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un libro da leggere |
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Dall'intervista al figlio di Teresa Noce (CdS
Torino del 1.6.25)
Giuseppe Longo, 95 anni: «I miei genitori componenti dell'assemblea costituente. Quando tornavo a casa da scuola li trovavo a discutere su principi, doveri e diritti da inserire nella nuova legge fondamentale dello Stato»
Per molto tempo avevano tenuto lo sguardo basso, concentrato su quel filo che stava disegnando la loro prigione. Poi uscirono dalle botteghe e scesero in piazza, reclamando l’aumento del salario e il diritto alla giornata lavorativa di dieci ore. Tra le sarte in sciopero a Torino, nel 1911, c’era anche Teresa Noce. Aveva undici anni, eppure aveva già cambiato un paio di mestieri.
In marcia, tra le strade cittadine, si attaccò al braccio di una collega più grande e si mise ad urlare «viva lo sciopero!». Con quella stessa voce, da adulta, rivendicò i diritti delle sarte, delle operaie e delle mondine. Difese le lavoratrici prima come sindacalista e, successivamente, come politica tra le fila del PCI. Al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, come tutte le italiane, esercitò il diritto di voto per la prima volta. E accadde qualcosa di più. Venne votata, entrando a far parte dell’Assemblea Costituente che contava solo 21 donne elette su 556 deputati.
«Ha combattuto tutta la vita a sostegno delle lavoratrici — racconta il figlio Giuseppe Longo —. A lei si deve la proposta della legge sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri».
Da bambina-lavoratrice in sciopero a Madre Costituente. Quanto le strade torinesi sono state determinanti per l’impegno politico di sua madre?
«È nata a Torino, città che l’ha formata politicamente dal primo sciopero, nel 1911, fino all’attività successiva. Suo fratello ebbe un ruolo determinante per l’inizio della sua gavetta politica, introducendo mia madre al movimento operaio e socialista. C’è anche da dire che aveva vissuto lo sfruttamento sulla propria pelle».
Aveva dovuto lasciare lo studio per lavorare?
«Veniva da una famiglia povera. Ufficialmente mia madre aveva la terza elementare ma si era costruita una cultura ricchissima da autodidatta. Tanto che prese le redini della rivista La voce della gioventù, sulla quale pubblicò anche Gramsci. Fu tra le fondatrici del circolo socialista di Porta Palazzo e qui conobbe mio padre».
Come?
«Nel 1920 divenne segretaria di circolo, mentre Luigi Longo faceva parte del direttivo della Federazione Socialista di Torino. Un giorno mio padre venne inviato al circolo per la lettura di una relazione ma il pubblico iniziò a sbadigliare. Il suo linguaggio forbito non fu di aiuto. Così mia madre prese in mano la situazione, ponendo domande tali da ottenere risposte comprensibili. Terminata la riunione, mio padre la accompagnò a casa. Nel ‘21 entrarono insieme nel PCI e poi si sposarono».
Con l’ascesa del fascismo lasciarono Torino?
«Sì, la loro ultima abitazione torinese fu una soffitta in Borgo San Paolo. Lasciarono quella casa per trasferirsi a Roma e a Milano, dove mia madre fu anche arrestata. Poi scapparono all’estero, spostandosi tra Parigi e Mosca. A Mosca mio padre ricoprì l’incarico di rappresentante del partito presso l’Internazionale Comunista mentre mia madre fu rappresentante della confederazione generale del lavoro».
Ma non dimenticò le lavoratrici piemontesi…
«Nel 1931 decise di tornare in Italia per preparare la giornata dell’8 marzo nelle fabbriche tessili di Biella. In quegli anni organizzò anche gli scioperi delle mondine tra Novara e Vercelli, per poi tornare a vivere tra Mosca e Parigi. Nel ’36 poi i miei genitori partirono per la Spagna, militando nelle brigate internazionali. Nella sua clandestinità, devo dire che Teresa Noce diede sempre molto filo da torcere all’OVRA, che fece molta fatica a rintracciarla».
Lei era un bambino in quegli anni. Aveva paura che sua madre non tornasse?
«Nei suoi libri racconta che, proprio per il suo essere madre, non poteva permettersi di farsi catturare. L’amore per i figli le dava motivo di essere molto prudente. E tornava sempre».
Nel Dopoguerra è tornata anche per la sua Italia. Con quali occhi guardava sua madre mentre era al lavoro sulla Costituzione e poi sulle altre leggi?
«Incarnava la forza. Su questo aspetto siamo diversi, lei agiva di impulso, in fabbrica come in parlamento. Ha combattuto con determinazione per far valere i suoi ideali nella Costituente: era parte della Commissione dei 75. Così come ha lottato parecchio per la legge sulla tutela delle lavoratrici madri. Ha introdotto il divieto di licenziamento per le donne dall’inizio della gestazione fino al primo anno di vita del figlio; il divieto di far lavorare nei tre mesi prima del parto; una serie di garanzie mediche e di riposo».
Teresa Noce sarebbe contenta della nostra Italia oggi?
«Penso proprio di no. Nel passato esistevano dei principi ai quali tendere, esistevano delle idee che volevano essere realizzate. Sembra un po’ strano utilizzare questo termine, ma lo userò lo stesso: c’era fede. Esisteva una fiducia che andava oltre il razionale e che veniva indirizzata a un cambiamento necessario e, soprattutto, possibile. Oggi non esiste niente di tutto ciò. E la Costituzione viene tradita in continuazione».
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