30/06/25
Il femminicidio esiste ed è un delitto di potere - Un contributo
29/06/25
Dalla grande manifestazione del pride in Ungheria - più di 200mila persone - ci arrivano foto, commenti/info
Il Pride in Ungheria è stato più di una normale Giornata dell’Orgoglio ma un vero atto di rivolta contro il Governo Orban molto al di là dei membri della discriminata comunità LGBTQ+ ungherese. Orban aveva tentato in tutti i modi di vietare il Pride e di far passare i suoi partecipanti come pedofili, agenti dell’Unione Europea e traditori dei valori nazionali. Ci ha provato minacciando anni di galera agli organizzatori e sguinzagliando contro di loro e la comunità le tante bande nazi ungheresi, suo vero e proprio squadrone personale armato. Il risultato è stato il più grande Pride della storia ungherese
28/06/25
Governo Meloni - Decreti, provvedimenti sono illegali! - Decreto sicurezza, dalla Cassazione: “Criticità nel metodo e nel merito”
Dal blog proletari comunisti
Contro il decreto sicurezza ci sono state tante manifestazioni - ultima il 21 giugno - e chili di carte di denuncia - Avevamo pienamente ragione.
Ma noi vogliamo che l'intero decreto sia bocciato! Non ci accontentiamo certo che vengano solo rimosse le "criticità" più abnormi. E' tutto il decreto nel merito e nel metodo che è illegale.
E un governo che fa leggi illegali - e questa del Decreto sicurezza non è che l'ultima - se ne deve andare, deve essere rovesciato!
Dalla stampa:
La Corte di Cassazione si pronuncia sul decreto sicurezza, evidenziando criticità nel metodo e nel merito. ...la decretazione d’urgenza, le norme troppo eterogenee e le sanzioni sproporzionate rappresentino aspetti problematici che richiedono un’attenta riflessione. Quindi: «severe perplessità anzitutto sulla (in)sussistenza dei presupposti giustificativi per il ricorso alla decretazione d’urgenza, tanto più che neppure il governo proponente si era mai avvalso della facoltà, prevista dall’art. 72 Cost. e dai regolamenti parlamentari, di chiedere l’esame con procedura d’urgenza di quel disegno di legge». «A ciò si aggiunge l’estrema disomogeneità dei contenuti», si legge nella relazione, che «avrebbe richiesto un esame ed un voto separato sulle singole questioni». Si occupa, infatti, di una pluralità di materie vastissime e disparate che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è considerata un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.
L'Ufficio del Massimario della Suprema Corte denuncia la "disomogeneità" della legge e l'abuso della decretazione d'urgenza in materia penale. Il ministro della Giustizia Nordio: "Incredulo"
Il documento, di 129 pagine, contiene una bocciatura senza appello del provvedimento-bandiera del governo, a partire dalla scelta di trasformare da un giorno all’altro in decreto legge il “vecchio” ddl Sicurezza, all’esame del Parlamento da oltre un anno, riprendendone i contenuti “quasi alla lettera“. Riportando le critiche già espresse da decine di giuristi, la Cassazione sottolinea l’“evidente mancanza” dei presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza” imposti dalla Costituzione, poiché “nessun fatto nuovo è occorso tra la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto”. Inoltre, viene denunciata la “disomogeneità” dei contenuti della legge (che interviene su settori diversissimi, dalla cannabis light ai poteri dei servizi) e l’abuso della decretazione d’urgenza in materia penale (il decreto introduce 22 tra nuovi reati e aggravanti).
Nel merito, le criticità riguardano quasi tutti i contenuti del provvedimento. Durissimo in particolare il giudizio sul cosiddetto “scudo” ai servizi, la norma che consente agli agenti sotto copertura di dirigere e organizzare associazioni terroristico-eversive senza commettere reato: si tratta, scrive il Massimario, di “un assoluto inedito, posto che la direzione e organizzazione delle predette associazioni è fenomeno ben diverso, più grave e più pericoloso rispetto alla già sperimentata possibilità di “infiltrazione”. I pericoli del salvacondotto erano già stati denunciati dai familiari delle vittime delle stragi, che hanno definito la norma una “licenza criminale“, ricordando il ruolo ricoperto da frange dei servizi nelle pagine più oscure della nostra storia nazionale.
Sulla possibilità di far scontare la pena in carcere alle detenute incinte o madri di bambini sotto un anno di età, la relazione cita un commento del celebre penalista Emilio Dolcini secondo cui la scelta è “una patente violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia” e “di umanità della pena, tanto più in considerazione delle condizioni in cui versano le carceri italiane e dei pochi posti disponibili nei soli quattro istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam)”. Viene denunciato il concetto, che “guarda non a ciò che l’uomo fa, bensì a quel che l’uomo è” (ad esempio, il riferimento alle borseggiatrici Rom), rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione.
Netto anche il giudizio sulla trasformazione in reato (punito da sei mesi a due anni) del blocco stradale: in questo modo, si legge, si attribuisce rilevanza penale “a comportamenti che molto spesso sono costituiti da riunioni pacifiche e atti di resistenza passiva, con l’effetto di incidere profondamente sull’attività di pubblica manifestazione del dissenso”.
Nello stesso decreto, peraltro, si prevede che il nuovo reato di rivolta in carcere possa realizzarsi anche attraverso atti di resistenza passiva: un’equiparazione “aberrante” secondo gli studiosi citati dalla Cassazione, in quanto finisce per incriminare “la mera disobbedienza”, ossia “ogni atto di ribellione non connotato da violenza o minaccia, quali, ad esempio, il rifiuto del cibo o dell’ora d’aria”.
Preoccupazioni analoghe riguardano i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), dove si rischia di criminalizzare la disobbedienza e la resistenza passiva, aggravando ulteriormente situazioni già critiche; nel caso delle rivolte in carcere e nei Cpr, «il precetto non fa alcun riferimento alla “legittimità” degli ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza», oltre a violare il «principio di proporzionalità» nell’eventuale uso di resistenza passiva.
Anche il divieto di commercializzazione dei prodotti a base di cannabis light (priva di principio attivo stupefacente), “in assenza della dimostrazione scientifica” che il loro uso “possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi, potrebbe confliggere con principi di rango costituzionale”, in particolare il principio di affidamento del privato e quello di libertà di iniziativa economica.
Sulla cosiddetta norma “anti-no Ponte”, la nuova aggravante della resistenza a pubblico ufficiale commessa “al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture“, la Corte condanna – citando un commento scientifico – la scelta di prevedere “pene draconiane sulla base delle motivazioni ideologiche poste a fondamento del dissenso, vale a dire l’opposizione alla realizzazione della grande opera, le quali non possono considerarsi di per sé indice di maggiore o minore gravità” del reato.
La Cassazione mette in guardia sul «rischio di colpire eccessivamente gruppi specifici, come minoranze etniche, migranti e rifugiati» e sulle potenziali «discriminazioni e violazioni di diritti umani». Dalla disamina si evince l’estrema «incertezza applicativa» di alcune norme, per come sono state formulate le fattispecie di reato ma anche le aggravanti e gli aumenti di pena. in Molte parti del testo governativo i giudici riscontrano la possibile violazione dei principi costituzionali di «materialità», «precisione e determinatezza», «offensività», «uguaglianza», «autodeterminazione», «ragionevolezza» e «libertà di manifestazione del pensiero».
DISCRIMINANTE è anche l’art. 15 che prevede l’esecuzione della pena negli Icam solo per le donne incinte o madri di figli di età inferiore ad un anno (un giorno in più all’anagrafe del bimbo fa la differenza). Come lo è distinguere tra i pubblici ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza nei reati di resistenza o violenza: «disparità di trattamento». Sempre in materia di ordine pubblico, il via libera a usare armi diverse da quelle d’ordinanza senza licenza non ha – attesta la relazione – alcun «plausibile ratio politico-criminale».
E poi ancora: la norma che punisce le occupazioni abusive presenta «eccessiva indeterminatezza», è «di difficile configurabilità», e non prevede alcuna possibile «forma di impugnazione».
In materia di terrorismo, sanziona «indistintamente comportamenti di carattere divulgativo» e attentati reali alla pubblica incolumità.
La relazione della Cassazione individua “profili problematici” anche nei contenuti di alcune norme: aggravanti “di luogo”: vengono citate le aggravanti introdotte per i reati compiuti “dentro e fuori le stazioni ferroviarie e della metro”. La Cassazione sottolinea come non sia chiaro per tutte le condotte punibili il nesso con il principio di offensività (secondo cui un reato deve ledere o mettere in pericolo un bene giuridico). Inoltre, il riferimento alle “immediate adiacenze” delle stazioni può generare incertezze interpretative e disparità di trattamento, come già evidenziato dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura); dubbi vengono espressi anche sulle aggravanti che rischiano di colpire “l’area della manifestazione del dissenso”, come quelle applicabili nei cortei. Questo potrebbe portare a una criminalizzazione eccessiva di condotte legate alla protesta e alla libera espressione.
Dichiarazione delle prigioniere politiche iraniane contro l'aggressione Israele/Usa - Traduzione della dichiarazione
Raffaella Formenti - Taranto:
"I bombardamenti israeliani sull'Iran uccidono i prigionieri non li liberano!"
17 ore fa
Dichiarazione di quattro prigioniere politiche nel carcere di Evin: comunicato pubblicato sulla pagina del Kanoon-e Zanan-e Irani (Centro delle Donne Iraniane) mentre vincitrici del Premio Nobel per la Pace o registi premiati con riconoscimenti politicizzati scelgono di tacere sull’illegalità di un attacco al proprio Paese e si concentrano solo sulla questione dell’arricchimento dell’uranio, leggete cosa scrivono combattenti e prigioniere politiche dal carcere di Evin.
"L’identità degli Stati Uniti e del “regime fascista di Israele” è fondata su “aggressione” e “infanticidio”
Quattro donne prigioniere politiche nel carcere di Evin, tra cui Variesheh Moradi, condannata a morte, hanno pubblicato una dichiarazione con tono deciso, in cui definiscono i crimini del regime israeliano a Gaza e in altri Paesi del Medio Oriente come “genocidio” e “barbarie sistematica”, criticando duramente il sostegno delle potenze globali, in particolare degli Stati Uniti, a tali crimini. Sottolineando che Israele è nato con l’occupazione e la violenza, affermano che fare affidamento su forze del genere è un tradimento nei confronti del popolo iraniano e delle genti della regione.
Testo integrale della dichiarazione:
Israele è nato attraverso massacri e crimini, ha preso possesso delle terre con l’occupazione, e nel corso della sua esistenza ha trasformato il Medio Oriente in un campo di guerre infinite con aggressioni e genocidi.
Israele, come avamposto degli Stati Uniti in Medio Oriente, è emerso come rappresentante delle superpotenze mondiali nel dopoguerra e fin dall’inizio ha mostrato la sua barbarie al mondo: in Palestina, Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen, e più recentemente con il genocidio a Gaza.
In nessuno di questi Paesi si sono trovate armi nucleari né vi erano preparativi per l’arricchimento dell’uranio.
Il genocidio non ha bisogno di una giustificazione logica, ma la democrazia occidentale cerca sempre un pretesto per giustificare la sua barbarie permanente e per conservare la facciata democratica che rivendica.
L’identità degli Stati Uniti e del “regime fascista di Israele” si è formata attraverso l’aggressione e l’infanticidio; ovunque si siano rivolti, hanno portato solo guerra e distruzione.
Condanniamo l’attacco all’Iran, l’uccisione di civili e la distruzione delle infrastrutture del Paese da parte del “regime sionista” e dei suoi sostenitori americani — come condanniamo anche gli altri loro crimini nel mondo e nel Medio Oriente.
Il sostegno a Israele e la fiducia nel suo potere distruttivo da parte di qualsiasi individuo, gruppo o movimento politico, qualunque sia il sogno o l’illusione perseguita, è anch’esso condannabile e riflette la bassezza e la meschinità dei suoi sostenitori.
La nostra liberazione, quella del popolo iraniano, dal regime dittatoriale che governa il Paese, sarà possibile solo con la lotta delle masse e facendo affidamento sulle forze sociali — non sperando nel sostegno delle potenze straniere.
Queste potenze, che da sempre perseguono i propri interessi attraverso lo sfruttamento, il colonialismo, le guerre e i massacri, non porteranno altro che rovina e una nuova forma di sfruttamento per i Paesi della regione.
La distruzione delle infrastrutture della Siria dopo la caduta di Assad, e la prospettiva di applicare lo stesso metodo in Iran, dimostrano la brama di Israele per un Medio Oriente debole e soggiogato.
Questo indica che, nel nuovo disegno per il Medio Oriente, potrà sopravvivere solo un ordine che accetti senza condizioni il dominio di “Israele” sulla regione.
Ai traditori dell’Iran,
ai traditori dei popoli del Medio Oriente,
ai traditori delle lotte per la libertà del popolo contro l’oppressione:
sappiate che il vostro tradimento e la vostra ignominia saranno registrati nella memoria del popolo iraniano e nella storia.
Le generazioni future ricorderanno con vergogna coloro che hanno danzato sui cadaveri di un popolo indifeso.
Sakineh Parvaneh,
Varisheh Moradi,
Golrokh Iraee
Giugno 2025
Carcere di Evin"
HELIA HAMEDIANI
Lega e Fdi riscrivono il reato di femminicidio: solo chi uccide una donna per reazione a un “rifiuto” verrà punito
27/06/25
I bombardamenti israeliani sull'Iran uccidono i prigionieri non li liberano! - Dichiarazione contro l'aggressione delle prigioniere politiche iraniane
Depuis la prison d’Evin à éhéran, quatre prisonnières politiques dénoncent l’agression militaire des États-Unis et d’Israël contre l’Iran à travers la publication d’une déclaration. […] Nous condamnons l’attaque contre l’Iran, le massacre de civils et la destruction des infrastructures du pays par le « régime sioniste » et ses soutiens américains, tout comme nous condamnons les autres crimes commis dans le monde et au Moyen-Orient.
De même, tout individu, groupe ou courant politique qui soutient Israël ou s’appuie sur sa puissance destructrice – quels que soient ses rêves ou sa vision – est condamné sans équivoque. Un tel soutien est une marque de honte et de corruption morale.
La libération du peuple iranien de la dictature qui règne sur notre pays ne se fera que par la lutte de masse et la puissance des forces sociales, et non par l’attachement ou l’espoir d’une intervention étrangère. […]
Varisheh Moradi, Sakineh Parvaneh, Reyhaneh Ansari, Golrokh Iraee
Varisheh Moradi est condamnée à mort, elle est membre de la Communauté des femmes libres du Kurdistan oriental (KJAR) et a également combattu Daech en Syrie. Sakineh Parvaneh est aussi kurde et a été condamnée à sept ans et demi de prison et également arrêtée lors des manifestations de Mahsa Amini. Reyhaneh Ansari est une militante syndicale condamnée à quatre ans de prison. Golrokh Iraee est une écrivaine et militante arrêtée lors des manifestations après la mort de Mahsa Amini.
Lire la déclaration https://www.instagram.com/p/DLChpTZI0Up/?igsh=MTJnNDZ5Z3YxeHM2OQ%3D%3D&img_index=8
26/06/25
Formazione rivoluzionaria delle donne - Chiarezza sul "patriarcato"
"...- La differenza tra paesi oppressi dall'imperialismo e paesi imperialisti. Nei paesi oppressi la permanenza di sistemi feudali o semifeudali e quindi di condizioni semifeudali sono la base materiale dell’esistenza di forme di patriarcato. Nei paesi imperialisti non c'è evidentemente il “patriarcato” come forma storica di organizzazione sociale, ma è il sistema capitalista allo stadio più avanzato, l'imperialismo, che esercita direttamente ogni forma di oppressione verso le donne, intrecciando forme moderne e forme “patriarcali”, che noi abbiamo sintetizzato nella parola “moderno medioevo”.
Il diritto d'aborto non si tocca! Chiaro?!
25/06/25
Il corpo di Adriana Smith come Gilead: distopia reale del patriarcato capitalista
24/06/25
23/06/25
Oggi con le donne iraniane contro l'imperialismo assassino
21/06/25
NON SONO LE OPERAIE CHE LOTTANO IL PERICOLO SOCIALE MA I PADRONI CHE SFRUTTANO! Sciopero contro la repressione delle Operaie Beretta Salumificio
Nervi tesi in questi giorni a proposito di appalto al Salumificio Beretta. L’azienda ben oltre gli scontati tentativi di conciliazione con le operaie che hanno fatto ricorso, prova ad allontanare dalla fabbrica, con proposte di ‘uscita volontaria incentivata’ le lavoratrici dello Slai Cobas. (la questione appalto è sicuramente aperta ‘su più tavoli’ e ci torneremo). Ma le operaie sanno bene che in genereale, le aspetterebbe solo precarietà, il dover ricominciare da zero in ambienti ancora più difficili con tutto il peso dell’anzianità lavorativa sulle proprie spalle. E sta prendendo forma in modo nuovo, l’utilizzo di ogni occasione per fare delle ritorsioni alle lavoratici che non accettano. Come trasferimenti o repressione abusando delle lettere di contestazione disciplinare.
Il fatto dell’altro giorno, è scaturito da una comunicazione verbale, per un cambio di mansione. L’antefatto un infortunio con lo scontro tra due carrelli, che ha mandato al pronto soccorso una carrellista con la mano ingessata. La responsabile di reparto chiede ad una lavoratrice di lasciare la linea e di salire sul carrello. La lavoratrice, colpita dall’infortunio della collega, e consapevole di tutti i precedenti che hanno coinvolto la capa... dice va bene, ma chiede garanzie e un ordine di servizio.
Sicuramente la consulente dei padroni, la minstra del lavoro Calderone sta pensando ad un nuovo reato di lesa maestà, come appendice al decreto sicurezza, per sancire anche a livello governativo, che le lavoratrici non hanno diritto di parola, che non devono sognarsi di replicare ai capi.
Alla Beretta ci ha pensato la capa che di fronte ad una situazione semplice, dalla facile soluzione pratica, secondo il suo stile, ha prima inscenato una sfuriata che ha attirato l’attenzione e lo sdegno di molti lavoratori in reparto, arrivando, trasformando i fatti, ad una contestazione con sospensione per insubordinazione minaccia implicita di licenziamento, dichiarandola pericolo pubblico. Come un atto di terrore verso tutte le operaie, per sottometterle e sfruttarle senza resistenza.
Una situazione da cui non si può uscire individualmente, la solidarietà in fabbrica è un’arma per le operaie, lotttare una per lottare tutte in un generale movimento di classe. Basta paura, alziamo la testa in massa, i padroni devono essere preoccuati dalla rabbia operaia. Da qui lo sciopero. Uno sciopero giusto
Si è vista anche una solidaritetà maggiore da parte delle operaie Beretta, che si sono fermate al presidio a chiedere informazioni, oltre che portare la loro vicinanza, complice il fatto che molte operaie/i nelle linee vicine di Beretta, il giorno prima avevano sentito le urla della responsabile di reparto, contro la lavoratrice nel mezzo del reparto. Una reazione spontanea alla profonda ingiustizia che colpisce le operaie nello stabilimento, proseguita per tutto il giorno dentro parlandone nei reparti ‘siamo tutte in pericolo, oggi tocca alle operaie dell’appalto, domani tocca alle operaie Beretta’! Ed altra cosa importante e nuova, alcune operaie hanno testimoniato per come erano andati i fatti!
I capi si comportano come animali verso le lavoratrici, ma per l’azienda il problema sono le operaieche non abbassano la testa, che si ribellano. E trattate da pericolo pubblico. Lo sciopero è stato buono, su questa strada si deve andare avanti.La fabrbica è una, al di la delle forme contrattuali, appalto, agenzie, dirette Beretta, le operaie sono tutte parte della stessa classe, e tutte/i abbiamo bisogno di far vedere che siamo veramente dalla stessa parte, la parte degli sfruttati che si ribellano.
E a proposito degli alri sindacati in fabbrica: la solidarietà è tradizione del movimento operaio, fin da quando ci sono le fabbriche e la lotta di classe. Quando un operaio, una operaia sono attaccati dalla repressione dei padroni, non conta la tessera, devono essere difesi. Se ti attaccano oggi, domani faranno peggio se non rispondi,ma soprattutto tocca una, tocca tutte, lotta una, lottano tutte. Quando i sindacati si girano dall’altra parte, son le operaie e gli operai che devono fare la scelta giusta.
Comunicato Slai Cobas sc BG