27/04/14

il 25 aprile delle operaie cambogiane

Cambogia, la protesta delle operaie tessile

Le operaie tessili cambogiane stanno lottando per avere un trattamento migliore. Sono stufe di essere sottopagate e, attraverso i sindacati, chiedono un salario mensile minimo di 160 dollari (115 euro), il doppio di quello attuale.

La protesta scoppiata all'inizio dell'anno a Phnom Penh, però, era stata brutalmente repressa: il bilancio tragico è stato di cinque morti e decine di feriti.

Da allora qualsiasi manifestazione è stata vietata, ma sotto la cenere cova un profondo malcontento. I rappresentanti delle lavoratrici hanno invitato a forme di protesta, astenendosi dall'entrare nelle fabbriche.
Il settore tessile e confezione è cruciale per il paese asiatico, e cresce al ritmo del 7% all'anno. Vi trovano impiego 500 mila persone direttamente, più altri 3 milioni di posti indiretti. Il problema è nato dal fatto che negli ultimi quattro anni la Cina, attirata dal basso costo del lavoro, ha cominciato a spostare fabbriche in Cambogia. In media un'operaia è pagata un quarto che nell'ex Celeste impero. E, a mano a mano che la domanda di prodotti proveniente dall'Europa e dagli Stati Uniti aumentava, la situazione diventava esplosiva.
Il panorama locale è variegato, ma per semplificare si può dividere la produzione in due grandi gruppi: quella alla luce del sole, con attività registrate e centinaia di donne all'opera in immensi capannoni per dieci ore al giorno e sei giorni a settimana, e quella clandestina, che si trova spesso in campagna e sfugge a qualsiasi controllo. A colpire sono soprattutto i luoghi dove sono alloggiate le lavoratrici, nei pressi delle aziende. Per risparmiare, le donne condividono in 10 o 15 piccoli spazi di 10 metri quadrati. Il bagno è costituito da un rubinetto, dal quale esce acqua fredda, e da un secchio.
Per loro un innalzamento dello stipendio sarebbe di vitale importanza, ma gli investitori stranieri vedono questa misura come il fumo negli occhi. L'economista Ou Virak, presidente del Centro per i diritti umani della Cambogia, è realista e spiega che passare a un salario minimo di 160 dollari dall'oggi al domani farebbe scomparire immediatamente il 20% dei posti di lavoro. Molte giovani operaie rischiano di avere come unica alternativa la prostituzione. Meglio, piuttosto, procedere gradualmente: per esempio, 10 dollari in più ogni sei mesi, così da dare ai fornitori il tempo per adattarsi e negoziare con i clienti.

25 aprile 2014

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