È successo ancora.
A Macerata, un ragazzo di 25 anni è stato assolto dall’accusa di stupro su una ragazza di 17.
- Per fortuna, la sentenza nei giorni scorsi è stata annullata dalla Corte d'appello che ha condannato il ragazzo a 3 anni di reclusione -
Lei, minorenne, era venuta in Italia per studiare. Una sera esce con alcuni coetanei, resta in macchina con uno di loro, lui la blocca, la violenta.
Ci sono i referti medici, le testimonianze, le chat, tutto. A confermare il rifiuto della ragazza ci sono “lesioni ecchimotiche giudicate guaribili in otto giorni” che per l’accusa sono una mano tenuta premuta sulla spalla per bloccarla.
Eppure per i giudici di 1° grado non bastava.
Perché, scrivono, “la ragazza conosceva i rischi di restare da sola in auto con lui”.
Perché “aveva già avuto rapporti”, non era vergine e “aveva accettato di scambiarsi effusioni”, “conosceva il rischio”.
Come se il fatto di aver detto sì a un bacio significasse dire sì a tutto. Come se una ragazza, dopo aver accettato di restare in auto, non potesse più dire no.
E invece la legge lo dice chiaramente, come stabilito dalla Corte di Cassazione: il consenso si può revocare in qualsiasi momento. Anche dopo un bacio, anche dopo un abbraccio, anche dopo un sorriso.
Perché il no è no sempre, anche quando arriva dopo un sì.
Questa sentenza ci riporta indietro di decenni. Come se il corpo di una donna fosse un terreno concesso, una proprietà altrui.
Come se bastasse accettare un passaggio o un gesto d’affetto per perdere il diritto di decidere.
Ogni volta che una sentenza così viene scritta, facciamo cinquanta passi indietro. Nella cultura, nella giustizia, nella civiltà.

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