Sulla condizione delle lavoratrici. Ci sono alcune città che sono caratterizzate soprattutto da lotte di settori lavorativi, scuola, servizi, cooperative sociali, ecc., in cui la maggioranza dei lavoratori sono donne, come in Sicilia dove c'è un alto tasso di precarietà e di disoccupazione che al suo interno vede un'ampia fetta di donne coinvolte.
Per esempio, la lotta che noi portiamo avanti da anni a Palermo è quella in particolare delle precarie del settore delle cooperative sociali che è un settore a maggioranza donne; ma questa realtà della precarietà lavorativa delle donne è presente chiaramente in tutte le regioni del sud, Puglia, Campania, Calabria eccetera però è anche generale di tutto il paese.
La condizione delle donne e nello specifico delle lavoratrici subisce già un attacco generale dai padroni, dal governo. Un attacco che parte dall'aspetto economico quindi dall'aspetto lavoro/non lavoro ma che è strettamente legato all'aspetto politico e ideologico. Esso è andato avanti in tutti questi anni con i vari governi che si sono succeduti e viene aggravato oggi con il governo della "donna" Meloni, a dimostrazione che il fatto di essere donne non significa essere dalla parte delle donne, delle lavoratrici, perché sappiamo bene che non è il genere quello che comanda ma è la classe a cui si appartiene.
La questione del lavoro in particolare nelle regioni del sud è uno di quegli ambiti in cui il cosiddetto “gender gap”, come piace ai mass media dei padroni chiamarlo, cioè le differenze anche retributive sul lavoro, si manifesta con maggiore evidenza. Lo dicono le stesse statistiche borghesi, non abbiamo niente da inventarci.
Sono andata a leggere e prendere qualche dato dal rendiconto di genere del 2024 dell'Inps e già si vede che in questo paese a partire dal 2023 il tasso di occupazione femminile si è fermato al 52,5% rispetto al 70,4% degli uomini; le donne sono chiaramente meno impiegate in contratti a tempo indeterminato mentre sono più frequentemente impiegate in contratti precari, a termine e all'interno di questi anche part time. La questione del part time è legata a una scelta che spesso non è volontaria ma costretta, perché sappiamo bene che sulla maggioranza delle donne viene scaricato in maniera sempre più pesante il lavoro di cura; e oggi col maggior taglio dei servizi sociali – pensiamo al taglio che è stato fatto agli asili nido dopo che il governo Meloni aveva falsamente propagandato il loro aumento e addirittura la loro gratuità - il discorso del doppio lavoro, lavoro fuori casa e in famiglia diventa sempre più pesante.
Per il governo per i soldi da destinare ai padroni e alla guerra, per i piani di riarmo si deve tagliare sempre di più sulla sanità pubblica, sui servizi, sulla scuola pubblica.
Nel privato le lavoratrici a tempo indeterminato rappresentano soltanto il 40%. Ma se guardiamo nel pubblico, per esempio ad uno dei settori a maggioranza di lavoratrici donne quale quello della scuola, a dispetto di quello che dice il reazionario ministro Valditara, solo nel 2024/2025 il tasso di precarietà femminile è aumentato in maniera considerevole passando dal 12% al 24%.
Poi vi è tutta la fetta delle donne che non lavorano, distinte fra inoccupate e disoccupate, con tassi altissimi nelle regioni del sud, la Sicilia è una di queste. Il tasso di disoccupazione femminile nel 2025 in Italia è il più elevato rispetto alla media europea, cioè a gennaio 2025 il tasso di disoccupazione in Italia è pari all'8,2% rispetto a quello di tutta l'Unione Europea che è pari al 6%.
Quindi c'è tutta questa realtà davanti al governo Meloni che però anche nell'ultimo meeting a Rimini a cui ha partecipato si è allargata nuovamente sui risultati, sugli obiettivi che questo governo avrebbe raggiunto anche relativamente alle donne, alle lavoratrici; si tratta di dati palesemente falsi perché sono i fatti reali e concreti che dimostrano il contrario.
Per non parlare delle operaie, la cui condizione è assolutamente invisibile. Noi abbiamo fatto come lavoratrici Slai cobas sc delle inchieste tra le operaie che direttamente organizziamo, per esempio, a Bergamo le operaie della Montello, in provincia di Milano le operaie della Beretta, in maggioranza immigrate, che hanno fatto lotte esemplari, e che vivono una condizione difficilissima all'interno della fabbrica; inoltre, abbiamo fatto anche un lavoro di inchiesta diretta dalla Fiat di Melfi alla Stellantis a Torino. Attraverso l'esperienza diretta della lotta e questo lavoro di inchiesta è veramente venuta fuori una condizione di doppio sfruttamento, di precarietà, di difficoltà enorme per le operaie sotto ogni punto di vista, dalla conciliazione lavoro-famiglia, alla salute e sicurezza ma anche di discriminazione, perfino di molestie sul lavoro e di violenza sul lavoro.
Da queste inchieste sono venute fuori anche delle istanze chiarissime, una di queste, per esempio, è quella della trasformazione del lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, ma anche pari salario a parità di lavoro, la questione delle pause. Quando siamo andate a fare l'inchiesta alla Fiat di Melfi le operaie parlavano della questione del ciclo, le operaie praticamente non avevano neanche il tempo di arrivare ai bagni perché le pause erano sempre più brevi perché il padrone deve fare sempre più profitti e quindi aumentare i tempi di lavoro; e ricordo di operaie che si macchiavano le tute bianche perché appunto non avevano neanche il tempo di arrivare in bagno per cambiarsi. Su questo allora ci fu una lotta.
Ma tutta questa condizione delle operaie resta quasi invisibile. Per i sindacati confederali è come se non esistesse; quando indicono gli scioperi generali se si vanno a leggere le piattaforme c'è soltanto a volte un punto generico sulla questione delle lavoratrici; ma purtroppo lo stesso fanno molti sindacati di base; invece di entrare nel merito di una piattaforma concreta che, unitamente alle istanze che riguardano operai e operaie, prenda in considerazione la realtà specifica delle lavoratrici, per fare delle lotte sulle istanze specifiche delle operaie in questo caso.
Per esempio alla Beretta le operaie sono state discriminate e colpite sulla questione della maternità, cioè per avere i congedi di malattia del bambino venivano penalizzate nello stipendio, addirittura la Cgil ha fatto un accordo di un aumento del salario pari a centesimi, cioè una cosa veramente vergognosa, e vi è stata la repressione contro le operaie organizzate con lo Slai cobas sc che hanno scioperato contro questo accordo.
Anche le operaie della Montello che sono organizzate con lo Slai cobas sc vivono tutta una serie di discriminazioni. Mi ricordo di un'operaia che raccontava che nonostante avesse titolo per poter guidare il muletto non lo poteva guidare perché quella era una mansione che doveva essere prerogativa dei maschi e non delle operaie donne.
Si tratta pertanto di una condizione di lavoro che peggiora di giorno in giorno.
La Meloni dice che grazie a lei l'occupazione femminile è aumentata, ma nello stesso tempo per questo governo noi donne contiamo in questa società solo se facciamo figli, se siamo macchine riproduttrici di figli, e oggi ancora di più questa concezione fascista avanza in Italia, collegata alla reazione che sta avanzando in tutto il mondo e la Meloni vediamo bene che è proprio la servetta di Trump. La Meloni dice che una donna che ha messo al mondo due figli ha dato un contributo importante alla società; ecco, questo racchiude proprio la concezione che questo governo ha delle donne.
Chiaramente poi i fatti concreti parlano e smentiscono nettamente su cosa fa concretamente il governo e come si tratti principlamente di una ideologia che vogliono imporre, quella del moderno fascismo e moderno medioevo che devono avanzare, e quindi tutte le falsificazioni sui bonus maternità, sull'assegno unico universale, ecc., cioè quelle misure che dovrebbero aiutare le lavoratrici a lavorare e a mettere al mondo figli, sono solo da un lato misure assolutamente di elemosina e dall’altro si tratta di misure da logica di guerra fra poveri perché sono soltanto indirizzate a singole fette di lavoratrici, quindi la maggioranza viene esclusa anche da queste misure ultra minime.
La propaganda continua contro il diritto di aborto e le misure concrete per attaccare l'applicazione della L.194, non ultima l'impugnazione del governo della legge regionale in Sicilia che prevedeva un aumento dei medici non obiettori negli ospedali.
E non ho ancora citato il lavoro in nero che c'è in Italia, con la condizione di tante badanti immigrate, o tante lavoratrici del commercio, servizi, che sono triplamente sfruttate e triplamente oppresse, eccetera eccetera.
Tutto questo noi lo raccogliamo quotidianamente attraverso le lotte che cerchiamo di organizzare e cercando di inserire le lotte anche specifiche immediate in un contesto più generale che deve avere al centro la lotta per rovesciare questo governo e la lotta contro la guerra, i piani di riarmo.
La mozione contro la guerra partita dalle fabbriche è stata presa nelle mani dalle lavoratrici. Per esempio a Palermo le lavoratrici precarie hanno portato questa mozione alla Fincantieri, perché la Fincantieri è una fabbrica che si sta proiettando sempre di più nell'economia di guerra, e qui da un atteggiamento iniziale da parte degli operai diffidente che ci dicevano: ma tu mi vuoi fare togliere il lavoro, poi si è passati ad un atteggiamento di attenzione, perché le precarie che hanno portato questa mozione nella semplicità hanno spiegato chiaramente i contenuti di questa mozione; alla fine gli operai la prendevano e hanno messo anche delle firme nella mozione. Quindi, questo scambio, da lavoratrici a lavoratori, è stato importante, è un'esperienza da generalizzare che fa capire, come ci insegna anche Lenin, che ci dobbiamo mettere in collegamento con tutti i settori lavorativi che devono lottare e ribellarsi contro il governo.
E’ poi molto importante il momento alto dello sciopero delle donne dell'8 marzo, dove tutte queste lotte delle lavoratrici confluiscono in una logica più ampia e più grande che è la lotta a 360 gradi perché “tutta la vita deve cambiare”.
Uno sciopero delle donne indetto in primis dallo Slai Cobas, che, però, a differenza di come fanno molti sindacati di base, non si limita alla mera indizione, ma si mette al servizio della lotta più generale delle donne e lavora poi concretamente perché le lavoratrici siano protagoniste; perché è un sindacato che proprio nel suo statuto ha tra i suoi punti il protagonismo delle donne lavoratrici che devono diventare uno dei cuori pulsanti della costruzione del sindacato di classe.
Anche l’8 marzo di quest'anno ha visto tante lavoratrici scioperare, seppur a livelli differenti, dal nord al sud. Le lavoratrici non sono mai state in un angolo, chiaramente siamo in un momento difficile quindi è sempre un quadro di lotte a macchia di leopardo. Però le lavoratrici non sono mai state zitte.
Il nostro sindacato Slai Cobas è un sindacato fondato sull'internazionalismo proletario, e, quindi, c’è un legame internazionalista con le altre lavoratrici che lottano nel mondo.
Oggi diciamo in particolare il nostro sindacato porta avanti la questione del legame con le donne palestinesi e quindi anche in relazione alle azioni che si faranno sulla questione dello sciopero del 7 ottobre noi lavoreremo vogliamo mandare un messaggio a tutte le lavoratrici nel nostro paese di essere sempre più legate alle donne palestinesi, e quindi di mettere anche le nostre lotte a sostegno della resistenza palestinese.
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