03/11/24
Colloqui di lavoro discriminanti… Succede a Taranto, ma succede dovunque
Le lavoratrici Slai cobas di Taranto hanno lanciato un appello: Denunciateli! Venite allo Slai cobas (Taranto via Livio Andronico, 47 - WA 3339199075)
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“Hai figli? Sai come gestire famiglia e lavoro?” e altre domande immotivate: le testimonianze delle nostre lettrici
Corriere di Taranto - 03 Novembre 2024, 07:51
“Lei
è sposata, ha figli piccoli? Nel caso in cui ottenga questo posto sa
come gestire gli impegni familiari?”. Attraverso queste surreali
domande, poste ad una nostra lettrice durante un recente colloquio di
lavoro, possiamo facilmente spiegare il concetto di gender gap.
Il
divario di genere, specialmente al Sud, si fa sentire soprattutto
attraverso la diseguaglianza lavorativa: basterebbe analizzare qualche
dato per averne un quadro piuttosto chiaro. Se, infatti, a livello
nazionale diminuisce l’indice di asimmetria nel lavoro familiare (che
misura, per le donne in coppia di età compresa tra i 25 e i 44 anni,
quanta parte del tempo dedicato al lavoro domestico da entrambi i
partner occupati è svolto dalle donne), nel Mezzogiorno lo stesso
indicatore resta a quota 70%.
Sempre rimanendo in tema di
statistiche Istat, nel II trimestre 2024 la motivazione “carico
familiare” viene fornita come giustificazione all’inattività da soli 112
uomini e ben 2.673 donne. Insomma, la cura e il carico familiare sono
ancora strettissimo appannaggio della donna, soprattutto in determinati
contesti sociali e geografici, e a questo corrisponde un’impennata nel
livello di disoccupazione femminile: basti considerare che a Taranto solo il 28,6% delle donne lavora, contro il 58% degli uomini.
Secondo l’ultimo rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) pubblicato
dall’Istat ad aprile 2024, le donne lavoratrici con almeno un figlio di
età compresa tra 0 e 5 anni (67%) sono nettamente inferiori alle
occupate senza figli (85%): se ci spostiamo al Sud, la percentuale delle mamme che lavorano scende addirittura al 38%.
Torniamo
ora alla nostra lettrice, mamma di due bambini in età scolare, che ci
ha scritto per raccontarci la sua disavventura. “Ero ad un colloquio
conoscitivo – racconta Francesca (nome di fantasia, ndr) – e mi hanno
chiesto se fossi sposata e avessi figli. Poi mi hanno chiesto l’età dei
bambini e alla mia risposta hanno commentato che erano troppo piccoli,
mettendo più volte in dubbio la mia capacità di organizzare tutto. Mi
sono sentita sbagliata, umiliata, ma soprattutto ho pensato: ad un uomo
l’avrebbero mai chiesto?”.
A questa storia si aggiungono, purtroppo,
tante altre testimonianze provenienti proprio dalla nostra città: c’è
chi alla risposta “sì, ho due figli” si è sentita replicare “allora non
credo che questo lavoro faccia per te, siamo impegnati mattina e
pomeriggio, festivi inclusi”, mentre ad altre è stato chiesto con
insistenza di elencare le modalità organizzative familiari con cui
pensavano di gestire la giornata, chiedendo così informazioni private e
senza alcun motivo fondato.
Assumere una mamma sembrerebbe, insomma, essere un rischio per alcune aziende:
il che, in un Paese che sta lottando contro il calo demografico e la
disoccupazione femminile, è un paradosso mica da poco. Ancora più
assurdo è che questo avvenga in un contesto socio-culturale che si
sforza di raggiungere la parità di genere: basta, infatti, raccogliere
altrettante testimonianze maschili per comprendere che, nella maggior
parte dei casi, ad un uomo non vengono richieste informazioni sulla vita
privata (se non: “Ma tua moglie lavora?”).
Quello, però, che non
tutti sanno è che porre quesiti del genere ad un colloquio lavorativo è
fortunatamente diventato illegale: l’art.27 del Codice delle Pari
Opportunità, afferma che “È vietata qualsiasi discriminazione fondata
sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata,
autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità
di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i
livelli della gerarchia professionale”.
Domande del tipo “Sei
sposata?”, “Hai intenzione di mettere su famiglia?”, “Hai figli piccoli”
e qualsiasi altra richiesta che implichi l’esplicitazione della propria
vita privata non ha, infatti, alcuna attinenza con il ruolo lavorativo
da ricoprire.
Tuttavia, proprio a causa dell’aumento di
testimonianze come quella della nostra lettrice, abbiamo chiesto ad una
recruiter di spiegarci qual è il modo migliore di comportarsi in questi
casi: “Il consiglio che diamo a chi ci racconta episodi simili è sempre
lo stesso: non si è assolutamente obbligati a rispondere a domande che
riguardano la vita privata, men che meno a dettagliare le modalità della
propria organizzazione familiare...”.
Alluvione a Valencia: anche qui per la strage e le distruzione sono responsabili chi governa! E' il fallimento del sistema capitalista! La Rivoluzione è l'unica soluzione!
da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 1/11
Innanzitutto
la nostra immensa solidarietà alla popolazione di Valencia e di tutta
la zona in cui un disastroso alluvione sta uccidendo, distruggendo e
rendendo la vita difficile a tanta gente. Siamo solidali con tutto il
resto del popolo nella zona che scava nel fungo, i tanti volontari
giovani che stanno dando il meglio di sé per aiutare la popolazione e
soprattutto la parte più colpita di essa, i poveri, gli anziani, le zone
meno coperte dalle strutture urbane.
In
questa alluvione, come in tante altre alluvioni che abbiamo visto nel
nostro paese nelle due recenti alluvioni in Emilia Romagna, c'è una
parte che è un evento naturale su cui però bisognerà ritornare. Ma c'è
una parte che è di piena responsabilità delle amministrazioni che
gestiscono queste zone e dei governi centrali. Ora anche in Spagna si
assiste allo scaricabarile tra il governo Sanchez, di centro sinistra, e
le istituzioni locali che sono prevalentemente di centro destra, ma
queste polemiche, che disturbano in questo momento l'impegno massiccio
di tutti per cercare di aiutare le popolazioni e trattare le enormi
contraddizioni che l'alluvione ha creato, hanno il loro fondamento nel
potere politico che si esprime attraverso i governi e le
amministrazioni.
La
Spagna ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale e il suo governo
dice che metterà a disposizione tutti i fondi necessari per la
ricostruzione e la ripresa della normalità.
Ma dove era il governo finora? Dove erano questi fondi finora? La Spagna, come tutti i paesi imperialisti, grandi, medi e piccoli, sta concentrando tutte le risorse economiche e finanziarie o la maggior parte di esse, per finanziare, sostenere i padroni nella loro guerra commerciale che affronta una fase di crisi e di contraddizioni che vengono scaricate sugli operai e sui lavoratori; pertanto i fondi dello Stato sono a difesa della loro economia. Ma quello che fa più scandalo è l'enorme dimensione delle spese militari, l'impegno che tutti questi paesi imperialisti occidentali - anche laddove non sono in prima fila e direttamente impegnati nelle guerre imperialiste, in Ucraina e nelle altre parti del mondo - tutti questi governi si preparano ad armarsi per partecipare a queste guerre nel quadro delle alleanze imperialiste e dei propri interessi imperialisti. Montagne di soldi per armamenti e altrettanti per apparati polizieschi e militari che sono diventati mastodontici e sembrano l'unica carta che hanno nelle mani gli Stati e le classi dominanti capitaliste/imperialiste per mantenere il loro potere e la loro società.
Quindi
i governi centrali non se ne possono uscire adesso - e non lo può fare
il governo di centro sinistra di Sanchez in Spagna - dicendo: faremo,
faremo, faremo, ma questo “faremo” ha già prodotto morte e distruzione
laddove gli eventi arrivano.
È inutile dire che l'amministrazione di centrodestra di Valencia è dello stesso tipo di quelle che siamo abituati a conoscere anche nel nostro paese. Utilizzano l'amministrazione centrale per farsi gli affari propri, all'insegna della corruzione, del malaffare, dell'ordinario uso delle pubbliche istituzioni, non per risolvere i problemi del popolo ma per piazzarsi e incrementare le loro ricchezze e fare del potere locale un punto di ascesa del potere nazionale. Il Partito popolare in Spagna fa esattamente questo nella provincia di Valencia. Per questo sono giuste le ondate di critiche che ora vengono dal popolo e non solo dal popolo. Queste amministrazioni - e quante volte lo abbiamo visto anche nel nostro paese - sottovalutano la portata del disastro e avvisano tardi i cittadini della situazione. E vi pare poco? Loro che amministrano, che dovrebbero pensare alla difesa della vita delle popolazioni, avvisano perfino tardi le persone e le mandano a morte.
Operai,
lavoratori, sono veri crimini che vanno trattati con il criterio di un
crimine. “Che se vayan todos!”, dicono in Spagna. “Fuori
l'amministrazione di Valencia!”, “colpire le responsabilità del governo
centrale!”.
Le
pagine della grande stampa sono altrettanto piene nell'inserire la
portata di questi enormi eventi distruttivi, come l'alluvione, nel
quadro della crisi climatica, del cosiddetto “cambiamento climatico”.
Non vogliamo spendere qui molte parole. Però basta citare alcuni dati.
La Banca Mondiale dice che un quinto della popolazione del pianeta è a
rischio, in Asia, in Africa 1 miliardo e 200 milioni di persone sono
vulnerabili agli effetti della crisi climatica. Il Sole 24 ore - che è
un giornale economico e si preoccupa dei soldi - dal suo punto di vista
dice che per la questione clima in vent'anni si sono persi 2800
miliardi; per dire che evidentemente la crisi climatica ha un costo
economico nei suoi effetti disastrosi per la popolazione e che, come
dice la Banca Mondiale, in 20 anni i costi economici associati a eventi
esterni sempre più intensi e frequenti sono arrivati appunto ai 2800
miliardi di dollari.
Quindi
il sistema si autodenuncia dicendo questo, dice che come sistema
imperialista mondiale, come sistema economico basato sulle leggi del
Capitale, non regge più e non è in grado di fronteggiare i disastri che
il loro stesso sistema ha prodotto, perché è chiaro che la crisi
climatica che si unisce alla crisi economica e a tutto il resto è
prodotto dal loro sistema.
Quindi
in ognuna di queste vicende vi è un aspetto su cui dobbiamo rivolgere
l'attenzione che di solito c’è solo nei giorni dei disastri, ma dopo?
Non solo non si provvede, ma non si coglie la natura sistemica di quello
che sta avvenendo e quindi non si guarda al cambiamento di sistema che è l'unica soluzione intanto per frenare il disastro che avanza e, in prospettiva, per superarlo.
Ma
questo richiede la cooperazione mondiale delle popolazioni, richiede
che in ogni paese vi sia un sistema sociale, di governo e di Stato, in
cui il popolo sia al potere, non il popolo generico che va a votare ma
quello che sempre di più non va a votare: i proletari, le masse
popolari, coloro che producono e mandano avanti realmente questo sistema
sono gli unici che possono salvarlo.
Tutto questo si chiama Rivoluzione, tutto questo richiede una Rivoluzione proletaria e socialista. Proletaria perché deve essere fatta dai proletari che hanno nelle mani, oggi callose, oggi soffocate dallo sfruttamento, la possibilità di cambiarlo realmente questo sistema. Socialista nel significato più nobile e più antico che hanno dato a questa parola i nostri maestri, l'eterna lotta del proletariato contro la borghesia in marcia verso un sistema sociale che intanto frena i disastri, ma che in prospettiva li può eliminare. Questo sistema sociale ha un nome: si chiama comunismo.
02/11/24
Per Aurora, non solo lacrime, denuncia, ma LOTTA! Il 25 novembre chiamiamo le ragazze nelle scuole a scendere in sciopero, nelle piazze in ogni città
Questo è il vero "rumore"!
Ci fanno orrore, schifo i discorsi ipocriti di Mattarella, della Meloni, degli squallidi personaggi del governo, che verranno fatti nella giornata del 25 novembre contro la violenza sessuale sulle donne, contro i femminicidi che stanno dilagando. Nè vogliamo che nelle scuole, per una volta all'anno, venga posto il tema della condizione delle donne, quando per tutti gli altri giorni, gli insegnanti, le autorità scolastiche sanno, vedono manifestazioni concrete, piccole o grandi di questa "guerra di bassa intensità contro le donne" ma, a parte pochissimi, rari insegnanti, tacciono. Questi sono complici di questo humus fascista che spinge uomini, anche ragazzini a considerare "normale" uccidere quando si è rifiutati.
Si dice e si dirà che la scuola dovrebbe dovrebbe fare "educazione sessuale, affettiva", che - come dice anche Nudm nel comunicato, di seguito, di cui riportiamo parti - occorre "rendere i luoghi della formazione degli spazi... (per) percorsi formativi adeguati". Ma questa scuola?!
Questa scuola che sta diventando sempre più luogo di propaganda delle idee alla "Dio, patria, famiglia"? Questa scuola, in cui fanno lezioni le forze armate, l'esercito sui "valori" della guerra e del militarismo o poliziotti che insegnano ora anche come si usano i manganelli contro chi manifesta (come è successo in un liceo a Genova)? Una scuola, quindi, che di fatto inculca nei ragazzi soprattutto uno spirito di sopraffazione, di machismo che verso le ragazze significa, inevitabilmente, idee, pratiche sessiste, fasciste, di possesso. Quale scuola, quindi? Una scuola in cui per 364 giorno non si contrastano, al momento, concezioni, atteggiamenti maschilisti, che pur ci sono tra gli studenti verso le ragazze e per un giorno dovrebbe ipocritamente essere strumento di "educazione"?
Contro questa scuola bisogna lottare! Una scuola inevitabilmente specchio di questo sistema sociale sempre più brutale, oppressivo, i cui attuali rappresentanti di governo, delle Istituzioni, sono le persone più pregne di stili di vita, di sub cultura, di concezioni e uso delle donne, un esempio vivente di che società orribile ci stanno propinando.
Questo sistema è marcio. Da un lato fa apparire alle ragazze una falsa "emancipazione", "libertà", attraverso social, Tv spazzatura, dall'altro propaganda, modernizzandole, concezioni patriarcaliste sulla famiglia, sui rapporti uomo/donna, sul ruolo delle donne, ancora più pericolose oggi in clima di moderno fascismo, che ai ragazzi, ai mariti, portano a ritenere giustificate le reazioni di gelosia, di proprietà sulle donne, e alle ragazze ad accettare, subire, come espressione di amore quelle reazioni - Ma... per le ragazze, fino a che non decidono di rompere quei legami violenti, finchè non si ribellano.
Queste ragazze non hanno bisogno di "ore di rivoluzione", ma di fare la rivoluzione!
Dal comunicato di NUDM: É MORTA UN’ALTRA STUDENTE, NON NE POSSIAMO PIÙ ! APPELLO AL MONDO DELLA SCUOLA
"Aurora aveva 13 anni quando, il 25 ottobre, è stata uccisa dal fidanzato di 15 anni, che non accettava la fine della loro relazione.
E' passato quasi un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, un anno e decine di femminicidi, eppure la situazione non solo resta la stessa, ma appare sempre più grave. Sono oltre 90 le morti per mano della violenza di genere patriarcale che contiamo quest'anno e, mentre continuiamo ad assistere sgomentə allo sterminio, le misure di prevenzione rimangono proclami, inutili promesse al vento quando va bene, e a volte azioni perfino dannose. Le scuole sono sempre più inaccessibili per proposte di educazione sessuale,affettiva, relazionale e al consenso...
Per questo, a 3 settimane dalla mobilitazione nazionale del 25 novembre... ci appelliamo al mondo della scuola.
Chiediamo allə docenti alleatə di costruire lezioni all'aperto, chiediamo ai collettivi e alle organizzazioni studentesche di costruire giornate di occupazione e autogestione delle scuole in cui associazioni, collettivi e reti tranfemministe possono parlare di sessualità consapevole, amore generativo, abbattimento della cultura dello stupro e della cultura machista ciseteropatriarcale. Che si parli di cultura del consenso! Di ascolto!
...Il "minuto di rumore" che l'anno scorso ha riempito le scuole della rabbia e della voglia di cambiamento, in opposizione al minuto di silenzio proposto dal ministro Valditara per il femminicidio di Giulia Cecchettin, deve diventare ancora più forte. Dobbiamo trasformare il "minuto di rumore" in "ore di rivoluzione" che siamo funzionali all'abbattimento della cultura patriarcale...
...É necessario rendere i luoghi della formazione degli spazi adeguati a disinnescare le armi della morte, della paura e del possesso, attraverso il rumore, la rabbia, la non rassegnazione transfemminista ma anche con i percorsi formativi adeguati...".