28 settembre 2018 - Processo a Nadia Lioce



Pubblichiamo le dichiarazioni spontanee della compagna Nadia al processo, che si è concluso con la sua assoluzione “perché il fatto non sussiste”, e le arringhe delle sue avvocate, Carla Serra e Caterina Calia:


Nadia Lioce
Preferisco farle queste dichiarazioni, perché comunque qualcosa avrei da dire. Dubito che possano intralciare il dibattimento, perché penso anche che da un punto di vista contenutistico, quello che è successo nelle 6 volte per cui sono stata denunciata, in cui io ho effettuato la battitura, perché io non ho mai negato di averla effettuata, anzi ho portato, a consumazione del fatto che questa battitura non è stata fatta soltanto in quelle 6 volte, ma in altre 40 e più volte, anche tutte le notifiche di sanzioni disciplinari che ho avuto.
Le questioni nascono da, o sono collegabili a sottrazione di materiale cartaceo dalla mia cella, quello che è stato il motivo di questa protesta. Io ho fatto una protesta prolungata per 6 mesi per sottrazione di materiale cartaceo dalla mia cella, che includeva anche atti giudiziari - che però, agli occhi della polizia penitenziaria, erano esclusivamente pensiero mio, dal momento che erano presentati in occasione di processi da parte mia o da parte dei miei compagni in altri processi - e quindi non scevri di quella tutela di cui comunque godono gli atti giudiziari detenuti in cella, e che, nel momento in cui invece mi furono restituiti, motivarono l'interruzione della protesta, perché questa qui era una protesta chiaramente contro il personale penitenziario e comunque chi aveva comandato loro di farlo, e che non aveva più motivo di esistere nel momento in cui mi era stato restituito.
Che cosa c'è dietro tutto quello che è successo?
Il motivo della denuncia è il presunto disturbo del sonno, della quiete degli altri detenuti. Questo disturbo è un disturbo che a me non è stato testimoniato nel fatto. Certo, io non è che posso dire che qualcuno non possa essersi lamentato in privato con qualcuno, ma certamente non lo ha fatto in pubblico, perché se lo avesse fatto, certamente non avrei interrotto la protesta, ma l'avrei organizzata diversamente.
Non ho avuto cognizione di un presunto disturbo della quiete e non perché non potessi pensare che il rumore può arrecare del fastidio! Se è per questo noi abbiamo avuto anche delle proteste perché è cambiato l'orario di accensione e spegnimento delle televisioni, che prima venivano spente alle 3 di notte, ora sono spente a mezzanotte, e ci sono state delle proteste notturne, cioè alla mezzanotte, effettuate da una parte del maschile, ma né io né nessun'altra si è sognata di lamentarsi del fatto che altri prigionieri facessero questa protesta perché, se si ritiene che è giusto difendere i propri diritti, chiaramente si è d'accordo a prescindere, si sopporta il fastidio che si può avere, che è un fastidio comunque limitato rispetto a quello che può capitarci in termini di non tutela dei nostri diritti, in una condizione in cui l'integrità personale è soggetta a interpretazioni.
E quando dico integrità personale, e qui soprattutto io mi sto allargando un po', ma è impossibile non farlo, è comunque necessario averci un limite. Lo dico anche da me, cioè nel senso che io stessa ho dovuto valutare quale fosse una protesta opportuna e quindi fino a dove mi potessi spingere naturalmente. Non per quelle che potevano essere le conseguenze limitate su di te, ma per quello che è giusto e proporzionato fare!
Appunto, quando si parla di integrità personale, chiaramente è nel merito, per quello che è la mia soggettività, non soltanto la mia incolumità fisica! E nemmeno la mia sopravvivenza, come può essere ritenuto in parte del diritto che si è andato affermando in questi anni, o addirittura meno di una sopravvivenza, come, in parte, in ambito anglosassone, che abbiamo visto che ci può essere il fenomeno degli omicidi di stato, consentiti da una commissione di giuristi segreta.
- Interruzione del giudice -
Integrità personale per me è anche tutto quello che sono soggettivamente, quello che penso, quello...
- Interruzione del giudice  e intervento di Caterina Calia e Carla Serra: “mi scusi giudice, sta spiegando le ragioni alla base della protesta e credo siano un elemento fondamentale, dirimente...”
- Nadia Lioce
Perché il motivo della mia opposizione al decreto è stata la sostanziale legittimità della mia protesta, non il fatto che io non l'avessi compiuta!
E quindi è ovvio che ora io voglia argomentare il motivo della sua legittimità! E trovo il motivo della sua legittimità sostanziale nel fatto che io comunque ho difeso la mia integrità soggettiva! E l'integrità soggettiva sappiamo che nel contesto del 41 bis è dubbio che cosa significhi!
Perché nel momento in cui a me è vietato di parlare, così come lo è alle altre detenute - proprio ieri sono stati fatti dei rapporti disciplinari perché qualcuno del personale penitenziario ha ritenuto che una detenuta di un gruppo di segregazione parlasse con un'altra detenuta di un altro gruppo di segregazione, dopodiché non è detto che lo abbiano fatto davvero, perché la voce si diffonde e non è che si capisce bene tutto in diretta (?) - oppure, come il rumore si è diffuso in occasione delle proteste, ma a me nessuno è potuto venire a dirmi: " guarda, mi stai disturbando, non lo fare!", e quindi io non è che posso presumere che ci sia un disturbo per il solo fatto che c'è un atto materiale di protesta.
Perché, come è successo tante altre volte, questo non ha arrecato questo disturbo a quanto pare, o comunque non ha arrecato un disturbo tale da essere un illecito penale, perché, come abbiamo visto, per 40 e più altre volte non lo è stato, nonostante questa mia pratica sia stata sanzionata più di 50 volte, ma solo 6 sono state denunciate al Tribunale.
Allora, se non viene rispettata l'integrità soggettiva e quindi non solo fisica, non solo l'incolumità fisica del prigioniero, dal momento che invece ognuno di noi è un soggetto, è naturale che si difenda e che metta in atto le pratiche che sono possibili e che ritiene proporzionate per difendere la propria integrità.
Quindi chiaramente si tratta di criteri che ognuno ha per definirla. Il legislatore, o comunque sia l'esecutivo, non ha lo stesso criterio che ho io di integrità soggettiva, perché ha ritenuto possibile vietare la parola, e finora non c'è stata nessuna pronuncia, nessuna istanza giudiziaria superiore che dicesse: "sì, è giusto" o "non è giusto" quello che ha fatto il legislatore nel 2009, quando ha vietato la parola fra le persone, perché questo è quello che c'è! Ed è questo il motivo pratico...
- Giudice: "chiedo scusa, lei ha dato la sua versione dei fatti per quanto concerne la contestazione e credo, non mi pare adesso che parlare del legislatore, la parola e quant'altro, non credo siano cose attinenti la contestazione. Non mi piace interrompere e togliere la parola però...”
Signor Giudice, ma se il legislatore non avesse vietato la parola a me qualcuno lo avrebbe detto che stavo disturbando, ad esempio!
- Giudice: "ha spiegato, ha spiegato benissimo..."
Quindi se tiro in ballo il legislatore c'è un'attinenza molto specifica e puntuale con quello che sta succedendo in quest'aula o no? Purtroppo le cose sono andate diffondendosi in termini così antigiuridici che uno ne parla per forza del legislatore, non mi sembra di stare forzando più di tanto, anzi, mi sembra che la forzatura l'abbia fatta il legislatore!
Dopodiché, appunto, qui stiamo ognuno con il proprio modo di concepire quella che è l'integrità personale, quella che non è l'integrità personale, e c'è una necessità di prendere posizione anche su questo aspetto che riguarda i fatti per come si possono valutare.
Dopodiché chiaramente io difendo il mio, non solo diritto, ma anche dovere, perché non solo è un mio diritto difendere la mia integrità personale, ma è anche un dovere politico, perché io sono una rivoluzionaria e chiaramente non ammetto che ci sia un tentativo di coercire la soggettività altrui, questo non lo ammetto e quindi è un mio dovere anche difenderla da un punto di vista sociale.
Applausi
Giudice: "che sono questi applausi?"


Avv. Carla Serra
Questo processo trae la sua origine da una battitura di protesta con una svolta, effettuata con una bottiglietta di plastica, da parte della Lioce, in quanto le erano stati sottratti degli atti processuali. Pertanto è terminata esattamente nel momento in cui questi atti le sono stati restituiti.
Occorre avere presente che tutti gli episodi di battitura hanno originato delle altrettante sanzioni disciplinari, che lei giudice ha in atti perché, appunto, hanno formato oggetto di produzione documentale. Ma non invece tutti gli episodi di protesta sono poi arrivati a processo, solo sei tra questi episodi hanno appunto generato questo processo.
Ma questa bottiglietta di plastica ha fatto così tanto rumore, ha avuto così tanta forza, da aver scoperchiato il vaso di Pandora, da cui sono fuoriusciti prepotentemente tutti i mali del regime speciale, che oggi è il vero imputato in questo processo, non la Lioce, ma il regime speciale!
Perché un regime, che vieta l'uso della parola, così come ha poc'anzi affermato la Lioce, tanto che il reato che oggi le viene contestato diventa un reato impossibile, proprio perché le detenute non avevano la possibilità di comunicare direttamente con la Lioce, né la Lioce poteva avere consapevolezza e conoscere la percezione di disturbo che stava arrecando alle altre detenute, alle compagne, pertanto questo regime compie un avvitamento su sé stesso, tale da implodere in tutti i suoi aspetti parossistici.
E quindi oggi giudice, lei è chiamato a sindacare, io ritengo a giudicare, non solo, anzi, aggiungerei non tanto la condotta di disturbo, ma le storture, le esasperazioni di un regime detentivo che negli anni e nel silenzio pressoché assoluto di tutto il mondo giuridico, ha violato sistematicamente i diritti umani, quelli dal cui rispetto dipende non soltanto la vita delle singole persone, ma la vita di una società civile! Perché quando si ledono i diritti fondamentali, le prerogative della persona così pervasivamente, prima o poi si è chiamati a renderne conto, perché prima o poi questa limitazione, questa vessazione produce degli effetti dirompenti.
E’ per questo che questo processo, nato da un reato, uso questo termine, ma non per sminuire il suo ruolo, “bagatellare”, è diventato portatore di questioni capaci di travolgere la tenuta di una civiltà giuridica e democratica primo ancora. Un regime che non ha progressione direi quasi crescente, di vessazioni e di soprusi, è giunto al parossismo di vietare ad un essere umano l’uso della parola, che è una prerogativa coessenziale della natura umana, e quindi si riverbera in questo processo nella misura in cui Lei, signor giudice, dovrà ritenere e sostenere nella sua motivazione, che il reato contestato alla Lioce è escluso in limine, proprio nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, dall'esistenza nel nostro ordinamento di una regola di tortura.
Perché come altro può essere definita una disposizione che vieta a delle persone in isolamento costante e continuo da anni - per quanto riguarda la Lioce da 15 anni - di comunicare tra loro, anche solo per scambiarsi un saluto, anche solo per dirsi “smettila di sbattere perché mi stai disturbando!”, che impedisce un'azione, appunto, ripeto, che per natura umana è un'azione incoercibile, è la parola, è coessenziale ad un essere umano, ci distingue dagli animali la parola!
E se è vero, come è vero, che questo è un reato impossibile o, scelga lei, che il fatto non costituisce un reato - perché il fatto c'è, è quello della battitura - perché appunto la Lioce non poteva avere alcuna consapevolezza della percezione di stare arrecando disturbo alle compagne, perché appunto, in ossequio a quel divieto non comunicano mai per timore ovviamente che ci sia una sanzione disciplinare nei loro confronti, e è del pari vero quindi, che nel nostro ordinamento si è fatta spazio una norma, un regime disumano, una tortura, che ha portato con sé quindi degli effetti così tanto, come dire, devastanti, che oggi sono usciti dalla cella e sono arrivati in questo processo.
E’ per questo che Lei, essendo comunque un processo da cui è emersa la vera natura vessatoria, la vera natura di tortura di questo regime, Lei dovrà, nella sua motivazione, quando ovviamente darà atto del fatto che il reato è un reato impossibile, spiegare anche le ragioni per le quali questo reato non può esistere e così concludo, grazie.



Avv. Caterina Calia
Giudice, davvero ho poco da aggiungere, non perché non ci sarebbe da aggiungere, ma perché naturalmente siamo in un'aula dove tutto è stato detto da parte della collega, e non è che posso entrare ancora di più nel merito di questa vicenda. Però chiaramente condivido tutto quello che ha detto la collega e ritengo che il suo ruolo in questo processo sia importantissimo, perché in questa visione distorta e applicativa del 41 bis, che ha dato luogo ad una serie di soprusi, che non sono neanche legiferati, ma che di volta in volta, in base all'interpretazione che ne viene data all'interno dei singoli istituti, io credo che già oggi, o tutti i giorni, tutte le volte che ci sono state le udienze abbiamo avuto un riscontro a questo. Non è solo la Lioce che viene sanzionata, ma ci sono tutta una serie di condotte che arrivano davanti ai giudici ad intralciare, questo sì, la giustizia! Se ne dovessero occupare un pochino a Via Arenula quelli che dicono tanto, che si parla del fatto che i processi non vengono fatti…! Quanti soldi sono stati spesi e vengono spesi per sanzionare condotte che non sono condotte di reato? Perché poi a seguire ci sono il danneggiamento (un detenuto accusato di aver rotto uno sgabello) e quindi non esiste più neanche l'usura in carcere. Perché se si rompe una sedia si finisce davanti al giudice per il reato di danneggiamento! Come se non si rompono le cose anche nelle nostre case, figuriamoci in istituti fatiscenti, dove ci sono ancora gli sportelletti e gli sgabelli di 40 anni fa! Perché l’arredo è quello dell’entrata in vigore della riforma penitenziaria. Quindi bisogna misurarsi, non si può dire “questo non fa parte del processo”! Perché tutto quello che non faceva parte del processo è stato mandato a processo ed è stato mandato per una logica ed un interesse ben preciso, che era l’applicazione del 14 bis. Si voleva applicare alla Lioce, non bastasse il fatto che è da 15 anni in isolamento praticamente totale, in cui ogni sua minima forma di resistenza e di ribadire la propria integrità personale, appunto quello che ci ha già detto direttamente la Lioce e non ci devo ritornare. Tutto questo naturalmente non è permesso all'interno delle carceri di questo paese democratico, quelle in regime di 41 bis, e allora bisogna piegare ancora di più le persone! Le persone non devono neanche osare di utilizzare uno strumento che storicamente appartiene ai detenuti e non viene sanzionato in alcun modo, cioè i magistrati di sorveglianza annullano anche le sanzioni! Intanto le sanzioni disciplinari vengono applicate continuamente dall'istituto, qui parliamo specificamente dell'Istituto dell'Aquila, e c'è una finalità, c'è una finalità che è in un foglio che è stato già agli atti, è stato depositato, in cui si dice: “si ripropone inoltre, sulla base anche dei precedenti disciplinari a carico della detenuta in 41 bis Lioce Nadia Desdemona, l'avvio dell'iter procedurale per l’applicazione del regime particolare di cui all'articolo 14 bis della legge del ’75. Quindi questa era la finalità!
E allora, non solo vi è un uso distorto e un’applicazione come quella che ha illustrato la collega, fino ad arrivare alla segregazione della parola, ma vi è un uso strumentale anche dell’autorità giudiziaria, perché si chiede una pronuncia e si mandano gli atti, come se si trattasse appunto di un illecito penale, all’autorità giudiziaria, perché poi si abbia la possibilità di applicare un istituto ulteriore ed ancora più gravoso rispetto a quello che è il 41 bis, cioè il 14 bis.
Quindi io credo che di fronte a questo ci debba essere anche un modo di analizzare complessivamente, cioè non limitarsi al segmento che viene portato alla sua attenzione di volta in volta, ma capire qual è il progetto di annientamento che viene portato dall'autorità amministrativa, nello specifico dal carcere dell'Aquila, attraverso appunto dei rapporti disciplinari che vengono elevati ogni giorno e che non sono stati confermati, ma che sono stati generici. Non voglio parlare della Gallico (detenuta in 41 bis nel carcere di L’Aquila), perché la Gallico, che cosa ci ha detto la Gallico nella sua testimonianza? Possiamo dire così semplicisticamente “è omertosa perché calabrese”?
Quindi cosa ci doveva dire la Gallico? La Gallico ci dice una cosa importante, la Gallico è in quel reparto dal 2014 e non ha mai visto in faccia la Lioce! Stiamo parlando di una sezione che è quanto quest’aula e qui siamo arrivati ad un livello di segregazione in nome dell'ordine e della sicurezza dell'Istituto! Ecco perché c'era un po' di rimostranza anche rispetto a questi concetti, che sono evanescenti quanto limitativi sempre più delle libertà, e in questa direzione stiamo andando in questo paese!
E allora se la Gallico in 4 anni non ha mai visto il viso della Lioce, stiamo parlando di segregazione totale e di fronte a questo è legittimo o non è legittimo, questa è la domanda al di là del disturbo, perché è la finalità, è legittimo o non è legittimo protestare? E in che modo si può protestare legittimamente senza ledere gli interessi altrui? Quello che ha detto la Lioce, la proporzionalità tra quella che era la sua integrità violata, sequestro delle carte processuali - e ce l'ha detto la Santoponte (agente dei gom), ci ha detto chiaramente: “nel momento in cui le ho restituito le carte processuali è finita la protesta della Lioce”. Così come c'è stata riferita la questione del phon, le sono state fatte sanzioni disciplinari addirittura ponendo in dubbio il fatto che lei curasse la propria persona, quindi un’integrità totale, alla propria soggettività, alla persona, addirittura supponendo che non si lavasse, non fosse abbastanza curata, perché non era andata in doccia e si era lavata con le bottiglie dentro la cella, perché tanto nella doccia l'acqua era fredda, il phon non funzionava - cosa ammessa sempre dalla Santoponte - quindi era inutile andare a fare la doccia!
Queste erano le ragioni e c'era sempre una congruità comunque. E allora va detto che la battitura è l'ultima arma di protesta pacifica e legittima, rimasta nelle mani dei detenuti.
Io poi, se è possibile, vorrei anche produrre il capitolo di questo libro, scritto da Alessio Attanasio “l'inferno dei regimi differenziati” dove si parla proprio delle battiture.
Le battiture vengono fatte continuamente dentro le carceri e nessuno si sogna mai di denunciare penalmente chi fa la battitura! Intanto perché il disturbo non è agli altri detenuti, perché i detenuti lo sanno, tutti la praticano, anche le detenute al 41 bis a L'Aquila l'hanno praticata. Per cui il disturbo semmai è nei confronti dell'amministrazione! Ma questo storcere le cose, volerle utilizzare soltanto per poter applicare regimi ancora più pesanti e di annientamento totale, perché nessuno deve osare nemmeno! Divieto di parola, ma anche divieto di qualsiasi forma di protesta, anche legittima, rispetto a quelli che sono stati riconosciuti, dalla testimone che è stata sentita qua della polizia penitenziaria, come un abuso!
Dal mese di marzo fino al mese di settembre le sono state sottratte illegittimamente le carte processuali, quindi era un abuso! E allora va riconosciuto, non tanto e non solo che non c'era la volontà di arrecare disturbo, ma che c'era, alla base dell’atto posto in essere dalla Lioce, una serie di atti illegittimi della pubblica amministrazione, perché questo è quanto è successo.
Io chiedo quindi, naturalmente mi riporto alle richieste già fatte dalla collega, che venga assolta non nei sensi nel secondo comma, ma ai sensi del primo comma, perché qui non siamo venuti per perdere del tempo, la Lioce ha un ergastolo! Il problema è che deve il giudice intervenire in questo momento per stabilire anche dei limiti, e dire che è stata una denuncia del tutto pretestuosa in qualche maniera, e quindi in quanto nessuno è riuscito a dimostrare non solo il disturbo della quiete, ma è emerso, all'interno del processo, che l'azione della Lioce era legittima perché le sono state sottratte illegittimamente le carte processuali, cosa che non poteva essere fatta.

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