Sono una vittima del badantaggio. A testimoniare questa triste condizione di sfruttamento potrei chiamare anche tante altre, incluse le migranti che arrivano qui grazie al decreto flussi, ovvero alla tratta delle addette ai cosiddetti “ruoli di cura”. Impieghi definiti “necessari” alla sostituzione dello Stato sociale che viene sempre più smantellato.
Il punto è che, dalle mie parti, se mai uno Stato sociale
sia esistito non l’abbiamo proprio visto. Mi hanno detto: “Smantellano
lo Stato sociale”. Io ho risposto: “Ah sì, e dove stava di preciso?”.
Tra meridionali e migranti si trova infatti un’immediata intesa perché in realtà sono viste più come colleghe e vittime dello stesso progetto di ingegneria sociale. Le donne, private della libertà di scelta, economicamente dipendenti, a fare le badanti e gli uomini nei cantieri.
Tra meridionali e migranti si trova infatti un’immediata intesa perché in realtà sono viste più come colleghe e vittime dello stesso progetto di ingegneria sociale. Le donne, private della libertà di scelta, economicamente dipendenti, a fare le badanti e gli uomini nei cantieri.
Sono una vittima dello sfruttamento del badantaggio e
delle sue strategie motivazionali (“sei tanto brava, empatica, migliore
se ti prendi cura del mondo intero!”) e vorrei testimoniare che di
questa triste condizione sono stata vittima fin da bambina. Perché
vedete: in ogni famiglia c’è almeno una persona bisognosa, disabile o anziana della quale qualcuno all’interno del nucleo deve prendersi cura.
Solitamente la parentela latita e i figli spariscono. Poi ci sono le
ingenue, quelle che non solo devono badare al sangue del proprio sangue,
ma anche alle suocere e ai parenti dei mariti.
In qualità di figlia femmina vieni addestrata già per questa evenienza perché ti tocca a prescindere da quello che vuoi fare nella vita. Fin da bambina devi aiutare la mamma -
vittima a sua volta – a nutrire e cambiare persone anziane e tutta la
tua vita può ruotare attorno a quel ruolo. Da noi, d’altronde, la tratta di colf e badanti è una questione abbastanza controversa. A volte sono vissute perfino come concorrenza sleale e non mancano pregiudizi e stigmi su quelle che arrivando dall’est vengono temute e viste come le “comari” vedevano “bocca di rosa” nella celebre canzone di Fabrizio De Andrè.
Se hai un lavoro o stai benino economicamente puoi permetterti di sgravarti dai compiti di assistenza e assegnarli a prezzi da fame a donne migranti che
per dormire a casa dell’anzian@ devono mollare la propria vita, storia,
figli, identità, privacy e intimità. Prendi un corpo e lo piazzi a fare
raccolta di merda dei vecchi invece che di batuffoli
di cotone e la storia pare sempre uguale. Ci sono quelle che vengono
assunte da premurosi figli che dei genitori non vogliono saperne e
vengono lasciate per anni a gestire la vita di questi anziani. Tuttavia,
nel caso in cui il vecchio padre decida di risposarsi, lasciare beni e
mostrare riconoscenza a questa donna che lo ha accudito, i discendenti
non solo si sorprendono, ma si arrabbiano non poco.
Allora quaggiù nel meridione si diffonde la fobia della straniera che “se si piazza in casa poi se la fa intestare e con la crisi galoppante i figli si fanno furbi”. Per questo si torna al vecchio cliché della nuora disponibile,
anche lei privata del diritto a scelte, figli, storie, identità e
futuro, così da tenere occupato il fortino prima che una migrante prenda
il malloppo e scappi. Quando il vecchio o la vecchia muore, la
parentela torna, concede alla nuora/badante una pacca sulla spalla e poi
si apre la guerra di successione per ottenere “la roba”.
Fosse ancora vivo Giovanni Verga su queste vicende scriverebbe tomi. A me tocca sintetizzare in un post l’oscenità di una condizione che non consente scelta e spazio
alle donne, soprattutto, perché la società immagina di poter ipotecare
le esistenze di ciascuno con l’obiettivo di far procedere senza intoppi la macchina capitalista. Ed è in quel caso che si scorgono le contraddizioni di un sistema in cui i paternalismi smettono di sentire l’urgenza di salvarti seppure tu chieda spazio per compiere altre scelte.
Che dite: si può parlare dell’abolizione del badantaggio o dobbiamo ancora tenere in vita questo mestiere – il più vecchio del mondo – che non ci lascia alcuna possibilità di scelta? E se le migranti volessero emanciparsi, essere libere di scegliere ed essere “salvate” dallo sfruttamento a cura del racket del badantaggio
voi dite che avranno possibilità di fare un altro lavoro? Vedersi
riconosciuto un titolo di studio? Poter chiedere il ricongiungimento con
i figli per non farci perire di calo demografico e per la gioia della nostra ministra alla salute Lorenzin?
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