Roma: le maestre in lotta, determinate e combattive, non si lasciano cavalcare dai sindacati opportunisti e non si lasciano intimidire dalle forze del disordine, arrivando sin sotto il Parlamento, passando dal Ministero di Giustizia gridando "Libertà per gli antifascisti".
La risposta sbirresca: calci.
Contro la sentenza, ora e sempre resistenza
23 febbraio 2018
Roma - Nel silenzio mediatico migliaia di maestre sono scese in piazza. La polizia le prende a calci.
Le strade di Roma oggi sono state attraversate da oltre un migliaio di maestre e maestri in sciopero contro la sentenza che manderebbe a casa circa 60.000 precari della scuola.
La rabbia e la determinazione delle maestre ha ritenuto soffocanti le limitazioni della manifestazione che avrebbe dovuto tenersi staticamente di fronte al Ministero dell'Istruzione.
Fin da subito alcune delle organizzazioni sindacali hanno provato ad anteporre le proprie bandiere davanti ai corpi dei lavoratori e delle lavoratrici in piazza (contrariamente a quanto deciso nell'ultima assemblea nazionale tenutasi a San Lazzaro-Bologna), cercando di disinnescare l'autodeterminazione di chi dopo anni di false promesse non si sente rappresentato da nessuno. Così successivamente ad un blocco dei binari del tram lungo Viale Trastevere, le maestre hanno conteso la testa del corteo agli iscritti di alcune sigle sindacali, ponendosi come obiettivo l'arrivo al Parlamento.
Il corteo si è mosso fino al Pantheon con di fronte le bandiere dei sindacati staccate decine di metri dagli spezzoni della maestre e dei maestri autorganizzati, che scandivano slogan di lotta e indicavano senza timore i responsabili politici della prospettiva di precarietà imposta alle proprie vite. Di fronte al Ministero di Grazia e Giustizia gli spezzoni hanno gridato, senza ipocrisie, libertà per gli antifascisti detenuti. Una volta arrivati al Pantheon lo spezzone autorganizzato ha ignorato il vuoto e retorico comizio delle sigle provando in ogni modo a raggiungere Montecitorio. La polizia ha risposto schierando blindati e uomini ad ogni via di accesso. A questo punto non paghi di una già lunga giornata di lotta i lavoratori e le lavoratrici hanno cercato di aggirare i blocchi dividendosi in diversi gruppi.
Alcuni sono riusciti a raggiungere il Parlamento mentre altri sono stati fermati violentemente dalla polizia che non ha esitato a prendere a calci le maestre. In un contesto elettorale in cui tutte le forze politiche stanno ignorando il licenziamento di 60mila persone, forse troppo impegnate nei propri teatrini elettorali e a non confrontarsi con i problemi reali del paese, oggi un grido di dignità e di rabbia si è alzato nelle strade di Roma. Con la promessa chiara e scandita a più riprese: "il 4 Marzo vi licenziamo noi".
Le stesse parole d'ordine con cui domani migliaia di lavoratori autorganizzati del sindacato SiCobas, assieme a giovani, precari, studenti torneranno a riempire le strade della capitale, convinti che non siederanno mai amici nei palazzi del potere.
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