Si sono da poco chiuse le indagini per la vicenda che ha visto coinvolta Maya lo scorso giugno, e per la quale la rete Nudm Torino scrisse un comunicato.
Il poliziotto che le ha sferrato un pugno dovrà rispondere di lesioni con l’aggravante di aver commesso il fatto “con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione”. Si tratta di un piccolo ma importante passo, per nulla scontato come ci dimostrano le innumerevoli storie di violenza commesse dalla polizia che solitamente non comportano conseguenze per chi le commette. Neanche il fatto che ci sia un video registrato dalle telecamere della caserma di via Tirreno è una prova sufficientemente solida per i tribunali.
Proviamo a immaginare questo poliziotto entrare in un’aula di tribunale con l’accusa di aver picchiato una giovane donna - mentre era in servizio, con indosso la stessa divisa che indossano i suoi colleghi quando ricevono denunce di violenza da parte delle donne – difeso dalla vice-presidente del Telefono Rosa di Torino.
Ci chiediamo: quali saranno le argomentazioni della difesa? Che non è mai successo? Che se l’è cercata? Che non avrebbe dovuto immischiarsi? Che non avrebbe dovuto essere in giro a quell’ora? L’avrà forse provocato?
Non sono esattamente le stesse argomentazioni che chi gestisce un servizio a supporto delle donne che subiscono violenza si trova a dover contrastare ogni giorno?
Ovviamente l’avvocata Anna Ronfani non è lì in veste di vice-presidente dell’associazione ma quanto ha pesato nella scelta di nominare proprio lei, il suo presunto ruolo nella difesa della donne? Crediamo che venda anche (e soprattutto) questo al suo cliente per tentare di migliorarne l’immagine.
Non ci stupisce ma ci provoca un’enorme rabbia la gravità di questa scelta. Immediatamente il pensiero va alle studentesse americane violentate dai carabinieri a Firenze e all’interrogatorio che hanno dovuto subire così come non possiamo non pensare con rabbia alle pericolose retoriche securitarie dei politici tutte giocate sul corpo delle donne in questi giorni di campagna elettorale. Nello stesso tempo in cui leggiamo sulle cronache di un carabiniere che spara a moglie e figlie dopo che lei si era rivolta ripetutamente alla polizia per denunciare le violenze del marito senza essere ascoltata, senza che nessuno intervenisse: è necessario difendersi e non stare zitte!
Maya ha deciso di non tirare dritto per la sua strada quella sera di giugno e ha avuto l’enorme coraggio di denunciare il prezzo pagato in caserma per il suo coraggio, addirittura ricevendo un pugno in faccia!
Non è stata zitta e ha deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto nonostante le provocazioni e le intimidazioni, ha scelto di andare in quei tribunali che ancora troppo spesso sono luoghi dove la violenza sulle donne prosegue, dove ci si trova troppo spesso a passare sul banco degli imputati a subire domande umilianti, a dover dimostrare di essere abbastanza credibile, di aver sofferto e urlato abbastanza, di essere moralmente irreprensibile altrimenti…
Maya non si è tirata indietro di fronte a tutto questo e noi vogliamo che si sappia che di fronte a lei, a difendere l’uomo che l’ha picchiata, c’è la vice-presidente del Telefono Rosa di Torino! Anche per questo Non una di Meno ha un Piano in cui è scritto nero su bianco come vogliamo che siano i Centri Antiviolenza e chi vogliamo incontrare in quei luoghi.
Questa è solo una delle molte ragioni per cui diciamo che non è sufficiente essere donne per essere tutte dalla stessa parte. I posizionamenti, gli interessi, il potere fanno la differenza, eccome.
Maya però non è da sola. Noi stiamo con lei! #wetoogether
Non Una Di Meno-Torino
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