"Tre volte discriminata perché
sono donna, transgender e immigrata"
"Fino ad ora le istituzioni non
si sono mai realmente impegnate per dare corpo ai diritti, lasciandoli marcire
sulla carta".
Solo
qualche mese fa la nostra amica Alessia P. M. pronunciava queste frasi nel suo
discorso dal palco del Pride di Milano a nome del nostro spezzone, Corpo ai
Diritti (video: https://bit.ly/ 2MIqvXp).
Aveva
partecipato attivamente all'organizzazi one del corteo, con entusiasmo e
grinta, e aveva voluto essere lei a prendere voce per tutte e tutti noi;
temevamo fosse troppo esposta perché era senza permesso di soggiorno, ma
davanti alla sua insistenza le precauzioni e le riserve si erano sciolte: e
poi, quale luogo più sicuro e tutelato dalle istituzioni, simbolo della lotta
per tutti i diritti civili contro ogni esclusione, del palco del Milano Pride?
Alessia
ha dato corpo e voce alle rivendicazioni che da anni portiamo avanti: che le
persone siano libere di fare progetti, di avere una vera possibilità, in questo
come in altri paesi del mondo: la libertà di TRANSito che permette a ognuno e
ognuna di noi di vivere, desiderare, agire su questa terra secondo le
inclinazioni particolari che ci riconosciamo.
Qualche
giorno fa la nostra voce è stata convocata presso il locale commissariato di
polizia; aveva un ricorso già depositato contro il diniego di permesso di
soggiorno e il foglio di via che aveva ricevuto, e così, sicura delle proprie
ragioni, nel pomeriggio di giovedì 27 dicembre ci è andata, ma subito è stata
trasportata in questura; ha fatto appena in tempo ad avvertirci con una
brevissima telefonata, poi un lungo silenzio: sequestrato il cellulare,
impediti i contatti con l'esterno.
Poi,
alle sette del mattino del 28 dicembre, dopo una notte trascorsa in questura
senza spiegazioni, le è stato detto che sarebbe stata condotta davanti ad un
giudice poche ore dopo per l'esecuzione del rimpatrio; non le è stato concesso
di contattare l'avvocata che seguiva la sua richiesta di permesso di soggiorno,
che aveva tutti i documenti per dimostrare che l'espulsione era e continua a
essere irragionevole; è stata deportata così, senza avere il tempo di salutare
le tante persone che le sono state amiche in questi suoi anni italiani,
sistemare la sua casa e i suoi affetti, scegliere che cosa portare con sé.
In
volo fino a Roma, ammanettata, poi un altro volo verso Sao Paulo, poi Panama,
un viaggio lunghissimo e doloroso. Da qualche ora Alessia è tornata in Perù: la
violenza cieca del razzismo istituzionale si è abbattuta su di lei, su di noi,
sulle decine di migliaia di persone che commosse avevano ascoltato le sue
parole dal palco del Pride, dimostrando ancora una volta, caso mai ce ne fosse
stato bisogno, quanto sia vuota una retorica che propaganda inclusività e buoni
sentimenti senza affrontare le radici sociali, economiche e giuridiche della
discriminazione e dell'ingiustizi a.
Alessia
è partita, ma continuerà a essere la nostra voce, a dare corpo ai diritti che
le hanno negato. Noi ci investiremo della sua presenza, del coraggio e della
fiesta che ci ha regalato.
Non
avremo paura, non retrocederemo, non staremo buoni e non staremo buone, nemmeno
un attimo in più.
E
soprattutto non smetteremo di rivendicare sempre a gran voce e mai al ribasso
un corpo ai diritti, diritti civili che senza diritti sociali non significano
niente; diritti alla libertà di essere, di amare e di transitare chi, come e
dove ci pare e piace; diritto alla dignità per tutte e tutti, alla possibilità
di poter decidere sulle nostre vite, libere dal razzismo, dalla repressione,
dall’omotransfo bia e dall’esclusione sociale.