L'MFPR è interno e frutto della concezione marxista-leninista-maoista e della sua applicazione nella realtà odierna. Forti della concezione materialistico-dialettica di Marx ed Engels che dimostra, sulla base di un’analisi storico-dialettica, che la condizione della donna non è stata sempre la stessa e non è immutabile e che l'oppressione della donna all’interno della famiglia e della società è conseguenza di un lungo sviluppo economico-sociale che ha portato alla proprietà privata, alla famiglia, allo Stato e al modo di produzione capitalistico, e che la base dell’oppressione e della subalternità delle donne è la proprietà privata; forti di ciò, abbiamo posto con chiarezza che la contraddizione sessuale e la doppia oppressione delle donne, sono principalmente frutto della contraddizione di classe.
Mariategui, dirigente del partito comunista in Perù, ucciso giovanissimo, diceva: le donne non sono uguali “le donne, come gli uomini sono reazionarie, centriste o rivoluzionarie, non possono di conseguenza combattere la stessa battaglia. Attualmente la classe distingue gli individui più del sesso…”
Pertanto, la liberazione delle donne non può avere luogo senza la rivoluzione proletaria con il ruolo centrale delle donne e la trasformazione radicale della società.
“La posizione sociale della donna e dell’uomo sono il risultato delle relazioni sociali che si sono sviluppate storicamente e che si modificano specularmente alle diverse forme economiche della società, nei rispettivi stadi di sviluppo. Di conseguenza anche il ruolo della donna è un prodotto sociale e la trasformazione di questo ruolo può nascere solo dalla trasformazione della società” ( K Marx)
Questa concezione, e prassi conseguente, è stata sempre necessariamente affermata in lotta contro l'ideologia e prassi del femminismo borghese e piccolo borghese, che sostiene sostanzialmente che la “differenza sessuale” è l’origine della disuguaglianza, sottomissione ed oppressione delle donne, e che, in ultima analisi, l’uomo è oppressore per natura e, pertanto, la condizione della donna non potrà mai cambiare, se prima non cambiamo la testa degli uomini, la cultura maschilista - di qui la lotta principale alla sovrastruttura, alle idee, negando l’intreccio della lotta di genere con quella di classe e la necessità della rivoluzione, dell’abbattimento del sistema, della base materiale della società che produce la cultura del maschilismo e dell’oppressione, in ogni ambito, delle donne.
L’altro aspetto è il riferimento alla storia del movimento mondiale delle donne; la storia delle rivoluzionarie, delle comuniste, da Chiang Ching a Clara Zetkin, da Rosa Luxemburg alla Kollontaj, alle donne partigiane italiane, alle combattenti delle guerre di popolo, di liberazione, ecc..
Noi siamo femministe contro tutti coloro che si dissociano e criticano il femminismo ma per non voler andare a fondo nella battaglia teorica, politica, ideologica, pratica contro l'humus de “gli uomini che odiano le donne”.
Certo, c’è un femminismo di destra, di centro e di sinistra, e il femminismo di sinistra è il femminismo che è in sintonia con la lotta rivoluzionaria, che unisce lotta delle donne e lotta di classe.
L’MFPR ha come carattere costante, sistemico del suo essere, la lotta; è la lotta che trasforma le donne, spesso ideologicamente oppresse, in donne coscientemente ribelli, in rivoluzionarie. Quindi la lotta è un elemento non solo pratico, ma un elemento ideologico, un elemento di vita, di combattimento. Nella lotta si dinamizzano le questioni, tutta una serie di riserve, paure, luoghi comuni, rassegnazioni e sfiducia, spariscono improvvisamente. .
L'Mfpr lavora perchè la direzione del movimento di lotta delle donne sia proletaria, perchè le donne proletarie hanno non una ma tante catene e hanno quindi interesse a cambiare non un singolo aspetto ma tutta la vita, tutta questa società borghese; in questo senso le donne in ogni lotta portano una "marcia in più".
L'affermazione di questa direzione è frutto anche della lotta costante nel movimento delle donne alle concezioni, politiche, prassi del femminismo borghese e piccolo borghese, e della battaglia tra le donne proletarie perchè assumano con orgoglio e fierezza questo ruolo complessivo, liberandosi da arretramenti, subordinazione ideologica, luoghi comuni borghesi, distruggendo le catene concrete, familiari che le bloccano, elevandosi in tutti gli ambiti.
E quando lottano le donne portano questo senso di massa, perché inevitabilmente, possono partire da piccole questioni, però per la realtà che vivono inevitabilmente in ogni lotta portano tutta la loro condizione; portano - oggettivamente e a volte soggettivamente - elementi di critica, non solo a questo o a quell’aspetto, ma all'insieme del sistema in cui la borghesia costringe a vivere.
Le donne portano “in casa” la lotta e portano fuori tutte le contraddizioni. Quando lottano le donne non si presentano quasi mai come individue, ma è come se portassero con loro i figli, i familiari.
Questa elaborazione l’abbiamo scritta, teorizzata, è contenuta nei vari opuscoli.
Nel primo opuscolo sul seminario di Agrigento del 1995, noi diciamo che le femministe intellettuali, sono partite dalla testa e poi sono arrivate ai piedi, hanno fatto un rovesciamento, con la testa a terra e i piedi in aria. L'Mfpr invece vuole rimettere i piedi per terra, con l’arma della concezione materialistico storico dialettica; contro concezioni idealiste, “naturaliste”, che mistificano sull'origine dell'oppressione delle donne, la riducono a contrasto di genere e considerano quindi di fatto immutabile la condizione di oppressione delle donne, scadendo sempre in politica e in pratica nel riformismo.
Abbiamo analizzato e detto una parola chiara sulla questione della “morte della famiglia”, di che cos’è la famiglia, non solo in termini storici, utilizzando Engels, ma di cos’è la famiglia nel moderno medioevo, nel moderno fascismo di oggi. In che senso bisogna farne un’analisi distruttiva.
Con l'opuscolo “Uccisioni delle donne, oggi” abbiamo fornito un'analisi differente dalle vulgate correnti sul perchè oggi degli stupri, femminicidi. Certo, le donne sono state sempre uccise, ma perché oggi? E qui abbiamo spiegato il loro legame con il moderno fascismo/patriarcalismo e la crisi. L'humus che caratterizza oggi i femminicidi: “gli uomini che odiano le donne”.
Abbiamo detto parole definitive sul problema della condizione sessuale delle donne, che è il cuore dell’oppressione ma anche il cuore, la leva poderosa per la rivoluzione, e del perché quindi la condizione sessuale da cuore nero si può trasformare in cuore rosso, un cuore di lotte, gravido di rivoluzione.
Ci siamo in questi anni anche misurati sul campo filosofico. Abbiamo, per esempio, contrastato con l'opuscolo su Raztinger “L'infamia originaria” il ruolo nefasto e subdolo della Chiesa, della religione nel campo delle concezioni, mettendo al centro di questa filosofia reazionaria (anche quando si presenta innovativa) proprio la donna.
Abbiamo smontato come anti marxiste, post moderniste tesi di accademiche, filosofe molto influenti nel movimento delle donne, come quelle di Silvia Federici.
Ci siamo misurate con teorie sofisticate, non facili da smontare – per esempio quelle di Ocalan sulle donne, e delle stesse compagne curde molto elevate teoricamente.
E tanti altri opuscoli.
Noi siamo quelle che pongono come prioritaria la pratica, la lotta, perchè è dalla pratica di lotta che provengono le idee giuste. Ma dobbiamo fare anche teoria, non dobbiamo lasciare ad altre la teoria.
Senza teoria non c'è rivoluzione, senza elaborazione teorica inevitabilmente ci si fa guidare dalle teorie borghesi anche se fai mille pratiche di lotta. Chi ha più interesse a studiare Marx, Engels, Lenin, Mao sono le donne!
Sono le donne, perché le donne hanno più interesse a combattere le varie forme di teorie borghesi, che in un modo più o meno crudo o più o meno velato teorizzano l'immutabilità della condizione delle donne o fanno solo trasformazione di idee, di interventi politici, e non una lotta di distruzione, di prassi rivoluzionaria.
Questo ci tocca, non dobbiamo rimanere basse, dobbiamo mirare in alto, dobbiamo sfidare il campo della filosofia, delle idee, perché le nostre idee non sono “idee”, sono armi. Dobbiamo avere una marcia in più anche su questo.
Dalla prossima settimana, riprendiamo.
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