02/12/18

REPORT DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE DONNE DEL 25 NOVEMBRE - Dalle compagne del Mfpr che hanno partecipato



Gli interventi, sia in video, sia riportati delle compagne del Mfpr e lavoratrice Slai cobas sc si trovano qui

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L'assemblea nazionale del 25 novembre convocata da Nudm ha visto la presenza di più di 300 donne e tantissimi interventi.
L'introduzione, nel dare una valutazione molto positiva della manifestazione del giorno prima, ha sottolineato il cambiamento della fase politica che avanza, sia a livello locale che internazionale, creando un clima d'odio contro poveri, migranti, e creando esso insicurezza, degrado, restringimento degli spazi di democrazia. Contro tutto questo - è stato detto- l'unica reale opposizione sono le donne. Da qui la costruzione dello sciopero delle donne dell'8 marzo prossimo, con campagne sui temi immigrazione, lavoro/molestie, Pillon, aborto.

A fronte di questa giusta denuncia, le compagne del’Mfpr pongono la necessità, lo hanno fatto nella manifestazione del 24 e negli interventi del 25, che si risponda “colpo su colpo” alle politiche e azioni fasciste, razziste, sessiste di Lega/M5S, ponendo al centro anche dello sciopero delle donne dell'8 marzo il rovesciamento di questo governo.

Sono quindi iniziati gli interventi, purtroppo brevi dato il tempo ristretto in cui dovevano contenersi.
Chiaramente tutti gli interventi hanno dato una valutazione positiva, orgogliosa della manifestazione del 24. Quindi, sinteticamente, sono entrati nel merito del che fare ora.

Alcuni interventi, richiamandosi anche al primo fatto dalla compagna del Mfpr di Taranto, hanno posto la questione della necessità del collegamento delle lotte, di superare una separazione tra campagne femministe e lotte delle lavoratrici, delle immigrate, che sembra vadano in parallelo senza incontrarsi.

Compagne, sia di Napoli, di Torino, Salerno, ecc. hanno posto la necessità che la costruzione del prossimo sciopero delle donne sia riempita di azioni, presidi davanti ai posti di lavoro, alle scuole, a strutture sanitarie, come siano fatte attività di inchieste, assemblee sui posti di lavoro, attività a livello territoriale, insieme a proposte di blocco, nella giornata di sciopero, di scuole, posti di lavoro più sfruttati, come nelle campagne, ma anche di centri di accoglienza delle migranti, ecc.

Diciamo che le idee, proposte sono state tante, ma in alcune realtà appaiono più di buona intenzione, e manca un'effettiva volontà di stabilire un rapporto in primis con le realtà di donne, lavoratrici, precarie già in lotta (come si è visto poco per la lotta delle operaie della Montello e altre lotte) perchè attraverso questo le lavoratrici, precarie possano essere protagoniste dello sciopero delle donne.

In generale la questione del collegamento delle lotte, in particolare delle lavoratrici, era stato già posto da varie realtà e dalle compagne del Mfpr nell'assemblea precedente di Bologna, a cui, però, non erano seguite pratiche conseguenti. Così è stato anche per le proposte di inchieste sui luoghi di lavoro. Alcune inchieste sono state avviate ad esempio dalle compagne del Mfpr e slai cobas sc, e da poche altre, sia a livello generale attraverso un questionario girato in vari posti di lavoro, in particolare tra le lavoratrici delle scuole, le lavoratrici precarie dei servizi, delle cooperative; sia, con inchieste dirette, in alcune importanti realtà di lotta, per esempio durante la lotta delle operaie della Montello. Ma è ancora troppo poco.
E' bene che il 25 alcune realtà abbiano riproposto questo collegamento, attività di inchiesta, ma sarebbe bene che chi lo afferma faccia seguire alle parole i fatti.

Entrando nel merito dello sciopero del prossimo 8 marzo vari interventi hanno fatto riferimento alla Spagna - ma in un certo senso riadattando il riferimento alla propria visione (come si vedrà nella seconda parte dell'assemblea sulla questione Fiom).

In particolare, la questione delle lavoratrici e dei sindacati in mattinata era stata posta dal “basso”: rivolgersi a tutte le lavoratrici indipendentemente dall'iscrizione sindacale; nel pomeriggio, invece è emerso in alcuni interventi che questo discorso diventa un rapportarsi dall'alto con i sindacati, con l'illusione o riformismo "sempre in caldo", di far pesare verso questi la forza di Nudm.
Alla questione dei sindacati, nella mattinata, avevano già risposto vari interventi che, denunciando l'azione costante dei sindacati confederali di svendita delle condizioni delle donne e di aperto contrasto alle lotte autonome delle donne (si sono citati esempi, come il 1° maggio a Torino, ma anche le pratiche repressive dei servizi d'ordine Cgil, per es. a Padova; per non parlare di tutti gli accordi svendita dei diritti delle lavoratrici fatti dai sindacati nei vari posti di lavoro, ecc.), ma anche denunciando la presenza di sessismo pure nei sindacati di base, avevano posto l'esigenza di non rivolgersi a questi sindacati per lo sciopero delle donne dell’8 marzo, di riaffermare l'autonomia del movimento delle donne e di non farsi strumentalizzare.
Nel merito dello sciopero, a fronte dell'alternativa: tutta la giornata o alcune ore, la gran parte degli interventi ha posto la necessità dell'indizione di tutta la giornata - fermo restando la possibilità di articolazioni locali e nei posti di lavoro secondo la condizione e la coscienza delle lavoratrici - perché diversamente si impedirebbe la partecipazione allo sciopero di alcuni settori e il tutto si limiterebbe alle “normali” manifestazioni serali, che non disturbano nè pesano come lo sciopero.

Vari interventi per aiutare il maggior coinvolgimento e partecipazione allo sciopero hanno proposto la costituzione di “casse di resistenza o di mutuo soccorso” per sostenere chi, lavoratrici precarie, povere, ha difficoltà economiche a rinunciare al salario per lo sciopero e di “case dello sciopero”, come luoghi di aiuto, riferimento per la preparazione dello sciopero delle donne.

Riprendendo la questione posta all'inizio della capacità di mobilitazione delle donne, questa - come ha detto anche una compagna di Bologna - carica di responsabilità il movimento delle donne, su come usare bene questa forza, perchè altri si rivelino e trovino incoraggiamento.
Per questo lo sciopero delle donne non deve diventare un rito, o virtuale.

Una risposta a questa importante questione è venuta anche dall'intervento della lavoratrice di Taranto dello Slai cobas sc che ha detto che oggi, a fronte del fascio-populismo al governo, noi dobbiamo andare oltre: il decreto sicurezza di Salvini vuole addirittura incarcerare chi fa le lotte, i blocchi stradali, allora l'8 marzo organizziamo dovunque blocchi stradali, facciamo uno sciopero non rituale, andiamo a sfidare sotto i Palazzi del potere. Così la compagna del mfpr di Milano ha posto la necessità di praticare effettivamente forme di “disobbedienza civile” di rottura dei divieti che sempre più vengono posti al diritto di sciopero, di manifestare, facendo riferimento al non rispetto della franchigia elettorale (che teneva di fatto fuori dalla possibilità di sciopero settori di lavoratrici) fatto nello scorso 8 marzo dallo Slai cobas per il sindacato di classe – e per cui ha ricevuto la sanzione di 2.500 euro – a fronte invece degli altri sindacati di base che avevano accettato queste limitazioni.

Tornando alla fase politica, in particolare le compagne di Livorno hanno posto l'accento sulla necessità di non dimenticare di denunciare e lottare contro le forze, partiti, governi precedenti, questo anche per non rischiare ora di sembrare aperte alle realtà politico/istituzionali che ora si oppongono al governo Lega/5stelle ma erano e sono tuttora anch'esse nemiche/controparti delle donne.

Qualche intervento poi ha rilanciato la battaglia per il "reddito di autodeterminazione" in contrasto col "reddito di cittadinanza" di Di Maio.

Importante è stata anche la denuncia - fatta soprattutto dalle donne che lottano per la casa - dell'azione di sciacallaggio di Salvini a Roma in occasione della uccisione di Desirèe: “è questo governo che crea insicurezza, degrado. Occupare una casa per le donne vuol dire anche "emancipazione" - smascherando qui anche chi ipocritamente dice di difendere le donne ma le considera "socialmente fragili", quando è tutto il contrario. Nelle lotta per le case a Roma - è stato ancora denunciato – i M5S vanno nelle occupazioni a minacciare le donne di togliere loro i figli.

Da Nudm di Roma è stato proposto di costruire in Italia un incontro internazionale dei movimenti femministi - questo appuntamento, da alcune proposto prima, da altre dopo l'8 marzo perchè c'è tanto da fare se si vuole organizzare in maniera migliore e più estesa lo sciopero, nella conclusione della giornata è stato lasciato senza una data, così come l'altra proposta accennata di fare una nuova assemblea nazionale.

Non è stato dato seguito alla proposta fatta da alcune di fare un comunicato di denuncia di quanto era accaduto il giorno prima nel metrò con l'assurdo schieramento delle forze dell'ordine ad impedire a centinaia di donne l'entrata, benchè questo episodio di inutile, spropositata repressione, che poteva concludersi in modo serio, sia stato un piccolo ma simbolico esempio del nuovo clima da 'decreto sicurezza', ma soprattutto un esempio che la pratica da parte nostra del “colpo su colpo” è necessaria e vincente; infatti sabato sera la combattività delle donne, di compagni e compagne ha vinto! “Le donne hanno vinto, la polizia ha dovuto cedere!”

Ma, come dicevamo all'inizio, nel pomeriggio nell'assemblea - che in mattinata era andata avanti positivamente, anche se sullo sciopero delle donne non erano emerse particolari novità, nè l'appello di alcune a non farlo diventare un rito si era poi riempito di proposte conseguenti - è cambiato il clima. Inaspettatamente è stato annunciato da Nudm Roma, tavolo della presidenza, che l’assemblea si doveva esprimere se accettare l’invito della Fiom di partecipare al loro congresso del 12-13 dicembre a Rimini, arrivato qualche giorno prima.

Questa comunicazione ha imposto di fatto fino alla fine dell'assemblea una discussione su questo, con l'urgenza di prendere subito una decisione dato che l'indomani si doveva dare una risposta alla Fiom. Una centralità di discussione di cui non si sentiva proprio l'esigenza.

D'altra parte molte donne erano già dovute andare via, vari interventi hanno posto la necessità di aspettare a dare una risposta, di una prediscussione a livello territoriale, ma la sintesi del comunicato finale dice: “Cogliamo, quindi, l’invito al congresso della Fiom, come occasione per porre alle lavoratrici che saranno presenti lo sciopero come proposta politica da sostenere in forme non simboliche ma effettive”. L'impressione espressa da alcune è che la decisione fosse già stata presa prima dell'assemblea del 25.

L'accettazione dell'invito è stata motivata in vari interventi con l'utilità di aprire un confronto pubblico coi sindacati confederali, di percorrere spazi che si aprono, con l'opportunità di "inchiodare" i sindacati a mettersi a disposizione di Nudm: "noi possiamo andare dappertutto con la nostra autonomia", e di far loro assumersi la responsabilità politica sulla indizione o meno dello sciopero; che questo invito sarebbe segno della forza del movimento delle donne, e, cosa assolutamente non vera, che questo permetterebbe di parlare con le lavoratrici iscritte e di aprire contraddizioni nella Fiom.

Su questo, fino al termine dell'assemblea, vi sono stati interventi contrari, in particolare quelli di Livorno, del Mfpr, di alcune di nudm di Milano, altri quantomeno dubbiosi e sorpresi di dover subito discutere di questo. In particolare vari interventi, nel denunciare la linea della Cgil, hanno sottolineato come i sindacati confederali portino avanti un'azione di frammentazione e di confusione tra le lavoratrici, confondendo il diritto alla lotta, allo sciopero che è individuale con l'appartenenza ai sindacati confederali, mantenendo in questo modo i loro spazi di potere; hanno detto che, soprattutto, non vanno assolutamente assimilate gerarchie sindacali e iscritte ai sindacati, che, quindi, andare al congresso della Fiom non significa affatto andare a parlare con le lavoratrici (il Congresso è la massima assise, in cui non va la stragrande maggioranza delle delegate: “vi sono almeno tre livelli di filtro”); che oggi questi sindacati non è affatto vero che portino in piazza più persone; che è dubbio che il rapporto con i vertici Fiom/Cgil sia utile per un rapporto con le lavoratrici, potrebbe invece costituire delle catene per noi: “non è detto che non ci impacchettino”, ecc.

Ma tutte queste argomentazioni anche di “buon senso”, e altre non hanno cambiato la decisione.

Al di là del merito, è stata ed è scorretta la prassi di Nudm Roma, tavolo della presidenza, per cui non all'inizio, ma nella seconda metà dell'assemblea, con una parte delle realtà ormai andata via, si è posto l'aut-aut di decidere subito, ma di fatto portando una decisione già presa.

Il richiamo all’esempio della Spagna su come hanno costruito lo sciopero è fuori luogo; non si fa affatto riferimento al fatto che le spagnole sono andate a contestare i sindacati “obbligandoli” ad indire lo sciopero e coinvolgendo le lavoratrici, hanno occupato le sedi sindacali con gli striscioni e scontrandosi con il servizio d'ordine.

Nè va bene, se non per mettersi a posto la coscienza, dire: noi andiamo e poi se non indicono lo sciopero, occupiamo le sedi della Cgil.

Le compagne del Mfpr condividono ognuna delle argomentazioni contrarie che abbiamo riportato in sintesi sopra.

Qui vogliamo solo aggiungere alcune cose, frutto anche della nostra esperienza diretta, dato che nell'assemblea non c'è stato tempo per reintervenire.

Un lavoro articolato per organizzare lo sciopero tra tutte le lavoratrici, iscritte o no ai sindacati, è sempre stato praticato da chi sta ogni giorno con le lavoratrici, organizza lo sciopero delle donne principalmente nei e verso i luoghi di lavoro, nelle fabbriche, dove è inevitabile il rapporto, confronto, e spesso scontro coi sindacati; ma giustificare l'accettare dell'invito al Congresso Fiom per parlare alla base, alle iscritte, è invece tutt'altra cosa. E' passare dal nostro al loro terreno.

Se si vuole coinvolgere tutte le lavoratrici, si fa un lavoro lungo, si va a parlare ai posti di lavoro con le lavoratrici - dove se ne sentiranno di denunce di decine e decine di fatti, accordi contro le lavoratrici fatti dalla Fiom e dagli altri sindacati - si fanno schierare le delegate. Questo può rappresentare una sfida ai sindacati, questo può costringere la Cgil, la Fiom, altri pezzi dei sindacati confederali ad indire lo sciopero, ma appunto solo questa azione "autonoma" del movimento delle donne. Questo è già accaduto nello sciopero delle donne del 2013, dove alcune delegate, Rsu imposero loro in direttivi di settore della Cgil la proclamazione dello sciopero o in alcune fabbriche lo indissero loro in aperto contrasto con le segreterie della Cgil. Facemmo, allora, una lettera aperta alla Fiom-Cgil, ai sindacati di base, ma non la portammo alle sedi dei direttivi sindacali, ma nei posti di lavoro, alla stampa, ecc. Questo creò contraddizioni, in alcune Rsu, nelle segreterie sindacali, in posti di lavoro, soprattutto fabbriche metalmeccaniche.

Poi, chi usa chi? La Fiom non è fessa, a fronte di una mobilitazione del movimento delle donne di circa 200 mila persone, sa bene che deve avviare una interlocuzione, ma lo fa dall'altezza del suo congresso, in un confronto solo con una ristretta delegazione di Nudm; in una situazione peggiore per le donne e migliore per le gerarchie fiom/cgil.

Concludiamo con le parole di una compagna; va bene sì la gioia (e questa si è espressa tanta soprattutto il 24), ma occorre anche rabbia!

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