In Svizzera è sciopero delle donne: in piazza contro violenze e discriminazioni
Per la terza volta nella storia, il 14 giugno si ferma il mondo femminile. Per reclamare il rispetto dei diritti nel campo del lavoro e denunciare i femminicidi
Fatto sta che, pur primeggiando in molti campi, soprattutto in quello della ricerca, la Confederazione elvetica è in ritardo sui diritti delle donne, le quali, per una sorta di maledizione di genere, continuano ad arrancare dietro agli uomini. Ecco perché, oggi mercoledì 14 giugno, i sindacati e le organizzazioni femministe hanno indetto uno “sciopero delle donne”, replica di quello tenutosi il 14 giugno del 2019con mezzo milione di manifestanti e, prima ancora, il 14 giugno del 1991. Cortei femminili, connotati dal colore viola, che simboleggia l’uguaglianza di genere, si sono svolti nelle principali città elvetiche. Accompagnati da proteste in diverse aziende grandi e piccole, per rivendicare parità di salari e di trattamento con i colleghi uomini. “Purtroppo, dopo 4 anni - spiega Chiara Landi, presidente delle donne dell’Unione sindacale svizzera - non vediamo alcun progresso. Anzi, in alcuni ambiti, come l’innalzamento dell’età pensionabile, notiamo una regressione”. Prima, infatti, le donne svizzere andavano in pensione a 64 anni, oggi a 65 anni.
“Nonostante - dice a Repubblica Laura Riget, co-presidente del Partito Socialista del Canton Ticino - la rendita pensionistica delle donne sia inferiore di un terzo rispetto a quella degli uomini”. Poi esiste il problema di una differenza salariale del 18% con l’altro sesso, più presente tra le donne sposate che tra quelle nubili. “Questo perché le donne che lavorano - ricorda Ada Marra - sovente devono pure occuparsi dei figli e, a causa della mancanza di asili nido, finiscono per sentirsi precarizzate”. C’è, inoltre, l’annosa questione delle cosiddette “quote rosa”, sia nei parlamenti cantonali che in quelli federali, nonostante qualche anno fa il governo elvetico fosse a maggioranza femminile. Ma fu un caso, tornati a predominare i ministri maschi. Insomma, quello della parità, praticamente in tutti i campi, rimane un cantiere aperto, in Svizzera, dove non è un caso se il suffragio femminile, dopo estenuanti battaglie, arrivò solo nel 1971. “Sì, confermo quello che ha dichiarato Ada Marra, siamo una società maschilista”, denuncia Laura Riget. Una società maschilista non esente da gravi casi di violenza domestica, se si considera che si registra un femminicidio ogni due settimane. Un motivo in più per spiegare perché, a Zurigo, Ginevra, Basilea e Berna, anche questo terzo 14 giugno della storia svizzera le strade si siano colorate di viola.
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