I DATI PUBBLICATI NON SONO AFFATTO UNA NOVITA', SPESSO SCOPRONO "L'ACQUA CALDA", NE' VANNO CONSIDERATI INNANZITUTTO "STORTURE" CHE POSSONO E DEVONO ESSERE SANATE.
SI TRATTA DEL "NORMALE" ANDAMENTO DEL SISTEMA CAPITALISTA, CHE VERSO LE DONNE E' DISCRIMINATORIO, PEGGIORATIVO PER PRINCIPIO; D'ALTRA PARTE, UN GOVERNO, IN PARTICOLARE QUESTO DELLA MELONI CHE LO RIVENDICA APERTAMENTE, CHE GUARDA ALLE DONNE SOPRATTUTTO COME "MACCHINE PER LA RIPRODUZIONE", NON PUO' ASSOLUTAMENTE DIFENDERE I DIRITTI DELLE LAVORATRICI.
SIAMO NOI DONNE, LAVORATRICI CHE DOBBIAMO ELEVARE LA NOSTRA LOTTA, UNITA', ORGANIZZAZIONE SU TUTTI I TERRENI.
Questo lo stanno già facendo le operaie della Beretta di Trezzo, come le lavoratrici degli asili di Taranto, come le lavoratrici dell'assistenza igienico-sanitaria di Palermo, ecc.
Il nostro lavoro è per unire sempre più queste lotte, che una sostenga l'altra, fornire strumenti di organizzazione e elevare la coscienza che non ci può essere neanche la minima parità se non rovesciamo questo sistema.
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Dalla stampa:
Il tasso di occupazione femminile rimane di 18 punti inferiore a quello degli uomini in Italia, fermo al 51,1%, rispetto ad un 69% di uomini nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 64 anni; inferiore di 13 punti rispetto alla media Ue. E' quanto emerge dall’ultimo report della Banca d’Italia.
Le donne italiane sono spesso costrette a lavori temporanei e part-time, con il 18% di donne in lavori precari e il 31,7% in part time, rispetto al 16% e 7,7% rispettivamente per gli uomini. Il lavoro part time non è sempre una scelta volontaria, ma spesso una necessità, dovuta alla responsabilità della cura e del sostegno alla famiglia.
Le donne in Italia guadagnano l’11% in meno rispetto ai colleghi maschi. Questa disparità salariale diventa ancora più pronunciata con la maternità e l’evoluzione della carriera.
La disparità di genere si riflette anche nelle pensioni, con i redditi pensionistici delle donne che sono inferiori del 27% rispetto a quelli degli uomini.
La maternità aggrava ulteriormente il divario di genere nel mercato del lavoro. Nei due anni successivi alla nascita del primo figlio, le madri lavoratrici hanno quasi il doppio della probabilità di non avere più un lavoro rispetto alle donne senza figli. Quindici anni dopo il parto, le loro retribuzioni medie sono circa la metà, considerando quelle che hanno potuto mantenere una continuità lavorativa.
La presenza di un figlio, inoltre, rende difficile per molte donne rientrare nel mercato del lavoro, soprattutto a causa della mancanza di servizi di assistenza all’infanzia di qualità e accessibili.
...la probabilità per le donne italiane di non avere più un impiego nei due anni successivi alla maternità è quasi doppia rispetto alle donne senza figli; questa differenza, benché si attenui nel tempo, è rintracciabile almeno fino a 15 anni dalla nascita del primogenito.
La situazione più difficile resta quella del Sud. "Nel Mezzogiorno, a tassi di partecipazione particolarmente bassi per entrambi i generi si associa un divario uomo-donna pari a oltre 25 punti percentuali nel primo trimestre di quest'anno (circa 14 punti nel Centro Nord)". Anche i dati relativi ai successi delle donne laureate "vanno interpretati secondo una visuale più ampia. Nonostante la crescita registrata nel numero di laureate nelle discipline Stem le donne che si laureano in materie scientifiche sono ancora solo il 15 per cento delle laureate totali (il 33 per cento tra gli uomini).
«Il tasso di partecipazione femminile è a un livello molto basso rispetto alla media europea e siamo al di sotto di quel 60% che era stato indicato come obiettivo da raggiungere entro il 2010 dall’Agenda di Lisbona e dai traguardi impliciti nell’Agenda Europa 2020
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