07/02/15

Gli stupri seriali dei "nostri ragazzi"

Dino Maglio, 4 anni caporal maggiore nel ministero della difesa e 11 nell'arma dei carabinieri: 16 denunce per stupro. Per 3 anni ha agito indisturbato minacciando le vittime di denunciarle: «Ingrata! Esageri, mi descrivi come un mostro! In Italia è un crimine dire cose del genere senza prove, quindi se non cambi o cancelli la referenza ti denuncerò. È semplice per me, ho il tuo numero di telefono - sono un investigatore di polizia - posso estrarre i tuoi dati e avrai problemi in tutta Europa ai controlli di frontiera».

Di giorno carabiniere, di notte stupratore

Ospitava a Padova turiste straniere tramite il sito Couchsurfing. Poi le drogava e violentava. Ora lo accusano sedici ragazze di tutto il mondo
 
di Cecilia Anesi e Giulio Rubino
   
Dino Maglio, o Leonardo, come gli piaceva farsi chiamare, di giorno era un carabiniere, di notte uno stupratore seriale. A l lavoro la divisa, a casa la violenza. Era iscritto su Couchsurfing, un sito che permette di trovare e offrire ospitalità gratuita per viaggiare nel mondo. Giocava all’ospite perfetto, ma, come un ragno che tesse la tela, aspettava paziente le sue vittime, poi le tramortiva con una droga, e le violentava. Lo accusano 16 ragazze, tutte giovanissime e tutte entrate in contatto con lui tramite lo stesso sito. Ora il carabiniere è detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. E qui conta i giorni che lo separano dall’inizio processo, fissato per il 17 marzo a Padova, teatro dei fatti.

Le indagini sono scattate un anno prima. L’uomo di 35anni è stato accusato di avere stuprato una minorenne australiana. Il sostituto procuratore Giorgio Falcone gli imputa di avere commesso atti sessuali «con l’aggravante di aver somministrato presunte sostanze narcotiche, nonché di aver abusato della relazione di ospitalità».



Perché la trappola scattava sempre dall’offrire alloggio nella città veneta, ambita dai turisti di tutto il mondo. Charlotte (i nomi delle vittime sono di fantasia), all’epoca sedicenne si era recata nell’abitazione di Maglio con la madre e la sorella minore. È stata la donna ad accorgersi che era successo qualcosa di grave. Era andata a dormire lasciando la figlia che conversava con Dino: un agente delle forze dell’ordine, di cui si fidava. All’alba però trova Charlotte in camera con l’uomo, senza mutandine, in uno stato letargico. Capisce al volo. Trascina fuori la figlia, e corre a fare denuncia a Venezia. Maglio viene ammanettato. Ammette di avere fatto sesso, ma, si difende, consenziente. Charlotte però agli inquirenti racconta ben altro, parla di uno stupro e spiega di non essere riuscita a reagire, come bloccata da qualche droga.

Non è stato l’unico caso. Altre quattordici vittime sono entrate in contatto con il centro di giornalismo d’inchiesta Irpi (Investigative Reporting Project Italy). Sette di loro, assistite dagli avvocati Boris Dubini e Gian Marco Rubino di Milano, hanno deciso di sporgere denuncia formale. Le altre hanno comunque accettato che la loro storia venisse resa pubblica. Sono tutte straniere, tutte finite in trappola attraverso il sito dello scambio di ospitalità.

Una serie di violenze che comincia nel 2013. A marzo arrivano le prime ragazze, Anita dagli Stati Uniti e una sua amica tedesca. Cinque mesi dopo, il 19 luglio, è la volta di due ventenni polacche, Oliwia e Marzena. Ad agosto l’agenda di Maglio s’infittisce: l’8 ospita tre portoghesi, Marcia, Matilde e Sofia. Due settimane dopo entrano in scena due coppie di giovani estranee tra loro, Lisa e Michel da Hong-Kong e Amalia ed Emma, rispettivamente tedesca e canadese. A settembre invece tre amiche della Repubblica Ceca: Irena, Tatana e Dusa.

Quando ad agosto 2013 Marcia torna in Portogallo si rende conto che qualcosa di terribile le era accaduto. Cercando su Couchsurfing s’imbatte nelle prime referenze negative: descrivevano la stessa drammatica esperienza. «A quel punto ero certa: era tutto reale. Ho pubblicato il mio giudizio negativo. Due giorni dopo il security team di Couchsurfing.com ha cancellato il profilo di Leonardo, così come i nuovi che apriva e che abbiamo segnalato».

L’amministratore delegato di Couchsurfing garantisce che l’azienda ha un servizio di intelligence per rintracciare e chiudere tutti i profili in casi del genere, ma si rifiuta di rivelare su cosa si basi il protocollo di sicurezza. Couchsurfing fornisce dei consigli agli utenti per viaggiare sicuri, ma nonostante le 16 ragazze li abbiano seguiti alla lettera, non sono sfuggite alla violenza.

Dino Maglio ha fatto di tutto per ribaltare quei commenti online che mettevano a rischio la sua tattica. Ha usato la sua qualifica per minacciare e ottenere la cancellazione. Ha scritto alle ragazze tramite Facebook: «Ingrata! Esageri, mi descrivi come un mostro! In Italia è un crimine dire cose del genere senza prove, quindi se non cambi o cancelli la referenza ti denuncerò. È semplice per me, ho il tuo numero di telefono - sono un investigatore di polizia - posso estrarre i tuoi dati e avrai problemi in tutta Europa ai controlli di frontiera».

Dopo le intimidazioni Marcia decide di chiamare a raccolta le altre vittime. Il 26 settembre 2013 apre un forum su un social network. Con un obiettivo: denunciare in contemporanea quell’uomo. Riceve adesioni da altre malcapitate, in vari continenti: ma quasi sempre le autorità dei rispettivi paesi non le prendono in considerazione. Eppure i racconti coincidono perfettamente. La strategia era sempre la solita.

Il primo giorno “Leonardo” si comportava con grande gentilezza. Faceva la guida turistica per la città. Invitava le ragazze a cena fuori, cucinava per loro e, a volte, le portava a ballare al nightclub Villa Barbieri. L’indomani stesso copione, ma con sorpresa. Stando alle dichiarazioni, a fine serata il pigmalione serviva di nascosto una droga sciolta in un “vino fatto in casa”’, da lui magnificato come una specialità. «La seconda notte», rievoca Irena, ospite di Maglio nel settembre 2013, «siamo tornate a casa alle sei di mattina. Leonardo era ubriaco. Volevamo dormire subito, ma lui ha insistito per offrirci il suo vino speciale. Molte ore dopo mi sono alzata e non ce la facevo a camminare. Vedevo doppio, triplo. Sono caduta su un divano e ricordo che Leonardo mi parlava come in un sogno. Ha iniziato a toccarmi l’inguine, si è sdraiato su di me e ha cercato di baciarmi. Ero disgustata, gli ho detto di levarsi. Ma non riuscivo a sollevarmi. Poi non ho più ricordi».

Quando, subito dopo la denuncia di Charlotte, gli agenti di polizia fanno irruzione nell’appartamento trovano 40 pasticche di Tavor. È un potente ansiolitico: può provocare “ottundimento delle emozioni”, creare confusione, debolezza e amnesia. Maglio ha detto agli inquirenti di usarlo per dormire, confessando però di averne somministrata una pasticca anche alla minorenne: «senza motivo», ha messo a verbale.

Anche la canadese Emma riferisce di essere finita in trance. Dopo aver bevuto quel vino «non ero più lì. Mi sentivo apatica e stanca. Dino è andato al lavoro, per il turno di notte. Io sono tornata dal bagno e ho trovato la mia amica tedesca Amalia e le due ragazze di Hong Kong svenute sul letto, tutte assieme. Ho cercato di svegliarle, ma non si muovevano, ero terrorizzata. Ho anche scattato una foto, come prova. Poi devo essere crollata anche io».

La polacca Oliwia ha avuto l’esperienza peggiore. Rammenta di essersi trovata nel letto di Dino: «Ha cominciato a baciarmi. Ero confusa, intorpidita. Poi ho perso conoscenza. Mi sono ripresa solo quando mi stava ormai violentando. Da lì in avanti ho un’amnesia. Al risveglio avevo la nausea. Ero nuda, nel letto di Leonardo. Seduta, accanto a me, c’era sua madre, faceva le parole crociate».

L’uomo ha proseguito anche dopo l’arresto. Mentre era ai domiciliari per lo stupro della minorenne australiana è riuscito a tornare su Couchsurfing. La polizia lo ha scoperto e il pm ha ordinato un nuovo blitz: Dino era in compagnia di due couchsurfer, un’argentina e un’armena, quest’ultima affetta da “sintomi” e “malesseri” simili a quelli delle altre vittime. Adesso il carabiniere è in carcere. L’Arma lo ha sospeso dal servizio e deciderà l’espulsione «in esito ai riscontri del procedimento penale, anche prima della sentenza definitiva».

ha collaborato Alessia Cerantola
Fonte: L'Espresso

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