27/02/25

Un appello contro Trump - Giù le mani dalla Palestina!

Mi chiamo Issa e sono palestinese. Sono un difensore dei diritti umani e l'anno scorso ho vinto il “Premio Nobel alternativo” (il Right Livelihood Award). Oggi mi sono svegliato, ho aperto il telefono e ho visto che il PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI aveva pubblicato il video più irrispettoso su Gaza che abbia mai visto. Trump ha presentato una bizzarra “visione” imperiale per Gaza, trasformando un anno di genocidio in uno scherzo insensibile.

Mentre le madri palestinesi sono ancora a letto ogni notte a piangere i loro figli morti, a seppellire i loro cari e a strapparsi i capelli per la disperazione... mentre intere famiglie sono state sradicate con il sostegno finanziario e politico degli Stati Uniti... Trump ha l'audacia di prendersi gioco di noi, il popolo palestinese, e di prendersi gioco dei nostri morti.

Come si permette, signor Presidente?

È chiaro che il “leader del mondo libero” ha gettato via ogni pretesa di diplomazia. Chiedo alla comunità globale di inviare una forte risposta e di gridare a Trump che GAZA NON È IL SUO PARCO GIOCHI. Abbiamo bisogno che i leader mondiali si prendano veramente le loro responsabilità e lavorino con noi per porre fine al genocidio, all'apartheid e all'occupazione.

Abbiamo bisogno di una pace vera, e Gaza è #notrumpgaza

Per Rosa - Chi lotta non muore mai!


Rosa Calderazzi - compagna di Nudm di Milano e della Casa delle donne - ci ha lasciato un anno fa.
Ma Rosa continua ad essere tra di noi e lo sarà per sempre!

26/02/25

Ucraina - Contro tutti gli imperialismi, contro Zelensky, con la popolazione ucraina per la resistenza - L'intervento del Mfpr

Oggi, con le recenti azioni dell'imperialismo Usa, con la Presidenza Trump, e dell'imperialismo russo con Putin, che parlano di pace, fine della guerra in Ucraina, ma per preparare un'altra più grande guerra, si conferma la giustezza della nostra posizione presa dall'inizio della guerra in Ucraina: contro ogni imperialismo, contro il governo pieno di nazisti di Zelensky, per una resistenza popolare. Oggi più che mai necessaria.
Per questo riportiamo ampi pezzi dell'intervento fatto dal Mfpr in una assemblea nazionale "Donne/Lavoratrici".
Questo intervento, come altri, è contenuto nel Dossier che si può richiedere a mfpr.naz@gmail.com
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"...Abbiamo visto subito, appena è scoppiata questa guerra con l’invasione da parte della Russia dell’Ucraina, che immediatamente si è posto il problema delle donne, in maniera volutamente strumentale...
Era necessario far sentire invece l’effettiva voce delle donne, dicendo subito che questa era una guerra che non ci apparteneva, che è una guerra in cui non possiamo e non vogliamo essere chiamate a schierarci con l’una o con l’altra delle parti in causa... Il discorso “non in nostro nome!” vale a maggior ragione proprio di fronte a una guerra che alla popolazione Ucraina, alle donne ucraine provoca morti, distruzioni, immani sacrifici, mentre produce profitti per chi la fa, da un lato la Russia con l’invasione, dall’altro gli Stati Uniti, la Nato, che hanno acceso la scintilla e i nostri governi europei che dando le armi alimentano questa guerra...
La prima questione che abbiamo detto è che questa è una guerra loro. E’ una guerra inter imperialista, che può dare avvio ad una guerra mondiale: in cui da un lato c’è la Russia, che è a tutti gli effetti un paese imperialista, purtroppo nei decenni passati, da più di 60 anni, è totalmente cambiata la situazione, la Russia da paese socialista con la restaurazione capitalista è stato trasformato in potenza imperialista, e Putin rappresenta una sorta di nuovo zarismo imperialista; quindi l’invasione da parte della Russia è un invasione da parte di un paese che vuole difendere il proprio potere/controllo a livello internazionale.
Dall’altra parte chi ha dato la scintilla a questa guerra e chi la sta alimentando, sono gli altri paesi imperialisti, in primis gli Stati Uniti con la Nato che ha usato anche la richiesta dell’Ucraina di entrare nella Nato per avvicinarsi in maniera di sfida ai confini della Russia. In questo è chiaro che la guerra non può finire, perché non c’è solo l’Ucraina, ci sono gli altri paesi confinanti che la Nato e gli Usa vogliono che entrino nel loro raggio d’azione.
La guerra è continuamente alimentata dalla GB e dai paesi imperialisti europei con l’invio delle armi, in cui, ma non è una meraviglia per noi, il governo Italiano è in prima fila...
Quindi la prima questione e che noi come buona parte del popolo ucraino, ma anche le masse proletarie russe, non abbiamo nessun interesse né è a stare da una parte né a stare dall’altra. Anzi, abbiamo interesse a fermare questa guerra inter imperialista; ma senza che fermare l’invasione russa debba voler dire “andare dalla padella alla brace”, cioè passare dall’imperialismo russo nelle braccia degli Stati Uniti, con tutto quello che sappiamo e sanno anche gli altri popoli della barbarie, atrocità dell’imperialismo Usa.
In questo senso noi abbiamo anche denunciato che lo stesso governo ucraino non può essere il governo che rappresenta gli interessi, i bisogni della popolazione ucraina, delle donne ucraine, ecc.
In particolare delle donne. Non ci dimentichiamo che il governo Zelensky aveva già imbarbarito la vita delle donne, prima di questo conflitto bellico. Da fonti ucraine emerge che le violenze sessuali, le violenze domestiche erano aumentate in questi ultimi anni per il facile accesso alle armi e per i traumi creati dai conflitti che già c’erano, in particolare in alcune regioni, come nel Donbass. Zelensky non aveva voluto firmare la convenzione di Istanbul, ecc.
Tanto per capire che politica porta avanti Zelensky rispetto alle donne. Donne che chiaramente, noi lo sappiamo bene, già prima erano costrette ad andare via dall’Ucraina per un’altra “guerra”, la guerra alle condizioni di vita che hanno portato tante di loro a venire a lavorare nei nostri paesi.
Quindi quando si dice, anche in alcune manifestazioni, “Noi siamo con la resistenza Ucraina”, noi dobbiamo dire, “Un momento, quale resistenza?”. Noi saremmo contente se le donne che sono fuggite per salvare la loro vita e quella dei figli, tornassero in massa in Ucraina, ma non per sostenere la resistenza che viene fatta dall’esercito ucraino, un esercito pienamente nazista, ma per un’altra resistenza. Cioè una resistenza che possa essere effettivamente in mano ai lavoratori, agli operai, che sono tanti in Ucraina, che possa essere in mano alle donne, in cui le donne non siano costrette solo a subire o solo a fuggire, ma siano, come in parte è stato nel momento alto della nostra Resistenza antifascista e antinazista in Italia, protagoniste di questa resistenza...
La "resistenza" in corso, l’invio di armi che viene fatto dai nostri governi, serve solo per alimentare questa guerra, per prolungarla, perché sono armi usate dal governo Zelensky, usate da un esercito che chiaramente difende gli interessi sia del governo ucraino che dell’imperialismo Usa e occidentale, che sono interessi di una nuova ripartizione del mondo, per impossessarsi delle fonti energetiche, per una nuova spartizione delle materie prime. Tutte cose che per loro significano profitti, per i lavoratori, per gli operai, per le donne ancor di più significano solo nuovi sacrifici, morte, sofferenze.
E allora noi diciamo: “Quale resistenza?”, “Per quale scopo?”. Se non è per una nuova società, per un’effettiva indipendenza dall’imperialismo, non è quella che serve, non è nell’interesse delle popolazioni dei proletari Ucraini, di una pace vera...
quando ci sono le guerre imperialiste, gli eserciti dei paesi imperialisti, dei governi al loro servizio, per la logica che portano avanti, che è una logica fascista, una logica di supremazia, portano con sé inevitabilmente l’orrenda realtà degli stupri, l’orrenda realtà di torture anche sessuali. Questo l’abbiamo visto in passato, in altre guerre. Le donne in questo senso subiscono in maniera veramente odiosa anche questi aspetti della guerra.
Ma per noi, lo abbiamo detto anche in altre occasioni, il problema è che dobbiamo asciugare le lacrime e usare la nostra rabbia, il nostro odio, per essere in prima fila nella lotta contro la loro guerra..."

La Mozione su cui abbiamo raccolto firme, sui luoghi di lavoro e nei quartieri

DONNE CONTRO LA GUERRA INTER IMPERIALISTA IN UCRAINA
Noi donne condanniamo questa guerra scatenata solo per difendere e allargare gli interessi imperialisti della Russia del neo zarista Putin da un lato e il dominio imperialista di Usa/Nato dall’altro. Siamo contro questa guerra per il profitto dei padroni del mondo, per l’accaparramento delle fonti energetiche, materie prime, controllo bellico dei territori.
Noi donne siamo al fianco delle donne, delle masse popolari ucraine sotto le bombe o in fuga con i loro figli, o che vedono i loro uomini andare a combattere e morire per invasori e predoni imperialisti.
Le guerre imperialiste per le donne significano sempre lutti, violenze fasciste, stupri degli eserciti, sciacallaggi, distruzione delle nostre vite.
Le donne Ucraine non possono dimenticare che il governo neonazista di Zelensky aveva già imbarbarito la loro vita. Le violenze sessuali e domestiche sono aumentate anche per il facile accesso alle armi e i traumi creati dal conflitto armato tra il governo ucraino sostenuto dagli Usa e le regioni separatiste appoggiate dalla Russia, nelle zone lungo la linea di contatto le donne continuano a subire violenza sessuale da parte dei militari. Zelensky non ha voluto firmare la convenzione di Istanbul; le donne sono iper discriminate sul lavoro, costrette ad emigrare per venire a lavorare nei paesi europei, tante in Italia, o a vendere i loro corpi al turismo di lusso.
Ogni arma, ogni soldato per questa guerra inter imperialista per le donne significa più violenza, più oppressione, non certo difesa e liberazione.
Noi siamo solidali con le donne, le masse che fuggono dalla guerra. Siamo per l’accoglienza e l’assistenza dei profughi, ma non ci stiamo ad un uso ipocrita delle sofferenze delle donne per la propaganda della guerra; nè alla logica di “due pesi e due misure” contro le altre immigrate/i.
Noi dobbiamo essere dure e feroci contro queste ipocrisie, accompagnate anche da razzismo! Né vogliamo sentire tutta questa ipocrisia sulla difesa della “libertà” delle donne, quando la libertà di vivere, di lavorare, la libertà di non essere uccise vengono ogni giorno negate, calpestate in Italia, come in ogni paese del mondo.
Per questo noi donne NON CI STIAMO!
Le guerre e i profitti sono loro, i morti, le distruzioni sono nostre.
Denunciamo le decisioni dei paesi imperialisti europei, del governo Draghi di mandare soldati, soldi, mezzi militari, armi al governo ucraino a sostegno degli interessi Usa/Nato e dei propri padroni italiani, chiedendo a noi “sacrifici”. Il miglior sostegno che possiamo dare alle donne e al popolo ucraino è lottare contro il nostro paese imperialista.
Noi donne non vogliamo essere “vittime” o oggetto di lamenti ipocriti da parte di governi, Stati imperialisti, che hanno calpestato prima le nostre vite per la pandemia e ora vogliono scaricare su di noi i costi e gli orrori della loro guerra.
Noi donne vogliamo essere in prima fila anche in questa lotta, portando il nostro grido:
Combattiamo, unite siamo una forza!

25/02/25

Rendiconto di genere su livelli salariali e pensioni: una fotografia delle dure condizioni delle donne in questo paese

(A proposito delle balle che continuamente dice la Meloni...)

Rendiconto di genere 2024: i dati Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza INPS presenta il Rendiconto di genere 2024. Pubblicazione: 24 febbraio 2025,  Sono ancora rilevanti le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese, nell’ambito lavorativo, familiare e sociale. 

Questo è quanto emerge dal Rendiconto di genere, presentato oggi a Roma dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, che contiene dati particolarmente significativi relativi alla presenza delle donne nel mercato del lavoro e nei percorsi di istruzione, ai livelli retributivi e pensionistici, agli strumenti di sostegno al lavoro di cura e alla violenza di genere. 
Nel 2023, il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 52,5%, rispetto al 70,4% degli uomini, evidenziando un divario di genere significativo pari al 17,9 punti percentuali. Inoltre, le assunzioni femminili hanno rappresentato solo il 42,3% del totale. 
Anche l’instabilità occupazionale coinvolge soprattutto il genere femminile in quanto solo il 18% delle assunzioni di donne sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6% degli uomini. Le lavoratrici con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale e anche il part-time involontario è prevalentemente femminile, rappresentando il 15,6% degli occupati, rispetto al 5,1% dei maschi. 
Il gap retributivo di genere rimane un aspetto critico, con le donne che percepiscono stipendi inferiori di oltre venti punti percentuali rispetto agli uomini. In particolare, fra i principali settori economici, la differenza è pari al 20% nelle attività manifatturiere, 23,7% nel commercio, 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione, 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e servizi alle imprese. Appena il 21,1% dei dirigenti è donna, mentre tra i quadri il genere femminile rappresenta solo il 32,4%. 
Per quanto riguarda il livello di istruzione, nel 2023 le donne hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) sia tra i laureati (59,9%), ma questa superiorità nel percorso di studi non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro. 
Le donne continuano a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura. Nel 2023, le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni degli uomini. L'offerta di asili nido rimane insufficiente, con solo l'Umbria, l’Emilia-Romagna e la Valle d’Aosta che raggiungono o si avvicinano all'obiettivo dei 45 posti nido per 100 bambini 0-2 anni. 
Le denunce per violenza di genere sono aumentate, evidenziando una problematica ancora radicata. Il Reddito di Libertà, erogato dall’INPS alle donne vittime di violenza in ambito familiare, nel 2021 ha coinvolto 2.418 donne, mentre negli anni successivi, per mancanza di risorse, sono stati confermati i trattamenti solo nelle regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia (circa 233 in tutto nel 2023) grazie a risorse regionali. 
Per quanto concerne le prestazioni pensionistiche, sebbene le donne siano numericamente superiori tra i beneficiari di pensioni, essendo 7,9 milioni le pensionate rispetto ai 7,3 milioni di pensionati, permangono significative differenze negli importi erogati. Nel lavoro dipendente privato gli importi medi delle pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità per le donne sono rispettivamente del 25,5% e del 32% inferiori rispetto a quelli degli uomini, mentre nel caso delle pensioni di vecchiaia il divario raggiunge il 44,1%. Questi dati sono il riflesso di una condizione di svantaggio che le donne hanno nel mercato del lavoro. Le donne prevalgono numericamente nelle prestazioni pensionistiche di vecchiaia e ai superstiti. Il numero limitato delle donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% fra i lavoratori dipendenti privati e il 24,5% fra i lavoratori autonomi) evidenzia le difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti, a causa della discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo. 
Secondo Roberto Ghiselli, Presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, “affrontare il problema delle discriminazioni di genere significa agire su tutte le dimensioni del problema, che riguardano il mercato del lavoro e i modelli organizzativi nel lavoro, la rete dei servizi, la dimensione familiare e quella culturale...”.

24/02/25

Verso l'8 marzo/sciopero delle donne... colleghiamoci! Assemblea on line 4 marzo ore 17,30

Ci stiamo  avviando verso  l'8 marzo, giornata internazionale delle donne, nuova e importante giornata di mobilitazione con lo sciopero delle donne. 

Per unirci l'8 marzo impugnando l'arma dello sciopero contro tutti gli attacchi che ci sferrano ogni giorno i padroni, il governo Meloni che  avanza nel colpire la maggioranza delle donne in ogni ambito ideologico, politico, economico, culturale

Per collegarci attraverso il filo rosso, combattivo, determinato della doppia lotta, oggi sempre più necessaria, che siamo chiamate a mettere in campo contro questo sistema sociale capitalista e imperialista che pone come una delle sue basi la doppia oppressione, di classe e sessuale, delle donne, affinchè invece "la nostra vita cambi davvero" 

Per unirci a tutte le donne che lottano oggi nel mondo contro      oppressione, violenza, guerra, a partire dalle indomite donne  palestinesi.                                                           
nella settimana dell'8 marzo partecipiamo alla assemblea on line del 4 marzo dalle ore 17 30 

per chiedere il link per collegarsi scrivere a: 
mfpr.naz@gmail.com 
lavoratriciprecariedisoccupate@gmail.com 

La proclamazione/costruzione dello sciopero dell'8 marzo al servizio della lotta a 360 gradi della maggioranza delle donne

L'indizione dello sciopero generale dell'8  marzo ha una valenza di natura sindacale/politica/ideologica di classe, non è un fatto meramente burocratico o legato solo alla richiesta del movimento delle donne, oggi in particolare rappresentato da Nudm che ha assunto anche in questa fase positivamente l'arma dello sciopero nell'8 marzo, che chiede la copertura per le lavoratrici, donne, lavoratori che vogliano scioperare, ma si sostiene attivamente e si agisce ponendosi al servizio della necessaria lotta più generale e ampia della maggioranza delle donne.

Lo Slai Cobas per il sc  lavora laddove organizza donne lavoratrici, operaie, precarie, disoccupate ma anche verso settori che non organizza direttamente portando il messaggio dello sciopero dell'8 marzo, affinchè si  scioperi realmente dai posti di lavoro/non lavoro per estendersi a tutti gli ambiti di doppia oppressione che la maggioranza delle donne subisce in questo sistema capitalistico e imperialista.

La proclamazione dello sciopero dell'8 marzo non si contrappone alla indizione di altri sindacati di base ma auspichiamo che avanzi un percorso in cui si comprenda e si affermi lo sciopero delle donne non come un normale sciopero di settore/categoria ma come una necessaria arma di fase che guardi a tutta la condizione di sfruttamento e oppressione delle lavoratrici, delle donne proletarie  legata ad una condizione sociale, politica/ideologica non statica o sempre uguale ma che peggiora e si aggrava, ancor di più oggi con il governo reazionario, sessista, moderno fascista della Meloni che vuole far avanzare il moderno medioevo delle donne come una normalità, all'interno anche dell'onda nera che avanza contro le donne sul piano internazionale vedi gli Usa/Trump. 

Lo sciopero dell'8 marzo in questa fase è nuova sfida/rottura contro i padroni, contro questo governo Meloni che deve essere cacciato, contro questo Stato borghese oggi sempre più al servizio anche della guerra imperialista. 

Partire sì dalle lotte immediate per le istanze/ bisogni delle donne ma per inserirle in una prospettiva più ampia e generale di lotta, le donne lavoratrici, proletarie non hanno niente da conservare in questo sistema capitalistico ma ogni catena del doppio sfruttamento e oppressione da spezzare e devono essere in prima linea nella lotta per un vero cambiamento e una vera liberazione sociale. 

La piattaforma delle donne/lavoratrici dello sciopero dell'8 marzo è frutto di tutto questo. 

Lavoratrici Slai Cobas sc 

23/02/25

LE MISURE DEL GOVERNO MELONI PER LE LAVORATRICI/MADRI: PRIMA, IPOCRITA FUMO NEGLI OCCHI, OGGI, RESTRIZIONI E TAGLI

La "donna e madre" Meloni, tutta patria e famiglia, che inneggia ai figli da mettere al mondo e fa proclami quasi quotidiani sul sostegno del suo governo sempre più reazionario alle lavoratrici/madri, di fatto continua a dire balle e a fare falsa propaganda attaccando, restringendo, cancellando i diritti delle lavoratrici.
Ipocrito fumo negli occhi le misure messe in atto a sostegno delle lavoratrici e maternità, elemosine peraltro destinate solo ad alcune fette di esse (vedi il cosiddetto “bonus mamme”), oggi con la legge di bilancio 2025 sono sottoposte anche a restrizioni.

Nello sciopero dell'8 marzo denunciamo e protestiamo contro ogni aspetto dell'attacco del governo Meloni alla condizione della maggioranza delle donne/lavoratrici in questo paese.
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Bonus mamma 2025, arriva la stretta: ecco chi perderà fino a 3 mila euro in busta paga


La legge di Bilancio 2025  introduce una nuova versione del bonus, ma perché diventi effettiva serve un decreto del ministero del Lavoro e dell’Economia. In ogni caso, secondo la nuova formulazione, l’esonero non sarà più del 100% ma parziale e non sarà per tutte. A partire da quest’anno, infatti, scatta un limite di reddito.

Per ora niente bonus per le madri di due figli

Come ricorda il messaggio dell’Inps, la «legge di Bilancio 2025 demanda la disciplina delle modalità attuative della predetta misura all’adozione di un decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze». Quindi finché non arriva il decreto le novità della Manovra 2025 non possono essere applicate. Vale a dire niente bonus per le lavoratrici con due figli, almeno per ora. Non appena la nuova misura diventerà operativa, le madri lavoratrici con due figli potranno recuperare lo spettante pregresso. Ma non tutte. Infatti il nuovo limite di reddito, che non era previsto nella prima versione del bonus mamme, esclude una fetta delle lavoratrici che fino a dicembre 2024 avevano goduto dell’agevolazione. 

I limiti di reddito e le novità 2025

La nuova edizione del bonus mamme prevede invece che l’agevolazione per le lavoratrici madri di due o più figli sia solo parziale, in che misura lo stabilirà il decreto. Il bonus spetta solo alle lavoratrici -  dipendenti (a esclusione dei rapporti di lavoro domestico), a tempo determinato e indeterminato e alle autonome -  la cui retribuzione o reddito imponibile ai fini previdenziali non sia superiore all'importo di 40.000 euro l’anno. Dal 2027 anche per le lavoratrici con tre o più figli l’esonero contributivo diventerà parziale e scatterà il limite di reddito. 


Il nodo dell’Isee

Già nel 2024, quando l’esonero del 100% per tutte le aventi diritto, alcune lavoratrici che avevano chiesto il bonus mamma avevano evidenziato delle criticità. Il maggiore importo ricevuto in busta paga, infatti, concorre alla formazione del reddito e quindi fa automaticamente aumentare l’Isee cosa che può avere ricadute negative sull’ammontare dell’assegno unico

22/02/25

Verso l'8 marzo giornata internazionale delle donne... al fianco delle operaie che lottano nel mondo contro doppio sfruttamento e oppressione dei padroni

TURCHIA  ALLA “TEMEL"  LE OPERAIE IN SCIOPERO PER 70 GIORNI 


Noi, 17 operaie, per la maggior parte donne, abbiamo iniziato la nostra lotta di resistenza con un presidio davanti alla fabbrica.

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Le operaie turche della Temel Conta producono guarnizioni per l’industrie automobilistiche Ford, Tesla, BMC e Rokestan. Sono in sciopero da 70 lunghi giorni. Rivendicano la riduzione dei carichi di lavoro: dove sarebbero necessarie 80 operaie, a parità di produzione, oggi lavorano in 20. Rivendicano il diritto ad avere una propria organizzazione sindacale indipendente da quella di Stato. Non smetteranno la lotta se non ottengono la sostituzione del salario minimo con un salario più alto e il ripristino dell’impianto di aspirazione. Di seguito le dichiarazioni della delegata operaia Sinem Kaya.

"Ci siamo lasciate alle spalle 70 giorni di sciopero, iniziato il 10 dicembre, anche se la nostra lotta in effetti è iniziata un anno fa. Produciamo ricambi originali per l’industria automobilistica come Ford, Tesla, BMC, Roketsan. Se si entra in fabbrica ci si rende conto che possono lavorare 80 persone. Il padrone impiega invece 20 operai. Fa fare a 20 persone il lavoro di 80 persone. Ci sono poche persone, ma tanto lavoro. Siamo tutti veterani con 20-35 anni di esperienza. Nonostante ciò, i lavoratori con 35 anni, 20 anni e 3 mesi di esperienza lavorano per il salario minimo. Siamo tutti sposati e abbiamo figli. In queste condizioni non possiamo sopravvivere con il salario minimo. Quando abbiamo chiesto un aumento, ci hanno detto: “Se non vi va bene, la porta è lì”. Lavoravamo costantemente come carcerati in un luogo privo di aspiratori. Da quando abbiamo iniziato lo sciopero, siamo rimaste qui al freddo e sotto la pioggia, e non siamo state cosi male come quando eravamo dentro. L’impianto di aspirazione fu chiuso a causa di coloro che si lamentavano del fatto che causava inquinamento atmosferico perché i gas chimici venivano rilasciati all’esterno senza filtri. Poiché i filtri era costosi, non hanno più riacceso gli aspiratori, adducendo la scusa che stavano trasferendo lo stabilimento. Il trasferimento della fabbrica veniva continuamente rinviato. Se la produzione continua finché non ci trasferiamo, avrebbero dovuto pensare alla nostra salute, ma nessuno ha pensato alla nostra salute né ci ha compensato per il nostro lavoro. Ci siamo uniti al sindacato contro le pessime condizioni di lavoro e contro il salario minimo. Per un anno, il padrone non ha voluto riconoscere il sindacato, lo abbiamo denunciato ma ha fatto ricorso e il procedimento giudiziario ha allungato i tempi. Nonostante tutti i cavilli abbiamo vinto la causa, ma il padrone non si è seduto al tavolo delle trattative. Non ha voluto riconoscere il nostro sindacato! Noi,17 operaie, per la maggior parte donne, abbiamo iniziato la nostra lotta di resistenza con un presidio davanti alla fabbrica.
“Adesso siamo una grande famiglia”
Ad ogni festa e a Capodanno i capi ci riuniscono e dicono: “Siamo una famiglia. Grazie a voi siamo diventati più forti, accediamo a grandi gare di appalto”. Ci hanno sempre detto: “Siamo una grande famiglia”. Dal giorno in cui abbiamo montato la nostra tenda in sciopero davanti all’entrata, ci siamo resi conto che non eravamo mai stati una famiglia di Temel Conta, ma che eravamo noi operaie una famiglia. Anche Petrol-İş Union ci ha accolto come parte della sua famiglia. Adesso siamo una famiglia numerosa.
Una comunità!
Quando abbiamo iniziato lo sciopero il primo giorno, ci siamo dette: “Avremmo dovuto farlo prima”. Ci siamo pentite del ritardo. Se ci chiedete come ci sentiamo, vi risponderemo con una sola voce. Abbiamo intrapreso una lotta che era attesa da tempo. Avrei voluto che iniziassimo anni fa. Prima di iniziare lo sciopero, parlavamo spesso tra di noi delle operaie della Polenez mentre lavoravamo. La lotta delle operaie di Polenez ci ha dato ulteriore speranza. Ora pensiamo che da qui in poi ci sarà speranza.
Da qui, dal presidio, lanciamo un appello a tutti i nostri colleghi che lavorano nel settore privato. In questo momento è davvero difficile sopravvivere. Questo lo sappiamo meglio di chiunque altro. Ecco perché la sindacalizzazione è così importante per tutti noi. Unirci e organizzarci ci garantirà un salario dignitoso e un periodo di migliore salute e sicurezza sul lavoro. Ecco perché vorrei che tutti fossero sindacalizzati. Dobbiamo fermare lo sfruttamento degli operai da parte dei padroni. I padroni stanno cercando in tutti i modi di impedire la nostra unione. Prima che iniziassimo lo sciopero, mentre il processo era ancora in corso, aumentavano la pressione su di noi dicendo: “Non cadete nei trucchi del sindacato, il sindacato vi sta usando, verrete licenziate”. Chi ci sfrutta davvero non sono i sindacati, ma i padroni che da anni non ci pagano per il nostro lavoro. Ma i lavoratori non devono saperlo. Ciò che i padroni temono di più sono i lavoratori uniti, organizzati e forti. Ecco perché non ci siamo arrese ad alcuna pressione. Siamo uscite da quella porta a testa alta, nonostante le minacce di licenziamento, e iniziando il nostro sciopero. Stiamo cercando di vivere con il salario minimo. Dobbiamo aumentare la resistenza durante questo periodo.
“Le nostre richieste sono chiare, vinceremo”
Le nostre richieste sono chiare. Chiediamo che riconoscano il nostro sindacato e si siedano allo stesso tavolo delle trattative, e che le nostre condizioni e i nostri salari vengano migliorati. Per vivere in modo umano bisogna aprire la strada alla sindacalizzazione. Per rompere lo sciopero, l’azienda ha spostato i macchinari da lavoro da un’altra parte. Ciò che ha fatto è stato un atto di crumiraggio e un crimine!
Come le operaie di Polenez, anche i lavoratori di Foundation Seal ne trarranno vantaggio. E questo sarà un buon esempio di resistenza verso gli altri lavoratori. Se ci uniamo, tutti gli operai vinceranno, ne siamo certe. Quindi vinceremo. Questa resistenza, questa lotta finirà bene.

tratto da da operai contro

20/02/25

Concetta sempre nei nostri cuori e nella nostra lotta per un mondo nuovo

Un anno fa Concetta, compagna del Mfpr di Taranto, ci ha lasciato. 
Ma lei è sempre presente tra di noi.
Per ricordarla con le sue parole, perchè il suo spirito rivoluzionario continui a vivere, pubblichiamo questo video di un suo intervento in occasione di un 8 marzo di qualche anno fa. Allora vi era il governo Salvini/Conte che già anticipava il governo Meloni. Quindi un intervento attualissimo.
Ciao Concetta, anche questo 8 marzo lotterai con noi!

18/02/25

MOLESTIE E RICATTI PER LE LAVORATRICI, IL CASO RIDER DI GLOVO - Contro le molestie, i ricatti, le violenze sessuali nei posti di lavoro scioperiamo l'8 marzo


Allontanamento dai luoghi di lavoro per capi, padroni, ecc. responsabili di molestie, ricatti, violenze sessuali, atteggiamenti razzisti, sessisti - tutela delle lavoratrici denuncianti

  piattaforma dello sciopero delle donne/lavoratrici dell'8 marzo 


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MOLESTIE E RICATTI PER LE LAVORATRICI, IL CASO RIDER DI GLOVO

Le due rider insultate e molestate nel gruppo 

di Glovo«Non capisco perché ancora non me l’hai 

data»

 18 Febbraio 2025 -

Due rider donne di Torino sono pronte a fare causa alla piattaforma di consegne Glovo. A causa delle molestie verbali a cui sono sottoposte durante il lavoro. A causa di un gruppo interno chiamato Veteran. Chi era dentro godeva di trattamenti di favore. Erika, madre di due figli, era riuscita a entrare. Ma il prezzo era ricevere messaggi e battute a sfondo sessuale. «Guardo il calendario ma non capisco come tu non me l’abbia ancora data», è uno di questi secondo quanto racconta Il Fatto Quotidiano.

LE DUE RIDER

«Non volevo rischiare di perdere quei vantaggi così importanti per permettermi di avere cura dei miei due figli e di lavorare», racconta lei. «Lo sai che scherzo», le diceva il responsabile che l’aveva inserita da subito nel gruppo di privilegiati. «Non posso negare che ci sia un fondo di verità, ma sono abbastanza intelligente da scherzarci su», sosteneva. Amelia è l’altra lavoratrice pronta a rivolgersi ai giudici: «Guido la bici meccanica. Lo faccio da decenni, ho iniziato a Londra dove questo lavoro era bellissimo. Speravo di trovare lo stesso in Italia e invece mi sono ritrovata schiava di un algoritmo e di un sistema di punteggi che fa impazzire e che ti rende schiavo quanto la ludopatia, nella speranza di vedere apparire la notifica che ti assegna una consegna per pochi euro».

IL GRUPPO VETERAN

Anche lei è entrata nel gruppo Veteran: «Io lavoravo già per Foodora e stavo per fare causa all’azienda. Poi Foodora è stata acquisita da Glovo, con cui avevo iniziato a lavorare e ho lasciato stare la causa». Nel gruppo le chiedevano informazioni sulla causa e sulla sua avvocata Giulia Druetta: «È come se mi avessero chiesto di fare praticamente l’infiltrata». Ora ha lasciato il lavoro a causa di un’aritmia cardiaca: «Penso ai miei colleghi, mi deridevano perché avevo una bici meccanica invece che i loro scooter o le loro bici con la pedalata assistita: dovevo star loro dietro, avevano un vantaggio competitivo che io non avevo e dovevo pedalare sempre più forte».

Il lavoro

Erika racconta che ha vissuto situazioni pericolose: «Da uomini che mi chiedevano di entrare in casa loro anche insistentemente a consegne in situazioni difficili, al buio e in luoghi poco sicuri». Ma dopo il primo articolo che ha parlato dalla vicenda le due donne hanno ricevuto dai colleghi del gruppo improperi e richieste di spiegazioni. Erika, che è “una madre”, avrebbe “dovuto capire”. 

Torino - solidali con LGBTQI+

Torino, all'Università svastiche sugli adesivi della comunità Lgbt durante il corso di Queer Studies

Sono comparse al Campus Einaudi, nei bagni della scuola di specializzazione per le professioni legali

Poco prima dell’avvio del corso interdisciplinare di Queer Studies, nei corridoi dell’Università di Torino si parlava d’altro: «Da qualche giorno, nel bagno al secondo piano, sono comparse delle svastiche». I simboli nazisti sono stati disegnati nelle toilette maschili della scuola di specializzazione per le professioni legali, al secondo piano del Campus Luigi Einaudi, precisamente sopra piccoli adesivi che pubblicizzano un gruppo della comunità LGBTQI+. Due svastiche sono già state parzialmente cancellate, ma una è ancora visibile.

L’episodio coincide con l’avvio del nuovo corso, che ha registrato un alto numero di iscritti: 220 studenti, molti dei quali attratti dalla possibilità di scegliere l’insegnamento come opzionale. Il corso, tenuto dal professor Antonio Vercellone, docente di diritto privato, ospiterà interventi di accademici, esperti di diverse discipline e professionisti della società civile.

Il programma è ricco e variegato: si parlerà di teoria queerstoria del movimento LGBTQI+identità di genere e transessualità, medicina di genere, rapporto tra cristianesimo e omosessualità, rappresentazioni LGBTQI+ nel cinema e nel teatro, stereotipi sessuali e di genere nei media, non monogamie e nuove forme di famiglia, genitorialità LGBTQI+, gender architecture, asilo e protezione internazionale per migranti LGBTQI+, sessualità e abilismo, bias di genere nella teoria economica e molto altro.

Alla prima lezione hanno partecipato l’assessore del Comune di TorinoJacopo RosatelliFederico Zappino (docente dell’Università di Sassari, tra i primi a promuovere gli studi queer in Italia e recentemente bersaglio di critiche da parte del centrodestra) e Laura Scomparin, professoressa di Giurisprudenza e candidata rettrice dell’ateneo torinese alle prossime elezioni.

L'ingiustizia dei Tribunali è una doppia violenza contro le donne - 16 anni! per avere un minimo di riconoscimento della violenza


"Violenza domestica, giustizia troppo lenta: Italia condannata dalla Corte di Strasburgo".
E' uno dei titoli dei giornali dei giorni scorsi, per una donna che nel 2009 aveva denunciato il suo ex compagno per "stalking, molestie e violenza".
Ma bastano le date per capire la violenza della ingiustizia fatta in 16 anni:
- 3 mesi solo per registrare la denuncia;
- rinvio a giudizio dell'uomo dopo 4 anni;
- sentenza di 1° grado 6 anni dopo;
- 16 mesi dopo la Corte d'appello lo ha assolto per i fatti commessi prima del 25 febbr. 2009; e ha dichiarato prescritti tutti gli altri episodi di violenza successivi. Facendo godere l'uomo di una impunità totale

E solo avant'ieri è stata depositata la sentenza della Corte europea dei diritti umani. 
 

17/02/25

Mentre aumentano femminicidi, stupri, violenze sessuali, la maggiorparte denunciate e "archiviate", la Roccella chiama i dentisti a vigilare...

MA STIAMO SU 'SCHERZI A PARTE'?
"Gli odontoiatri riceveranno una formazione per cogliere i segnali e aiutare le vittime. I segni delle violenze restano, incisi nei lividi sulle guance, nelle fratture dei denti, nelle ecchimosi sulle labbra. Troppo spesso, queste tracce passano inosservate, sepolte sotto il silenzio delle vittime..."


16/02/25

Portiamo con forza nello sciopero delle donne dell'8 marzo: vogliamo andare alla radice della barbarie, che è il moderno fascismo del governo Meloni, il sistema capitalista e imperialista

Le loro azioni, le loro politiche, i loro attacchi, sempre più pesanti, odiosi (pensiamo ai femminicidi nuovamente in aumento, pensiamo a cosa vogliono far diventare la scuola, pensiamo alla condizione di lavoro, fatta per le donne, oltre che di sfruttamento, di discriminazioni, ultra precarietà, oppressione sessuale, ecc.; pensiamo alla campagna ipocrita sulla natalità, che ha come altra faccia l'attacco al diritto d'aborto...) non si possono cancellare senza attaccare il sistema in generale, il sistema capitalista imperialista che oggi ha nel governo Meloni la sua espressione nera più reazionaria e che pone nelle sue basi la doppia oppressione della maggioranza delle donne.

E’ il governo Meloni, con la sua cloaca di ministri sottospecie umana, il fomentatore della violenza sessuale contro le donne, spargendo un humus che è fascista, che è di odio verso le donne, verso chi non ci sta, verso chi si ribella all'oppressione.

Le concezioni, le pratiche patriarcali oggi sono il frutto di questo moderno fascismo.

Così le guerre, il genocidio in Palestina, i piani nazisti di Trump, Netanyahu, appoggiati dalla Meloni - di deportazione dell'intera popolazione di Gaza per farne "giardino" per i barbari coloni israeliani, per gli oligarchi, per i ricchi americani, e chi non se ne andasse sarebbe ancora massacrato - sono espressione dell'imperialismo che, però, sempre più in crisi si muove come una belva ferita e massacra i popoli per imporre, anche dietro falsi accordi che in realtà sono parte delle guerre imperialista, della lotta di concorrenza feroce tra imperialismo Usa e imperialismi cinese, russo e gli impotenti paesi imperialisti europei, una nuova spartizione del mondo, una nuova rapina delle fonti energetiche, delle materie prime, un'estensione della violenza contro i popoli dei paesi oppressi e i proletari e le proletarie delle cittadelle imperialiste.

Rinnovare, riprendere valori patriarcali (in primis "Dio, patria, famiglia") per tenere oppressa e sfruttata più della metà dell'umanità è per questo sistema una necessità. Quindi il patriarcalismo c'è, ma è parte dell'attacco ideologico moderno di questo sistema. Per cui non possiamo eliminare il patriarcalismo senza eliminare l'imperialismo, il capitalismo, e in Italia, oggi come tappa, senza rovesciare il governo fascista Meloni.

L'8 marzo, lo sciopero delle donne deve essere interno e una tappa di questa lotta. 

Per essa serve un movimento femminista, sì, ma proletario rivoluzionario, che sia espressione di classe della maggioranza delle donne che sono proletarie e che lavori per scatenare la furia delle donne come forza poderosa della rivoluzione. 

Noi che siamo e vogliamo sempre più mobilitarci, manifestare insieme a tutte le forze del movimento delle donne, nello stesso tempo, stiamo lavorando per organizzare quell’”esercito rivoluzionario” delle donne, prima di tutto proletarie perché siano quella forza poderosa che oggi è sempre più necessaria per rovesciare questo governo violento, marcio, brutale, e mettere fine all'orrore senza fine.

STIAMO PREPARANDO UN'ASSEMBLEA

TELEMATICA NAZIONALE

"DONNE/LAVORATRICI", all'interno della 

settimana di preparazione dell'8 marzo

13/02/25

Salviamo Pakhshan Azizi dalla pena di morte - sosteniamo questo appello

Da Amnesty International

Dopo il clamore suscitato dall’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, è calato nuovamente il silenzio sul carcere di Evin e sulle storie di decine di donne e uomini sottoposti a condizioni di detenzione durissime.

Come quella subita da Pakhshan Azizi, iraniana appartenente alla minoranza curda oppressa, condannata a morte nel luglio scorso. Dopo una temporanea sospensione della condanna, all'inizio di febbraio la Corte suprema iraniana ha respinto il ricorso e confermato la sentenza, ritenendo fondate le assurde accuse di “ribellione armata contro lo Stato”.

Hanno provato a farle “confessare” rapporti con i gruppi di opposizione curdi, ma neanche con la tortura ci sono riusciti. Hanno provato a farla tacere, isolandola e maltrattandola, ma anche in carcere ha continuato a lottare per i diritti.

Abbiamo il dovere di non rimanere mai in silenzio di fronte alle ingiustizie. Chiediamo insieme libertà per Pakhshan Azizi!

12/02/25

Se subisci violenze sessuali... la colpa è tua... - Per fortuna il porco ex sindacalista della Cisl sarà di nuovo processato


Una violenza sessuale è una violenza sessuale. Punto! Essa non può venir meno o essere attenuata dal comportamento della donna.
I giudici, gli avvocati del violentatore si sono arrampicati sugli specchi, hanno contato perfino i secondi in cui la lavoratrice avrebbe dovuto "dileguarsi".
Giustamente e coraggiosamente la lavoratrice ha fatto del processo una questione pubblica; perchè non è un fatto individuale quando una donna subisce violenza, riguarda tutte le donne! "Siamo tutte parte lesa" come dice uno slogan.  
L'altro aspetto che aggrava questa violenza sessuale è che era stata fatta da un sindacalista della Cisl e anche questo non è un fatto individuale, quando questi sindacalisti ogni giorno collaborano con le aziende nel calpestare i diritti delle donne lavoratrici, e se ne fregano se subiscono discriminazioni, molestie sessuali sul lavoro.
Massima solidarietà a Barbara. Appoggio alle iniziative di denuncia e solidarietà.
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Dalla stampa: "Violenza sessuale, “in 30 secondi poteva reagire”: il pg della Cassazione chiede nuovo processo per l’ex sindacalista
I fatti contestati risalgono al marzo del 2018 quando Barbara D’Astolto si era rivolta a Raffaele Meola - sindacalista della Cisl, in servizio a Malpensa all’epoca dei fatti - per una vertenza sindacale. 
Per il pg di Cassazione bisogna celebrare un nuovo processo d’appello per l’ex sindacalista che era stato assolto, dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una hostess, sia in primo che in secondo grado. Decisioni che avevano fatto molto discutere, scatenando le polemiche, in particolare per le motivazioni: per i giudici della Corte di Appello di Milano, infatti, la condotta del sindacalista – scrivevano – “non ha (senz’altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale“, “20-30 secondi” che “le avrebbe consentito anche di potersi dileguare”. Per i magistrati quei comportamenti, non sono stati tali “da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta”.
“Ascoltare in aula il suo avvocato mi ha provocato un misto di indignazione, rabbia e tanto sconforto. Non so quale sarà la decisione della Cassazione ma spero che i supremi giudici abbiano il coraggio di ribaltare queste due sentenze di assoluzione che io reputo indegne”, ha detto D’Astolto uscendo dalla Cassazione al termine dell’udienza . “Se i supremi giudici dovessero confermare le sentenze – ha aggiunto – vuol dire che non solo io, ma tutte le donne lavoratrici sono veramente in pericolo e che chiunque è autorizzato a mettere le mani addosso a una donna”. Durante l’udienza, fuori dal Palazzaccio di piazza Cavour, l’associazione “Differenza Donna” ha tenuto un sit-in di solidarietà: “Vogliamo dire forte e chiaro che non permetteremo a nessuno, e in un luogo di lavoro, di usare violenza contro di noi, tutte, nessuna esclusa. Confidiamo che la Giustizia stavolta arrivi davvero”, hanno dichiarato.