggio ripresa anche dai social network più popolari avevano per lo meno costretto la proprietà a incontrare, in ultima istanza a Roma al Ministero per lo Sviluppo Economico, i rappresentanti dei lavoratori e lavoratrici Omsa, 320 donne di età media intorno ai 40 anni su un totale di 350 dipendenti, e a siglare, in seguito a tre riunioni nel giro di un mese e mezzo e dopo settimane di silenzio arrogante, un accordo che prevedeva, tra i vari punti, la ripresa delle attività fino a giugno e la riconversione dello stabilimento per altra produzione.

Un accordo firmato dal 70% dei e delle dipendenti, un accordo che vale un pacco di calze: si chiude. Cassa integrazione per due anni e gli impianti smontati e portati in Serbia, probabilmente tra maggio e giugno, stando ad alcune affermazioni sfuggite a un sindacalista durante la visita pre- elettorale di Antonio di Pietro.

Avevano visto giusto le cinquanta operaie del calzificio faentino, le cinquanta "estremiste" che si erano rifiutate di votare l'accordo, definendolo senza mezzi termini una resa agli interessi dell'impresa.

Si sono presentate lo scorso 25 marzo nello studio di Annozero in camice da lavoro verde e fascia nera al braccio in segno di lutto e hanno raccontato la loro storia: dai quaranta giorni di presidio, alla chiusura dello stabilimento usando come alibi la crisi, al tanto discusso accordo. "Qualcuno ci ha venduto e ci ha messo su una strada con le nostre famiglie e i nostri figli", hanno detto davanti alle telecamere, raccontando di pressioni fortissime esercitate dalla proprietà e dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali affinché accettassero l'accordo.

E mentre loro, tra piazze, tamburi, striscioni, fischietti, presidi, e studi televisivi continuavano, e continuano, la loro lotta, il patron del gruppo Golden Lady, Nerino Grassi, andava a Faenza con il suo consulente aziendale, William Storchi, a fare l'inventario e a raccontare, incredibilmente, la bufala di un'azienda in crisi perché la lycra, il materiale con cui le calze vengono realizzate, è troppo resistente e quindi le calze durano di più e le donne, di conseguenza, ne comprano meno.

Donne che non smagliano abbastanza collant sarebbero le responsabili del licenziamento di altre donne... verrebbe da chiedersi dove il signor Grassi, e soprattutto i suoi consulenti, abbiano ricavato una tale teoria economica, forse dagli stessi esperti che hanno consigliato ad Alessandra Servidori, PdL e oggi Consigliera Nazionale di Parità, sostenitrice dell'innalzamento dell'età pensionabile per le donne a 67 anni, la brillante soluzione di reimpiegare le operaie Omsa come baby- sitter o badanti. Davvero non ci sono commenti.

Lasciamo allora la parola alle estremiste della Omsa, che ci chiedono di continuare a sostenere e appoggiare tutte le lotte che metteranno in campo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, per evitare che, come temono, la loro vicenda venga cancellata una volta siglato un accordo penalizzante e totalmente sbilanciato, nella sostanza, sull'impresa.

L'invito è a boicottare la Omsa, a non comprare più i marchi del gruppo, vale a dire Golden Lady, Sisi, Philippe Matignon, Saltallegro, non solo collant, ma anche abbigliamento sportivo, per il mare e l'intimo: nei centri commerciali, nelle città grandi e piccole esistono negozi "goldenpoint", secondo il sito ufficiale vi potremo entrare e divertirci a creare il nostro stile con tutti i prodotti dell'azienda, sperimentando mille combinazioni e soluzioni...e sia!

La prima soluzione che ci viene in mente è, molto semplicemente, non entrare. Si può partire da questo per esprimere, con un atto chiaro, concreto e netto la propria solidarietà a tutte e tutti i dipendenti della Omsa, e, allo stesso tempo, tutta l'indignazione sia per chi capisce solo il linguaggio del profitto sia per chi tratta le donne, lavoratrici e no, alla stregua di pezzi di ricambio: operaie, baby- sitter, badanti non importa, tutte uguali, tutte ugualmente sostituibili.

Per concludere, da www.goldenlady.com, il profilo di un'azienda in crisi perché non smagliamo abbastanza calze:

Nata a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova nel 1967, Golden Lady è oggi azienda leader nel mercato della calzetteria femminile italiana ed internazionale.

Lo sviluppo esponenziale dell'azienda nell'arco di pochi anni ha confermato la grande capacità aziendale nell'intuire le enormi potenzialità di crescita del settore della calzetteria femminile nel mercato nazionale ed internazionale.

Golden Lady è oggi il nome che identifica l'intero gruppo Golden Lady Company, realtà aziendale in continua espansione che raggruppa i principali marchi del mondo della calzetteria.

Il successo dell'azienda Golden Lady risiede nella qualità dei prodotti, da sempre concetto indiscusso che guida l'intera produzione aziendale e che si accomuna alla necessità di soddisfare i bisogni e i gusti di una clientela sempre più esigente e attenta.

Unitamente al must della qualità gli altri fattori che hanno contribuito al successo dell'azienda sono stati una veloce automazione, una netta superiorità tecnologica nei confronti di calzifici concorrenti, importanti investimenti pubblicitari e di marketing, una gestione efficace dei rapporti con il mercato distributivo ed una capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato veloce e funzionale alle richieste.

La coerenza con gli obiettivi originari e sempre attuali, l'investimento continuo in ricerca e sviluppo, la volontà di offrire al mercato calze sempre originali e fashion fanno di Golden Lady il referente principale nel mondo della calzetteria femminile.

Golden Lady Company SpA
Sede: Via Giacomo Leopardi 3/5 - 46043 Castiglione delle Stiviere (MN) Italy

Continueremo a sostenere e far conoscere la lotta delle lavoratrici dell'Omsa.
Nessuna lotta deve rimanere isolata. Uniamo tutte le lotte verso uno SCIOPERO DELLE DONNE. Proponiamo alle lavoratrici dell'Omsa e a tutte le altre realtà in lotta di coordinarci e realizzare un incontro a maggio.

MFPR

06/04/10

Lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa

Lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa

Durante la celebrazione della “messa crismale” del “giovedì santo” appena trascorso, il papa Ratzinger è tornato di nuovo alla carica contro le donne e l’aborto definito “un’ingiustizia che viene elevata a diritto quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati”, guardandosi invece molto bene dal fare anche un solo accenno al tema scottante e vergognoso della pedofilia dei preti.

Certamente il tempismo dei neoeletti presidenti delle regioni leghisti, Cota in Piemonte e Zaia in Veneto, contro l’utilizzo della pillola abortiva Ru486 (e anche un bel ringraziamento per i voti ricevuti dalla chiesa!), è stata come la manna caduta dal cielo per Ratzinger e la sua Chiesa esauditi nelle loro richieste antiabortiste pre elettorali, ma non solo, perché con il loro lurido stuolo di preti stupratori non hanno perso tempo a mettersi in moto per trasformarsi subito da carnefici in santi agli occhi dei fedeli!
Lo stesso cardinale Bagnasco, capo della Cei, ha ancora difeso i sacerdoti dicendo che “Nessuna ombra, per quanto grave, dolorosa, deprecabile, può annullare il bene compiuto dai sacerdoti…il mondo credente o meno, guarda al sacerdote con l’aspettativa di vedere in noi il meglio dell’umanità e del bene…” “Il meglio dell’umanità e del bene”???
Arroganza, faccia tosta senza ritegno, ipocrisia senza limiti è davvero dire poco!
Dopo tutta la merda emersa in questi mesi relativamente alle violenze, alle sevizie e torture commesse dai preti su bambini, violenze che per anni la chiesa ha cercato di insabbiare, limitandosi a trasferire i preti pedofili in altre chiese così da poter tranquillamente violentare altri bambini, senza denunciarli e condannarli, ora dai loro sporchi crimini spostano l’attenzione sulle e contro le donne arrivando perfino a dire sfacciatamente che “l’aborto è un peccato più grave del reato di pedofilia compiuto da un sacerdote”. E’ quanto ha detto monsignor Girotti, reggente della Penitenzieria Vaticana, in un’intervista rilasciata al Messaggero, nella quale riguardo al reato di pedofilia ha dichiarato che: «Un penitente che si è macchiato di un delitto simile, se è pentito sinceramente, lo si assolve...”, al contrario, per assolvere una donna che ha abortito, il sacerdote deve ottenere la dispensa del vescovo, in quanto non può assolverla autonomamente perché “L’aborto viene considerato un peccato riservato, diciamo speciale. Nel caso specifico è chiaro che la Chiesa vuole tutelare al massimo la vita della persona più debole, più fragile, e cosa c’è di più inerme di una vita che è in divenire e non è ancora nata?”
Siamo dinanzi alla BARBARIE ALLO STATO PURO!
E la vita dei bambini violentati, stuprati, abusati NATI! non conta nulla? Non è anch’essa una vita di bambini in “fragile e debole DIVENIRE”?
Parlano di tutelare la vita (quando ancora non c’è) e si scagliano contro le donne e il diritto di aborto mentre nella realtà non si creano alcun scrupolo a difendere chi nella loro cerchia ha attaccato, violentato, distrutto le vite di bambini che ci sono, che esistono in carne e ossa!
Denunciare, smascherare, lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa parte attiva al fianco del governo nella trasformazione in senso reazionario della società di cui uno degli elementi cardine è proprio la restaurazione di una concezione delle donne da “moderno medioevo”

26/03/10

Lettere

Ciao care,
siamo tutte a conoscenza di quello che è successo a Bologna in concomitanza con l'iniziativa promossa da Michele Santoro in difesa della libertà di informazione.
Dopo la doverosa manifestazione di solidarietà nei confronti delle compagne malmenate e schedate, devo dire che quanto è accaduto non mi sorprende, visti i precedenti :uno per tutti quello che è avvenuto, sempre a bologna, in occasione del gay-pride nell'estate 2008.
Anche in quell'occasione alle compagne di Facciamo Breccia fu impedito dall'Arci-gay e Arci-lesbica di aprire uno striscione, furono malmenate e consegnate alla digos con conseguenti denunce.
E' prassi consolidata di una certa area politica e relative associazioni-satellite che si autodefiniscono, bontà loro, di sinistra, espletare nei confronti del movimento femminista e del movimento in generale, tutta una serie di pratiche che vanno dalla censura delle iniziative, dalla manipolazione dei contenuti delle stesse, alla diffamazione e alla delazione.
Salvo il tentativo di mettere cappello sulle nostre lotte o di utilizzarci come truppe cammellate.
Certo, hanno ben chiaro che noi siamo altro.
Questa consapevolezza molte di noi già ce l'hanno, ma ogni tanto qualcuna ancora crede che ci siano giornali/direttore/giornaliste amiche.
Non è così.Possiamo e dobbiamo contare solo su noi stesse.

Elisabetta

23/03/10

Aborto: al di qua e al di là dell'oceano

Una riflessione a cura delle compagne del centro sociale Askatasuna e del collettivo femminista Rossefuoco.
Fonte infoaut.org

Se la giornata dell'8 marzo scorso è stata caratterizzata, nelle mobilitazioni di piazza o nelle iniziative di molte città italiane, dalla volontà delle donne di denunciare e rifiutare qualsiasi forma di sfruttamento del proprio corpo, ridotto a merce per le merci, o prostituito a guisa di tangente, già la settimana successiva, è arrivata la risposta, e l'attacco, ancora una volta, non è stato frontale ma comunque evidente e netto: il Consiglio Superiore di Sanità ha reso noto il parere circa le modalità di somministrazione della RU486, la pillola che consente l'interruzione farmacologica e non chirurgica della gravidanza, stabilendo che per sottoporsi al trattamento sarà obbligatorio il ricovero.
Il provvedimento è stato firmato dal ministro per la Salute, Ferruccio Fazio, e, di fatto, non fa altro che ratificare quanto si era prospettato durante le sedute della commissione sanità del Senato, commissione che lo scorso novembre aveva approvato a maggioranza un documento in cui si chiedeva al governo di fermare la procedura di immissione in commercio della pillola in attesa proprio del parere "tecnico" del ministero della Salute.
Il motivo? Con la pillola l'aborto è più facile...
A febbraio, il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella aveva poi ribadito che l'intera procedura di somministrazione della pillola e il post somministrazione sarebbero dovuti avvenire in ospedale dove "la donna deve essere trattenuta fino ad aborto avvenuto".
L'uso del termine, il medesimo utilizzato sia in commissione sia dal Consiglio, è indicativo: se non si può trattenere una donna dall'abortire, e del resto davvero interrompere una gravidanza oggi in Italia è sempre più difficile, basti pensare ai dati sull'obiezione di coscienza o alla situazione dei consultori, almeno proviamo a trattenerla fisicamente!
Ma dal momento che il ricovero non potrà essere imposto e che la paziente, è verosimile, firmerà per le proprie dimissioni, qual è il senso, sostanziale e simbolico, di questo pronunciamento, che peraltro invita le regioni ad adeguarvisi?
Riteniamo che l'unica risposta possibile sia proprio quella che in modo esplicito già la stessa Roccella aveva paventato, all'inverso, qualche settimana fa: è troppo facile...
Per le donne facile, o per lo meno, decente, sarebbe trovare un ginecologo non obiettore, riuscire a fare tutti gli esami in tempo (ricordiamo che l'aborto è possibile solo entro i primi 3 mesi dal concepimento), evitare di dover anche far passare la cattolicissima settimana di riflessione, presentarsi infine in ospedale nell' unico e solo giorno dedicato alle ivg e farsi operare, in anestesia totale, quando in tutto il resto d'Europa, da anni, viene somministrata, in modo controllato e rigoroso, certo non a casa con un bicchiere d'acqua, la RU486.
Il ricovero rende più penoso, arduo e incomprensibilmente complicato un momento di per sé, spesso, davvero difficile: ancor oggi, in regime di Day Hospital, molte donne raccontano della difficoltà di giustificare quella assenza al lavoro; per esempio, e non solo, proviamo a pensare a che cosa potrebbe voler dire ( poniamola come ipotesi, ma ricordiamo che il ricovero è comunque obbligatorio) doversi assentare per più giorni o trovarsi nella necessità di dover dare spiegazioni anche semplicemente per poter contare su un aiuto concreto per organizzare la propria lontananza, dall'ufficio o dalla famiglia.
Davvero un percorso a ostacoli.
Veramente sul nostro corpo non ci è dato decidere autonomamente, anzi, a quanto pare non è prevista né ripugnanza né vergogna, perché divenuti abitudini di potere, per l' abuso, lo scambio, la macelleria di corpi di donne con lo scopo di vendere, comprare, o per scambio, ma è a noi, a noi donne, che si chiede di provar vergogna, perché abortire è una colpa, e come tale la colpevole va prima ostacolata in tutti i modi, poi trattenuta...
L'ospedale diventa carcere perché, come affermato in queste ore dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, all'apertura dei lavori del Consiglio episcopale permanente, il cosiddetto parlamentino dei vescovi italiani, l'aborto è un crimine.
Secondo Bagnasco, e citiamo le sue dichiarazioni, sottrarre beni pubblici è uno scandalo, gli abusi sui bambini, anche se commessi da preti, sono da imputare all'edonismo culturale dei nostri tempi, la crisi economica costituisce una sofferenza acuta, MA l'aborto è un delitto incommensurabile.
Bagnasco indica così ai cattolici come votare alle prossime elezioni regionali: la difesa della vita, sostiene, non è negoziabile.
eppure non vi è nulla più di chi quella vita sceglie di dare che sia maggiormente oggetto di patto, commercio e contrattazione: la donna.
In campagna elettorale, poi, l'aborto è un tema caldo: sposta voti, crea consensi o mette in difficoltà, quando non diventa esplicitamente terreno di scontro politico o utile moneta di scambio se la posta in gioco è incredibilmente alta, come nel caso dell'approvazione del testo finale della legge di riforma della Sanità negli Stati Uniti.
E' stata definita una riforma di portata storica, giocata sul filo della rincorsa all'ultimo voto, che senza dubbio ridà smalto e sostanza a una leadership, quella di Obama, decisamente appannata; e se è vero che nessun presidente americano era finora riuscito nell'impresa di rendere accessibile una copertura assicurativa al 94% dei cittadini non anziani, espandendo il servizio "medicaid", vale a dire l'assistenza per i cittadini indigenti, e offrendo dei benefici fiscali senza i quali molte persone troverebbero difficile permettersi un'assicurazione, è altrettanto vero che la partita si è agita esclusivamente sul terreno dell'aborto.
Che Obama avesse cambiato rotta rispetto al diritto di scelta delle donne era parso chiaro già in occasione della visita in Vaticano del 10 luglio scorso , quando, al termine del colloquio, il portavoce papale, padre Federico Lombardi aveva fatto sapere che "il presidente americano ha detto al Papa che si impegnerà a fare in modo che negli Usa gli aborti possano diminuire, ottenendo il plauso del Santo Padre"... decisamente non lo stesso Obama del 2007, quello che si era detto fortemente in disaccordo con la sentenza della Corte Suprema del 19 aprile, contraria ad una particolare tecnica di aborto terapeutico, sentenza considerata allarmante perché incoraggiava l'ingerenza del Congresso nel mettere al bando una procedura medica giudicata necessaria in alcuni casi per la salute delle donne.
In un anno tutto è cambiato: se tra i primi atti da presidente, il 23 gennaio del 2009, vi era stato il decreto che sanciva l'abolizione della Mexico City Policy, istituita da Reagan e ripristinata da Bush, che negava i finanziamenti federali alle organizzazioni che praticano l'aborto e, di seguito, la firma del Freedom of Choice Act, non approvato dal Congresso, con il quale si toglieva validità ai regolamenti statali che proteggono i bambini non nati ed si eliminava la clausola di coscienza per il personale sanitario, ieri si è compiuta una rottura netta, tanto più significativa perché è stato decisivo l'intervento diretto di Obama.
Infatti il presidente degli Stati Uniti ha rinviato il suo viaggio in Indonesia proprio per firmare l' ordine esecutivo che rafforza il divieto di usare i fondi federali per rimborsare le spese delle interruzioni di gravidanza, e solo con questa personale garanzia del presidente, il gruppo dei parlamentari antiabortisti, i cui voti erano decisivi, guidati dal deputato Bart Stupak del Michigan, è passato a favore della riforma, garantendo la maggioranza per l'approvazione della legge.
Sin dalla bozza presentata a novembre questa riforma si era distinta, in sostanza, per il suo forte carattere restrittivo in materia di aborto: Stupak alla Camera aveva presentato un emendamento, poi approvato, che vietava il finanziamento in qualsiasi forma, e in qualsiasi circostanza, di pratiche abortive e la sua crociata per escludere l'aborto dalle prestazioni del servizio sanitario pubblico era stata sostenuta dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che, anche nell'ambito delle funzioni religiose delle chiese in tutto il Paese, aveva più volte dichiarato che l'appoggio al progetto di riforma non poteva essere solo politico, ma soprattutto morale.
Come già visto anche al di qua dell'Oceano, per la Chiesa continua ad essere prioritaria la salvaguardia di un embrione piuttosto che di milioni di persone, uomini donne bambini vivi, privi di assistenza sanitaria ed esclusi da quello che dovrebbe essere l'unico principio morale a difesa della vita: la possibilità di curarsi, di poter comprare i farmaci di cui si ha bisogno, di poter accedere a prestazioni mediche a tutela della propria salute e di una più dignitosa qualità della propria esistenza.
La discussione sulla riforma della sanità si è sviluppata in questo contesto istituzionale, e in un clima sociale e culturale certamente complesso.
In America gli aborti continuano a diminuire, non solo per un maggior ricorso ai metodi contraccettivi ma soprattutto, secondo i dati delle organizzazioni pro- choice, per la difficoltà in alcuni stati ad ottenere di poter interrompere una gravidanza: ben 22 stati, in cui risiede la metà della popolazione, approverebbero leggi più restrittive se non fosse per i vincoli cui sono tenuti dalle leggi federali, in sud Dakota è proibito e basta, in Pennsylvania, Ohio e Michigan, vi sono leggi che limitano il più possibile il diritto all'aborto, infatti i medici devono informare le donne che desiderano un aborto delle alternative possibili e devono aspettare almeno 24 ore prima di compiere la procedura; in altri stati, inoltre, i medici e interi ospedali possono rifiutarsi di eseguire interruzioni di gravidanza, le minorenni devono avere il consenso dei genitori e l'aborto tardivo, dopo la 22esima settimana, è vietato.
Nove dei ventidue su citati stanno attivamente prendendo in considerazione una messa al bando totale come quella del Sud Dakota.
E non dimentichiamo gli attentati ai medici e alle cliniche...
Se quasi il 50% degli americani è favorevole ad una legislazione che consenta l'aborto solo in caso si estremo pericolo di vita per la madre o di stupro, si capisce bene come un presidente in difficoltà su tutti i fronti, dalla politica estera alla crisi economica, abbia disperatamente bisogno di un successo interno che ne riaccenda la popolarità... e quel 50% vale oro.
Il diritto delle donne all'autodeterminazione non vale niente.
Soprattutto quando si tratta di donne povere e nere.
Si può ammettere che, rispetto al testo della Camera, al Senato, in effetti, vi sia stato un aggiramento parziale del divieto netto: chi sceglie una polizza che contiene l'aborto dovrà, a riforma approvata, pagare questa prestazione separatamente, in pratica serviranno due ricevute, una che certifica l'acquisto, obbligatorio, di una polizza assicurativa completamente deducibile, un'altra invece che certifica la copertura per l'interruzione di gravidanza, come servizio a parte, che è interamente a carico del cittadino/a.
Dal momento, però, che il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza è drammaticamente aumentato tra le donne più povere, soprattutto giovanissime e nere, non si vede come, senza il sostegno di fondi federali alle cliniche, possano queste ultime avere accesso alla copertura assicurativa a parte: chi può pagare, come sempre, sceglie, chi non può pagare, come sempre, si arrangia.
Una ulteriore riflessione, secondo noi, rende ancor più preoccupante il quadro che stiamo esaminando: si è implicitamente affermato, per legge, un principio contrario a quello che finora ha sostenuto, negli Stati Uniti, il diritto di scelta, ossia la tutela della salute delle donna senza condizioni. Infatti con questa riforma, che ha come nodo centrale il tentativo di garantire la "salute" ai cittadini e alle cittadine americani, si veicola il messaggio secondo il quale scegliere se avere o no un figlio non attiene alla sfera dei diritti in generale, garantiti ed esigibili, né a quella della salute, non ha la donna al centro del discorso, ma è un "di più" tollerato a fatica e circoscritto alla sfera del privatissimo portafoglio di chi ne è coinvolto, nel pieno rispetto delle leggi di mercato.
Moralmente un crimine, economicamente un affare lucroso: i servizi accessori si pagano a parte, e paga, appunto, chi ha i soldi.
Niente di diverso da quello che avveniva in Italia prima dell'approvazione della legge 194, niente di diverso da quello che si vorrebbe per il futuro, accelerando tendenze già oggi evidenti: aborto non più gratuito, almeno formalmente lo è ancora!, non più garantito dalla sanità pubblica, non più ascrivibile alla sfera dei diritti, non più scelta liberamente praticabile da tutte, se scelta, ma un evento di cui vergognarsi, ostacolato il più possibile, punitivo nei modi e nei tempi, limitato e ridotto per quanto riguarda risorse, competenze, professionalità e strutture.
Cucchiai e prezzemolo non sono scomparsi, come pure i ginecologi obiettori in ospedale e abortisti a pagamento in studio: le donne, soprattutto le più deboli e ricattabili, le migranti, di aborto clandestino continuano a rischiare, se non a morire...è necessario, pensiamo, continuare a denunciare, a discutere, continuare a seguire quanto accade, appunto, anche al di là dell'Oceano, per imporre con la voce delle donne che le donne non accettano di essere ridotte a servizio a parte e che non vi è elezione, appalto o ricatto che non possano s/travolgere.

16/08/09

Una lettera al tavolo 4

Sulle uccisioni delle donne.

Al di là degli scoup giornalistici di estate, è indubbio che vi è un aumento delle uccisioni delle donne (una ogni 10 giorni; "30% in più di delitti rispetto al 2007 e 68% in più per quanto riguarda le vittime" - secondo fonti Eures), assassini nella maggior parte dei casi fatti da mariti, ex, fidanzati. Ma due sono le cose che vogliamo mettere in evidenza che mostrano il salto di qualità di questa guerra contro le donne, la sua caratteristica attuale, il fatto che essa è strutturale, non legata a episodi contingenti e singoli.
1. Guardiamo a una delle ultime efferate uccisioni. La strage di famiglia avvenuta il 7 agosto a Gornate Olona (Varese) in cui un uomo ha ucciso nella notte prima la moglie poi i due figli, e quindi si è suicidato. Il contesto in cui è avvenuto è emblematico: un piccolo borgo, una realtà chiusa non solo come luogo e abitazione ma come concezione del "padrone" della casa e della famiglia; al cancello della villa aveva messo un grande cartello con su scritto "attenti al cane al padrone e a tutta la famiglia" con tanto di disegno di fucile, pistola e coltello. Una concezione da padrone della vita della moglie e dei figli, che ha portato "naturalmente" a decidere che non dovevano vivere senza di lui.
2. L'Eures ha analizzato che la maggiorparte degli assassini di donne da parte degli uomini, dei mariti avviene al Nord (soprattutto Lombardia): ben 59,3% rispetto al 21,9% del centro e al 18,8% del Sud. Si tratta di dati importanti, in un certo senso inaspettati rispetto al rapporto Nord/centro/sud e, quindi, illuminanti. La denuncia più diffusa che vede nel "patriarcalismo" la causa principale degli omicidi di donne, avrebbe dato questo risultato quantomeno rovesciato: concezione e costumi patriarcali sicuramente sono più presenti nel sud che nel nord. E invece è nel nord che c'è il dato più allarmante.
Allora, il "patriarcalismo classico" non è e non può essere una spiegazione sufficiente e principale. Tornando all'omicidio in provincia di Varese. Certo c'è anche la classica gelosia verso una moglie delusa che se ne vuole andare, insieme alla frustrazione da scalata sociale non realizzata scaricata in famiglia. Ma soprattutto c'è una concezione fascista, moderno integralista, una concezione che fa scrivere il cartello per avvisare che è tutto suo e ognuno che rompe questa "proprietà privata" (dalla casa alla famiglia) è da tenere fuori o da uccidere se propria moglie; la concezione reazionaria-chiusa per cui in famiglia tutto si può fare e chiunque osa intromettersi, sia il ladro, sia l'immigrato, sia chi rompe "l'unità della famiglia", è l'estraneo. Una concezione pienamente frutto e in sintonia con l'ideologia leghista, moderno clericofascista, razzista oggi sempre più presente e agente, soprattutto in realtà del Nord, portata avanti organicamente dagli esponenti principali del governo, della Chiesa, dai loro mass media, ma diffusa in settori delle masse, in particolare della piccola borghesia o strato superiore dei lavoratori, ma non solo. Vogliamo dire che è in atto insieme ad un aumento dell'oppressione verso le donne che investe ugualmente dal nord al sud, un incancrenimento, imbarbarimento ideologico che si unisce, in alcune fasce sociali e in alcune realtà del paese, ad uno stile di vita corrispondente - chiuso e pieno di valori reazionari, conservatori che danno alimento al maschilismo, patriarcalismo, comunque presente.
Di questa ideologia e modo di vita le prime a subirne gli effetti mortali sono le donne. Ma questo spesso è difficile che venga capito dalle stesse donne, che a volte in queste realtà hanno uguali valori, uguali concezioni dei loro oppressori, quei valori di cui poi sono le principali vittime (la donna uccisa in provincia di Varese accusava il marito di aver deluso il proprio padre padrone che si era fatto da solo e aveva dato loro lavoro, casa ma considerandole sempre come cose sue). Occorre quindi sviluppare una lotta/campagna non solo pratica, ma anche ideologica, con le donne, verso le donne prima di tutto; altrimenti assisteremo a un continuo inevitabile incremento delle uccisioni delle donne. Non c'è Telefono Rosa, centri antiviolenza che tengano. Se questi valori generali da moderno medioevo vanno avanti, non trovano dighe adeguate e altrettanto forti anche nella risposta di lotta, non faremo che scrivere decine e decine di comunicati indignati ma purtroppo impotenti.

Margherita del MFPR

16.8.09

22/05/09

Veronica e il moderno fascismo

Uno scritto di Margherita Calderazzi per proletari comunisti versione web

La questione di questi giorni: Berlusconi/Veronica Lario/Casoria sta mettendo in scena, pur se con forme anche grottesche, un aspetto del moderno fascismo. Per questo nessuno, e tanto meno chi è comunista, può starsene zitto. Parafrasando Marx, il fascismo in Italia una prima volta si è presentato in "tragedia" ora si presenta in "farsa". Lo spirito e gli atteggiamenti fanatici, di servilismo cieco ma convinto e militante verso l'"imperatore" degli esponenti e sostenitori del PdL, sordi a qualsiasi ragionamento di buon senso - che appare nelle trasmissioni televisive, dalle dichiarazioni sui e di parte dei giornali; L'uso delle donne, come oche alla corte dell'imperatore, l'ideologia maschilista ossessiva, l'idea di Berlusconi e della sua "corte" che lui può tutto e che ciò che tocca, pur se è "merda", diventa per il fatto stesso che lo fa Berlusconi legittimo e bello, stanno dimostrando anche questo La prostituzione a fini di carriera-spettacolo, o politico/elettorale che viene praticata e legittimata; la pornografia dello spettacolo; una sorta di rinnovato e moderno "ius prime noctis" per il piacere dell'imperatore; vogliono dire cultura e pratica dello stupro, della pedofilia che vengono rese legittime. Se tutto questo lo facesse una persona qualsiasi, sicuramente rischia di essere arrestato, ma se lo fa Berlusconi è sinonimo di un potere che è vicino alle masse... La "politica" come abuso di potere, nelle forme usate da Berlusconi era praticata anche ai tempi di Mussolini. Il potere viene usato per rendere legittimo solo per sé ciò che è reato per gli altri L'abuso del potere da parte di Berlusconi, della sua carica istituzionale per imporre le veline e i delinquenti nelle liste, per dispensare regali, per stravolgere le regole politiche-elettorali, per viaggiare con i soldi dello Stato per incontrare un "amico" già inquisito e partecipare ad una festa di 18enne; le vergognose cose dette e fatte all'estero; l'uso personale dei mass media, ecc.ecc., non sono cose "sbagliate", ma sono - come ha detto Veronica Lario - ciarpame politico, L'aperta violazione delle leggi, lo stravolgimento delle regole di uno Stato da parte di chi dovrebbe essere garante di quelle leggi e regole equivale ad una sorta di colpo di Stato permanente, questo è fascismo - q nato dall'interno stesso delle istituzioni di democrazia borghese, usando gli stessi strumenti della democrazia borghese. Un qualsiasi cittadino per violazioni molto più lievi viene punito, ma nessun partito di opposizione o presente alle elezioni lo chiede seriamente per Berlusconi: Questa aperta illegalità, non è nuova, anche se più andiamo avanti, peggio è. L'abbiamo vista anche nel caso Englaro: masse fanatiche di cittadini organizzati da partiti di governo, da esponenti istituzionali per impedire materialmente l'applicazione di leggi, sentenze, che loro per primi dovrebbero applicare e rispettare; lo vediamo nelle ronde organizzate dai sindaci contro gli immigrati, nei medici che si rifiutano di applicare leggi ancora esistenti, ecc. ecc.. Sulla vicenda Veronica Lario è la posizione della "opposizione " è partita con la dichiarazione che si trattava di "un fatto privato...", (Franceschini: "tra moglie e marito non metterci il dito"), è proseguita con con teatrino dialettico dei talk show televisivi dimostrando di accettare il terreno della corte dell'imperatore. E le politiche di molte cosiddette "femministe"? Nessuna parola, nessuna denuncia e indignazione; queste "femministe" che alzano grandi grida di fronte anche ad una molestia sessuale, ora che siamo di fronte a una violenza e molestia sessuale di carattere istituzionale verso le donne, ad un uso da parte del potere delle ragazzine come piacere dell'imperatore e dei suoi accoliti, invece di essere disgustate, offese, arrabbiate per come un capo di governo può "legittimamente" permettersi di infangare le donne, di sfruttare i loro corpi, non gridano, né dicono niente in tutt'altre faccende affancendate Alcuni (ancora più stupidamente) dicono che è tutto un gioco delle parti, che Veronica Lario "ci fa", quasi in accordo con Berlusconi. La realtà di questi giorni ha ampiamente dimostrato la serietà e lil significato politico delle dichiarazione di Veronica, e solo chi sta invischiato/a nello stesso teatrino della politica, può non se ne rende conto. Chi sottovaluta le verità (in un certo stesso "banali" nella loro evidenza) delle cose dette dalla Lario, chi le riduce a querelle elettorali- patrimoniali di fatto dà la stura alla tesi del "complotto" di Berlusconi. Veronica Lario ha detto delle sacrosante verità. Ha fatto delle analisi e denunce di fatti pubblici, niente affatto privati, ha mostrato che "l'imperatore è nudo" e che non bisogna lasciarlo agire; che un paese non si può lasciar governare da chi non "sta bene", da chi è fuori di testa (anche la pazzia di Hitler, non dimentichiamocelo, fu una componente del nazismo); Veronica Lario ha visto dall'interno il "nero" profondo dell'ideologia, della prassi, l'abuso di potere di Berlusconi e e lo ha indicato pubblicamente. Che finora anche lei facesse e fa parte di questo mondo che cosa può importare? Non rende meno vere le cose dette; Non lo ha fatto, tranne eccezioni giornalistiche invece, e non lo fa neanche ora la cosiddetta sinistra elettorale che dovrebbe fare una normale opposizione politica lì dove invece appare il moderno fascismo in azione che chiede tutt'altro scontro, invece ne spiana la strada alla piena attuazione Contro il potere di Berlusconi espressione del moderno fascismo in formaziione e in trasformazione come regime che via via occupa e stravolge tutti i posti, tutti i settori strutturali e sovrastrutturali della società, che usa il potere per ottenere un consenso populista,serve l'opposizione politica rivoluzionaria


15.5.09
Proletari comunisti ro.red@fastwebnet.it
la lotta e non il voto alla falsa opposizione
14-15 giornate di mobilitazione nazionale

01/04/09

Verso lo sciopero delle donne

Verso lo sciopero delle donne

Anche solo considerando i dati dell'Istat, che certo sottostimano il fenomeno, in Italia la violenza di genere è compiuta per il 98% da uomini su donne; in massima parte gli stupratori sono cittadini italiani; la violenza maschile resta la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne. Oggi politici e giornalisti si sforzano di strumentalizzare gli episodi più eclatanti di stupro per legittimare politiche autoritarie e xenofobe. Ma va ribadito che la violenza di genere attraversa verticalmente tutta la società e che stupri e femminicidi non sono che la punta emergente di un fenomeno ben più ampio e stratificato: quello di una generale discriminazione delle donne, nel lavoro, nella vita quotidiana, nella negazione della nostra libertà, nella violazione dei nostri corpi, nella costrizione al silenzio.
Denunciare e contrastare la violenza sessuale non sarà allora sufficiente se non si mettono in questione anche le forme strutturali della discriminazione e del sessismo: la rappresentazione istituzionalizzata del «femminile», le immagini sessiste di Tv, giornali, libri di scuola, ma anche i processi di precarizzazione del lavoro femminile, le disparità di salario e di carriera nei posti di lavoro, l'attribuzione diseguale, solo alle donne, della cura gratuita della casa, dei bambini, degli anziani. Proprio la crescente discriminazione del lavoro femminile diventa, in tempi di crisi economica, il fulcro materiale di un rinnovato autoritarismo sul corpo delle donne, costrette a lavori malpagati e, di conseguenza, sempre più vincolate alla casa in posizione di subalternità e dipendenza economica.
Solo ora ci si sta rendendo conto della gravità e dell'estensione della crisi finanziaria che sempre più investe e disgrega l'«economia reale» lasciando sul campo milioni di disoccupati. È una crisi che scuote violentemente parametri e assetti consolidati, tanto che c'è chi ha parlato dell'aprirsi di una «nuova fase del capitalismo» dagli esiti imprevedibili. Né è un caso che nei paesi occidentali la «politica per la famiglia» assuma oggi nuova importanza: l'Unione Europea raccomanda a governi e imprese di «sostenere la famiglia» e di «investire nelle risorse umane e nell'uso efficiente del capitale umano».
Certo è che la crisi della globalizzazione neoliberista impone una crescente riterritorializzazione delle economie capitalistiche, il rilancio dei mercati interni, la necessità di ridare reddito per riavviare il ciclo dei consumi. Ma i nuovi «aiuti familiari» comportano un forte risvolto di normatività, di controllo e di disciplinamento della vita delle donne. Concesso dall'alto, in una fase drammatica di tagli e disoccupazione, il reddito assumerà sempre più un valore premiale per chi si identifica con una sorta di «salute nazionale». Le politiche statali mirano oggi a distinguere tra «decorose» famiglie regolari (che riproducono lavoratori-consumatori) e lavoratori usa e getta, non garantiti, da sfruttare al massimo grado. In questo quadro, sono le donne a pagare il prezzo più alto: discriminate sul posto di lavoro, subordinate in famiglia, costrette gratuitamente al «lavoro di cura».
Non si tratta pertanto di cercare risposte in una falsa coesione, ma nelle lotte e nel conflitto sociale promosso dalle donne. Oggi crediamo sia importante creare reti autonome di lotta femminista e forme di autoassistenza sviluppando e potenziando quegli esperimenti che già esistono di economia alternativa, dal basso, solidaristica. Ma occorre altresì interrogarsi sui risvolti disciplinari dei nuovi progetti di Welfare: rivendicare una garanzia di reddito dalle istituzioni («reddito di cittadinanza», «reddito di esistenza», «salario garantito») riesce davvero a contrastare efficacemente le politiche sociali autoritarie? è adeguato portare avanti parole d'ordine che solo ieri apparivano utopiche e ora diventano strumento differenziale di governo e di disciplinamento?
Si pensi solo al progetto del «mutuo sociale per la casa» portato avanti in questi anni dai neofascisti di CasaPound e reso operativo di recente dal sindaco Alemanno. Anziché riproporre l'edilizia popolare o calmierare in qualche modo il mercato degli affitti, il comune di Roma preferisce erogare soldi alle famiglie avvantaggiando chi ha già disponibilità economiche e favorendo insieme la speculazione edilizia dei «palazzinari». Ma chi non ce la fa a pagare l'affitto non potrà certo permettersi di comprare una casa, anche con un mutuo agevolato. Quello del «mutuo sociale» è un programma politico di controllo e di promozione della famiglia italiana, «sana», disciplinata. Lo stesso potrebbe dirsi per la campagna del comitato «Tempo di essere madri», legato a CasaPound, che promuove in questi giorni una proposta di legge per il part-time alle madri lavoratrici italiane mantenendo lo stipendio pieno. Sono proposte del tutto coerenti con il nuovo «neoliberismo nazional-populista». Con una mano deregolamentano il lavoro; con l'altra tendono il pane, ma solo ad alcuni: a coloro che sono capitale umano, madri e padri fedeli al dovere, famiglia sana e perbenista. Queste politiche, infatti, sono basate su una pesante selezione degli aventi diritto e su condizioni inflessibili e ricattatorie per non decadere dagli «aiuti».
Di fronte a una situazione come quella attuale – così simile alla stagione del Novecento che prelude ai grandi totalitarismi europei – pare sempre più necessario un impegno di lotta femminista a tutto campo. Nella riunione nazionale del 24 gennaio, il Tavolo 4 «Lavoro/precarietà/reddito» della rete femminista e lesbica delle Sommosse, ha deciso di lanciare l'idea di uno «Sciopero delle Donne», costruito in modo autonomo dalle lavoratrici, dalle operaie, dalle precarie, dalle disoccupate, dalle giovani, dalle migranti, per denunciare una disparità che perdura e peggiora ogni giorno. Per promuoverlo, l'8 marzo vi saranno in tutt'Italia presidi, sit in, manifestazioni, volantinaggi, assemblee, raccolte di firme, iniziative di protesta, azioni simboliche (vedi http://femminismorivoluzionario.blogspot.com). Non pagheremo la vostra crisi! Non ci piegheremo alle politiche patriarcali che vogliono sottrarci quel poco di libertà che ci siamo conquistate!

Cassandre felsinee del Tavolo 4

15/03/09

Violenza, razzismo e fascismo come armi politiche di gestione della crisi

8 MARZO 2009

GLI STUPRI UN'ARMA POLITICA DEL GOVERNO BERLUSCONI NELLA MARCIA VERSO IL MODERNO FASCISMO.

ROVESCIAMO QUESTO GOVERNO, QUESTO STATO, QUESTO SISTEMA CAPITALISTA CHE NON SONO LA SOLUZIONE MA LA CAUSA DEGLI STUPRI, DELLO SFRUTTAMENTO, DELL'OPPRESSIONE DELLE DONNE!

Il governo Berlusconi, il parlamento, con una martellante e quotidiana campagna stampa e televisiva razzista e superallarmista che attribuisce agli immigrati in quanto tali gli stupri, la vera causa di pericolo per le donne, che aizza la cacciata di massa di tutti gli immigrati; nel pieno sviluppo di raid fascisti, dell'organizzazione neonazista Forza Nuova contro chiunque abbia la fisionomia di immigrato; di interventi manu militare da parte delle amministrazioni comunali per l'abbattimento di campi rom buttando in mezzo alla strada al freddo e di notte donne, bambini; e all'interno di una parallela campagna volta a misure di controllo e restrittive della libertà delle donne, per cui le donne dovrebbero andare in giro sempre accompagnate da maschi, meglio se militari o poliziotti, dovrebbero tornare presto a casa, uscire meno; ha varato un "pacchetto sicurezza" che legittima le ronde contro tutti gli immigrati, fatte da ex militari o da "cittadini per bene" leghisti, fascisti; che allunga i tempi di detenzione di tutti gli immigrati nei campi che sono sempre più dei vari e propri lager, campi di concentramento; impone inoltre ai medici di denunciare gli immigrati clandestini che si facessero curare da loro.
Un pacchetto di "INSICUREZZA", di apartheid di Stato di intere popolazioni, di moderno fascismo, che attacca i più elementari principi democratici costituzionali; un "pacchetto" che in nome delle donne, colpisce le donne immigrate e mette sotto "tutela"/controllo tutte le donne.

NON IN NOSTRO NOME!
NON SUI CORPI DELLE DONNE, VIOLENTATI DUE VOLTE!
Questo governo sta usando strumentalmente le violenze sessuali per imporre nei quartieri, che lasciano sempre e comunque degradati, una massiccia presenza di militari, per lasciare che i fascisti si rafforzino nel paese. Per questo sta creando un clima oscurantista/emergenziale sempre ideale per la coltivazione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di sopraffazione; crea città invivibili che diventano terreno pericoloso soprattutto per le donne -- e c'è un rapporto diretto tra aumento delle misure di "sicurezza" e l'aumento degli stupri, delle uccisioni delle donne. Sembra di assistere, purtroppo dal vivo e come principali protagoniste, a quei film dell'orrore prossimo futuro, che mostrano una società-galera, ipercontrollata, da "coprifuoco", in cui le vittime delle violenze sono più represse dei violentatori.
L'imperialismo è capace nel suo imbarbarimento, di andare anche oltre il moderno medioevo!
Gli stupri sono sempre usati dagli eserciti nelle guerre imperialiste contemporaneamente come arma di subordinazione e di giustificazione per imporre la "democrazia"/dittatura degli stati imperialisti; oggi sono utilizzati dal governo italiano come "guerra di bassa intensita'" all'interno per imporre uno Stato di polizia e razzista e la legittimazione della marcia verso moderno fascismo.

DELLE DONNE NON GLIENE IMPORTA NIENTE.
Questa manipolata e ossequiosa campagna stampa, da fare invidia ai tempi del fascismo, nasconde ad arte il fatto che la stragrande maggioranza degli stupri, delle uccisioni delle donne, avviene in famiglia, da parte di italiani, che 7 donne su 10 sono uccise dal proprio partner, che gli stupri fatti dagli immigrati sono solo il 10% del totale fatti da italiani, ecc.; nasconde i tanti casi di donne immigrate violentate da italianissimi. Non contano le donne, le loro sofferenze, il loro dolore, le loro denunce. Questa sofferenza ha più o meno clamore a seconda di chi è lo stupratore. Tanto che immaginiamo i ghigni delle iene ridens di Berlusconi, Alemanno, Ratzinger, caporioni fascisti con cui reagiscono alle violenze sessuali, quasi sfregandosi le mani che questi stupri danno loro rinnovata possibilità di fare nuovi provvedimenti securitari, mentre nel frattempo lasciano che i loro mostri rampolli, pieni di vuoto disperante, brucino qualche immigrato, a mò di "prove tecniche".
SEMBRANO UNA SORTA DI "VIOLENZA SU COMMISSIONE".
La realtà è che diventa sempre più difficile capire chi sono gli stupratori. Berlusconi, che dichiara che lo stupro "è inevitabile" e ci propone di essere accompagnate dai militari, quelli che si sono distinti in Somalia per orrendi stupri e torture, o quelli a Parma che hanno buttato seminuda in una cella una prostituta nigeriana, è corresponsabile di stupri o no? Le aziende, come la Relish di MI che mettono a Napoli mega cartelli pubblicitari in cui i militari perquisiscono palpeggiando delle ragazze, e la giunta di Napoli che se ne "accorge" solo quando la notizia appare sui giornali, o altre giunte, "in nome della legge", rifiutano di rimuoverli, sono corresponsabili di incitamento allo stupro, o no? I fascisti di Forza Nuova che dicono "difendiamo le nostre donne -- via tutti gli stranieri", che, quindi, considerano il corpo delle donne di loro proprietà, meglio se vestito da sposa, per essere chiari sul ruolo patriottico di moglie e madre delle donne, sono degli stupratori, ideologicamente e spesso praticamente, o no?
VOGLIONO MORTI I VIVI E IMPORRE UNA ESISTENZA DI MORTE!
Questo governo, con una larga maggioranza in parlamento, sostenuto da ampi settori di questo Stato, mentre condanna persone vive, immigrate a possibile morte, donne immigrate a partorire in casa, ad abortire clandestinamente perchè non possono più farsi curare, partorire negli ospedali italiani senza rischiare di essere denunciate, negli stessi giorni del varo del "pacchetto sicurezza", in collegamento/esecuzione dei voleri del Vaticano di Ratzinger, ha tentato di varare in fretta e furia una legge che impedisse a Eluana Englaro di essere libera di cessare una vita che non era vita. Un governo, uno Stato che fanno morire i vivi, che, invece, impongono una vita a chi è già morto, al solo scopo di affermare con l'autorità di decreti legge e della Chiesa ufficiale che le persone non possono decidere della propria vita, che è solo questo governo, questo Stato, Ratzinger e company che possono decidere della nascita, della vita, della morte, è un governo e uno Stato che stanno marciando verso un moderno fascismo, ed è legittimo rovesciarli!
QUESTO GOVERNO USA GLI STUPRI PER DISTOGLIERE L'ATTENZIONE DALLA CRISI E DAI SUOI PESANTI EFFETTI SULLE NOSTRE VITE.
Le prime a pagare la crisi sono le donne, con licenziamenti, cassintegrazione massiccia di non ritorno, aumento della precarietà del lavoro e della vita, peso dei tagli dei servizi sociali, reintroduzioni di discriminazioni su maternità, stato sessuale, che si uniscono alle discriminazioni già esistenti su salari, diritti; la vita delle donne diventa sempre peggiore e più oppressa. Non è azzardato pensare, quindi, che l'enorme rilevanza mediatica data in questi mesi agli stupri degli immigrati abbia anche lo scopo di distogliere l'opinione pubblica dalla crisi, dalle misure che in fretta e furia il governo sta facendo per peggiorare le condizioni di vita delle donne, di tutti i lavoratori, di tutta la popolazione, come quelle sull'aumento dell'età pensionabile, come i tagli dei fondi alle scuole, delle spese sociali, ma come anche la nuova legge di attacco al diritto di sciopero con l'introduzione delle "liste di proscrizione" per chi sciopera, perchè nella crisi si deve impedire ai lavoratori anche di lottare, il nuovo modello contrattuale che legando salari a produttività, tempi di lavoro, darà un'ulteriore giustificazione ai padroni per abbassare i salari delle lavoratrici, ecc., ecc.

Ci sono sempre più telegiornali da "cronaca nera", dove pur di dare un'immagine allarmista mettono insieme episodi di violenze vicini e lontani, e nulla dicono sulla vita NERA che ci stanno imponendo con la loro crisi, del fatto che tantissimi operai sono ridotti a vivere con 750 euro di cassintegrazione, che i giovani non trovano più lavoro e chi lo ha, soprattutto le donne, lo perde, del fatto che non ci si arriva più neanche a metà mese, che il taglio dei servizi sociali ci sta riportando indietro di decenni; del fatto che tutto questo porta, proprio quando viene messa al centro la "famiglia", a far diventare la famiglia il baratro in cui si scaricano tutte le frustrazioni, tutte le sofferenze quotidiane, e quindi il centro dell'oppressione fino alle violenze e uccisioni delle donne.

Sembra che ci sono i giornalisti che, se mai, fino all'altro giorno non hanno dedicato neanche un rigo o solo un trafiletto alle tante violenze sessuali e non, che colpiscono sempre le donne, fatte in famiglia, da italianissimi; ma da alcuni mesi invece, in coincidenza con l'avvio della crisi economica, vadano con taccuino e macchina da presa in cerca, come avvoltoi, delle violenze, perchè si parli di queste, si facciano ore di trasmissione su queste e gli immigrati, e non si parli -- se non per qualche rara e lodevole eccezione -- degli effetti della crisi sulle persone e sulle donne in particolare.

QUESTO SISTEMA SOCIALE CAPITALISTA, con i suoi attacchi, peggioramento delle nostre vite, negazione dei nostri diritti, aumento dello sfruttamento e oppressione, con la sua propaganda di cultura e ideologia maschilista, da moderno medioevo contro le donne, NON È LA "SOLUZIONE" MA LA CAUSA DELLE VIOLENZE SESSUALI.

Alcune belle anime del ceto politico femminista, della "sinistra" contro tutto questo moderno fascismo pensano di fare delle belle operazioni culturali, di sensibilizzazione, formazione dalla nascita dei maschi, e sugli immigrati di fare dei distinguo tra buoni e cattivi. Sono patetiche o complici, volontarie o involontarie.

Non c'è altra strada che l'organizzazione delle donne, che l'unità delle donne italiane e immigrate, che un esercizio di fatto di una sacrosanta "violenza" di lotta delle donne, di esercizio di un contropotere delle donne nei quartieri, lì dove avvengono gli stupri, "illuminiamoli", facciamo vivere i quartieri, le città con la nostra presenza organizzata.

MA SOPRATTUTTO, SIAMO IN PRIMA FILA, PERCHÈ ABBIAMO DOPPIE RAGIONI, NEL NECESSARIO PROCESSO RIVOLUZIONARIO SOCIALE E POLITICO PER ROVESCIARE QUESTO SISTEMA CAPITALISTA CHE HA NEL SUO DNA LO SFRUTTAMENTO, L'OPPRESSIONE, LA VIOLENZA VERSO LE DONNE.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
mfpr@fastwebnet.it
8.3.09