24/05/20

Coronavirus, viaggio nel mondo delle sex worker: "Il lavoro della escort nei giorni della pandemia"




(LA STAMPA)
"Il covid è democratico, ha colpito tutti indistintamente" spiega Sofia Mehiel, membra del direttivo Mit (Movimento identità trans) – "e i meno ricchi, le persone invisibili, patiscono sempre più la fame, come ad esempio le escort, in particolar modo le trans". "Il covid ci ha rovinato, non possiamo lavorare: io sono in difficoltà economiche e ho pensato persino di rivolgermi alla Caritas" dice Baby Moana, escort napoletana ma da anni a Bologna- "per noi trans questa professione è una necessità, non è una libera scelta: ho provato più volte a cercare lavoro ma c’è ancora tanta discriminazione". In Italia la prostituzione non è illegale ma la prostituta non è un lavoro riconosciuto e così tante sex worker non hanno avuto diritto a incentivi economici e sussidi in una situazione di emergenza: "Se la prostituzione fosse riconosciuta, noi pagheremmo le tasse e avremmo diritto a una pensione e a dei controlli periodici" spiega Baby Moana. Secondo Mike Morra ceo e fondatore del sito Escort Advisor l'80% delle escort ha deciso di non lavorare in questo periodo:  "Dopo il 4 maggio invece abbiamo notato un forte incremento di traffico da parte degli utenti che erano alla ricerca delle escort nelle varie città, anche se in questo momento per via delle limitazioni di mobilità legate all’emergenza, i clienti non potrebbero recarsi dalle escort". Jessica, che riceve nella sua casa di Bologna, guadagnava fino a 15.000 euro al mese prima del coronavirus, e ha da poco ripreso a lavorare: "la paura c’è ma io non posso stare ferma fino a quando non trovano un vaccino, ho adottato delle precauzioni e ho avuto anche clienti che hanno tenuto la mascherina addosso durante il rapporto sessuale".  
Video di Valerio Lo Muzio

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