Signor Sindaco di Macerata,
Renato Biagetti, ingegnere di 26 anni, il 27 agosto 2006 moriva a
Roma assassinato da due giovanissimi fascisti con otto coltellate,
mentre usciva da un concerto di musica reggae.
Il giudice che li ha condannati ha evidenziato nella sentenza la
gravità del gesto perché in esso c’era la rivendicazione di un
territorio.“Questo quartiere è nostro tu sei un diverso e devi morire”.
Le parole che hanno decretato la morte di Renato hanno anticipato le
parole che sono ogni giorno sulla bocca di cittadini, politici, media
italiani “ L’Italia agli italiani” “ Fuori tutti gli immigrati”.
Signor Sindaco per un giudice queste parole sono un’aggravante di un reato.
Lei non si è preoccupato che un suo cittadino con queste idee nella
testa abbia tentato una strage di persone innocenti, la cui “colpa “ era
solo quella di essere cittadini stranieri.
Lei non ha immediatamente raccolto i suoi cittadini intorno al dolore
delle persone colpite, prendendo le distanze dal loro concittadino,
dichiaratamente fascista e razzista, che li aveva feriti.
Signor Sindaco, il fascismo e il razzismo non sono opinioni che si
possano manifestare liberamente nelle città italiane. Sono un crimine
condannato dalla nostra Storia di Liberazione e dalla Costituzione che
lei serve come Istituzione.
Lei, signor Sindaco, ha preferito pronunciare questo appello: «È il
tempo della comunità, della nostra comunità. Si fermino tutte le
manifestazioni».
Signor Sindaco lei vuol forse farci intendere
- che la sua comunità è più importante della Costituzione, dei suoi principi antifascisti e antirazzisti?
- che la sua comunità rimarrebbe turbata se i suoi concittadini antifascisti e antirazzisti, insieme ad altri cittadini antifascisti e antirazzisti riempissero le strade della sua città per ripetere che l’Italia ripudia il fascismo e il razzismo e la violenza?
Signor Sindaco , insieme al Ministro degli Interni, lei sta impedendo
nella sua città il libero manifestarsi delle idee antifasciste,
riconosciute dalla nostra Costituzione.
Signor Sindaco la invitiamo a leggere questa lettera scritta per Renato Biagetti:
“Mi chiamo Renato Biagetti.
A me i fascisti non fanno paura. Non mi hanno mai fatto paura. Nemmeno quando mi hanno ucciso.
Quelli che mi fanno paura sono quelli che non dicono nulla, non vedono nulla, non sanno nulla.
Quelli che ancora pensano che sono ragazzate o che “quelli come me se la sono andati a cercare”.
Quelli che dicono che è folklore. Bandiere nere, svastiche, saluti romani.
Folklore, come i ballerini con il tamburello o le processioni con il santo con appesi i serpenti.
Fenomeni marginali, sacche di delinquenza. Risse tra balordi. Tre righe in cronaca.
Intanto si riscrive la storia. Si mischiano i morti. Si dimenticano cause, ragioni.
Io sono morto per loro. Non per voi. Sono morto per loro. E a loro continuo a pensare.
E’ tutto così assurdo. Un brutto film, uno di quelli in cui la
sceneggiatura non gira. Eppure in quel film io ci abitavo, come ci
abitate voi.
Un Paese che ancora non si è stufato delle morti come la mia. Un
Paese in cui tutto è normale. Anche morire fuori da una festa di musica
reggae. 8 coltellate. Una è stata così forte che addosso mi è rimasto il
segno del manico del coltello.
Tutto normale. Anzi normalissimo. Cosa c’è di strano? Si comincia sempre così.
Di questo ho paura”.
Signor Sindaco lei dovrebbe aver paura di quel silenzio che ha chiesto, non della voce degli antifascisti.
Comitato Madri per Roma Città Aperta
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