30/11/25

Formazione rivoluzionaria delle donne - Patriarcato o patriarcalismo?

Entriamo con questa Formazione rivoluzionaria delle donne in un dibattito che si è riaperto anche in occasione delle manifestazioni del 25 novembre - ricordiamo che nella FRD abbiamo già pubblicato il 26.6.25: "Chiarezza sul patriarcato" https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2025/06/formazione-rivoluzionaria-delle-donne_26.html 

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Dall'opuscolo "360"

...c’è nel femminicidio contemporaneo e nelle violenze contro le donne qualcosa nuovo, perché nuova è la libertà che le donne rivendicano, e a cui gli uomini devono abituarsi, e rallegrarsene se ne sono capaci, o rassegnarsi se non altro – e troppo spesso non si abituano né si rassegnano, e se ne vendicano. Non sono uomini all’antica: sono modernissimi uomini antichi, mortificati dalla libertà delle donne, che sentono come il furto della loro libertà...”

Riportiamo stralci di una parte di un lungo documento proveniente dal Canada, uscito qualche anno fa, intitolato “In difesa del femminismo proletario”.

In esso vi è una parte che tratta della differenza tra “patriarcato e patriarcalismo” e che ci fornisce un utile contributo al lavoro teorico per una corretta linea e prassi femminista proletaria rivoluzionaria demolendo false idee, da cui provengono anche politiche, in senso lato, devianti.

Da un lato l’idea, presente anche in settori dei movimenti femministi, che la condizione di discriminazione e oppressione delle donne, il ruolo di subordinazione che viene mantenuto e anzi rafforzato nella crisi capitalista all’interno della famiglia, perchè sempre più utile come ammortizzatore sociale sia pratico che ideologico nel sistema capitalista, che il maschilismo con tutto il carico tragico di violenze sessuali e uccisioni, siano da addebitare al permanere di aspetti del patriarcato, e come tali, in contrasto con l’attuale sistema sociale. Di conseguenza a questo normalmente si risponde con proposte e politiche riformiste che vogliono mascherare la vera causa che è l’attuale sistema capitalista e deviare la lotta contro di esso.

Dall’altro l’idea, presente soprattutto nei settori della borghesia, che negando una pesante presenza di concezioni, ideologie, condizioni di vita, che potremmo definire “patriarcaliste”, vogliono negare la condizione generale e sociale di subordinazione delle donne, e nei fatti la limitano a situazioni individuali in contrasto con una società che consentirebbe alle donne un percorso emancipativo. Di conseguenza a questo si risponde con il pensiero e la politica del “gli ultimi restano indietro” (per colpa loro), e della “emancipazione” solo per una ristrettissima minoranza di donne della propria classe, e rigidamente all’interno dei canoni del sistema borghese, per cui il doppio sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne è uno dei puntelli principali.

Nello stesso tempo negare il permanere di ciò che possiamo chiamare “ideologie patriarcali” nega in termini antimaterialistico dialettici il rapporto tra sovrastruttura e struttura. Nel senso che è la struttura che determina le idee, ma queste a loro volta hanno influenza sulla pratica e possono diventare “forza materiale” che indirizza/devia la pratica.

Questo pone al movimento rivoluzionario proletario delle donne la necessità di una lotta articolata, ricca, a 360°, che non perdendo mai la rotta delle ragioni determinate economiche, di classe della condizione delle donne, punti sempre le sue armi contro il nero dell’ideologia che per le donne non resta affatto solo nel cielo delle idee ma avvolge pesantemente tutta la loro vita.

Infine, riprendendo una frase del testo canadese che dice “le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente”, noi pensiamo che non sia soltanto un “riportare e incorporare”, ma il sistema capitalista in questo ambito ha prodotto parecchio di “suo”, anche se più subdolo ma non meno pesante, per mantenere ed usare l’oppressione delle donne, che oggi potremmo sintetizzare nella neo fascista ideologia de “gli uomini che odiano le donne”. Questo richiede aggiornare ed affilare le nostre armi teoriche, di analisi e soprattutto di lotta.

Dal documento del Canada

Si “...fraintende la distinzione che viene fatta tra patriarcato e patriarcalismo… La distinzione qui è tra il patriarcato come una parte essenziale del modo di produzione e il residuo del patriarcato che si conserva nella sovrastruttura e ostacola quindi lo sviluppo della base. Il primo è essenziale per i rapporti di produzione precapitalistici in cui la posizione della donna nella società è determinata dal fatto che essa è formalmente classificata come “proprietà”, che la proprietà viene ereditata dagli uomini... e la divisione sessuale del lavoro è, in ultima istanza, intrinsecamente parte della divisione materiale del lavoro. Il secondo non nega che ci sia la continuazione dei rapporti patriarcali solo che sono stati trasformati dal capitalismo: il capitalismo come modo di produzione non richiede questa divisione di genere del lavoro al fine di mantenere il capitalismo e tuttavia, allo stesso tempo, conserva questa divisione di genere del lavoro – questo è ciò che si intende per patriarcalismo.

Quindi, sì, la "famiglia patriarcale" esiste ancora in una certa misura, ma non è identica a quella famiglia patriarcale che esisteva prima del capitalismo; anzi, nell’epoca del capitalismo si assiste a lotte femministe che non sarebbero potute esistere in epoche precedenti che in misura molto limitata, e che sono riuscite a vincere alcuni diritti borghesi. Sì, questi diritti saranno sempre tenui, possono essere autorizzati sotto il capitalismo senza compromettere il capitalismo...

...La teoria di Mao “Sulla contraddizione”, spiega come la conservazione di residui di ideologie di modi di produzione precedenti possono ostruire la base materiale e diventare “concetti autodeterminanti”.

Ancora, definire che questi residui siano solo “formali” perché fanno parte della sovrastruttura, significa ignorare tutto ciò che i maoisti dicono circa la sovrastruttura e il suo ruolo: la sovrastruttura non esiste in piani separati connessi alla base – non sono “liquidati” e quindi irrilevanti – ma sono concetti che sono conservati e vanno così a deformare lo sviluppo della base materialistica. Ma affermare che patriarcato è un elemento costitutivo della base economica del capitalismo è estremamente problematico.

Non ci sarebbe ragione logica del perché il patriarcato dovrebbe ancora esistere in quanto le donne sarebbero sfruttate proprio come gli uomini con i diritti borghesi. Eppure, ovviamente, le donne proletarie sono di solito doppiamente oppresse, nonostante la logica di quest’astratto capitalismo e quindi è necessario chiedersi il perché. Perché le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente.

Questa distinzione può sembrare accademica, ma è importante per due ragioni: a) dimostra che il femminismo proletario non respinge il patriarcato come qualcosa che non esiste più, ma cerca di darne significato in un modo capitalistico di produzione; b) potremmo sostenere che una rivoluzione potrebbe essere prodotta da una lotta della classe femminile contro la classe maschile? No, perchè le donne non sono una classe in sè e per sè.

29/11/25

Donne in tutto il mondo contro i governi dell'oppressione

Il Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile condanna fermamente e protesta contro le molestie sessuali, le aggressioni e gli arresti

perpetrati dalla Polizia di Delhi contro gli studenti del Bhagat Singh Chhatra Ekta Manch (bsCEM), del Nazariya Magazine e di altre organizzazioni durante la protesta ambientalista all'India Gate di Delhi!


Per molto tempo, la capitale indiana, Delhi, è stata in cima all'Indice di Qualità dell'Aria come la città con l'aria più inquinata al mondo. Il 23 novembre 2025, il Comitato di Coordinamento per l'Aria Pulita di Delhi ha organizzato una manifestazione di protesta. Il comitato includeva, tra gli altri, l'organizzazione studentesca marxista-leninista-maoista Bhagat Singh Chhatra Ekta Manch (bsCEM) con sede a Delhi e il Nazariya Magazine. Durante la manifestazione, i manifestanti hanno respinto l'ambientalismo "in stile giardino". Hanno invece puntato il dito contro la responsabilità del partito fascista Hindutva BJP, il cui Primo Ministro Rekha Gupta è un agente dell'imperialismo, e contro i cosiddetti progetti di "sviluppo" della borghesia burocratica aziendale. Hanno chiesto la formazione di comitati popolari composti da lavoratori delle baraccopoli, lavoratori migranti, residenti dei villaggi circostanti e attivisti per i diritti della società civile, che assumano un ruolo guida nella pianificazione dello sviluppo di Delhi per la tutela del suo ambiente.

Durante questa protesta, la polizia di Delhi, fedele ai fascisti Hindutva, ha lanciato molteplici attacchi. Ventitré manifestanti radunati nei pressi del sito turistico di India Gate sono stati arrestati, tra cui undici donne. La polizia di Delhi ha sporto due denunce contro questi manifestanti. In base alla prima denunzia, il tribunale ha condannato cinque manifestanti a due giorni di custodia cautelare, e una sesta persona è stata messa in una casa sicura fino alla verifica dell'età. In base alla seconda denunzia, diciassette studenti sono stati arrestati e condannati a tre giorni di custodia cautelare.

Inoltre, il 18 novembre, lo Stato indiano ha ucciso la compagna Madhavi Hidma, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Indiano (Maoista) e comandante dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLGA), con la falsa pretesa di uno scontro. Uno degli slogan chiave del suo partito, delle sue forze e del governo popolare era la lotta per difendere "Jal, Giungla, Zameen" (acqua, foresta, terra). Molti studenti di Delhi hanno portato la sua fotografia alla protesta come esempio di qualcuno che ha svolto un ruolo pionieristico nella lotta per la protezione dell'ambiente e della vita del popolo indiano. La polizia di Delhi ha brutalmente attaccato coloro che portavano l'immagine di Hidma. Questo rende chiaro che lo Stato indiano fascista Hindutva ha iniziato il suo assalto perché Hidma, in quanto simbolo della lotta, rappresentava un ostacolo alla loro continua distruzione della natura e della vita stessa.

Noi, il Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile, condanniamo fermamente i brutali attacchi e gli arresti da parte dello Stato indiano e della polizia di Delhi e chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti i detenuti. Chiediamo inoltre un'indagine trasparente, indipendente e con tempi certi sulle accuse di tortura durante la custodia della polizia, tra cui molestie sessuali e aggressioni fisiche.

Firmato da:

Azad

Membro Comitato Nazionale Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile

28/11/25

Lo scenario dei provvedimenti in corso in Parlamento contro Femminicidi e stupri

Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 27/11


Un primo commento sulla legge ormai definitiva del reato di femminicidio. Sugli articoli di questa legge e sul loro significato, le loro conseguenze, ne parleremo più approfonditamente in seguito. Ora vogliamo parlare dello scenario politico e di concezioni che c'è dietro.

Il giorno del varo di questa legge è come se c'è stato una sorta di “colpo al cerchio, colpo alla botte”. Infatti contemporaneamente all'approvazione della legge sul reato di femminicidi c’è stato il rinvio del Disegno di Legge sul “consenso libero e attuale ad un atto sessuale”, altrimenti è sempre violenza.

Una cosa che unisce questi due provvedimenti è il fatto che sono in un certo senso bipartisan, come è stato detto anche da alcuni giornali. Cioè i provvedimenti hanno visto una unità tra la destra rappresentata esplicitamente dal governo della Meloni e la sinistra in Parlamento.

Questa unità non è affatto positiva. Sappiamo bene che l'ideologia della destra è reazionaria, conservatrice e quindi contro la maggioranza delle donne e sappiamo tutti quello che il governo Meloni sta facendo in termini di mettere al centro il ruolo delle donne nella famiglia, nel fare figli. Pensiamo al rapporto tra numero di figli e misure a favore dei datori di lavoro perché assumano donne.

Per cui questa unità è una sorta di “compromesso al femminile”; e non si tratta di un passo indietro per il governo, ma di un passo a suo favore da parte del PD e delle opposizioni. Sulle donne avviene di fatto un accordo e va avanti una concezione che è l'opposto di quello che è la realtà della maggioranza delle donne. Non è il fatto di essere donne ma la classe sociale a cui si appartiene che pesa realmente e che stabilisce quali interessi si portano avanti e verso chi. Invece ci troviamo che sotto la bandiera delle “donne”, che sotto il “non possiamo dividerci sulla difesa delle donne”, le donne di destra e di sinistra si uniscono in una ideologia e politica interclassista, fortemente deleteria per la maggioranza delle donne.

Quindi su questa “unità” non possiamo affatto essere contente.

L'altro aspetto è che questi provvedimenti, guarda caso, vengono varati o vengono annunciati quando ci sono delle giornate importanti per la lotta sia immediata sia soprattutto futura, strategica per la liberazione delle donne. Appunto, il 25 novembre, in cui pochi giorni prima si era annunciato il disegno di legge sul consenso contro gli stupri e l’8 marzo; ricordiamoci che anche il reato di femminicidio fu annunciato addirittura il giorno stesso dell'8 marzo scorso. Quindi con un vergognoso, ipocrita, inaccettabile uso di autopropaganda. E oggi di propaganda a fini elettorali.

In questo senso la questione del rinvio dell'approvazione del disegno di legge sul consenso attuale e libero sugli atti sessuali è il frutto di queste questioni bassamente elettorali. Salvini, la Lega, che di fatto ha proposto e ottenuto questo rinvio, vuole incamerare il vantaggio che ha avuto nelle recenti elezioni regionali per avere più peso all'interno del governo.

Tornando al “reato di femminicidio”. Siamo ad una guerra di bassa intensità contro le donne che aumenta – lo mostrano anche i dati che ci fornisce l'Istat, che comunque sono parziali perché si basano su dati ufficiali, sulle denunce e non sulla realtà che spesso viene oscurata - ma la risposta del governo si limita ad essere essenzialmente punitiva, repressiva.

Certo, noi siamo perché gli uomini che assassinano le donne – i femminicidi ormai stanno diventando quasi una “normalità” a fronte di un rifiuto della donna di un rapporto, di scelta da parte delle donne di una vita diversa, lontana dal proprio marito, dal proprio partner, ecc., di ribellione a una vita fatta, spesso per anni e anni, di violenze verbali, fisiche, di subordinazione, oppressione – abbiano condanne esemplari. Perché nella maggiorparte dei casi non avviene, non è possibile un loro cambiamento; anzi vediamo che se invece non ci sono delle condanne anche dure, questi uomini dopo un po' possono liberamente circolare, possono tornare a uccidere, possono tornare a minacciare di morte le proprie mogli, le ex compagni (se prima non ci sono riusciti). Noi non siamo per una giustizia che poi diventa ingiustizia per le donne.

Ma chiaramente un intervento puramente repressivo, puramente punitivo non risolve affatto i femminicidi, non è un freno ai femminicidi.

Oltretutto questa legge interviene a posteriori su una situazione già accaduta, già con le donne uccise, morte.

Quando la legge parla dei tribunali che devono dare l'ergastolo, quando parla degli altri provvedimenti, verso i figli orfani, verso la famiglia che era intorno alla donna, tutto questo mostra che in realtà la legge non prevede alcun intervento per evitare che ci siano i femminicidi, per impedire che le donne muoiano. Sono interventi a “fatto compiuto”, che chiaramente non fanno ritornare in vita le donne, né danno un conforto ai figli o ai familiari che restano. Quindi questo aspetto non può essere un aspetto che può farci rassicurare.

A fronte del fatto che il 30% delle donne subiscono uccisioni o tentativi di uccisioni o induzione al suicidio, questa legge non oppone realmente nessun intervento preventivo.

Certo, si tratterebbe comunque di interventi sempre parziali, perché il clima e la politica generale di questo sistema sociale capitalista sempre più barbaro, sempre più marcio, in crisi, fomenta i femminicidi, aumenta la condizione di oppressione verso le donne, vuole impedire che le donne possano scegliere la propria vita. (Una brevissima parentesi: come possiamo considerare avanzata questa legge quando nello stesso tempo si sta andando verso un attacco al diritto d'aborto che vuol dire libertà di scelta delle donne?

Ci potrebbero essere degli interventi parziali, che riguarda per esempio il problema delle case per le donne che rompono i legami, il problema delle condizioni lavorative - tanto per dire, ci sono alcuni settori economici che stanno ponendo dei provvedimenti per cui le donne che minacciate di violenza devono avere un vantaggio nelle assunzioni; invece ci troviamo a dei provvedimenti da parte del governo che dà sostegni, sgravi, contributi alle aziende se le donne hanno due o meglio tre figli.

Quindi siamo in una situazione in cui tutto quello che potrebbe essere di prevenzione, di difesa della condizione delle donne, anche in termini di indipendenza economica, non è previsto, non è nella legge; anzi, ci sono delle azioni del governo che invece vanno proprio nel senso contrario, quello di confermare, riaffermare, esaltare il ruolo delle donne nella famiglia e per la nascita di più figli.

Per questo non possiamo essere d'accordo con questa legge.

Poi vedremo anche, quando diventerà legge, la questione del “consenso”, in che cosa effettivamente può servire alle donne nella battaglia contro la violenza sessuale, per la loro libertà, e in cosa invece è inutile, o peggio, in linea con una concezione che rimane conservatrice, rimane reazionaria sulla pelle delle donne.

Contro gli Stati generali natalità - Non siamo macchine per la riproduzione ma donne in lotta per la rivoluzione!

Mattarella ti diciamo NO!
NO a fare figli per dare nuove braccia di ricambio da sfruttare per i padroni
NO a fare figli per i vostri "conti e welfare"
NO a fare figli per sostenere la vostra economia capitalista, che difende i profitti di pochissimi e attacca le condizioni di vita e di lavoro delle masse proletarie e popolari
NO a fare figli per fare da carne da macello per le vostre guerre imperialiste e di genocidi dei popoli del mondo

SI a figli che diventino "nuovi combattenti" contro il vostro sistema marcio e violento!

SUI FATTI AL CORTEO DEL 25 NOVEMBRE A BERGAMO - Massima solidarietà da parte del Mfpr alle compagne e realtà di questa denuncia

E' successo al corteo del 25 novembre di Bergamo: la delazione alla Digos contro le compagne in procinto di fare un’azione…, da parte di appartenenti al centro sociale Paci Paciana, con un primo vivo confronto in piazza a fine corteo che ha portato altri del centro sociale a giustificare pietosamente o, senza riuscirci, a negare quanto avvenuto. Il gravissimo fatto ha portato ad una denuncia e presa di posizione collettiva delle realtà provinciali con una prima condivisione del seguente comunicato diffuso a partire dai social.

 25 NOVEMBRE A BERGAMO: CSA PACÌ PACIANA AL SERVIZIO DELLA DIGOS

È proprio arrivato il momento di metterlo su instagram perchè sembra che sia l’unico linguaggio che il Pacì Paciana comprende.

Ieri, corteo del 25 novembre contro la violenza di genere , il Pacì Paciana ha deciso di mettere alla guida del furgone del corteo un uomo che un mese fa é stato accusato pubblicamente di molestie e prevaricazioni. Ci sembra evidente l’ipocrisia e la violenza di questa azione.

Durante il corteo, poi, il centro sociale “antagonista” ha deciso di essere talmente antagonista alle forze dell’ordine che ha comunicato alla digos che alcun3 compagn3 (non loro compagn3, evidentemente) avrebbero fatto un’azione e in quale luogo l’avrebbero fatta. Cosi’ facendo hanno ovviamente messo a rischio le compagne che sono poi state pedinate dalla digos per tutto il corteo.

Siamo stanche e non accetteremo più che venga considerato come un collettivo compagno e transfemminista. Non lo è, mette a rischio tutte noi alla prima occasione. Prevediamo che la loro risposta sarà un lungo comunicato in cui ci accuseranno di essere violente, come hanno fatto ieri in piazza. Questo perché alcun3 compagn3 hanno reagito e si sono ribellat3, cercando di togliere i telefoni con cui il Pacì Paciana le stavano filmando. Rivendichiamo la legittimità delle nostre risposte alle loro azioni infami. Perchè una regola abbiamo: non parlare con gli sbirri e con i fasci. E l’azione di andare dalla digos a infamare delle attiviste che lottano non si addice a un centro sociale che si definisce “antagonista, antifascista e intersezionale”. Queste azioni parlano chiaro e é chiaro che scendere in piazza con loro non é sicuro per nessun3. É chiaro che non c’é più margine di dialogo.

E, soprattutto, “sorella io ti credo” finchè non è accusato il nostro amico che lasciamo che guidi il camion del corteo del 25 novembre.

26/11/25

25 novembre a Taranto, un corteo ha attraversato il centro città - Bene, ma inadeguato per la lotta necessaria

A Taranto, vi è stata un corteo lungo il centro città, con alcune fermate in piazze. Il corteo era stato indetto dall'ass. Alzaia e dal Cetro antiviolenza "sostegno donna", a cui, si dice, avevano aderito circa un centinaio di associazioni, realtà di sinistra parlamentare, sindacati confederali, associazionismo cattolico, arci, alcuni rappresentanti delle istituzioni locali, e altre varie sigle anche della provincia. Rispetto a questa vasta adesione in realtà vi è stata una presenza ridotta rispetto allo scorso anno, alcune centinaia di persone. Per fortuna hanno partecipato alla manifestazione ragazze, studentesse, compagne della Fgc, della Casa del popolo, alcuni collettivi e attiviste delle iniziative per la Palestina, ecc.

Ma, ripetiamo, al lungo elenco di adesione non corrispondeva una presenza significativa. Certo, a Taranto, anche cortei di poche centinaia di persone sono importanti e soprattutto per la giornata del 25 novembre. Ma questo sistema di tante sigle che poi non partecipano e anche nei giorni successivi spariscono, non va bene. Tra l'altro il corteo era con il patrocinio del Comune che si sta comportando malissimo su temi sociali, e silenzio sulla Palestina, ecc.

Per questo noi, del Movimento femminista proletario rivoluzionario, non avevamo dato la adesione, ma abbiamo deciso di partecipare al corteo con nostre chiare e discriminanti parole d'ordine, cartelli, che erano un pò in contrasto con i contenuti, parole d'ordine molto moderate che c'erano: nessuna denuncia del sistema, del governo, dello stato che fomenta un clima, con le sue campagne ideologiche conservatrici, fasciste, con i mancati provvedimenti o provvedimenti inutili buoni solo per propaganda elettorale, un clima favorevole ad alimentare l'oppressione, le discriminazioni nella vita e sul lavoro e le conseguenze più terribili, femminicidi e stupri. E la scuola da tanti invocata come strumento di educazione sessuo-affettiva, in realtà non fa che riprodurre questa situazione, e non può essere certo oggi fattore di educazione/trasformazione.

Il nostro intervento è risultato utile e costruttivo attraverso slogan, cartelli (vedi la foto), brevi comizi volanti lungo il percorso, portando con chiarezza, soprattutto alle ragazze che per porre fine alla violenza sessuale non si tratta di chiedere a questo sistema, governo di "cambiare"; si tratta invece di "rovesciarlo", attraverso la ribellione, la lotta delle donne che deve essere di tutti i giorni e a 360° perchè "tutta la nostra vita deve cambiare".

Abbiamo portato solo noi con forza la denuncia della più immane delle violenze reazionarie oggi in atto contro le donne, quella del genocidio in Palestina, dove sono massacrate decine di migliaia di donne e bambini da parte di Netanyahu, con l'aiuto di Trump e la complicità del nostro gioverno Meloni; e nello stesso tempo chiamato alla solidarietà alla resistenza delle donne palestinesi - trovando appoggio.

I nostri cartelli - con Netanyahu-Meloni-Trump a testa in giù con la scritta: "tremate, tremate le streghe son tornate", e un altro "siamo tutte palestinesi", con slogan conseguenti, hanno trovato condivisione e sostegno, per tutto il corteo sono stati portati /innalzati da altre donne/compagne.

Riportiamo alcuni degli slogan più ripresi:

Assassini/assassini tremate tremate - le streghe son tornate 
Per ogni donna, uccisa, stuprata e offesa - siamo tutte parte lesa
Meloni fascista per te non c’è domani sono nate le nuove partigiane
Contro femminicidi, stupri oppressione - scateniamo la nostra ribellione
Lo stupratore non è malato ma figlio sano di questo Stato (cambiato)
La furia delle donne vogliamo scatenare - questo sistema vogliamo rovesciare
Siamo tutte Palestinesi
Ci dicono di fare più bambini, e poi li ammazzano come in Palestina 
Ma quale Patria, ma quale Dio, del mio corpo decido io
Violenza sul lavoro, violenza familiare - questo sistema vogliamo rovesciare
Per ogni donna uccisa non basta il lutto - pagherete caro pagherete tutto!  
La lotta delle donne non si può fermare - tutta la vita deve cambiare

Contro la violenza sulle donne servono parole nuove e lotta vera - Da Raffella di Taranto del comitato iostoconlapalestina


"GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE"....
"Una giornata indetta a Taranto con una "chiamata"(?) generica, neutra e "neutrale", direi asettica, vuota, svuotata di contenuto....
Dovremmo invece scrivere e parlare con altre parole, parole nuove, che queste si' che ce l'hanno un significato...
"contro lo stato che esercita  violenza sulle donne"
 con ed attraverso le sue invasive "braccia", i suoi tentacoli istituzionali tutti che sono i pilastri del potere capitalista reazionario necessari  ad imporre i suoi "valori", i suoi "dogmi" i suoi anelli atti alla sua sopravvivenza e a tenerlo in piedi.... primo fra tutti la  "sacra famiglia", quella che fa trio con dio e patria, tanto cara alla fascista Meloni ed a questo governo, dove avvengono la maggiorparte dei femminicidi, famiglia che e' il primo mattone, la prima cella del sistema capitalista e funzionale  allo sfruttamento, emarginazione ed alla crocifissione  della donna sulla croce  dei ruoli "tradizionali"  imposti e funzionali al sistema (dispensatrici di "servizi" , prigioni d'isolamento ecc. ). Di seguito la scuola, la religione, i massmedia, la televisione, i programmi spazzatura che vicolano modelli da seguire e in cui identificarsi, i poteri della propaganda , insomma.
Pero' in questa giornata in cui si parla di violenza si deve  portare alta  la bandiera dei colori della Palestina e delle donne in Palestina  che piu' che mai rappresentano e sono l'emblema della violenza spietata, programmata, pianificata dal ladroditerra e criminale Israele.Violenza perpetrata da cent'anni  fino ad oggi. Violenza atta a colpire le donne in quanto tali, in quanto madri e custodi di storia antica che ha radici profonde nella propria Terra, procreatrici di Storia e di memoria, genitrici di futuri combattenti, i Gazawi di una indomita e mai indietreggiata Resistenza.
Violenze incessanti, torture, stupri, assassinii feroci dei propri figli, dei propri bambini mirati di proposito alla testa, al petto, ai genitali da cecchini  israeliani, bambini.... i resistenti di domani.
Incarcerate e torturate,  umiliate, annientate nell'identita' anche piu' intima...,  uccise. Colpite a botte ed a proiettili al ventre gravido maciullandone e sbrandellandone il feto  e con bombe le cui deflagrazioni tantissimo potenti ne  provocano  l'espulsione.
Donne in Palestina, gridiamo e parliamo di Loro, oggi piu' di ieri perche' sono l'incarnazione del coraggio, della fermezza e della perseveranza nell'attaccamento alla propria Terra ed alla Storia di Palestina, che sono l'incarnazione della Resistenza alla violenza, al sopruso, all'ingiustizia.

Prigioniere palestinesi: "...quello che mi hanno fatto credo nessun essere umano avrebbe potuto farlo..."


Testimonianza di una donna sopravvissuta agli stupri sistematici durante la detenzione nelle carceri israeliane
Di Mohammad Dahman
     23 novembre 2025 (WAFA- Palestine New Info  Agency) – Inizia il suo racconto con una frase che sembra una ferita: “Urlavo e nessuno mi sentiva…  Ho implorato la morte piuttosto che rimanere legata tra le loro mani. Quello che mi hanno fatto credo nessun essere umano avrebbe potuto farlo, e quello che non posso descrivere è ancora peggio”.
A 42 anni,  una donna del nord di Gaza, porta con sé una testimonianza di torture, violenze sessuali e della lenta cancellazione della sua identità all'interno dei centri di detenzione israeliani. 
Il suo calvario è iniziato il 29 ottobre 2024, il giorno in cui è stata sfollata con la forza da Beit Lahia, ed è terminato più di un mese dopo con il suo rilascio: il suo corpo era pieno di lividi, i capelli rasati e il suo nome sostituito da un numero: 101.
   Ciò che racconta  e' “un altro genocidio, quello  che avviene dietro i muri”.
  Trascinata nella macchina dell'abuso:
Dal primo posto di blocco, dove le forze israeliane hanno eretto una barriera militare all'interno di Gaza, è stata esposta all'umiliazione: bendata, spogliata dell'hijab, lasciata al freddo sulla ghiaia, unica donna tra 150 uomini detenuti.
Il giorno dopo, lei e gli altri furono spinti su due mezzi di trasporto "inadatti al trasporto di esseri umani". I soldati li picchiarono ripetutamente e urlarono insulti, tra cui maledizioni rivolte a Dio e all'Islam, mentre venivano condotti in un posto militare vicino a Sderot.
  "È stata solo una tappa", dice, "sulla strada verso qualcosa di molto peggio".
   A Sde Teiman, l'ormai famigerata base nel deserto, le fu ordinato di spogliarsi nuda sotto la minaccia delle armi. Quando alzò le braccia per togliersi la maglietta, i soldati le strapparono il velo,  e due di loro la filmarono deridendola ed umiliandola con i loro telefoni. Le sue mani erano ammanettate così strette che sanguinavano. Fu rinchiusa in una gabbia troppo piccola per sedersi. Quando implorò di poter fare i propri bisogni, i soldati si rifiutarono. Così urinò in piedi, davanti a tutti, tra le loro risate.
Più tardi, i cani furono sguinzagliati contro di lei e i detenuti nel cortile. Costretti a inginocchiarsi per ore con la testa china, alcuni vennero morsi. Lei tremava in modo incontrollabile e si bagnò di nuovo per la paura.
Poi è arrivato il cosiddetto controllo medico. Un uomo che si spacciava per medico le ha chiesto se fosse stata picchiata. 
Quando lei ha risposto di sì, l'uomo l'ha tempestata di insulti.
    "Niente assomigliava alla medicina. Niente assomigliava all'umanità", dice.
     Seguirono interrogatori: domande sui tunnel, sui parenti, sui nomi. Quando disse di non sapere nulla, due soldati la picchiarono ripetutamente sulla nuca. Un agente dei servizi segreti le promise rilascio e protezione se avesse collaborato, poi minacciò di stupro e violenza alla sua famiglia se si fosse rifiutata. Lei rifiutò.
   La stanza che nessuno lascia indenne:
il terzo giorno, quattro soldati mascherati la portarono in una piccola stanza di quattro metri quadrati con un tavolo di metallo imbullonato al pavimento.
"Sembrava una stanza progettata per un solo scopo", dice. "Torturare le donne. Stuprarle."
Costretta a spogliarsi, fu legata al tavolo. Due soldati la violentarono mentre altri due la filmavano. Le telecamere erano già montate sulle pareti.
Rimase legata lì, nuda, per un giorno intero, senza cibo né acqua.
Il giorno dopo tornarono. La violentarono di nuovo. Uno di loro si tolse la mascherina, si fece chiamare Leo, disse di essere di origine russa e pretese un rapporto sessuale con lei. Quando lei si rifiutò, la picchiarono selvaggiamente.
Iniziò a sanguinare. Quella notte le arrivò il ciclo. Rimase legata e sanguinante sul tavolo per ore.
   "Ho perso la cognizione del tempo", dice. "Non esisteva né la notte né il giorno. C'era solo il mio numero: 101."
Giorni dopo fu trasferita in un'altra stanza delle torture. Catene pendevano dal soffitto. Al centro c'era una croce di metallo. Le fu ordinato di spogliarsi di nuovo, e fu appesa per mani e piedi mentre i soldati la picchiavano sul petto finché non sentì di soffocare. Le mostrarono foto del suo corpo nudo, foto dello stupro.
   "Se non collabori con noi, pubblicheremo tutto questo", hanno detto.
   Lei rifiutò di nuovo.
Le attaccarono dei fili al corpo e la sottoposero a scosse elettriche finché non perse conoscenza. Si svegliò sentendo l'acqua gelida schizzarle sulla pelle.
   Una cella come un frigorifero:
la sua cella, ricorda, era "un frigorifero": un condizionatore al massimo della potenza, niente materasso, niente coperta. Le davano una tazza di yogurt e una mela al giorno. A causa delle ferite sanguinanti e del ciclo mestruale, le guardie la trattavano con disgusto e la insultavano
Il quinto giorno, un soldato le porse un assorbente. La sensazione era strana. Quando lo mise nel secchio che fungeva da water iniziò a sfrigolare ed emettere un fumo bianco soffocante, "come una combustione chimica". Credo che fosse stato progettato per ferirmi internamente.
Quando le guardie tornarono e videro il fumo, si resero conto che non l'aveva usato. Le urlarono contro.
Da una prigione all'altra
La sesta notte, un ufficiale che si faceva chiamare "Capitano Abu Ali" entrò nella sua cella. "Dormirai meglio nella prigione di Damon", le disse con sfregio ed ironia...
  Non era vero
A Damon, racconta, i pestaggi avvenivano senza motivo e in modo casuale. Alcune notti le guardie selezionavano le celle a caso e aggredivano chiunque si trovasse all'interno. Il cibo era avariato. La puzza era insopportabile.
Ha implorato cure mediche per le ferite riportate dopo lo stupro, ma le sono state negate.
   Spruzzavano gas  nelle celle finché le donne non crollavano o perdevano conoscenza....
Ha trascorso 25 giorni a Damon prima che gli agenti con minacce e violenze la costringessero con la forza a firmare una dichiarazione in cui dichiarava di non essere stata torturata o stuprata. L'hanno minacciata di pubblicare i video sulle loro schifose chat se si fosse rifiutata.
Lei firmò.
Fu poi trasferita al centro interrogatori di Moskobiyeh a Gerusalemme per un ultimo giorno di percosse e insulti, "come se ogni posto facesse a gara per essere peggiore", racconta.
   Alcuni prigionieri furono rilasciati
Il 6 dicembre 2024,  lei fu rilasciata al valico di Karm Abu Salem. Indossava l'uniforme grigia della prigione. Il suo nome non era ancora stato utilizzato: solo "101".
Tutti i suoi beni (l'anello d'oro, una collana e dei soldi) le erano stati sottratti.
Le squadre della Croce Rossa l'hanno incontrata al valico. Ha raccontato loro tutto. Poi è stata portata all'Ospedale Europeo di Gaza, con il corpo segnato da ferite che raccontavano la sua storia.
Un anno dopo, sta ancora cercando di tornare in vita. Riceve supporto psicologico tramite il CICR. Ammette di aver pensato di togliersi la vita più di una volta.
"Non riesco a dormire", dice. "Gli incubi mi riportano ogni notte in quelle celle fredde....ed alle torture e soprusi subiti...
Gli abuso sessuali  dei prigionieri nelle carceri israeliane sono sistematici 
Le organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno denunciato che le atrocità commesse contro i prigionieri e i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane hanno superato ogni immaginazione. I resoconti indicano torture diffuse, carestia, negligenza medica e abusi sessuali, tra cui lo stupro, mentre le testimonianze continuano a rivelare nuovi e sempre più gravi dettagli degli abusi in corso.
Majeda Shehada, direttrice dell'Unità femminile del Centro palestinese per i diritti umani (PCHR), ha dichiarato a WAFA che le condizioni di detenzione e i metodi di tortura sono peggiorati drasticamente  compresi aggressioni e abusi sessuali sistematici volti  spezzare la volontà e la personalità dei prigionieri . 
Negli ultimi due anni centinaia di prigionieri palestinesi sono morti sotto custodia israeliana a causa di torture e negazione di cure mediche, un numero indefinito e che non ha riferimenti ad un totale reale a causa delle sparizioni forzate avvenute a partire dall'ottobre 2023.
DONNE IN PALESTINA:
RADICI SALDE ED INTRECCIATE A QUELLE DEGLI ULIVI. NELLA PROPRIA TERRA. 
VOI NAZISIONISTI ISRAELIANI, VOI CRIMINALI  COMPLICI PROTETTORI OCCIDENTALI, TU, GOVERNO ITALIANO CHE TI RIEMPI LA BOCCA CON "MADRE E CRISTIANA" MENTRE MANDI ARMI, DRONI. BOMBE E CARRIARMATI AI TUOI AMICI NETANYAHU E COMPANY, TU GOVERNO DI PERSONAGGI CHE HAN LE MANI IN PASTA NELLA FABBRICA DI MORTE LEONARDO E S'INGROSSANO LA PANCIA VENDENDO ARMI E S'INGOZZANO DEL SANGUE E DELLE CARNI DELLE MIGLIAIA DI BAMBINI TRUCIDATI E RIDOTTI A BRANDELLI.
VOI TUTTI DA LI', DA ISRAELE, DALL'AMERICA E DA QUI' ITALIA
SDRADICATE BRUCIATE ABBATTETE CAMPI DI ULIVO, UCCIDETE DONNE BAMBINI, SVENTRATE DONNE IN CINTA  E NE SBRANDELLATE I FETI..  MA LA TERRA CUSTODISCE  LA STORIA DI PALESTINA , SEMI E "SUMUD", PERSEVERANZA  E RESISTENZA...
LE ACQUE DAL FIUME AL MARE NESSUNO POTRA' IMPRIGIONARLE ED INCATENARLE PERCHE' ALTRI GIOVANI ULIVI LE ABBRACCERANNO...

Israele intensifica il rapimento di donne e ragazze palestinesi con il pretesto dell’“istigazione sui social media” - facciamo girare questa denuncia e prendiamo netta posizione


Da infopal
Pubblicato inNews Prigionieri palestinesi
Un’organizzazione palestinese per i diritti umani ha avvertito che, nelle ultime settimane, le forze di occupazione israeliane hanno notevolmente intensificato la loro campagna di rapimenti contro donne e ragazze palestinesi con l’accusa di “istigazione sui social media”.
Il Centro Palestinese per la Difesa dei Prigionieri, in una dichiarazione rilasciata lunedì, ha descritto la misura come un apparente tentativo di reprimere le voci che denunciano le azioni israeliane.
Ha aggiunto che oltre 600 donne sono state detenute dall’inizio della guerra a Gaza, nell’ottobre 2023.
Il centro ha sottolineato che 48 donne rimangono attualmente sotto custodia israeliana, con più di 40 detenute con l’accusa di istigazione digitale. Tra loro, dodici sono trattenute in detenzione amministrativa senza processo.
Il gruppo per i diritti ha riportato che le persone prese di mira erano madri di combattenti della resistenza, attiviste sociali e studentesse universitarie. Le autorità israeliane hanno citato post sui social media che documentavano le loro azioni o mostravano immagini di martiri come giustificazione per classificare tali contenuti come istigazione.
Le detenzioni sono avvenute durante aggressive operazioni notturne, caratterizzate da incursioni nelle case, danni alle proprietà, ammanettamento e bendaggio delle detenute, seguiti dal loro trasporto in condizioni umilianti con veicoli militari.
Il rapporto ha rivelato che le donne incarcerate nella prigione di Damon sopportano gravi difficoltà, come cibo insufficiente, sorveglianza continua tramite telecamere, mancanza di cure mediche, controlli di sicurezza degradanti e brutali attacchi da parte di unità speciali, che includono percosse, gas, ammanettamento e l’ulteriore umiliazione di essere filmate.
Il centro ha inoltre riportato il rapimento di diverse adolescenti con accuse simili, citando i nomi di Sally Sadaqa e Hanaa Hammad.
Ha menzionato anche il caso di Tahani Abu Samhan, rapita mentre era incinta e che ha perfino partorito durante la sua detenzione. Inoltre, ha richiamato l’attenzione sul caso di Fidaa Assaf, una paziente oncologica privata di cure mediche adeguate.
Il Centro Palestinese per la Difesa dei Prigionieri ha sottolineato che queste violazioni rappresentano una preoccupante intensificazione degli attacchi contro donne e ragazze, come parte di più ampi sforzi per sradicare la popolazione palestinese.
Tali azioni violano apertamente il diritto internazionale stabilito per proteggere le donne in contesti di conflitto, ha osservato.
Il centro ha evidenziato l’urgente necessità del rilascio di tutte le detenute e della cessazione delle detenzioni legate a opinioni personali o attività online.
Ha invitato le organizzazioni internazionali a intensificare gli sforzi, assumersi le proprie responsabilità e garantire che Israele sia ritenuto responsabile delle continue violazioni contro le donne palestinesi.

25/11/25

25 novembre: manifestazione a Roma giusta e necessaria, parole d’ordine sbagliate


La manifestazione di Roma ha visto la partecipazione di oltre 50 mila donne, è una buona cosa, si tratta ancora una volta di scesa in piazza di grandi masse femminili con tante ragazze che hanno coscienza della necessità della lotta e della mobilitazione contro questo sistema, e anche questa manifestazione è stata piena di buone cose, sia sul fronte della denuncia, sia sul fronte della determinazione delle donne a continuare la lotta.

Chiaramente le nostre posizioni coincidono con quello del Movimento femminista proletario rivoluzionario, che nelle manifestazioni di Roma e nelle manifestazioni nelle città dove è presente, distribuisce un foglio molto chiaro e molto forte, aderente alla situazione effettiva nella vita delle donne a livello nazionale e tenendo conto della Palestina a livello internazionale. 

C'è da dire però che in questa manifestazione sono stati anche avanzati argomenti e parole d'ordini che non solo non corrispondono all'effettiva analisi del patriarcato né all'effettiva analisi dei femminicidi oggi e degli effetti sulla condizione delle donne, ma non corrispondono neanche alla necessità che hanno le donne, come tutto il movimento proletario e popolare, di contrastare la vera natura di questo sistema che produce doppia oppressione delle donne e le conseguenze pratiche sulla loro vita e sempre di più anche la loro morte. In sostanza l'argomento che è stato diffuso sia dalla parola d'ordine dello striscione di testa a Roma, sia dalle interviste di rappresentanti di Nudm che hanno avuto peso nella sua elaborazione, sostiene fondamentalmente un concetto che è sbagliato. Sostiene che la guerra è una conseguenza del patriarcato, questo non è affatto vero; la guerra è frutto dell'imperialismo, dentro l'analisi strutturale della fase suprema del capitalismo che produce attraverso il suo processo di crisi e scontro tra le superpotenze per una nuova ripartizione del mondo e tra il dominio generale dell'imperialismo e del sistema capitalista e i popoli oppressi dall'imperialismo, la tendenza ad una nuova guerra mondiale, attraverso ora una "guerra a pezzi".

E' chiaro che la guerra alimenta tutto ciò che nel sistema capitalista è organico, quindi l'oppressione delle donne utilizzando anche ideologie e prassi patriarcaliste. Ma rovesciare l'assunto della questione è sbagliato e disorientante, non permette alle donne di essere in prima fila nella lotta contro la guerra e l'imperialismo sulla base di una visione scientifica e politica corrispondente alla realtà. 

Il secondo punto che evidentemente non è condivisibile non solo dal movimento delle donne, ma in generale da tutto il movimento proletario che lotta per l'abolizione dello stato di cose esistenti, che combatte quindi il sistema capitalista, lo stato e i suoi governi, è quello che afferma che è il fattore decisivo per fronteggiare i femminicidi è l'educazione, l'educazione che deve partire dalle scuole e così via. Tutto questo modo di pensare mette in discussione la natura strutturale della doppia oppressione delle donne, non fa conti con il fatto che la scuola è interna ad un sistema che per leggi economiche, potere della borghesia, per i governo rappresentati dallo stato borghese e che agiscono come comitati d'affari dei padroni, la scuola è parte e al servizio di tutto questo; e di conseguenza l'educazione che avviene nelle scuole corrisponde agli interessi generali dell'imperialismo, del capitalismo, del dominio borghese nella società.

La lotta anche nella scuola sul fronte dell'educazione è contro questa realtà di classe, che incide più che mai nel tipo di scuola. Per questo l'educazione nelle scuole, separata dal contesto generale di quella che è la scuola oggi sempre più, non può essere la risposta, la "soluzione", contro la violenza sessuale, la guerra di bassa intensità, di oppressione, mortale, sulle donne, che viene denunciato con forza e determinazione nelle manifestazioni. Attraverso questo "primato dell'educazione" di fatto si consegna il movimento di lotta su fronte dei femminicidi, della violenza sessuale, a una sfera politico istituzionale che in nessuna maniera può cambiare lo stato delle cose; perchè è essa responsabile dello stato delle cose.

Vi è un'avanzata della reazione del capitale, dei suoi governi, in Italia il governo della Meloni, in nome di una cultura fascista e conservatrice, contrasta in ogni modo, a livello ideologico, culturale, a livello politico, fino alla repressione il cambiamento reale dello stato di corse esistente, che richiede non è certo "l'educazione", ma l'organizzazione e la lotta per il rovesciamento di questo sistema marcio e assassino. 

In questo senso, non pensiamo che l'orientamento delle manifestazioni e le sue parole d'ordine siano un reale passo in avanti nella lotta più generale nei confronti non solo del patriarcato e della doppia oppressione delle donne, ma del movimento proletario e popolare generale che lotta contro la guerra, contro i governi, lo stato, la repressione su scala nazionale e internazionale.

25 novembre - NO riformismo SI rivoluzione



Sullo slogan di Nudm "sabotiamo guerre e patriarcato" un articolo sulla rivista Kulturiam su "Patriarcato, liberalismo e guerra...", utile per il dibattito - 1

Lo slogan “sabotiamo guerre e patriarcato” riduce il conflitto a un problema culturale, oscurando il ruolo del capitalismo occidentale che usa il progressismo come copertura morale. Una narrazione che giustifica interventi, potere armato e dominio globale mascherati da emancipazione.
Patriarcato, liberalismo e guerra
Lo slogan “sabotiamo guerre e patriarcato” vorrebbe creare un nesso indissolubile. Le guerre, tutte le guerre, dipendono dalla struttura patriarcale della nostra società che vivrebbe ancora di usi, costumi, condizionamenti arcaici, premoderni, non propriamente sviluppati.
In una sorta di eterno medioevo che condiziona le relazioni sociali, di potere e relazionali, fino a modellare la stessa intimità.
Un’interpretazione della realtà consolante perché spingerebbe l’Occidente a interrogarsi sulla lentezza del proprio sviluppo e perché negherebbe la necessità di rifondare una critica al sistema capitalista.
Sostanzialmente neanche si afferma che il capitalismo sia patriarcale – si dovrebbero confutare troppi dati di realtà – perché ciò che diffonderebbe violenza e imprigionerebbe la collettività intera in angusti spazi discorsivi è la struttura maschile del potere.
Questo approccio è tipico del liberalismo libertario statunitense, ben rappresentato dalla retorica pregiata dei democratici, diffusa in tutto il “mondo libero” dalle università, dalle fondazioni culturali, dai salotti mediatici che articolano e irradiano l’ideologia politicamente corretta.
Ma è un piano dottrinario che contraddice lo slogan “sabotiamo guerre e patriarcato” perché è proprio su questo impeto di civilizzazione che viene formata la grammatica bellica di nuova generazione.
L’Occidente capitalista avrebbe generato gli anticorpi necessari per rimodellare il sistema e farne un nuovo esempio di esportazione democratica, contro Putin, contro Maduro, contro l’Iran e contro tutti quei paesi accusati di primitivismo intellettuale, compresa la Cina.
Uno stratagemma perché, nella realtà, si attaccano quei luoghi e quei popoli in quanto pronti a rigettare la nostra idea di sviluppo socio-economico, a disattendere le nostre prospettive imperiali che sperano nell’invasione briosa dei nostri capitali così attenti a colonizzare l’immaginario e la mentalità di terre lontane e obsolete.
Si conferma la natura intimamente capitalista della lotta al patriarcato per ammissione implicita della mobilitazione e dell’impegno militante. Non c’è alcuno sguardo anticapitalista, nessun orizzonte socialista nella volontà suprema di correggere culturalmente un processo economico e sociale ritenuto, alla fin fine, sano ed esemplare.
Non è un caso che tutti i raduni del femminismo postmoderno, e quindi antisocialista, siano celebrati a reti unificate dagli stessi giornaloni liberal che per mesi hanno negato l’esistenza del genocidio di Gaza e che dipingono Israele come una delle culle della democrazia.
Lì dove l’esercizio della libertà personale è legittimato dal sangue vivo del popolo palestinese colpevole di recitare ancora copioni preistorici e poco affascinanti per la nostra socievolezza di mercato.

24/11/25

25 novembre - Giornata importante contro la violenza sessuale - Serve una linea giusta e una lotta vera

Dall'editoriale del Foglio MFPR - diffuso nella manifestazione a Roma e domani in varie manifestazioni locali
25 novembre. Questa giornata è importante per noi donne. In tutto il mondo in questa giornata, dall’America Latina agli Stati Uniti, in qualsiasi paese del d’Europa, in Asia, in particolare ìin Bangladesh, in India, si tengono grandi manifestazioni contro la violenza sessuale, i femminicidi, che sono in aumento in tutto il mondo.
La più immane delle violenze è il genocidio perpetrato all’intero popolo palestinese, che ha ucciso, massacrato tantissime donne e bambini. Ma abbiamo visto  le donne palestinesi trasformare il loro immenso dolore per gli assassinii di bambini e dei loro familiari in forza, in resistenza. 
In tutti i paesi, sia imperialisti, come il nostro, sia nei paesi oppressi dall’imperialismo, la condizione generale di oppressione, violenze sessuali richiede una lotta delle donne sempre più forte e continua, su linee giuste e finalizzata ad una lotta complessiva.
Su questo serve essere chiare su almeno due questioni 
- si dice che la questione principale è l’educazione sessuo-affettiva, l'educazione alle relazioni, al rispetto, al cambio culturale, ecc. e che, quindi, il terreno principale è la scuola - questo discorso accomuna sia le opposizioni parlamentari, PD ecc, sia Nudm nazionale.
Ma quale di scuola parlano? Sembra che chi pone questo come battaglia principale o unica sia fuori dalla realtà. Le compagne del Mfpr di Milano che hanno partecipato alle iniziative/fiaccolata per Pamela uccisa dal suo ex, hanno detto: “francamente siamo stufe di sentir dire che ci vuole un cambio culturale ed educativo. Il cambio culturale c’è. C’è già stato, ma in peggio. Quante prove vogliamo ancora? Non basta dire, educare, sensibilizzare, si tratta di ribaltare, di rovesciare questa situazione, questo sistema”. 
E' questo sistema sociale, le sue istituzioni, a partire dal governo che dovrebbe essere "educato", Ma è impossibile, perchè sta avanzando rapidamente nella marcia politica, ideologica sempre più reazionaria all’interno e all’esterno con le guerra imperialiste. E la scuola oggi è lo specchio di tutto questo
Quale scuola dovrebbe educare alla convivenza civile, all’educazione, al rispetto? Una scuola in cui un Valditara può tranquillamente dire che in questo paese non è vero che ci sono tutti questi femminicidi; una scuola che diventa sempre più militarizzata, in cui entrano rappresentanti dell'esercito, della polizia a tenere lezioni, anche su uso delle armi; e quindi “educa” sì, ma al machismo, alla prevaricazione. Questo governo vuole utilizzare la scuola come uno degli ambiti privilegiati per portare avanti una moderna ideologia patriarcalista, sessista che alimenta nella società un clima di possesso, di controllo, che per tanti, troppi maschi diventa conseguenza "naturale" fare violenze sessuali fino alla morte, verso le "proprie" donne.
Quali “esperti” verranno a parlare di educazione nelle scuole, quelli che giustamente vengono già cacciati dalle università? Personaggi alla Roccella, Valditara, alla Nordio non devono entrare nelle scuole!  
- L’altra questione è l’appello rivolto alle Istituzioni perché facciano. Ma anche qui, quante altre cose dobbiamo ancora vedere di queste Istituzioni, di questo governo? Certo, anche gli altri governi non hanno mai fatto realmente delle azioni, dei provvedimenti contro i femminicidi, contro gli stupri, ma questo ci mette un carico in più. Questo governo usa strumentalmente la condizione delle donne per farsi autopropaganda; amplifica provvedimenti che alla fine risultano totalmente impotenti, inutili, tipo il braccialetto elettronico, ma che ci vuole a tagliare quel braccialetto? Poi per queste leggi se la donna non denuncia o se ritira la denuncia, per paura o anche illudendosi in un cambiamento, non si fa niente. Ma quante donne sono morte dopo aver denunciato, e tu Stato non fai niente? C’è un reato in corso!
Dobbiamo tenere conto della fase in cui stiamo vivendo, quella del moderno fascismo che avanza, quella del capitalismo che è sempre più in crisi, quella della guerra imperialista. Tutto questo crea quell’humus, quella legittimazione, quel clima generale che incentiva la violenza sulle donne, che incentiva i femminicidi. Viviamo in una società capitalista, imperialista che è fondata sulla doppia oppressione delle donne, e che per la sua perpetuazione, perfino per la sua stessa esistenza si deve fondare su quello che deve essere il doppio ruolo delle donne, quello produttivo, quindi essere sfruttate, anche con meno diritti, già molto ridotti, degli uomini, per il profitto dei padroni capitalista; e il ruolo riproduttivo, quello di fare figli e di generare braccia per lo sfruttamento e oggi ancor di più per la guerra - ora si parla anche di mandare i soldati in Medio Oriente, come di ripristino della leva obbligatoria. A questa struttura corrisponde una sovrastruttura che è il riflesso della struttura, dei rapporti economici.
La situazione si è aggravata, c’è una sorta di “normalizzazione” dei femminicidi, a cui concorrono ampiamente stampa e Tv.
C’è l’ideologia diffusa dalla Meloni e dalla sua corte: “Dio, patria, famiglia”; per cui l’aspetto principale per le donne deve essere la famiglia. 
Questo governo esalta la famiglia, una famiglia sempre più in crisi. Ma è bene che questo famiglia sia in crisi. Una famiglia in cui i rapporti sono fondati per le donne sulla oppressione, sul fatto che non possono decidere, non possono rompere i legami, non possono scegliere vite diverse, e quando lo fanno, gli uomini, sempre più in crisi, frustrati, in perdita del loro ruolo di “padroni”, fermi nella loro miseria ideologica, rispetto a donne che invece vanno avanti e si muovono, per reazione le uccidono. Ma questo è fascismo! Che pervade ogni cosa e purtroppo pervade anche settori popolari, proletari.
Nello stesso tempo questo governo propaganda valori che sono espressamente di destra, fascisti, rivolti alle donne borghesi, un modello di donna fatto di arrivismo, di individualismo, di razzismo, donne che siano serve verso i potenti e arroganti verso le masse. Cioè il modello della Meloni di “donna, madre, cristiana, italiana”. 
E’ dall’alto che viene fomentata questa condizione. Anche i diritti che le donne si sono conquistati in passato con la lotta si vogliono togliere, soprattutto il diritto d’aborto, perchè significa diritto di decidere, diritto di scelta per le donne. 
La violenza sessuale contro le donne non fa che proseguire la violenza più generale, le discriminazioni nella vita, sul lavoro, e mai come in questo periodo la condizione delle donne sta facendo passi indietro su lavoro, salario, precarietà, diritti, sfruttamento del lavoro domestico e di assistenza familiare, scarico sulle spalle delle donne di tutti i tagli alla sanità, del peggioramenti dei servizi sociali, ecc. Stiamo tornando a un moderno Medioevo, invece di andare avanti si va indietro, anche con un riutilizzo di concezioni, pratiche di moderno patriarcalismo.
Poi come facciamo a pensare che questo governo, questo Stato possano difendere le donne quando è complice del genocidio, del massacro di migliaia e migliaia di donne in Palestina? Cosa e se ne frega la Meloni, se migliaia di donne, di bambini vengono uccisi anche con le armi mandate dall’Italia a quel mostro di Netanyahu? 
Questo governo, questo sistema capitalista non può essere migliorato, non può dare risposte alla lotta contro la violenza sessuale. Va rovesciato!  
Non ci può essere niente di meno che una rivoluzione, perchè soprattutto per le donne TUTTA LA VITA DEVE CAMBIARE! Una rivoluzione per rovesciare questi vampiri che campano sul nostro sangue, sul sangue dei popoli.