23/05/22

A Roma contro il diritto d'aborto, Lega, fascisti e monarchici sfilano "per la vita" e fanno la guerra insieme agli ultraconservatori russi

"Scegliere la vita è urgente e importante in un paese in pieno inverno demografico, ma anche conveniente e produttivo", questo messaggio, scandito più volte al megafono dai promotori della manifestazione, spiega molto più di tante parole la natura di classe e politica dell'attacco al diritto di aborto.

(Dall'opuscolo del Mfpr:"Diritto d'aborto perchè SI!") 

Tutti i paesi capitalisti, mentre da un lato hanno sempre attaccato il diritto d'aborto perchè rappresenta in un certo senso il cuore della libertà di scelta delle donne e questo chiaramente si scontra con la funzione delle donne nel sistema borghese; nello stesso tempo in alcuni periodi e in alcuni paesi hanno utilizzato l'aborto, con un ritorno e rinnovo delle teorie malthusiane, di politiche di impedimento delle nascite, come sterilizzazione forzata (India, Perù), selezione di genere – unica eccezione è stata la Cina nel periodo della Grande rivoluzione culturale proletaria dove si affermava che i “paventati rischi della cosiddetta “esplosione demografica” erano un'invenzione delle superpotenze contro i paesi del Terzo mondo.

Dall'altra parte abbiamo, come oggi, politiche di incentivazione alle nascite quando c'è un profondo squilibrio demografico, di forze-lavoro. Le leggi contro l'aborto sono prima di tutto leggi profondamente classiste, borghesi e reazionarie. Esse penalizzano la maggioranza delle donne: le ricche possono abortire, le povere muoiono.

Per gli Stati, i governi, la Chiesa, è molto importante esercitare il controllo sociale sulla riproduzione della donna, specialmente in tempi di crisi. Il sistema capitalista nella sua fase morente porta a rompere i precedenti ruoli e rapporti che fungevano da puntello sociale, ideologico, pratico della conservazione di questo sistema. E’ il capitalismo stesso che distrugge, introduce abbrutimento, imbarbarimento, per imporre la legge del suo profitto, la sua dittatura.

Per impedire che tutto questo porti ad una disgregazione generale, incontrollabile, lo Stato risponde con il moderno medioevo, in cui riaffermare i valori più conservatori, oppressivi, la morale reazionaria e i valori della famiglia tradizionale, in contrasto con il modo di vivere della maggioranza delle donne. I nazisti misero la maternità su un piedistallo e l’aborto arrivò ad essere un simbolo di degenerazione, perché la famiglia era uno strumento importante di controllo sociale. 

La lotta contro l'aborto è un terreno centrale su cui la borghesia riversa e sparge continuamente l'humus oscurantista, da moderno medioevo contro le donne come una delle basi ideologiche e politiche determinanti per lo sviluppo di un moderno fascismo necessario a mantenere il suo potere economico e politico, un potere che attraverso le politiche reazionarie e antipopolari dei propri governi, si concretizza in un doppio attacco contro le donne per frenarne il cammino di emancipazione.

Per questo, per le donne, per il movimento di lotta di liberazione, la battaglia per difendere il diritto d'aborto diventa centrale. E' parte importante della battaglia rivoluzionaria per cambiare tutta la società borghese. 

Da il fatto quotidiano (22 MAGGIO 2022)

Marcia per la vita a Roma: tra le organizzazioni che hanno aderito anche legami con estrema destra, Lega e ultraconservatori russi

I promotori dell'iniziativa nella capitale sono gli stessi che nel 2019 hanno organizzato il World Congress of Families di Verona, presieduto da Toni Brandi, leader dell’associazione “Pro Vita & Famiglia”, in prima fila all’evento di sabato 21 maggio, storicamente vicino all'estrema destra e i cui legami con Roberto Fiore sono più volte emersi sulla stampa

Sono tornati in piazza ieri a Roma i gruppi antiabortisti e “pro vita”, protagonisti di una marcia terminata davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Tra i politici che hanno partecipato ci sono Simone Pillon (Lega) e Isabella Rauti, a capo di una delegazione di Fratelli d’Italia. Ma alla manifestazione hanno aderito anche un centinaio di associazioni, tra cui “Difendiamo i nostri figli”, le sigle del Family Day e “CitizenGo”, che ha nel suo consiglio d’amministrazione il russo Alexey Komov, legato all’oligarca Konstantin Malofeev, sotto sanzioni dal 2014 e grande finanziatore dei movimenti ultraconservatori “Difendiamo i nostri figli” e delle sigle del Family Day. I promotori dell’iniziativa nella capitale sono gli stessi che nel 2019 hanno organizzato il World Congress of Families di Verona, presieduto da Toni Brandi, leader dell’associazione “Pro Vita & Famiglia”, in prima fila all’evento odierno. Brandi è ritenuto storicamente vicino all’estrema destra, i suoi legami con Roberto Fiore sono più volte emersi sulla stampa. Sul sito del congresso di Verona, Brandi racconta di aver diretto negli anni ‘80 la filiale inglese dell’agenzia di viaggi “Transalpino”. Questa società, fondata dalla famiglia Jannone, tra gli anni ’70 e ’80 aveva sedi in tutta Europa e veniva usata dalle organizzazioni della destra eversiva per dare copertura ai latitanti.

Eppure al convegno di Verona presero parte molti politici di primo piano del centrodestra. Erano presenti l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, la leder di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni oltre al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e a quello della Famiglia e della disabilità Lorenzo Fontana. E poi l’europarlamentare forzista Elisabetta Gardini, il senatore Simone Pillon e i due presidenti regionali leghisti, Massimiliano Fedriga e Luca Zaia. Tra gli ospiti d’onore presenti all’evento c’erano anche l’arciprete ortodosso Smirnov, celebre per le sue affermazioni misogine, in rappresentanza del patriarca moscovita Kirill molto vicino al presidente russo Vladimir Putin. Tra i relatori non mancava il monarchico legittimista Louis de Bourbon, nipote del dittatore spagnolo Francisco Franco. Il 31 marzo si tenne una marcia per la famiglia e salì sul palco anche il già citato Alexey Komov, che ha sostenuto la manifestazione di ieri a Roma. Difficile, ma non impossibile, ipotizzare che nel 2019 a Verona Salvini non fosse a conoscenza dell’ingombrante passato di Brandi. Già nel novembre del 2016 il leader della Lega appariva in un video comparso sulla pagina Facebook “Pro Vita Onlus” proprio accanto a Brandi, entrambi erano a Mosca per partecipare ad un evento sulla famiglia.

Agli eventi della “World Congress of Families” i russi hanno del resto sempre avuto una presenza importante. Nel 2018 in Moldavia erano intervenuta Yelena Mizulina, oligarca sanzionata dal 2014 e Natalia Yakunina, moglie dell’oligarca Vladimir Yakunin, ex generale del Kgb, ex capo delle ferrovie russe e confidente personale di Vladimir Putin. Tra gli italiani si notava la presenza di Alessandro Fiore (figlio del fondatore di Forza Nuova Roberto Fiore) e, di nuovo, di Toni Brandi.

Il nome di Brandi è segnalato a più riprese nella documentazione processuale sull’eversione di destra: una nota della Legione Carabinieri di Padova riportava che il neofascista latitante Mauro Meli era fuggito a Londra usando il falso nome di Mario Grasso e aveva stretto contatti con Antonello Brandi della agenzia “Transalpino” locale. Anche il politico di estrema destra Stefano Delle Chiaie, coinvolto e assolto nei processi sulle stragi di piazza Fontana e della stazione di Bologna, racconta un incontro con Brandi nella propria autobiografia, “L’Aquila e il Condor”. Inoltre qualche giorno dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, venne fermata in Costa Azzurra Louise Ann Kemp, amante del neofascista Marco Affatigato, esponente di Ordine Nuovo. La donna venne trovata in possesso di un biglietto di viaggio fornito dalla “Transalpino Ltd”, la filiale inglese diretta da Brandi. Riporta un’informativa del Ministero dell’Interno che ad affiancare alla direzione della “Transalpino” inglese Antonio Brandi era Aldo Vittorio Bevacqua, il quale figurava all’epoca nel comitato di redazione della rivista a tema ordini cavallereschi “Adunata”, presieduto dal principe massone Giovanni Alliata di Montereale. Il nobile siciliano era stato già indicato dal bandito Gaspare Pisciotta tra i mandanti della strage di Portella della Ginestra in cui, il primo maggio 1947, vennero uccise 14 persone. Nel 1974 Alliata era fuggito dall’Italia perché colpito da mandato di cattura con l’accusa di “cospirazione politica mediante associazione”, emesso nell’ambito dell’inchiesta sull’organizzazione eversiva neofascista “Rosa dei Venti”.

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