La manifestazione di Roma ha visto la partecipazione di oltre 50 mila donne, è una buona cosa, si tratta ancora una volta di scesa in piazza di grandi masse femminili con tante ragazze che hanno coscienza della necessità della lotta e della mobilitazione contro questo sistema, e anche questa manifestazione è stata piena di buone cose, sia sul fronte della denuncia, sia sul fronte della determinazione delle donne a continuare la lotta.
Chiaramente le nostre posizioni coincidono con quello del Movimento femminista proletario rivoluzionario, che nelle manifestazioni di Roma e nelle manifestazioni nelle città dove è presente, distribuisce un foglio molto chiaro e molto forte, aderente alla situazione effettiva nella vita delle donne a livello nazionale e tenendo conto della Palestina a livello internazionale.
C'è da dire però che in questa manifestazione sono stati anche avanzati argomenti e parole d'ordini che non solo non corrispondono all'effettiva analisi del patriarcato né all'effettiva analisi dei femminicidi oggi e degli effetti sulla condizione delle donne, ma non corrispondono neanche alla necessità che hanno le donne, come tutto il movimento proletario e popolare, di contrastare la vera natura di questo sistema che produce doppia oppressione delle donne e le conseguenze pratiche sulla loro vita e sempre di più anche la loro morte. In sostanza l'argomento che è stato diffuso sia dalla parola d'ordine dello striscione di testa a Roma, sia dalle interviste di rappresentanti di Nudm che hanno avuto peso nella sua elaborazione, sostiene fondamentalmente un concetto che è sbagliato. Sostiene che la guerra è una conseguenza del patriarcato, questo non è affatto vero; la guerra è frutto dell'imperialismo, dentro l'analisi strutturale della fase suprema del capitalismo che produce attraverso il suo processo di crisi e scontro tra le superpotenze per una nuova ripartizione del mondo e tra il dominio generale dell'imperialismo e del sistema capitalista e i popoli oppressi dall'imperialismo, la tendenza ad una nuova guerra mondiale, attraverso ora una "guerra a pezzi".
E' chiaro che la guerra alimenta tutto ciò che nel sistema capitalista è organico, quindi l'oppressione delle donne utilizzando anche ideologie e prassi patriarcaliste. Ma rovesciare l'assunto della questione è sbagliato e disorientante, non permette alle donne di essere in prima fila nella lotta contro la guerra e l'imperialismo sulla base di una visione scientifica e politica corrispondente alla realtà.
Il secondo punto che evidentemente non è condivisibile non solo dal movimento delle donne, ma in generale da tutto il movimento proletario che lotta per l'abolizione dello stato di cose esistenti, che combatte quindi il sistema capitalista, lo stato e i suoi governi, è quello che afferma che è il fattore decisivo per fronteggiare i femminicidi è l'educazione, l'educazione che deve partire dalle scuole e così via. Tutto questo modo di pensare mette in discussione la natura strutturale della doppia oppressione delle donne, non fa conti con il fatto che la scuola è interna ad un sistema che per leggi economiche, potere della borghesia, per i governo rappresentati dallo stato borghese e che agiscono come comitati d'affari dei padroni, la scuola è parte e al servizio di tutto questo; e di conseguenza l'educazione che avviene nelle scuole corrisponde agli interessi generali dell'imperialismo, del capitalismo, del dominio borghese nella società.
La lotta anche nella scuola sul fronte dell'educazione è contro questa realtà di classe, che incide più che mai nel tipo di scuola. Per questo l'educazione nelle scuole, separata dal contesto generale di quella che è la scuola oggi sempre più, non può essere la risposta, la "soluzione", contro la violenza sessuale, la guerra di bassa intensità, di oppressione, mortale, sulle donne, che viene denunciato con forza e determinazione nelle manifestazioni. Attraverso questo "primato dell'educazione" di fatto si consegna il movimento di lotta su fronte dei femminicidi, della violenza sessuale, a una sfera politico istituzionale che in nessuna maniera può cambiare lo stato delle cose; perchè è essa responsabile dello stato delle cose.
Vi è un'avanzata della reazione del capitale, dei suoi governi, in Italia il governo della Meloni, in nome di una cultura fascista e conservatrice, contrasta in ogni modo, a livello ideologico, culturale, a livello politico, fino alla repressione il cambiamento reale dello stato di corse esistente, che richiede non è certo "l'educazione", ma l'organizzazione e la lotta per il rovesciamento di questo sistema marcio e assassino.
In questo senso, non pensiamo che l'orientamento delle manifestazioni e le sue parole d'ordine siano un reale passo in avanti nella lotta più generale nei confronti non solo del patriarcato e della doppia oppressione delle donne, ma del movimento proletario e popolare generale che lotta contro la guerra, contro i governi, lo stato, la repressione su scala nazionale e internazionale.

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