Una donna è stata denunciata dal noto avvocato di un efferato
stupratore per aver diffuso una lettera in cui si diceva esattamente
questo: che era l’avvocato di uno stupratore e che era meglio che alla
Casa Internazionale delle Donne non entrasse.
FIRMA ANCHE TU LA LETTERA che ha dato tanto fastidio, perché non siano più le donne a essere imputate nei processi per stupro.
Vai sul blog della campagna e leggi come fare
I FATTI
E’ il 12 febbraio 2012, all’Aquila fa freddo e c’è
la neve, nonostante sia passato più di un anno dal terremoto la città è
ancora distrutta e presidiata dai militari. Quella sera Rosa viene
stuprata fuori da una discoteca a Pizzoli da Francesco Tuccia, uno dei
militari dell’operazione “strade sicure” e lasciata ferita e agonizzante
nel parcheggio a quattordici gradi sotto zero. Scatta la denuncia e
parte il processo, Antonio Valentini, un noto avvocato locale, assume la
difesa dello stupratore Tuccia e la gioca tutta sul dimostrare il consenso di lei.
Intorno a Rosa si mobilitano centinaia di donne che la sostengono
dentro e fuori dal tribunale e che quando l’avvocato Valentini
nell’arringa pronuncia le parole “reciproco consenso” per protesta
escono tutte insieme dall’aula. Tuccia verrà condannato in tutti i gradi
di processo.
13 Novembre 2015, l’avvocato Antonio Valentini viene
invitato a parlare al convegno “Verso la cassazione” sulla commissione
Grandi Rischi organizzato da un’associazione di Chieti presso la Casa
Internazionale delle Donne di Roma. La cosa non passa inosservata, il
nome viene riconosciuto e in molte segnalano la presenza dell’avvocato
dello stupratore Tuccia in un luogo dedicato alla politica delle donne.
La Casa Internazionale delle Donne scrive una lettera pubblica in cui
dichiara che non sarà consentito all’avvocato Valentini l’ingresso alla
Casa. Il convegno si svolge regolarmente nell’assenza dell’avvocato
Valentini.
18 maggio 2016, in seguito alla denuncia per
diffamazione aggravata sporta dall’avvocato Valentini, il pm de L’Aquila
firma un ordine di sequestro del computer, pad e cellulare di una donna
di Roma che ha diffuso in una chat di facebook una lettera arrivata da
L’Aquila e indirizzata alle donne di Roma e alla Casa Internazionale.
Una lettera che riportiamo qui sotto, che vi invitiamo a
leggere e a firmare, per diventarne tutte idealmente autrici, perché
non dice nulla che non diremmo e che non dovrebbero dire tutte e tutti.
Vi invitiamo a firmare perché gli avvocati che difendono gli stupratori cercando di dimostrare che le vittime sono le colpevoli rafforzano
e perpetuano una cultura dello stupro per cui “ce la siamo cercata”,
“portavamo i jeans” , “lo volevamo”, “abbiamo provocato”, “ci piaceva”,
“eravamo in minigonna” ,“eravamo sole”, e il processo si trasforma in
una nuova inaudita violenza.
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