(Di Alice Castiglione)
Il corpo di Adriana Smith come Gilead: distopia reale del patriarcato capitalista
Nel mondo di The Handmaid’s Tale, le donne fertili vengono costrette a partorire per conto dello Stato. Perdono nome, diritti, volontà. Diventano funzione. Solo uteri ambulanti per una società teocratica che santifica la vita non nata, mentre distrugge quella viva.
Non serve più immaginare Gilead.
Gilead è già qui.
Adriana Smith era cerebralmente morta. Ma il suo corpo è stato mantenuto in funzione come macchina riproduttiva, non perché lei lo avesse scelto, non perché la sua famiglia lo desiderasse, ma perché la donna é proprietà dello Stato.
Come le Ancelle di Atwood, la sua esistenza è stata ridotta a uno scopo riproduttivo. E anche nella morte, quel compito le è stato imposto.
La Georgia non è Gilead per caso.
È Gilead perché condivide gli stessi principi fondanti:
Il feto ha più diritti della donna.
La maternità è dovere.
Il corpo femminile è una risorsa pubblica gratuita da sfruttare.
La legge non protegge: controlla.
Il capitalismo patriarcale si nutre di questo schema.
Non gli basta che le donne lavorino: vuole anche che producano forza lavoro gratuita attraverso la riproduzione, possibilmente senza reclamare il diritto di scegliere.
Adriana è stata sacrificata in nome di un culto della vita che odia le vite libere, soprattutto se femminili.
Questo non è un caso clinico. È biopolitica necrocratica.
È l’estensione del dominio sulla carne anche oltre la morte.
Adriana è stata un’Ancella senza voce, senza nome, senza scelta.
Un corpo sospeso, colonizzato, controllato.
“Nolite te bastardes carborundorum” – ci ricorda June, la protagonista del racconto. Non lasciare che i bastardi ti schiaccino.
Ma chi può resistere quando sei morta e ti usano comunque?
Il corpo morto di Adriana Smith è il monumento macabro a un ordine sociale che calpesta la libertà, i diritti e la dignitá.
Anche in suo nome dobbiamo lottare per una rivoluzione delle Ancelle reali
Gilead non è fiction.
È politica.
E deve finire.
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