Questa è la sicurezza che lo Stato fascista e capitalista-burocratico dell'India promette alle donne povere!
Da il fatto quotidiano
India, campagna di sterilizzazione di massa: “11 donne morte in pochi giorni”
I decessi sono avvenuti nello Stato del Chhattisgarh, dove alle pazienti vengono offerti 19 euro per sottoporsi all'intervento. Nel giganti asiatico da 1,3 miliardi di abitanti, sono state ben 4 milioni le tubectomie praticate fra il 2013 e il 2014
Una campagna di sterilizzazione di massa che ha portato alla morte, negli ultimi giorni, di 11 donne, mentre altre decine sono finite in ospedale. Sta suscitando scalpore in tutto il mondo quanto sta avvenendo in India, dove il governo già da tempo ha autorizzato e promosso degli ospedali itineranti per praticare la tubectomia alle donne che volontariamente decidano di farlo, in un Paese da quasi un miliardo e 300 milioni di abitanti sempre più in affanno per l’incremento demografico (+1,6% all’anno negli ultimi anni) e la sovrappopolazione. I programmi di controllo delle nascite cominciarono in India già negli anni Cinquanta del Novecento, ma si sono fatti sempre più pressanti negli ultimi tempi. I nuovi incidenti sono avvenuti la settimana scorsa nello Stato del Chhattisgarh, nell’India centrale, dove, riporta il Guardian, giornale britannico sempre attento agli eventi da quella parte del mondo, una serie di infezioni e di altri disguidi causati dagli operatori sanitari ha causato morte e disperazione. Riporta il giornale, delle 80 donne volontarie che hanno preso parte al programma in quei giorni, almeno 60 si sono ammalate, delle quali otto sono poi venute a mancare. Un programma regolare in India, che va avanti già da tempo, ma che ora appunto comincia a mostrare limiti e storture.
Secondo il quotidiano e secondo le agenzie di stampa internazionali, quattro medici al momento sono stati sospesi e la polizia ha aperto un’inchiesta ufficiale, voluta anche dal vice primo ministro dello Stato, una delle aree più povere del subcontinente indiano. Secondo fonti governative, fra il 2013 e il 2014, ben quattro milioni di tubectomie sono state praticate in tutto il Paese. Un piano ministeriale, quindi, che, sempre secondo il Guardian che cita una interrogazione parlamentare indiana di due anni fa, fra il 2009 e il 2012, quando il programma era già stato avviato, il governo centrale di Nuova Delhi avrebbe risarcito economicamente 568 famiglie per altrettante donne morte durante una procedura di sterilizzazione. I giornalisti indiani spesso pubblicano reportage sulle procedure sanitarie talvolta discutibili e secondo le accuse, anche in ques’ultimo caso, non tutto ha funzionato alla perfezione.
Nello stato del Chhattisgarh le operazioni di sterilizzazione vanno in genere avanti ogni anno fra ottobre e febbraio e a ogni donna viene offerta una cifra pari a circa 19 euro. Chi critica queste pratiche sottolinea inoltre come, spesso, le autorità locali indiane regalino alle volontarie beni di prima necessità ma anche piccoli elettrodomestici e apparecchi digitali. Una pratica questa più volte descritta come un incentivo che limita la libertà di scelta delle donne, le quali, provenendo spesso da famiglie poverissime, vengono attratte da questi “premi”. Le donne, chiaramente, anche perché la sterilizzazione maschile in India è ancora un tabù e non viene accettata socialmente. Il dipartimento della Salute dello stato, intanto, ha già annunciato un risarcimento pari a poco più di 2.700 euro per ogni donna deceduta e a poco più di 650 euro per ogni donna finita in ospedale. Questo, a quanto pare, è il prezzo della vita delle donne che sono cadute in un programma voluto dalla sanità pubblica e che ora anche l’Onu comincia a criticare.
Una campagna di sterilizzazione di massa che ha portato alla morte, negli ultimi giorni, di 11 donne, mentre altre decine sono finite in ospedale. Sta suscitando scalpore in tutto il mondo quanto sta avvenendo in India, dove il governo già da tempo ha autorizzato e promosso degli ospedali itineranti per praticare la tubectomia alle donne che volontariamente decidano di farlo, in un Paese da quasi un miliardo e 300 milioni di abitanti sempre più in affanno per l’incremento demografico (+1,6% all’anno negli ultimi anni) e la sovrappopolazione. I programmi di controllo delle nascite cominciarono in India già negli anni Cinquanta del Novecento, ma si sono fatti sempre più pressanti negli ultimi tempi. I nuovi incidenti sono avvenuti la settimana scorsa nello Stato del Chhattisgarh, nell’India centrale, dove, riporta il Guardian, giornale britannico sempre attento agli eventi da quella parte del mondo, una serie di infezioni e di altri disguidi causati dagli operatori sanitari ha causato morte e disperazione. Riporta il giornale, delle 80 donne volontarie che hanno preso parte al programma in quei giorni, almeno 60 si sono ammalate, delle quali otto sono poi venute a mancare. Un programma regolare in India, che va avanti già da tempo, ma che ora appunto comincia a mostrare limiti e storture.
Secondo il quotidiano e secondo le agenzie di stampa internazionali, quattro medici al momento sono stati sospesi e la polizia ha aperto un’inchiesta ufficiale, voluta anche dal vice primo ministro dello Stato, una delle aree più povere del subcontinente indiano. Secondo fonti governative, fra il 2013 e il 2014, ben quattro milioni di tubectomie sono state praticate in tutto il Paese. Un piano ministeriale, quindi, che, sempre secondo il Guardian che cita una interrogazione parlamentare indiana di due anni fa, fra il 2009 e il 2012, quando il programma era già stato avviato, il governo centrale di Nuova Delhi avrebbe risarcito economicamente 568 famiglie per altrettante donne morte durante una procedura di sterilizzazione. I giornalisti indiani spesso pubblicano reportage sulle procedure sanitarie talvolta discutibili e secondo le accuse, anche in ques’ultimo caso, non tutto ha funzionato alla perfezione.
Nello stato del Chhattisgarh le operazioni di sterilizzazione vanno in genere avanti ogni anno fra ottobre e febbraio e a ogni donna viene offerta una cifra pari a circa 19 euro. Chi critica queste pratiche sottolinea inoltre come, spesso, le autorità locali indiane regalino alle volontarie beni di prima necessità ma anche piccoli elettrodomestici e apparecchi digitali. Una pratica questa più volte descritta come un incentivo che limita la libertà di scelta delle donne, le quali, provenendo spesso da famiglie poverissime, vengono attratte da questi “premi”. Le donne, chiaramente, anche perché la sterilizzazione maschile in India è ancora un tabù e non viene accettata socialmente. Il dipartimento della Salute dello stato, intanto, ha già annunciato un risarcimento pari a poco più di 2.700 euro per ogni donna deceduta e a poco più di 650 euro per ogni donna finita in ospedale. Questo, a quanto pare, è il prezzo della vita delle donne che sono cadute in un programma voluto dalla sanità pubblica e che ora anche l’Onu comincia a criticare.
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