30/06/25

Il femminicidio esiste ed è un delitto di potere - Un contributo

Riportiamo questo testo/commento dell'avv. Antonietta Ricci. La tematica che affronta è importante e centrale nella battaglia politica, teorica contro i femminicidi. 
Su alcuni passaggi riteniamo che la discussione vada approfondita.
In particolare:
l'Mfpr ritiene che la "matrice" della violenza maschile contro le donne (che abbiamo sottolineato nel testo), sia capitalista in un sistema sempre più in crisi in tutti i sensi in marcia verso un moderno fascismo - sull'uso del "patriarcato" siamo più volte intervenute, analizzandolo criticamente - Ultimo nella Formazione rivoluzionaria di giovedì 26/6.



29/06/25

Dalla grande manifestazione del pride in Ungheria - più di 200mila persone - ci arrivano foto, commenti/info

Il Pride in Ungheria è stato più di una normale Giornata dell’Orgoglio ma un vero atto di rivolta contro il Governo Orban molto al di là dei membri della discriminata comunità LGBTQ+ ungherese. Orban aveva tentato in tutti i modi di vietare il Pride e di far passare i suoi partecipanti come pedofili, agenti dell’Unione Europea e traditori dei valori nazionali. Ci ha provato minacciando anni di galera agli organizzatori e sguinzagliando contro di loro e la comunità le tante bande nazi ungheresi, suo vero e proprio squadrone personale armato. Il risultato è stato il più grande Pride della storia ungherese 














MA...

28/06/25

Governo Meloni - Decreti, provvedimenti sono illegali! - Decreto sicurezza, dalla Cassazione: “Criticità nel metodo e nel merito”

Dal blog proletari comunisti

Contro il decreto sicurezza ci sono state tante manifestazioni - ultima il 21 giugno - e chili di carte di denuncia - Avevamo pienamente ragione. 

Ma noi vogliamo che l'intero decreto sia bocciato! Non ci accontentiamo certo che vengano solo rimosse le "criticità" più abnormi. E' tutto il decreto nel merito e nel metodo che è illegale.

E un governo che fa leggi illegali - e questa del Decreto sicurezza non è che l'ultima - se ne deve andare, deve essere rovesciato!

Dalla stampa:

La Corte di Cassazione si pronuncia sul decreto sicurezza, evidenziando criticità nel metodo e nel merito. ...la decretazione d’urgenza, le norme troppo eterogenee e le sanzioni sproporzionate rappresentino aspetti problematici che richiedono un’attenta riflessione. Quindi: «severe perplessità anzitutto sulla (in)sussistenza dei presupposti giustificativi per il ricorso alla decretazione d’urgenza, tanto più che neppure il governo proponente si era mai avvalso della facoltà, prevista dall’art. 72 Cost. e dai regolamenti parlamentari, di chiedere l’esame con procedura d’urgenza di quel disegno di legge». «A ciò si aggiunge l’estrema disomogeneità dei contenuti», si legge nella relazione, che «avrebbe richiesto un esame ed un voto separato sulle singole questioni». Si occupa, infatti, di una pluralità di materie vastissime e disparate che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è considerata un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.

L'Ufficio del Massimario della Suprema Corte denuncia la "disomogeneità" della legge e l'abuso della decretazione d'urgenza in materia penale. Il ministro della Giustizia Nordio: "Incredulo"

Il documento, di 129 pagine, contiene una bocciatura senza appello del provvedimento-bandiera del governo, a partire dalla scelta di trasformare da un giorno all’altro in decreto legge il “vecchio” ddl Sicurezza, all’esame del Parlamento da oltre un anno, riprendendone i contenuti “quasi alla lettera“. Riportando le critiche già espresse da decine di giuristi, la Cassazione sottolinea l’“evidente mancanza” dei presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza” imposti dalla Costituzione, poiché “nessun fatto nuovo è occorso tra la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto”. Inoltre, viene denunciata la “disomogeneità” dei contenuti della legge (che interviene su settori diversissimi, dalla cannabis light ai poteri dei servizi) e l’abuso della decretazione d’urgenza in materia penale (il decreto introduce 22 tra nuovi reati e aggravanti).

Nel merito, le criticità riguardano quasi tutti i contenuti del provvedimento. Durissimo in particolare il giudizio sul cosiddetto “scudo” ai servizi, la norma che consente agli agenti sotto copertura di dirigere e organizzare associazioni terroristico-eversive senza commettere reato: si tratta, scrive il Massimario, di “un assoluto inedito, posto che la direzione e organizzazione delle predette associazioni è fenomeno ben diverso, più grave e più pericoloso rispetto alla già sperimentata possibilità di “infiltrazione”. I pericoli del salvacondotto erano già stati denunciati dai familiari delle vittime delle stragi, che hanno definito la norma una “licenza criminale“, ricordando il ruolo ricoperto da frange dei servizi nelle pagine più oscure della nostra storia nazionale.

Sulla possibilità di far scontare la pena in carcere alle detenute incinte o madri di bambini sotto un anno di età, la relazione cita un commento del celebre penalista Emilio Dolcini secondo cui la scelta è “una patente violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia” e “di umanità della pena, tanto più in considerazione delle condizioni in cui versano le carceri italiane e dei pochi posti disponibili nei soli quattro istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam)”. Viene denunciato il concetto, che “guarda non a ciò che l’uomo fa, bensì a quel che l’uomo è” (ad esempio, il riferimento alle borseggiatrici Rom), rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione.

Netto anche il giudizio sulla trasformazione in reato (punito da sei mesi a due anni) del blocco stradale: in questo modo, si legge, si attribuisce rilevanza penale “a comportamenti che molto spesso sono costituiti da riunioni pacifiche e atti di resistenza passiva, con l’effetto di incidere profondamente sull’attività di pubblica manifestazione del dissenso”

Nello stesso decreto, peraltro, si prevede che il nuovo reato di rivolta in carcere possa realizzarsi anche attraverso atti di resistenza passiva: un’equiparazione “aberrante” secondo gli studiosi citati dalla Cassazione, in quanto finisce per incriminare “la mera disobbedienza”, ossia “ogni atto di ribellione non connotato da violenza o minaccia, quali, ad esempio, il rifiuto del cibo o dell’ora d’aria”.

Preoccupazioni analoghe riguardano i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), dove si rischia di criminalizzare la disobbedienza e la resistenza passiva, aggravando ulteriormente situazioni già critiche; nel caso delle rivolte in carcere e nei Cpr, «il precetto non fa alcun riferimento alla “legittimità” degli ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza», oltre a violare il «principio di proporzionalità» nell’eventuale uso di resistenza passiva. 

Anche il divieto di commercializzazione dei prodotti a base di cannabis light (priva di principio attivo stupefacente), “in assenza della dimostrazione scientifica” che il loro uso “possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi, potrebbe confliggere con principi di rango costituzionale”, in particolare il principio di affidamento del privato e quello di libertà di iniziativa economica. 

Sulla cosiddetta norma “anti-no Ponte”, la nuova aggravante della resistenza a pubblico ufficiale commessa “al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture“, la Corte condanna – citando un commento scientifico – la scelta di prevedere “pene draconiane sulla base delle motivazioni ideologiche poste a fondamento del dissenso, vale a dire l’opposizione alla realizzazione della grande opera, le quali non possono considerarsi di per sé indice di maggiore o minore gravità” del reato.

La Cassazione mette in guardia sul «rischio di colpire eccessivamente gruppi specifici, come minoranze etniche, migranti e rifugiati» e sulle potenziali «discriminazioni e violazioni di diritti umani». Dalla disamina si evince l’estrema «incertezza applicativa» di alcune norme, per come sono state formulate le fattispecie di reato ma anche le aggravanti e gli aumenti di pena. in Molte parti del testo governativo i giudici riscontrano la possibile violazione dei principi costituzionali di «materialità», «precisione e determinatezza», «offensività», «uguaglianza», «autodeterminazione», «ragionevolezza» e «libertà di manifestazione del pensiero».

DISCRIMINANTE è anche l’art. 15 che prevede l’esecuzione della pena negli Icam solo per le donne incinte o madri di figli di età inferiore ad un anno (un giorno in più all’anagrafe del bimbo fa la differenza). Come lo è distinguere tra i pubblici ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza nei reati di resistenza o violenza: «disparità di trattamento». Sempre in materia di ordine pubblico, il via libera a usare armi diverse da quelle d’ordinanza senza licenza non ha – attesta la relazione – alcun «plausibile ratio politico-criminale».

E poi ancora: la norma che punisce le occupazioni abusive presenta «eccessiva indeterminatezza», è «di difficile configurabilità», e non prevede alcuna possibile «forma di impugnazione».

In materia di terrorismo, sanziona «indistintamente comportamenti di carattere divulgativo» e attentati reali alla pubblica incolumità. 

La relazione della Cassazione individua “profili problematici” anche nei contenuti di alcune norme:    aggravanti “di luogo”: vengono citate le aggravanti introdotte per i reati compiuti “dentro e fuori le stazioni ferroviarie e della metro”. La Cassazione sottolinea come non sia chiaro per tutte le condotte punibili il nesso con il principio di offensività (secondo cui un reato deve ledere o mettere in pericolo un bene giuridico). Inoltre, il riferimento alle “immediate adiacenze” delle stazioni può generare incertezze interpretative e disparità di trattamento, come già evidenziato dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura); dubbi vengono espressi anche sulle aggravanti che rischiano di colpire “l’area della manifestazione del dissenso”, come quelle applicabili nei cortei. Questo potrebbe portare a una criminalizzazione eccessiva di condotte legate alla protesta e alla libera espressione.

Dichiarazione delle prigioniere politiche iraniane contro l'aggressione Israele/Usa - Traduzione della dichiarazione

Raffaella Formenti - Taranto:  

"I bombardamenti israeliani sull'Iran uccidono i prigionieri non li liberano!"

17 ore fa

Dichiarazione di quattro prigioniere politiche nel carcere di Evin: comunicato pubblicato sulla pagina del Kanoon-e Zanan-e Irani (Centro delle Donne Iraniane) mentre vincitrici del Premio Nobel per la Pace o registi premiati con riconoscimenti politicizzati scelgono di tacere sull’illegalità di un attacco al proprio Paese e si concentrano solo sulla questione dell’arricchimento dell’uranio, leggete cosa scrivono combattenti e prigioniere politiche dal carcere di Evin.

"L’identità degli Stati Uniti e del “regime fascista di Israele” è fondata su “aggressione” e “infanticidio

Quattro donne prigioniere politiche nel carcere di Evin, tra cui Variesheh Moradi, condannata a morte, hanno pubblicato una dichiarazione con tono deciso, in cui definiscono i crimini del regime israeliano a Gaza e in altri Paesi del Medio Oriente come “genocidio” e “barbarie sistematica”, criticando duramente il sostegno delle potenze globali, in particolare degli Stati Uniti, a tali crimini. Sottolineando che Israele è nato con l’occupazione e la violenza, affermano che fare affidamento su forze del genere è un tradimento nei confronti del popolo iraniano e delle genti della regione.

Testo integrale della dichiarazione:

Israele è nato attraverso massacri e crimini, ha preso possesso delle terre con l’occupazione, e nel corso della sua esistenza ha trasformato il Medio Oriente in un campo di guerre infinite con aggressioni e genocidi.

Israele, come avamposto degli Stati Uniti in Medio Oriente, è emerso come rappresentante delle superpotenze mondiali nel dopoguerra e fin dall’inizio ha mostrato la sua barbarie al mondo: in Palestina, Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen, e più recentemente con il genocidio a Gaza.

In nessuno di questi Paesi si sono trovate armi nucleari né vi erano preparativi per l’arricchimento dell’uranio.

Il genocidio non ha bisogno di una giustificazione logica, ma la democrazia occidentale cerca sempre un pretesto per giustificare la sua barbarie permanente e per conservare la facciata democratica che rivendica.

L’identità degli Stati Uniti e del “regime fascista di Israele” si è formata attraverso l’aggressione e l’infanticidio; ovunque si siano rivolti, hanno portato solo guerra e distruzione.

Condanniamo l’attacco all’Iran, l’uccisione di civili e la distruzione delle infrastrutture del Paese da parte del “regime sionista” e dei suoi sostenitori americani — come condanniamo anche gli altri loro crimini nel mondo e nel Medio Oriente.

Il sostegno a Israele e la fiducia nel suo potere distruttivo da parte di qualsiasi individuo, gruppo o movimento politico, qualunque sia il sogno o l’illusione perseguita, è anch’esso condannabile e riflette la bassezza e la meschinità dei suoi sostenitori.

La nostra liberazione, quella del popolo iraniano, dal regime dittatoriale che governa il Paese, sarà possibile solo con la lotta delle masse e facendo affidamento sulle forze sociali — non sperando nel sostegno delle potenze straniere.

Queste potenze, che da sempre perseguono i propri interessi attraverso lo sfruttamento, il colonialismo, le guerre e i massacri, non porteranno altro che rovina e una nuova forma di sfruttamento per i Paesi della regione.

La distruzione delle infrastrutture della Siria dopo la caduta di Assad, e la prospettiva di applicare lo stesso metodo in Iran, dimostrano la brama di Israele per un Medio Oriente debole e soggiogato.

Questo indica che, nel nuovo disegno per il Medio Oriente, potrà sopravvivere solo un ordine che accetti senza condizioni il dominio di “Israele” sulla regione.

Ai traditori dell’Iran,

ai traditori dei popoli del Medio Oriente,

ai traditori delle lotte per la libertà del popolo contro l’oppressione:

sappiate che il vostro tradimento e la vostra ignominia saranno registrati nella memoria del popolo iraniano e nella storia.

Le generazioni future ricorderanno con vergogna coloro che hanno danzato sui cadaveri di un popolo indifeso.

Reyhaneh Ansari,
Sakineh Parvaneh,
Varisheh Moradi,
Golrokh Iraee

Giugno 2025

Carcere di Evin"

HELIA HAMEDIANI

Lega e Fdi riscrivono il reato di femminicidio: solo chi uccide una donna per reazione a un “rifiuto” verrà punito

Da Fanpage - stralci
La nuova versione del reato di femminicidio prevede l’ergastolo solo nel caso in cui l’assassinio scaturisca dal rifiuto di una donna di stabilire o continuare una relazione affettiva, o dal tentativo di costringerla a una condizione di sottomissione. Una stretta normativa che chiarisce alcuni punti ma rischia di lasciare fuori moltissimi altri casi.
Le relatrici del disegno di legge, la presidente della Commissione Giustizia al Senato Giulia Bongiorno (Lega) e la senatrice Susanna Campione (Fratelli d’Italia), hanno presentato infatti un emendamento che modificherebbe radicalmente la nuova fattispecie introdotta nel Codice penale, con l’obiettivo di rendere "meno vaga e più applicabile la norma". 
Se nel testo varato dal Consiglio dei ministri lo scorso marzo si puniva con l'ergastolo chi uccideva una donna come "atto di discriminazione o di odio" legato alla sua appartenenza di genere o per reprimere l'esercizio dei suoi diritti e libertà, adesso l'attenzione si sposta sulla prova di una motivazione specifica e circoscritta. Secondo la nuova versione, il reato si configurerebbe solo quando l'assassinio è diretta conseguenza del rifiuto della donna di stabilire o mantenere una relazione affettiva, oppure della sua opposizione a subire "una condizione di soggezione o limitazioni della sua libertà imposte in ragione della sua condizione di donna".
Una stretta normativa che rischia, nella pratica, di lasciare fuori moltissimi casi di femminicidio. Uno degli esempi più emblematici, come viene spiegato da alcuni esperti in materia, è la vicenda di Giulia Tramontano, uccisa da quello che era allora il suo compagno, oggi condannato all’ergastolo, per cui è stata però esclusa la premeditazione. In quel caso, pur essendoci un contesto di maltrattamento e prevaricazione. In altre parole, pur essendo chiara la matrice di violenza e prevaricazione sulla donna, potrebbero restare fuori dal reato specifico di femminicidio episodi che invece lo rappresentano a pieno e finendo per penalizzare la realtà dei fatti.

Le perplessità dei giuristi e dei magistrati andrebbero poi oltre la definizione dei motivi alla base dell’omicidio e toccherebbero un altro nodo: il rispetto del principio di uguaglianza. Come osservato dal professor Gian Luigi Gatta, limitare la nuova fattispecie alla sola uccisione di una donna finirebbe per sollevare alcuni problemi; il primo fra tutti riguarderebbe l’identificazione stessa della persona offesa: la norma, riferendosi esplicitamente alla “donna” e facendone un requisito essenziale, secondo Gatta, sembra legata a una concezione strettamente biologica del genere. "In base al principio di legalità e al divieto di analogia in materia penale, ciò significherebbe escludere dal reato chiunque non rientri in quella definizione, come ad esempio una persona transgender in fase di transizione, pur essendo percepita e colpita in quanto donna".
Come molti esperti e operatrici sul campo continuano a sottolineare, la risposta alla piaga dei femminicidi non può esaurirsi solo nell’inasprimento delle pene. Le radici della violenza di genere vanno recise a monte... Senza un quadro normativo chiaro e inclusivo, e soprattutto senza una visione più ampia e coraggiosa di prevenzione e protezione, c'è il rischio di rendere la nuova norma troppo stretta e, paradossalmente, di lasciar fuori troppi casi drammatici.

27/06/25

I bombardamenti israeliani sull'Iran uccidono i prigionieri non li liberano! - Dichiarazione contro l'aggressione delle prigioniere politiche iraniane


 Depuis la prison d’Evin à éhéran, quatre prisonnières politiques dénoncent l’agression militaire des États-Unis et d’Israël contre l’Iran à travers la publication d’une déclaration.  […] Nous condamnons l’attaque contre l’Iran, le massacre de civils et la destruction des infrastructures du pays par le « régime sioniste » et ses soutiens américains, tout comme nous condamnons les autres crimes commis dans le monde et au Moyen-Orient.

De même, tout individu, groupe ou courant politique qui soutient Israël ou s’appuie sur sa puissance destructrice – quels que soient ses rêves ou sa vision – est condamné sans équivoque. Un tel soutien est une marque de honte et de corruption morale.

La libération du peuple iranien de la dictature qui règne sur notre pays ne se fera que par la lutte de masse et la puissance des forces sociales, et non par l’attachement ou l’espoir d’une intervention étrangère. […]

Varisheh Moradi, Sakineh Parvaneh, Reyhaneh Ansari, Golrokh Iraee

Varisheh Moradi est condamnée à mort, elle est membre de la Communauté des femmes libres du Kurdistan oriental (KJAR) et a également combattu Daech en Syrie. Sakineh Parvaneh est aussi kurde et a été condamnée à sept ans et demi de prison et également arrêtée lors des manifestations de Mahsa Amini. Reyhaneh Ansari est une militante syndicale condamnée à quatre ans de prison. Golrokh Iraee est une écrivaine et militante arrêtée lors des manifestations après la mort de Mahsa Amini.

Lire la déclaration    https://www.instagram.com/p/DLChpTZI0Up/?igsh=MTJnNDZ5Z3YxeHM2OQ%3D%3D&img_index=8

26/06/25

Formazione rivoluzionaria delle donne - Chiarezza sul "patriarcato"

Nel movimento femminista, sia in Italia, sia all'estero e in particolare nel movimento delle donne nei paesi imperialisti, è uso comune usare il termine "patriarcato" nella denuncia della condizione di oppressione, delle varie forme di violenza sessuale, femminicidi delle donne. Pur appoggiando la motivazione e il significato che viene dato a questo termine, riteniamo che soprattutto nei paesi imperialisti occorre fare chiarezza, al servizio di una analisi attuale dell'oppressione delle donne, che ha implicazioni sulla lotta da fare.
In un dibattito con compagne di altri paesi imperialisti affrontammo questa questione - riportiamo un pezzo. (E' disponibile l'opuscolo che raccoglie alcuni di questi incontri internazionali, in cui si sono affrontate tante altre questioni).
*****

"...- La differenza tra paesi oppressi dall'imperialismo e paesi imperialisti. Nei paesi oppressi la permanenza di sistemi feudali o semifeudali e quindi di condizioni semifeudali sono la base materiale dell’esistenza di forme di patriarcato. Nei paesi imperialisti non c'è evidentemente il “patriarcato” come forma storica di organizzazione sociale, ma è il sistema capitalista allo stadio più avanzato, l'imperialismo, che esercita direttamente ogni forma di oppressione verso le donne, intrecciando forme moderne e forme “patriarcali”, che noi abbiamo sintetizzato nella parola “moderno medioevo”. 
- Nei paesi imperialisti è importante denunciare il legame dell'oppressione sessuale, del ruolo della famiglia, con il percorso verso regimi moderno fascisti dei paesi imperialisti, nella attuale fase di crisi economica. Il moderno fascismo è l’edificazione a sistema di tutto ciò che è reazionario, maschilista. La crisi, poi, con tutte le sue conseguenze economiche, lavorative, di vita, non porta solo pesanti, drammatiche effetti sulle condizioni dei lavoratori, nelle famiglie, ma porta anche un elemento di frustrazione, di sofferenza/devastazione ideologica, che sempre più si trasforma in imbarbarimento dei rapporti umani, di cui le donne subiscono tutte le conseguenze. L'oppressione verso le donne nei paesi imperialisti è più, quindi, frutto della reazione, dell'attuale odio verso le donne che vogliono ribellarsi, rompere legami familiari (“Uomini che odiano le donne”), che frutto di riproposizione di concezioni patriarcali. 

Questa chiarezza sul “legame” è necessaria anche nella lotta nei paesi imperialisti contro il riformismo, il femminismo borghese e piccolo borghese. 
Per combattere, da un lato, l'idea che la condizione di discriminazione e oppressione delle donne, il ruolo di subordinazione che viene mantenuto e anzi rafforzato nella crisi, all'interno della famiglia perchè sempre più utile come “ammortizzatore sociale”, con tutto il carico tragico di violenze sessuali e uccisioni, siano da addebitare unicamente al permanere di aspetti del patriarcato, e come tali, in contrasto con l'attuale sistema sociale; e di conseguenza, a questo normalmente si risponde con proposte e politiche riformiste che vedono l'albero e non la foresta, gli effetti e non la causa e vogliono mascherare la vera causa che è l'attuale sistema capitalista e deviare la lotta contro di esso.
Dall'altro l'idea, presente soprattutto nei settori della borghesia, che negando una pesante presenza di concezioni, ideologie, condizioni di vita, che possiamo definire "patriarcali", vogliono negare la condizione generale e sociale di subordinazione delle donne, o nei fatti la limitano a situazioni individuali in contrasto con una società che consentirebbe alle donne un percorso emancipativo; e di conseguenza a questo si risponde con il pensiero e la politica del "gli ultimi restano indietro" (per colpa loro), e con la "emancipazione" solo per una ristrettissima minoranza di donne della propria classe, e rigidamente all'interno dei canoni del sistema borghese..."

Il diritto d'aborto non si tocca! Chiaro?!

da vdnews

«La Repubblica assicura la tutela della vita di ogni persona, dal concepimento alla morte naturale». È questa la formula, densa di implicazioni ideologiche e giuridiche, che apre la bozza di legge sul suicidio assistito presentata da Fratelli d’Italia, attesa alla discussione formale nella prossima seduta del Comitato ristretto del Senato, fissata per martedì 1° luglio.
Un testo ancora in fase di definizione, ma già nella sua forma attuale capace di scuotere le opposizioni e persino di creare malumori all’interno della stessa maggioranza. Perché quella formula, ripresa direttamente dal vocabolario della galassia pro-life e della dottrina cattolica più rigorosa, rischia di diventare un grimaldello per mettere in discussione, anche indirettamente, la legge 194 sull’aborto.
Le preoccupazioni non si fermano alla formula d’apertura. La bozza prevede infatti l’istituzione di un Comitato nazionale di valutazione etica, incaricato di esaminare le richieste di accesso al suicidio medicalmente assistito. Una volta ricevuta la domanda, il comitato avrà 60 giorni di tempo per esprimersi, prorogabili di ulteriori 60 nei casi più complessi. Se la richiesta venisse respinta per mancanza dei requisiti, la persona malata non potrà ripresentarla prima di 48 mesi.
Un ulteriore passaggio critico riguarda le cure palliative: il testo prevede che, prima di poter accedere al suicidio assistito, la persona debba necessariamente essere stata messa in condizione di riceverle. In teoria una garanzia, nella pratica un potenziale ostacolo burocratico, soprattutto alla luce delle gravi carenze territoriali nella rete delle cure palliative.
Ma è soprattutto sulla formula d’apertura dell’articolo 1 che si gioca la partita più insidiosa. L’introduzione del principio della tutela della vita “dal concepimento alla morte naturale” in una legge sul fine vita rischia di creare un precedente giuridico pericoloso. Il rischio è che una volta approvata, quella formula potrebbe essere richiamata in giudizio per contestare l’interruzione volontaria di gravidanza.

25/06/25

Il corpo di Adriana Smith come Gilead: distopia reale del patriarcato capitalista

(Di Alice Castiglione)
Il corpo di Adriana Smith come Gilead: distopia reale del patriarcato capitalista
Nel mondo di The Handmaid’s Tale, le donne fertili vengono costrette a partorire per conto dello Stato. Perdono nome, diritti, volontà. Diventano funzione. Solo uteri ambulanti per una società teocratica che santifica la vita non nata, mentre distrugge quella viva.
Non serve più immaginare Gilead.
Gilead è già qui.

Adriana Smith era cerebralmente morta. Ma il suo corpo è stato mantenuto in funzione come macchina riproduttiva, non perché lei lo avesse scelto, non perché la sua famiglia lo desiderasse, ma perché la donna é proprietà dello Stato.
Come le Ancelle di Atwood, la sua esistenza è stata ridotta a uno scopo riproduttivo. E anche nella morte, quel compito le è stato imposto.

La Georgia non è Gilead per caso.
È Gilead perché condivide gli stessi principi fondanti:

   Il feto ha più diritti della donna.
    La maternità è dovere.
    Il corpo femminile è una risorsa pubblica gratuita da sfruttare.
    La legge non protegge: controlla.

Il capitalismo patriarcale si nutre di questo schema.
Non gli basta che le donne lavorino: vuole anche che producano forza lavoro gratuita attraverso la riproduzione, possibilmente senza reclamare il diritto di scegliere.
Adriana è stata sacrificata in nome di un culto della vita che odia le vite libere, soprattutto se femminili.

Questo non è un caso clinico. È biopolitica necrocratica.
È l’estensione del dominio sulla carne anche oltre la morte.
Adriana è stata un’Ancella senza voce, senza nome, senza scelta.
Un corpo sospeso, colonizzato, controllato.
“Nolite te bastardes carborundorum” – ci ricorda June, la protagonista del racconto. Non lasciare che i bastardi ti schiaccino.

Ma chi può resistere quando sei morta e ti usano comunque?
Il corpo morto di Adriana Smith è il monumento macabro a un ordine sociale che calpesta la libertà, i diritti e la dignitá.
Anche in suo nome dobbiamo lottare per una rivoluzione delle Ancelle reali

Gilead non è fiction.
È politica.
E deve finire.

23/06/25

Oggi con le donne iraniane contro l'imperialismo assassino

Noi che abbiamo subito denunciato la feroce repressione del regime iraniano contro le donne e ci siamo mobilitate in solidarietà della rivolta delle ragazze, donne dopo l'uccisione di Mahsa Amini, oggi, con le donne iraniane diciamo: 
giù le mani sanguinarie di Netanyahu, Trump dall'Iran
l'imperialismo è nostro massimo oppressore
siamo noi donne, noi popolo iraniano che possiamo e dobbiamo decidere del nostro paese, di chi ci governa, non l'imperialismo. 

Non saranno certo Netanyahu genocida, l'orrore Trump, massacratori di migliaia di donne, bambini palestinesi a liberare le donne iraniane. 
Sono le donne iraniane che faranno una doppia rivoluzione.

Trump, con Israele, vuole estendere la guerra per una nuova spartizione del sistema mondiale.
L'Iran ha tutto il diritto di rispondere all'aggressione e in ogni modo.
Essere oggi dalla parte delle donne iraniane, del popolo iraniano è sostenere la loro lotta contro l'aggressione imperialista all'Iran.
MFPR

21/06/25

NON SONO LE OPERAIE CHE LOTTANO IL PERICOLO SOCIALE MA I PADRONI CHE SFRUTTANO! Sciopero contro la repressione delle Operaie Beretta Salumificio

AL FIANCO DELLE OPERAIE  BERETTA SALUMIFICIO CHE LOTTANO E SCIOPERANO CONTRO PESANTE SFRUTTAMENTO RICATTI E REPRESSIONE PADRONALE 

Nervi tesi in questi giorni a proposito di appalto al Salumificio Beretta. L’azienda ben oltre gli scontati tentativi di conciliazione con le operaie che hanno fatto ricorso, prova ad allontanare dalla fabbrica, con proposte di ‘uscita volontaria incentivata’ le lavoratrici dello Slai Cobas. (la questione appalto è sicuramente aperta ‘su più tavoli’ e ci torneremo). Ma le operaie sanno bene che in genereale, le aspetterebbe solo precarietà, il dover ricominciare da zero in ambienti ancora più difficili con tutto il peso dell’anzianità lavorativa sulle proprie spalle. E sta prendendo forma in modo nuovo, l’utilizzo di ogni occasione per fare delle ritorsioni alle lavoratici che non accettano. Come trasferimenti o repressione abusando delle lettere di contestazione disciplinare.

Il fatto dell’altro giorno, è scaturito da una comunicazione verbale, per un cambio di mansione. L’antefatto un infortunio con lo scontro tra due carrelli, che ha mandato al pronto soccorso una carrellista con la mano ingessata. La responsabile di reparto chiede ad una lavoratrice di lasciare la linea e di salire sul carrello. La lavoratrice, colpita dall’infortunio della collega, e consapevole di tutti i precedenti che hanno coinvolto la capa... dice va bene, ma chiede garanzie e un ordine di servizio.

Sicuramente la consulente dei padroni, la minstra del lavoro Calderone sta pensando ad un nuovo reato di lesa maestà, come appendice al decreto sicurezza, per sancire anche a livello governativo, che le lavoratrici non hanno diritto di parola, che non devono sognarsi di replicare ai capi.

Alla Beretta ci ha pensato la capa che di fronte ad una situazione semplice, dalla facile soluzione pratica, secondo il suo stile, ha prima inscenato una sfuriata che ha attirato l’attenzione e lo sdegno di molti lavoratori in reparto, arrivando, trasformando i fatti, ad una contestazione con sospensione per insubordinazione minaccia implicita di licenziamento, dichiarandola pericolo pubblico. Come un atto di terrore verso tutte le operaie, per sottometterle e sfruttarle senza resistenza.

Una situazione da cui non si può uscire individualmente, la solidarietà in fabbrica è un’arma per le operaie, lotttare una per lottare tutte in un generale movimento di classe. Basta paura, alziamo la testa in massa, i padroni devono essere preoccuati dalla rabbia operaia. Da qui lo sciopero. Uno sciopero giusto 

che ha portato e mostrato la solidarietà delle compagne di lavoro alle due lavoratrici dell’appalto attaccate dall’azienda con lettere disciplinari, pretestuose per alimentare un vero e proprio clima di terrore in fabbrica.

Si è vista anche una solidaritetà maggiore da parte delle operaie Beretta, che si sono fermate al presidio a chiedere informazioni, oltre che portare la loro vicinanza, complice il fatto che molte operaie/i nelle linee vicine di Beretta, il giorno prima avevano sentito le urla della responsabile di reparto, contro la lavoratrice nel mezzo del reparto. Una reazione spontanea alla profonda ingiustizia che colpisce le operaie nello stabilimento, proseguita per tutto il giorno dentro parlandone nei reparti ‘siamo tutte in pericolo, oggi tocca alle operaie dell’appalto, domani tocca alle operaie Beretta’! Ed altra cosa importante e nuova, alcune operaie hanno testimoniato per come erano andati i fatti! 

I capi si comportano come animali verso le lavoratrici, ma per l’azienda il problema sono le operaieche non abbassano la testa, che si ribellano. E trattate da pericolo pubblico. Lo sciopero è stato buono, su questa strada si deve andare avanti.La fabrbica è una, al di la delle forme contrattuali, appalto, agenzie, dirette Beretta, le operaie sono tutte parte della stessa classe, e tutte/i abbiamo bisogno di far vedere che siamo veramente dalla stessa parte, la parte degli sfruttati che si ribellano.

E a proposito degli alri sindacati in fabbrica: la solidarietà è tradizione del movimento operaio, fin da quando ci sono le fabbriche e la lotta di classe. Quando un operaio, una operaia sono attaccati dalla repressione dei padroni, non conta la tessera, devono essere difesi. Se ti attaccano oggi, domani faranno peggio se non rispondi,ma soprattutto tocca una, tocca tutte, lotta una, lottano tutte. Quando i sindacati si girano dall’altra parte, son le operaie e gli operai che devono fare la scelta giusta.

Comunicato Slai Cobas sc BG