25/10/17

Il “G7 delle pari opportunità" di Taormina - un documento proposta





 
Il 15-16 Novembre a Taormina (Me) si terrà il G7 Pari Opportunità, l’ennesimo banchetto dei 7 Grandi, questa volta in salsa rosa, per decidere per noi e su di noi, all’interno delle solite logiche liberiste maschili e patriarcali. La ministra Maria Elena Boschi parlerà della violenza di genere nel nostro paese come fosse una nuova emergenza, scoppiata questa estate, assieme alle tante altre delle quali hanno bisogno i nostri politici per legittimarsi, con tutti i casi di stupri e femminicidi che hanno riempito la cronaca italiana. Parlerà di una crescita occupazionale femminile, ‘sensibile’, ‘confortante’ nel nostro paese. Parlerà di diritti delle donne e ci dirà che c’è ancora tanto da fare ma che loro, i G7, si stanno muovendo nella giusta direzione. Al suo fianco ci sarà anche Ivanka Trump, visto che nemmeno la Women’s March l’ha convinta che la sua presenza a questo tavolo delle Pari Opportunità è quanto meno grottesca.
Ecco in una immagine quello che sarà il tavolo del “G7 Pari Opportunità”: un summit che vorrebbe essere rassicurante ed invece non può che risultare grottesco ed omertoso sulle discriminazioni che nei cosiddetti grandi sette (paesi) le donne ancora oggi subiscono.
Quello che non dirà a quel tavolo, LO DIREMO NOI, che saremo a Taormina per contestare questo G7 e per autorappresentarci, dal basso, come facciamo ogni giorno. “NOI NON CI SENTIAMO RAPPRESENTATE DA VOI, NOI SIAMO OLTRE LE VOSTRE PARI OPPORTUNITA’”, QUESTO VOGLIAMO URLARE.

La violenza è l’obiezione.
Gli stessi Stati che come un “buoni patriarchi’’ ci raccontano di “pari opportunità” e “diritti delle donne” da elargire, contemporaneamente ci espropriano del diritto di scegliere su tutto quello che riguarda il nostro corpo.
L’obiezione di coscienza in Italia ha raggiunto una media nazionale del 70% e in alcune regioni, come la Sicilia, dove si terrà questo G7, tocca punte del 90%. La legge 194 viene disattesa su tutto il territorio nazionale, una vera e propria violenza di genere capillare e diffusa.
Lo vogliamo ribadire: violenza di genere e di Stato è l’obiezione di coscienza, è la proposta fascista del Piano di Fertilità della Lorenzin, è la permanenza di movimenti antiabortisti davanti ai consultori, è il taglio dei fondi ai centri antiviolenza.
Trattare la violenza di genere come un’emergenza, un’onda improvvisa che si è alzata negli ultimi mesi, così come i media ci raccontano da un’estate, è il limite di una società ancora patriarcale che non vuole fare i conti con se stessa. La violenza di genere è STRUTTURALE, permane nei valori interiorizzati nel privato e nei codici espressi nella dimensione pubblica, mediatica e istituzionale.
La violenza è la mancanza di una educazione all’affettività ed alla consapevolezza
La violenza, oggi, inizia con la diffusione di una cultura sessista sin dalle scuole primarie e dagli asili, e non basta la testimonianza contraria di numerose educatrici e docenti che provano a costruire una educazione all’affettività e alla sessualità, nonostante la panzana dell’educazione gender e la paura diffusa ad arte tra i genitori e nonostante la mancanza di una formazione adeguata delle insegnanti.
Nonostante decenni di politiche di austerità, che hanno massacrato e massacrano il nostro sistema di formazione a tutti i livelli. Bisogna lavorare sulla consapevolezza delle ragazze, servono materiali, contenuti disciplinari e di storia delle donne e del loro processo di liberazione. E’ necessario contrastare l’arretramento del rapporto tra ragazzi e ragazze, che ha le sue basi nelle condizioni di vita e di crisi sociale, ma anche in un immaginario collettivo delle relazioni inquinato dall’ideologia consumista. Con la consapevolezza che, attraverso l’educazione alle differenze, la formazione è probabilmente il più valido strumento di prevenzione e contrasto alla violenza di genere.
La violenza è la comunicazione, sono i processi mediatici, è la militarizzazione securitaria dei territori, è la devastazione ad opera delle grandi opere
In questo contesto i casi di stupro diventano sistematicamente processi mediatici alle donne, alla loro ‘condotta’ di vita, al modo di vestire, e lo stesso accade nei tribunali. Lo vogliamo ribadire: lo stupro non è sesso, è esplicitazione materiale (una delle tante) di un rapporto di potere diffuso nella società. Solo il 7% delle donne denuncia abusi e violenze. Affrontare la questione con piglio da emergenza si tradurrà in nuove politiche securitarie, militarizzazione dei territori, sorveglianza e controllo dei corpi; sempre i nostri
corpi di donne, migranti e native.
Come ha detto la marea di Non Una di Meno LE STRADE SICURE LE FANNO LE DONNE CHE LE ATTRAVERSANO. Come, qui in Sicilia, di recente, hanno fatto le Mamme No Muos che con i loro corpi hanno fermato in Contrada Ulmo, a Niscemi, i militari che entravano nella base del Muos, l’ennesimo eco-mostro e strumento di guerra in una Sicilia sempre più militarizzata e impoverita. Violenza di Genere, cari G7, è tante cose. Esiste anche come militarizzazione dei territori.
La violenza è lo smantellamento del welfare, è la divisione del lavoro sociale basata sui generi
La nostra oppressione esiste come violenza economica di genere, capitalista e patriarcale. Lo smantellamento del Welfare e delle sicurezze sociali ha scaricato interamente sulla famiglia e quindi sulla donna, il lavoro della riproduzione sociale, perché nel nostro ‘moderno’ Paese permane una rigida divisione dei ruoli legata ai generi. Venendo meno i servizi per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti, nel senso che diventano servizi a pagamento, il lavoro di cura diventa appannaggio esclusivo della donna, un lavoro micidiale per il quale non riceve alcun redditto.
Secondo i nuovi dati OCSE sulla posizione della donna nella società di oggi, una donna lavora 8 ore e mezza al giorno, di cui più di 5 ore sono di lavoro non salariato, un uomo lavora circa 7 ore e mezza, di cui 6 sono ore di lavoro salariato. Questi servizi di ‘’cura’’ a pagamento a loro volta sono diventati la nuova ‘’frontiera’’ occupazionale per molte donne, migranti e native, istruite e non, sottopagate e sfruttate sia dentro casa che fuori. Quando ci dicono che l’occupazione femminile è in crescita, noi abbiamo ben chiaro questo scenario, mentre la ministra Boschi parla di empowerment femminile.
La violenza è quella sui corpi delle nostre sorelle e dei fratelli migranti
A causa del “pacchetto sicurezza”, della politica di frontiere chiuse e di respingimenti dovuti alla nostra cara vecchia Europa, alle nostre sorelle migranti, alle madri “irregolari”, non è permesso denunciare ne riconoscere il proprio figlio. Inoltre, nei Cara e nei CIE, gli odierni lager della fortezza Europa, le violenze e la violazione dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Per non parlare delle centinaia e centinaia di esseri umani che muoiono ad ogni stagione nel Mar Mediterraneo per il nostro rifiuto di soccorrerli ed accoglierli o che vengono torturati su nostro mandato nei lager Libici, nei quali la condizione delle donne è al di sotto di qualsiasi soglia di umanità. Con quale faccia si viene a parlare di diritti delle donne in un’isola che con la realtà degli sbarchi prende atto quotidianamente di questa strage? Quale credibilità possono avere i G7 per parlare di pari opportunità senza parlare di libertà di circolazione per tutte e tutti-*?
La violenza è il G7 stesso.
Il G7, come vertice mondiale degli sfruttatori e dei capitalisti di questo pianeta rappresenta il vertice, la punta di diamante dei meccanismi di oppressione e sfruttamento per chi come noi pensa che liberismo e patriarcato siano da sempre indissolubili e si impongano attraverso l’oppressione e lo sfruttamento di un popolo su un altro, di una classe su un’altra, di un sesso su un altro. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: disoccupazione e impoverimento di masse di popolazioni,guerre, devastazione ambientale, violenza contro le donne.
Cosa vogliamo?
Vogliamo il diritto di aborto, vogliamo la libertà di scelta sui nostri corpi e desideri, vogliamo la libertà di movimento per tutte-i-*, vogliamo la fine di un discorso mediatico dominante che ci vede come vittime o merci o ancora strategia per vendere e consumare merci, vogliamo che sia riconosciuto il lavoro di cura che facciamo ogni giorno, vogliamo nelle scuole una formazione sulla sessualità e sui generi che sradichi le radici culturali e gli stereotipi dell’oppressione delle donne ed anche delle discriminazioni verso qualsiasi tendenza o orientamento o identità sessuale, vogliamo reddito, sanità, diritti e, poi sì, anche pari opportunità sui posti di lavoro.
Il discorso del G7 Pari opportunità non ci porta in questa direzione. La nostra direzione è quella della lotta dal basso, dalle piazze, lotta anticapitalista e femminista. Noi siamo Oltre le pari opportunità. Noi siamo le Altre Opportunità, quelle che diamo a noi stesse senza aspettarci niente dai G7. Saremo in piazza il 15 Novembre a Taormina, per contestare il #G7 #PariOpportunità e parteciperemo alle mobilitazioni indette per il 25 Novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Chiediamo l’adesione di singole-e-*, associazioni, collettivi, gruppi politici a questo appello.
Per adesioni scrivete alla pagina fb: No al G7 Pari Opportunità.
Restate connesse-i-* alla pagina facebook per sapere in quali modalità si svolgerà la protesta

(Nella foto: Catania, una delle assemblee contro il G7 Pari Opportunità di Taormina)

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