L'arcivescovo vuole soldi, soldi e ancora soldi .. una corrispondenza
"...l'arcivescovo Cesare Nosiglia è il più alto prelato della provincia di Torino; l'indegno personaggio in questione non perde occasione per pretendere soldi dalla comunità.
Nei giorni scorsi ha utilizzato la classica arma dei preti: il ricatto; "se non ci date oltre 2.500.000,00 Euro, come finanziamenti pubblici alle scuole materne di proprietà della Curia, la stessa si vedrà costretta a non pagare le tredicesime dei dipendenti".
Detto del fatto che il quarantasei per cento dell'offerta formativa regionale, per i bambini in età pre-scolare, è affidata alle strutture ecclesiastiche - ed in forza di questo il prete sopra menzionato si sente in diritto di pretendere i soldi di tutti i cittadini, non solo di quelli fedeli al monarca della Città del Vaticano - resta da sviscerare una questione basilare.
Sono curioso di capire in base a quale ragionamento, quando la pretaglia si trova in difficoltà finanziarie, devono essere le casse dello Stato laico italiano a sopperire: la loro piazzetta possiede una banca - l'Istituto delle Opere Religiose - dove sono depositati ingenti capitali che mi domando a cosa mai dovrebbero servire, se non vengono utilizzati per questi motivi.
Tutto questo anche volendo sorvolare sul fatto che, per poter far frequentare ai propri figli le scuole così dette paritarie, le famiglie pagano rette non certamente economiche, giustificate dalla schifosa pretaglia con la necessità di coprire i costi di gestione.
Ma se, contravvenendo alla Costituzione ed alle leggi del buon senso, i politicanti papisti - che sono, ahimé, l'immensa maggioranza - devolvono milioni di Euro all'anno ad uno Stato straniero, questo cosa ne fa delle rette scolastiche?
Genova, 24 novembre 2014
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
"...l'arcivescovo Cesare Nosiglia è il più alto prelato della provincia di Torino; l'indegno personaggio in questione non perde occasione per pretendere soldi dalla comunità.
Nei giorni scorsi ha utilizzato la classica arma dei preti: il ricatto; "se non ci date oltre 2.500.000,00 Euro, come finanziamenti pubblici alle scuole materne di proprietà della Curia, la stessa si vedrà costretta a non pagare le tredicesime dei dipendenti".
Detto del fatto che il quarantasei per cento dell'offerta formativa regionale, per i bambini in età pre-scolare, è affidata alle strutture ecclesiastiche - ed in forza di questo il prete sopra menzionato si sente in diritto di pretendere i soldi di tutti i cittadini, non solo di quelli fedeli al monarca della Città del Vaticano - resta da sviscerare una questione basilare.
Sono curioso di capire in base a quale ragionamento, quando la pretaglia si trova in difficoltà finanziarie, devono essere le casse dello Stato laico italiano a sopperire: la loro piazzetta possiede una banca - l'Istituto delle Opere Religiose - dove sono depositati ingenti capitali che mi domando a cosa mai dovrebbero servire, se non vengono utilizzati per questi motivi.
Tutto questo anche volendo sorvolare sul fatto che, per poter far frequentare ai propri figli le scuole così dette paritarie, le famiglie pagano rette non certamente economiche, giustificate dalla schifosa pretaglia con la necessità di coprire i costi di gestione.
Ma se, contravvenendo alla Costituzione ed alle leggi del buon senso, i politicanti papisti - che sono, ahimé, l'immensa maggioranza - devolvono milioni di Euro all'anno ad uno Stato straniero, questo cosa ne fa delle rette scolastiche?
Genova, 24 novembre 2014
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
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