Le lavoratrici di Max Mara vanno in sciopero: “Ci dicono che siamo grasse e ci chiamano ‘mucche da mungere'
Le lavoratrici del colosso della moda Max Mara incrociano le braccia per protestare contro le condizioni di lavoro durissime e contro le pressioni sulle dipendenti.
In sciopero per protestare contro "condizioni di lavoro inaccettabili, rigidità organizzativa, pressioni individuali e usura fisica". Le lavoratrici di Max Mara, colosso del made in Italy e del lusso nel settore dell'abbigliamento, hanno elencato una serie di motivi accanto a quelli presentati da Filctem Cgil di Reggio Emilia come motivazioni per la protesta.
Oltre alla pressione sulla vita privata e sulla salute, le dipendenti lamentano anche un mancato riconoscimento economico e dei passaggi di livello, oltre che una scarsa disponibilità al confronto con le rappresentanze sindacali. In una nota Filctem fa sapere che le lavoratrici coinvolte in queste dinamiche sono 220.
"Ci hanno chiamato mucche da mungere – hanno raccontato alcune dipendenti a Il Fatto Quotidiano -. Ci hanno detto che siamo grasse, obese, ci hanno pure consigliato esercizi da fare a casa per dimagrire. Ci pagano praticamente a cottimo e controllano anche quante volte andiamo in bagno, ma siamo tutte donne e tutte abbiamo il ciclo. È disumano e vogliamo che questa cosa finisca".
La vicenda si aggiunge ad altri scandali che hanno colpito brand illustri della moda: tra questi, per esempio, gli accertamenti dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro che hanno evidenziato come alcune borsette di noti brand di lusso vendute a prezzi stellari fossero in realtà realizzate in laboratori-dormitorio sparsi per le province di Milano e Bergamo in subappalto. Il valore di produzione, insomma, sarebbe stato dai 40 ai 90 euro, mentre il prezzo di vendita si attesta tra i 1800 e i 3000.
Supermercati, mini stipendi
Lavoro povero Vita da banconista: «Lo stipendio è sotto gli 800 euro al mese per 20 ore a settimana. Io e tanti colleghi saremmo disposti a lavorare 30 ore per guadagnare di più ma l’azienda rifiuta»
Il vaso di Pandora lo ha aperto la procura di Milano: nella grande distribuzione organizzata c’è un problema diffuso con gli appalti e i contratti. L’inchiesta dei pm, avviata nel 2021, riguarda lo sfruttamento dei lavoratori della logistica ma le criticità riguardano anche cassieri e banconisti.
Stipendi bassi, turni ballerini e dipendenti costretti a lavorare la domenica e i festivi sono una costante non solo nei supermercati, ma anche nelle catene di abbigliamento e articoli per la casa. E gli scioperi sono sempre più numerosi. Uno dei più recenti riguarda Lidl, ma altre vertenze e indagini sono in corso in aziende come Carrefour, Esselunga e Coin.
LO STATO DI AGITAZIONE dei 23mila dipendenti Lidl è iniziato con un’intera giornata di sciopero, lo scorso 24 maggio. «80 supermercati su 700 sono stati costretti a rimanere chiusi; buona parte degli altri ha aperto solo perché i direttori e i manager si sono messi alla cassa»
«Siamo in trattativa dal 2023 per il contratto integrativo, nonostante l’elevata adesione allo sciopero l’azienda continua a non dare risposte soddisfacenti alle nostre richieste». Che riguardano un tema: «Aumentare i salari per distribuire più guadagni tra i dipendenti, i principali protagonisti degli ottimi risultati della catena».
Lidl Italia fattura 7 miliardi l’anno e nell’ultimo quinquennio ha dichiarato un utile pre-imposte di 1,3 miliardi «eppure – afferma Di Labio – non investe abbastanza sui lavoratori, per il 75% part time su scelta aziendale».
LE CONDIZIONI sono testimoniate da una banconista che chiede l’anonimato: «Lo stipendio è sotto gli 800 euro al mese per 20 ore a settimana. Inoltre il carico di lavoro è molto stressante, perché i supermercati Lidl hanno meno personale rispetto alle altre catene...
L’unica proposta arrivata dall’azienda è stata l’aumento dei buoni spesa da 100 a 200 euro all’anno da spendere nella stessa Lidl: «L’abbiamo respinta, è insufficiente e poco gradita»...
ALTRO ANNOSO PROBLEMA della grande distribuzione riguarda il lavoro la domenica e i festivi, introdotto nel 2011 dal decreto Salva-Italia del governo Monti. «Era stata presentata come una norma per aumentare i consumi e l’occupazione; in realtà ha contribuito a peggiorare le condizioni lavorative nel settore, senza migliorare l’economia...
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