Chiniamo
tristissime la testa in onore di Kader uccisa dall'esercito del
regime turco amico dell'Isis, MA alziamo forte le nostre voci e
le nostre mani e mobilitiamoci come donne al fianco delle
combattenti curde contro l'Isis, la Turchia, l'imperialismo
complice compreso quello italiano.
Anche per Kader e per tutte le donne che vengono uccise in questa giusta lotta che è di tutte noi, prepariamo insieme il presidio del 22 novembre a Roma. L'Mfpr aveva proposto di realizzarlo sotto l'ambasciata turca per denunciarne il ruolo di appoggio all'Isis nella lotta contro i combattenti e le eroiche combattenti curde a Kobane; in risposta vi è stata, poi, nei giorni scorsi la proposta di realizzarlo sotto una delle sedi governative dell'Italia perchè venga fatta pressione sulla Turchia (che è membro della Nato) da parte dell'Italia e dell'Ue - di cui l'Italia ha la presidenza - perchè smettano di dare sostegno a Isis. L'Mfpr ha detto: va bene. ORA ORGANIZZIAMOLO!
Anche per Kader e per tutte le donne che vengono uccise in questa giusta lotta che è di tutte noi, prepariamo insieme il presidio del 22 novembre a Roma. L'Mfpr aveva proposto di realizzarlo sotto l'ambasciata turca per denunciarne il ruolo di appoggio all'Isis nella lotta contro i combattenti e le eroiche combattenti curde a Kobane; in risposta vi è stata, poi, nei giorni scorsi la proposta di realizzarlo sotto una delle sedi governative dell'Italia perchè venga fatta pressione sulla Turchia (che è membro della Nato) da parte dell'Italia e dell'Ue - di cui l'Italia ha la presidenza - perchè smettano di dare sostegno a Isis. L'Mfpr ha detto: va bene. ORA ORGANIZZIAMOLO!
Fiorella, lavoratrice del mfpr Taranto
(da Contropiano) - Giovedì scorso Kader Ortakaya, una giovane attivista curda della Piattaforma Collettiva per la Libertà e studentessa all’Università di Marmara (ad Istanbul), è stata uccisa con un colpo alla testa sparato da alcuni militari turchi contro un gruppo di persone che manifestava pacificamente, realizzando una catena umana a Suruc, cittadina gemella di Kobane sul lato turco del Kurdistan. Una frontiera ipermilitarizzata dall’esercito di Ankara, con migliaia di soldati che assistono all’eroica battaglia dei guerriglieri e delle guerrigliere curde che difendono da parecchie settimane la città del Rojava assediata e bombardata dai miliziani dello Stato Islamico.
Il regime islamista turco ha più volte affermato di considerare la guerriglia di sinistra curda peggiore dell’Isis e non sono mancate scene di fraternizzazione e collaborazione tra i militari di Ankara e i jihadisti che pure Erdogan afferma di considerare un nemico, anche se non prioritario.
Negli ultimi mesi l’esercito turco è ricorso più volte alla forza contro sfollati curdi, attivisti politici e giornalisti che cercavano di attraversare la frontiera per andare a documentare cosa accadeva a poche centinaia di metri, a Kobane, oppure per unirsi ai combattenti delle Ypg e delle Jpg. Più volte i cannoni ad acqua e le pallottole di gomma hanno mostrato plasticamente al mondo da che parte sta la Turchia, con numerosi feriti nei combattimenti contro i miliziani jihadisti morti a pochi metri dagli ospedali di Suruc perché Ankara ha negato loro di oltrepassare la frontiera.
Ma quanto è
accaduto giovedì ha dell’incredibile: alcune decine di attivisti
hanno formato una catena umana lungo il confine, insieme ad
artisti e musicisti dell’Iniziativa per l’Arte Libera. Per
tutta risposta i soldati turchi li hanno prima attaccati con
lacrimogeni e pallottole di gomma e poi improvvisamente hanno
iniziato a sparare pallottole vere. La 28enne Kader è stata
colpita alla testa ed è morta sul colpo.
La rabbia per
quanto è accaduto è stata tale che dall’altra parte del filo
spinato alcuni guerriglieri dell’Ypg che stavano assistendo alla
scena hanno sparato contro le postazioni dell’esercito turco.
Incredibilmente
il prefetto turco di Suruc, Abdullah Ciftci, ha negato che ciò che
tutti hanno visto e che è stato anche ripreso in alcuni video sia
mai avvenuto, ed ha parlato solo dell’uso di lacrimogeni da parte
dei poliziotti che sorvegliano il confine...
La giovane
Kader Ortakaya, che era arrivata alcune settimane fa a Suruc e
stava prestando la sua assistenza ai profughi di Kobane e di altre
zone del Rojava costretti a fuggire dalle proprie case e dai
propri villaggi a causa delle persecuzioni degli estremisti
sunniti, nei giorni scorsi aveva scritto una lettera indirizzata
alla sua famiglia avvertendo che avrebbe cercato di andare a
Kobane per combattere a fianco dei suoi fratelli e sorelle.
Ecco la
lettera scritta da Ortakaya alla sua famiglia:
“Cara
famiglia,
Sono a Kobanê.
Questa guerra non è solo una guerra del popolo di Kobanê, ma una
guerra per tutti noi. Mi unisco a questa lotta per la mia amata
famiglia e per l’umanità. Se oggi manchiamo nel vedere questa
guerra come una guerra per noi, resteremo soli quando domani le
bombe colpiranno le nostre case. Vincere questa guerra significa
che vinceranno i poveri e gli sfruttati... Auguro a tutte e tutti
di vivere liberamente e da uguali. Non voglio che nessuno venga
sfruttato per tutta la vita per avere un pezzo di pane o un
riparo. Perché questi desideri si avverino, bisogna lottare e
combattere.
Ritornerò
quando la guerra sarà finita e Kobanê sarà riconquistata...
Se volete fare
qualcosa per me, sostenete la mia lotta. Siete rimasti in silenzio
rispetto a tutti i malfunzionamenti dello stato. Dite basta al
fatto che la gente viene uccisa per la strada, esposta a
bombardamenti con gas, bombardata come è successo a Roboski... Vi
affido la mia lotta fino a quando tornerò...
Vi abbraccio
con tutti i miei sentimenti rivoluzionari...".
Nessun commento:
Posta un commento