28/02/15
26/02/15
L'ABERRANTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ASSASSINO PAROLISI
"35 COLTELLATE NON SONO CRUDELTA'" - L'ABERRANTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ASSASSINO PAROLISI - DALL'OPUSCOLO DEL MFPR: "LA FOGNA FASCISTA SESSISTA DELL'ESERCITO"
(da Il Fatto quotidiano) - Lo scorso 10 febbraio la Cassazione, annullando la sentenza di secondo grado, aveva ordinato l’eliminazione dell’aggravante della crudeltà. Oggi i supremi giudici motivano la decisione nei confronti di Salvatore Parolisi imputato per l’omicidio di Melania Rea... spiegando
che la donna fu uccisa durante una “esplosione di ira” nata in un
litigio “tra i due coniugi” e dovuta alla “conclamata infedeltà
coniugale” dell’uomo.
Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania è avvenuta “in termini di ‘occasionalità’ (dolo d’impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione). L’ex caporalmaggiore dell’Esercito, che per l’accusa colpì con 35 coltellate la vittima, era finito in un “imbuto senza uscita” stretto tra le pressioni della sua amante e le bugie a Melania...
Le numerose coltellate inflitte da Parolisi alla moglie indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. “L’abbandono in stato agonico” della moglie Melania, da parte di Parolisi, “è anch’esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”.
35 coltellate non sono "crudeltà" - anzi il povero marito/amante era "stretto tra le pressioni" di due tremende donne: l'amante e la moglie Melania. Poveretto... non ce l'ha proprio fatta e ha "reiterato" 35 colpi... Lasciare Melania agonizzante, neanche questo è crudeltà ma al massimo mancato tentativo di soccorso - come un incidente stradale... Lui, No, non voleva proprio ucciderla... Della serie: gli è scappata la mano...
Una sentenza e una motivazione per cui non ci sono parole per lo schifo che esprime! Una sentenza spudoratamente di parte, dalla parte del maschio e dalla parte del militare. Ed è il ruolo militare di questo assassino, che ha scoperchiato la fogna dell'esercito e la "normale" logica di violenza sessista dei militari, che si è voluto fin dall'inizio coprire. E questa sentenza dà la firma finale.
Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania è avvenuta “in termini di ‘occasionalità’ (dolo d’impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione). L’ex caporalmaggiore dell’Esercito, che per l’accusa colpì con 35 coltellate la vittima, era finito in un “imbuto senza uscita” stretto tra le pressioni della sua amante e le bugie a Melania...
Le numerose coltellate inflitte da Parolisi alla moglie indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. “L’abbandono in stato agonico” della moglie Melania, da parte di Parolisi, “è anch’esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”.
35 coltellate non sono "crudeltà" - anzi il povero marito/amante era "stretto tra le pressioni" di due tremende donne: l'amante e la moglie Melania. Poveretto... non ce l'ha proprio fatta e ha "reiterato" 35 colpi... Lasciare Melania agonizzante, neanche questo è crudeltà ma al massimo mancato tentativo di soccorso - come un incidente stradale... Lui, No, non voleva proprio ucciderla... Della serie: gli è scappata la mano...
Una sentenza e una motivazione per cui non ci sono parole per lo schifo che esprime! Una sentenza spudoratamente di parte, dalla parte del maschio e dalla parte del militare. Ed è il ruolo militare di questo assassino, che ha scoperchiato la fogna dell'esercito e la "normale" logica di violenza sessista dei militari, che si è voluto fin dall'inizio coprire. E questa sentenza dà la firma finale.
Dall'Opuscolo del MFPR:
"Per Sarah, Carmela, Melania, Ophelia... per tutte. E’ giusto ribellarci!"
MELANIA
la fogna fascista sessista dell’esercito
15.5.11 - CHI COPRE, E PERCHE’ LA VERITA’ SULLA MORTE DI MELANIA REA?
Nonostante indizi sempre più schiaccianti incastrino Salvatore Parolisi, nell’uccisione di Melania,non viene ancora indagato. Per molto meno, in altri delitti, vi sono stati avvisi di reato o arresti. Qui invece, nonostante contraddizioni, bugie ed elementi emersi - dalle intercettazioni telefoniche tra Parolisi e un amico, e tra Parolisi e la soldatessa dopo la morte di Melania; ai non riscontri sulla presenza e percorso di Melania a Colle San Marco; dalle bugie di Parolisi sulla conoscenza del posto del delitto alla questione dei cellulari, al coltello che avrebbe ucciso Melania tipico di chi sta nell’esercito; dai vestiti di Parolisi all’anello di Melania trovato come se fosse stato buttato da lei, alle reazioni di Melania sulle relazioni del marito, ecc. - questo uomo resta in libertà.Perchè? Quale prevenzione oggettiva e soggettiva, “spontanea” (nel senso di logica spontaneamente inquinata che guida le indagini) o voluta, programmata, impedisce di mettere le mani nel buco nero dell’esercito, improntato e pregno comunque di una logica e prassi fascista, maschilista, di relazioni improntate a uno spirito di oppressione/sopraffazione gerarchica che diventa a volte uso/abuso sessuale soprattutto quando vi sono donne (che o si adeguano a questo spirito e ne sono complici, o ne vengono schiacciate dal rambismo machista), ma anche di difesa/omertà di corpo all’interno? E di mettere le mani nella “famiglia”, tutta cresciuta nell’ambiente militare - con un padre, quello di Parolisi, nell’esercito e un fratello guardia carceraria; e un padre, di Melania, ex maresciallo dell’Areonautica, un fratello aviere scelto - e quindi chiusa nella condivisione di certi valori e nella iniziale difesa “a prescindere” di Parolisi?
21.7.11 - FEMMINICIDIO DI MELANIA... IL MARCIUME “DELL’ONORE” DELL’ESERCITO
Stampa e televisioni non aspettavano altro che scatenarsi sulla nuova svolta riguardante l’uccisione di Melania Rea, alcuni servizi mandati in onda tra ieri e oggi e articoli pubblicati sui giornali hanno tentato in modo subdolo di dipingere il Caporal Maggiore dell’Esercito, Salvatore Parolisi, omicida della moglie Melania, addirittura quasi come presunta vittima di una estenuante contesa tra due donne, Ludovica l’amante che non “gli dava più alcuna tregua” negli ultimi tempi istigandolo a lasciare la moglie e Melania, appunto, che scoperta la relazione extraconiugale del marito non si rassegnava alla separazione.
Vergognosi tentativi di deviare l’attenzione dal femminicidio messo in atto da Parolisi che l’ordinanza di custodia cautelare ricostruisce con elementi agghiaccianti come la possibile richiesta alla moglie di avere un rapporto sessuale prima di ucciderla alle spalle con gli slip ancora abbassati!
Vergognosi tentativi di deviare l’attenzione dagli orrendi particolari che invece stanno iniziando a venire fuori in merito al mondo militare maschilista e sessista che Melania forse aveva scoperto diventando una reale minaccia alla salvaguardia “dell’onore” dell’arma.
20.7.11 - LE PUNIZIONI E LE INIZIAZIONI SESSUALI DELLE SOLDATESSE NELLA CASERMA DI PAROLISI
Ne parla Carlo Bonini su Repubblica, che racconta una serie di aneddoti non confermati sulla vita in caserma delle reclute donne. La Emidio Clementi, secondo quanto si scrive, sarebbe un posto dove le soldatesse venivano pi? o meno costrette a riti di iniziazione alla vita militare e dovevano anche prestarsi a favori sessuali in cambio di licenze: “un capitolo della storia di cui tutti parlano mal volentieri. Che ha un incipit. Un paio di anni fa. Una recluta viene sottoposta a un umiliante rito di passaggio e iniziazione. Un “codice rosso”, per dirla con il gergo della truppa. Una donna punisce un’altra donna. Nel corpo e nel rispetto delle altre. La responsabile viene congedata con disonore. Ma non se ne sa nulla, finchè Melania non muore e i carabinieri non cominciano a ficcare il naso nei conciliaboli e le confidenze che si incrociano nella piazza d’armi.
I racconti sono negli interrogatori dei carabinieri ai graduati: la sproporzione tra il numero delle reclute (tutte donne) e il quadro ufficiali e sottufficiali (per lo più uomini), trasformati tre mesi di addestramento in una “caccia grossa”. Dove il gallismo dei maschi si esalta nella sudditanza normalmente imposta alle reclute. Ascoltato come testimone, uno dei caporali addestratori del 235esimo racconta che, alla “Clementi”, c’è chi vanta “strisce importanti”, “Fino a trenta reclute in un anno”. Perchè ogni notte con una “volontaria” diversa diventa una tacca nel bastone del comando. Parolisi era della partita. Ludovica Perrone non era stata la prima e non era l’ultima. Come del resto accerta l’indagine individuando almeno un’altra recluta che, alla fine del 2009, si congeda dal corso addestramento dopo essere passata tra le sue mani.
Nell’articolo si parla anche di un luogo ben preciso dove consumare i rapporti: La “Casa vacanza Dimora di Morgiano”, una locanda a pochi chilometri da Ascoli. In un borgo rurale del 1500, lungo le pendici che rimontano il monte dell’Ascensione. Il proprietario si era dimostrato ragionevole. Nessuna registrazione, nessuna domanda agli uomini e alle donne della “Clementi” che, introdotti, la frequentavano. Tra i 25 e i 30 euro per una notte. Le reclute lasciavano la caserma per 36 ore, con permessi che indicavano le ragazze in visita alle famiglie in qualche parte d’Italia. Semplice e innocuo, almeno fino a quando quel “segreto” non comincia a fiorire sulle labbra di troppi e di troppe, nel reggimento”
”Melania - scrive il gip - potrebbe aver scoperto un segreto inconfessabile del marito che va ricercato in caserma. “Può essere ipotizzato che la moglie avesse scoperto qualcosa di assai più grave del tradimento, o anche solo di torbido. Occorrerebbe approfondire i rapporti interni alla caserma, gli eventuali giri di droga, le altre relazioni extraconiugali...”. E si parla anche di possibili giri di droga in caserma.
"Per Sarah, Carmela, Melania, Ophelia... per tutte. E’ giusto ribellarci!"
MELANIA
la fogna fascista sessista dell’esercito
15.5.11 - CHI COPRE, E PERCHE’ LA VERITA’ SULLA MORTE DI MELANIA REA?
Nonostante indizi sempre più schiaccianti incastrino Salvatore Parolisi, nell’uccisione di Melania,non viene ancora indagato. Per molto meno, in altri delitti, vi sono stati avvisi di reato o arresti. Qui invece, nonostante contraddizioni, bugie ed elementi emersi - dalle intercettazioni telefoniche tra Parolisi e un amico, e tra Parolisi e la soldatessa dopo la morte di Melania; ai non riscontri sulla presenza e percorso di Melania a Colle San Marco; dalle bugie di Parolisi sulla conoscenza del posto del delitto alla questione dei cellulari, al coltello che avrebbe ucciso Melania tipico di chi sta nell’esercito; dai vestiti di Parolisi all’anello di Melania trovato come se fosse stato buttato da lei, alle reazioni di Melania sulle relazioni del marito, ecc. - questo uomo resta in libertà.Perchè? Quale prevenzione oggettiva e soggettiva, “spontanea” (nel senso di logica spontaneamente inquinata che guida le indagini) o voluta, programmata, impedisce di mettere le mani nel buco nero dell’esercito, improntato e pregno comunque di una logica e prassi fascista, maschilista, di relazioni improntate a uno spirito di oppressione/sopraffazione gerarchica che diventa a volte uso/abuso sessuale soprattutto quando vi sono donne (che o si adeguano a questo spirito e ne sono complici, o ne vengono schiacciate dal rambismo machista), ma anche di difesa/omertà di corpo all’interno? E di mettere le mani nella “famiglia”, tutta cresciuta nell’ambiente militare - con un padre, quello di Parolisi, nell’esercito e un fratello guardia carceraria; e un padre, di Melania, ex maresciallo dell’Areonautica, un fratello aviere scelto - e quindi chiusa nella condivisione di certi valori e nella iniziale difesa “a prescindere” di Parolisi?
21.7.11 - FEMMINICIDIO DI MELANIA... IL MARCIUME “DELL’ONORE” DELL’ESERCITO
Stampa e televisioni non aspettavano altro che scatenarsi sulla nuova svolta riguardante l’uccisione di Melania Rea, alcuni servizi mandati in onda tra ieri e oggi e articoli pubblicati sui giornali hanno tentato in modo subdolo di dipingere il Caporal Maggiore dell’Esercito, Salvatore Parolisi, omicida della moglie Melania, addirittura quasi come presunta vittima di una estenuante contesa tra due donne, Ludovica l’amante che non “gli dava più alcuna tregua” negli ultimi tempi istigandolo a lasciare la moglie e Melania, appunto, che scoperta la relazione extraconiugale del marito non si rassegnava alla separazione.
Vergognosi tentativi di deviare l’attenzione dal femminicidio messo in atto da Parolisi che l’ordinanza di custodia cautelare ricostruisce con elementi agghiaccianti come la possibile richiesta alla moglie di avere un rapporto sessuale prima di ucciderla alle spalle con gli slip ancora abbassati!
Vergognosi tentativi di deviare l’attenzione dagli orrendi particolari che invece stanno iniziando a venire fuori in merito al mondo militare maschilista e sessista che Melania forse aveva scoperto diventando una reale minaccia alla salvaguardia “dell’onore” dell’arma.
20.7.11 - LE PUNIZIONI E LE INIZIAZIONI SESSUALI DELLE SOLDATESSE NELLA CASERMA DI PAROLISI
Ne parla Carlo Bonini su Repubblica, che racconta una serie di aneddoti non confermati sulla vita in caserma delle reclute donne. La Emidio Clementi, secondo quanto si scrive, sarebbe un posto dove le soldatesse venivano pi? o meno costrette a riti di iniziazione alla vita militare e dovevano anche prestarsi a favori sessuali in cambio di licenze: “un capitolo della storia di cui tutti parlano mal volentieri. Che ha un incipit. Un paio di anni fa. Una recluta viene sottoposta a un umiliante rito di passaggio e iniziazione. Un “codice rosso”, per dirla con il gergo della truppa. Una donna punisce un’altra donna. Nel corpo e nel rispetto delle altre. La responsabile viene congedata con disonore. Ma non se ne sa nulla, finchè Melania non muore e i carabinieri non cominciano a ficcare il naso nei conciliaboli e le confidenze che si incrociano nella piazza d’armi.
I racconti sono negli interrogatori dei carabinieri ai graduati: la sproporzione tra il numero delle reclute (tutte donne) e il quadro ufficiali e sottufficiali (per lo più uomini), trasformati tre mesi di addestramento in una “caccia grossa”. Dove il gallismo dei maschi si esalta nella sudditanza normalmente imposta alle reclute. Ascoltato come testimone, uno dei caporali addestratori del 235esimo racconta che, alla “Clementi”, c’è chi vanta “strisce importanti”, “Fino a trenta reclute in un anno”. Perchè ogni notte con una “volontaria” diversa diventa una tacca nel bastone del comando. Parolisi era della partita. Ludovica Perrone non era stata la prima e non era l’ultima. Come del resto accerta l’indagine individuando almeno un’altra recluta che, alla fine del 2009, si congeda dal corso addestramento dopo essere passata tra le sue mani.
Nell’articolo si parla anche di un luogo ben preciso dove consumare i rapporti: La “Casa vacanza Dimora di Morgiano”, una locanda a pochi chilometri da Ascoli. In un borgo rurale del 1500, lungo le pendici che rimontano il monte dell’Ascensione. Il proprietario si era dimostrato ragionevole. Nessuna registrazione, nessuna domanda agli uomini e alle donne della “Clementi” che, introdotti, la frequentavano. Tra i 25 e i 30 euro per una notte. Le reclute lasciavano la caserma per 36 ore, con permessi che indicavano le ragazze in visita alle famiglie in qualche parte d’Italia. Semplice e innocuo, almeno fino a quando quel “segreto” non comincia a fiorire sulle labbra di troppi e di troppe, nel reggimento”
”Melania - scrive il gip - potrebbe aver scoperto un segreto inconfessabile del marito che va ricercato in caserma. “Può essere ipotizzato che la moglie avesse scoperto qualcosa di assai più grave del tradimento, o anche solo di torbido. Occorrerebbe approfondire i rapporti interni alla caserma, gli eventuali giri di droga, le altre relazioni extraconiugali...”. E si parla anche di possibili giri di droga in caserma.
8 marzo a Roma
JIN, JÎYAN, AZADÎ
LA LOTTA DELLE DONNE KURDE È LA LOTTA DI OGNUNA DI NOI
L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata
Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora
contro il sistema di dominio patriarcale.
Gli attacchi contro le donne diventano sempre più profondi e si
sviluppano in modo sistematico o strumentalizzato per alimentare/aumentare norme
repressive e securitarie in ogni ambito dell’esistenza fino al
femminicidio, che spesso non viene riconosciuto come tale.
La violenza sulle donne, l'eteronormatività, il sessismo, il razzismo, lo
sfruttamento, le restrizioni sulla libertà di scelta e di
autodeterminazione, l’isolamento sono i dispositivi attraverso cui lo
stato capitalista e patriarcale esercita il proprio controllo sulle
nostre vite e contro cui ci vogliamo ribellare.
Le donne hanno oggi più che mai l’urgenza di costruire insieme la
propria autodifesa.
È proprio questo che attualmente sta succedendo nel Rojava. Nei tre
cantoni curdi dell’amministrazione autonoma nel nord della Siria, le
Unità di Difesa delle Donne YPJ combattono per la liberazione delle
donne e dell’intera società. Le YPJ conducono una lotta contro
l'oppressione e il femminicidio a tutti i livelli.
La lotta delle donne curde non è solo una lotta militare contro IS,
ma una posizione politica contro il capitalismo, in questo momento
neoliberista e neocoloniale e contro la struttura patriarcale.
Non limitano la loro lotta contro la violenza e l’oppressione sulle
donne a una sola giornata, ma con la loro lotta trasformano ogni giorno
nell'8 marzo.
Migliaia di donne - donne kurde da Turchia, Iran, Iraq, Siria, Armenia,
Russia e Europa ma anche donne internazionaliste del Medio Oriente e dai
paesi europei - partecipano attivamente a questo movimento come
militanti. Hanno deciso di lottare contro una vita determinata dal
sistema patriarcale e capitalistico insieme a tante altre donne anche
differenti da loro.
Il movimento delle donne curde è infatti consapevole che la libertà deve
comprendere tutti gli aspetti della vita perché oppressione e
marginalizzazione hanno molte forme diverse: etnia, classe, genere. La
liberazione delle donne è diventata perciò inscindibile momento della
resistenza curda contro tutte le oppressioni e non sorprende che siano
tante le donne a partecipare alle unità armate e alla gestione delle
amministrazioni locali in tutta la regione, siano loro di provenienza
araba, turca, armena e assira.
La forza contagiosa della lotta delle donne e del generale processo di
rivoluzione sociale in Rojava viene oscurato e criminalizzato
dall’imperialismo occidentale a guida statunitense che continua a
classificare il PKK come organizzazione terroristica, al pari dell'IS,
svelando così la sua vera natura cioè la pretesa egemonica del capitale.
Insieme alle donne kurde combattiamo contro la guerra imperialista che
arma sempre gli oppressori e impone con la sua ideologia il marchio
itinerante di terrorista a chiunque si sottragga al disegno del sistema
di sfruttamento globale impostoci.
Organizziamo la nostra resistenza di genere e di classe ovunque nel
mondo. Liberiamoci insieme dal sistema di dominio patriarcale e
capitalistico.
Viva la solidarietà internazionale delle donne!
DOMENICA 8 MARZO CORTEO DELLE DONNE
PARTENZA ORE 10 DALLE CAGNE SCIOLTE VIA OSTIENSE 137B
ARRIVO AL CENTRO SOCIO CULTURALE ARARAT CON PRANZO SOCIALE A
SOSTEGNO DELLA RICOSTRUZIONE DI KOBANE
A SEGUIRE PROIEZIONI E ASSEMBLEA PUBBLICA
_Assemblea femminista e lesbica del 22 febbraio ad Ararat_
LA LOTTA DELLE DONNE KURDE È LA LOTTA DI OGNUNA DI NOI
L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata
Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora
contro il sistema di dominio patriarcale.
Gli attacchi contro le donne diventano sempre più profondi e si
sviluppano in modo sistematico o strumentalizzato per alimentare/aumentare norme
repressive e securitarie in ogni ambito dell’esistenza fino al
femminicidio, che spesso non viene riconosciuto come tale.
La violenza sulle donne, l'eteronormatività, il sessismo, il razzismo, lo
sfruttamento, le restrizioni sulla libertà di scelta e di
autodeterminazione, l’isolamento sono i dispositivi attraverso cui lo
stato capitalista e patriarcale esercita il proprio controllo sulle
nostre vite e contro cui ci vogliamo ribellare.
Le donne hanno oggi più che mai l’urgenza di costruire insieme la
propria autodifesa.
È proprio questo che attualmente sta succedendo nel Rojava. Nei tre
cantoni curdi dell’amministrazione autonoma nel nord della Siria, le
Unità di Difesa delle Donne YPJ combattono per la liberazione delle
donne e dell’intera società. Le YPJ conducono una lotta contro
l'oppressione e il femminicidio a tutti i livelli.
La lotta delle donne curde non è solo una lotta militare contro IS,
ma una posizione politica contro il capitalismo, in questo momento
neoliberista e neocoloniale e contro la struttura patriarcale.
Non limitano la loro lotta contro la violenza e l’oppressione sulle
donne a una sola giornata, ma con la loro lotta trasformano ogni giorno
nell'8 marzo.
Migliaia di donne - donne kurde da Turchia, Iran, Iraq, Siria, Armenia,
Russia e Europa ma anche donne internazionaliste del Medio Oriente e dai
paesi europei - partecipano attivamente a questo movimento come
militanti. Hanno deciso di lottare contro una vita determinata dal
sistema patriarcale e capitalistico insieme a tante altre donne anche
differenti da loro.
Il movimento delle donne curde è infatti consapevole che la libertà deve
comprendere tutti gli aspetti della vita perché oppressione e
marginalizzazione hanno molte forme diverse: etnia, classe, genere. La
liberazione delle donne è diventata perciò inscindibile momento della
resistenza curda contro tutte le oppressioni e non sorprende che siano
tante le donne a partecipare alle unità armate e alla gestione delle
amministrazioni locali in tutta la regione, siano loro di provenienza
araba, turca, armena e assira.
La forza contagiosa della lotta delle donne e del generale processo di
rivoluzione sociale in Rojava viene oscurato e criminalizzato
dall’imperialismo occidentale a guida statunitense che continua a
classificare il PKK come organizzazione terroristica, al pari dell'IS,
svelando così la sua vera natura cioè la pretesa egemonica del capitale.
Insieme alle donne kurde combattiamo contro la guerra imperialista che
arma sempre gli oppressori e impone con la sua ideologia il marchio
itinerante di terrorista a chiunque si sottragga al disegno del sistema
di sfruttamento globale impostoci.
Organizziamo la nostra resistenza di genere e di classe ovunque nel
mondo. Liberiamoci insieme dal sistema di dominio patriarcale e
capitalistico.
Viva la solidarietà internazionale delle donne!
DOMENICA 8 MARZO CORTEO DELLE DONNE
PARTENZA ORE 10 DALLE CAGNE SCIOLTE VIA OSTIENSE 137B
ARRIVO AL CENTRO SOCIO CULTURALE ARARAT CON PRANZO SOCIALE A
SOSTEGNO DELLA RICOSTRUZIONE DI KOBANE
A SEGUIRE PROIEZIONI E ASSEMBLEA PUBBLICA
_Assemblea femminista e lesbica del 22 febbraio ad Ararat_
25/02/15
Intervento del MFPR al congresso dell donne turche di "Donna Nuova" a Francoforte e documento congressuale YENI KADIN
Come
Movimento femminista
proletario rivoluzionario
Italia vogliamo ringraziarvi per l’invito a questo congresso in
cui portiamo con gioia il saluto delle donne lavoratrici, precarie,
disoccupate, giovani che nel nostro paese lottano, organizzate con
noi.
In
questo sistema capitalistico i governi, sia in Europa che nel mondo,
scagliano attacchi sempre più reazionari verso le masse popolari
che si accentuano soprattutto nella crisi; per la maggioranza delle
donne i peggioramenti alle condizioni di vita e di lavoro si legano
sempre ad un aumento dell’oppressione, nei posti di lavoro, nella
vita in generale, in famiglia, con incremento della violenza sessuale
fino ai femminicidi.
Ma
vediamo come nel mondo, seppur in diverse forme, le masse popolari si
ribellano, tante donne, compagne, proletarie lottano, sfidando con
coraggio e determinazione la pesante repressione degli Stati, dalle
donne di Gaza/Palestina che resistono ai feroci attacchi dello Stato
nazisionista di Israele alle donne in lotta nelle cittadelle
imperialiste verso cui la repressione poliziesca di Stato assume
anche odiosi aspetti sessisti e maschilisti.
Ma
dalle donne combattenti Curde a Rojava e Kobane alle donne
combattenti nella guerra popolare in India abbiamo oggi un esempio
luminoso della doppia/tripla lotta che le donne mettono in campo
ribellandosi ad un sistema che fa della doppia/tripla oppressione
delle donne una sua base.
Nel
nostro paese il fronte di lotta principale del Movimento
femminista proletario rivoluzionario sono
la condizione di vita e di lavoro delle donne proletarie. Diverse
lotte abbiamo fatto e guidato negli anni, tutte inserite nel
quadro dell’attacco complessivo che governi sempre più reazionari,
padroni e Stato sferrano contro le donne, in quello che noi chiamiamo
moderno fascismo e moderno medioevo che avanzano.
Le
lotte con le lavoratrici (l’Italia è uno dei paesi europei con un
tasso di occupazione femminile tra i più bassi (46,6%)), le
inchieste tra le operaie in alcune grandi fabbriche come la Fiat, le
iniziative contro la violenza sessuale e i femminicidi in costante
aumento, vera e propria guerra di bassa intensità contro le donne,
le mobilitazioni contro l’attacco al diritto di aborto, e le
campagne ideologiche sulla “sacra famiglia” delle Istituzioni
fiancheggiate attivamente dalla Chiesa cattolica, sono alcune delle
battaglie che ci vede maggiormente impegnate.
Tutte
queste lotte hanno portato, tappa dopo tappa, alla costruzione dello
Sciopero delle donne,
il 25 novembre 2013, giornata internazionale contro la violenza sulle
donne, un vero e proprio evento storico nel nostro paese.
Uno
sciopero di avanguardia, non solo sindacale, perché partendo dalle
condizioni delle lavoratrici, dall'attacco ai loro diritti e dalla
questione dei femminicidi e della violenza sessuale, faccia moderna
dell’imperialismo, si è allargato a tutti gli aspetti di
oppressione della maggioranza delle donne, dall’ambito sociale, a
quello ideologico, familiare, sessuale; mettendo al centro
l’intreccio della questione di classe con la questione di genere.
Uno
sciopero che ha visto l'adesione di piu’ di 20.000 donne, tra
operaie, lavoratrici, precarie, disoccupate, migranti, studentesse e
che abbiamo definito una
scintilla che ha
illuminato il sentiero di lotta delle donne, delle proletarie che non
hanno nulla da perdere in questo sistema capitalistico se non le
doppie catene dell’oppressione e che devono essere protagoniste
nella lotta rivoluzionaria per rovesciare questo sistema.
Uno
sciopero che è stata anche una battaglia pratica e teorica verso le
realtà sindacali o femministe borghesi e piccolo borghesi
filo-istituzionali con la loro linea di boicottare o deviare lo
sciopero su una via riformista e in una logica della delega delle
donne al governo.
Traendo
un bilancio dall'esperienza, nel nuovo anno di lotta riteniamo
necessario lavorare perchè la linea/concezione/lotta rivoluzionaria
che si è concretizzata nello Sciopero delle donne, si estenda e si
consolidi. Importante in questa fase è la battaglia teorica al
servizio della pratica,
su questo abbiamo fatto anche degli opuscoli, di cui ne abbiamo
portato qui alcuni.
In
queste lotte, battaglie, le compagne del Mfpr e in particolare le
donne proletarie mentre sono in prima fila nell’organizzazione di
esse trasformano il loro modo di pensare, agire e anche di vivere
avanzando nell’assumere un ruolo di direzione in tutti i campi, nel
movimento sindacale, nel movimento delle donne e nella lotta generale
per la trasformazione rivoluzionaria del nostro paese… una parola
d’ordine dice “scatenare
la ribellione delle donne come forza poderosa della rivoluzione”
In
questo senso le parole che compongono la nostra sigla hanno ognuna un
significato specifico. Diciamo femminismo
perché facciamo
nostra tutta la ribellione delle donne che lottano e vengono
attaccate, represse, criminalizzate dal sistema borghese, per
valorizzare il protagonismo spontaneo delle donne, il loro ruolo e
radicalità nella lotta contro doppio sfruttamento e oppressione;
diciamo femminismo
proletario come
espressione della maggioranza delle donne che sono le proletarie,
lavoratrici, precarie…, che si contrappone in maniera irriducibile
e lotta contro il femminismo borghese e piccolo borghese che nella
sostanza vuole “abbellire” il dominio della borghesia
accontentandosi di qualche privilegio o riforma ma sempre per le
donne della propria classe; diciamo femminismo
proletario rivoluzionario
perché dall’insieme di tutti i vari aspetti di oppressione,
violenza contro le donne emerge tutta la violenza “sistemica” di
questa società che deve essere rovesciata, e perchè le donne siano
il cuore impetuoso di una rivoluzione che vada in fondo, una
rivoluzione nella rivoluzione che trasformi il cielo e la terra.
Nelle
lotte che portiamo avanti siamo saldamente legate con le donne che
lottano nei paesi oppressi. Guardare a tali esperienze non può che
arricchirci e rafforzarci nella solidarietà internazionale, come voi
stesse avete scritto nell’invito per questo congresso.
In
questo senso abbiamo fatto delle iniziative di solidarietà concreta
verso le donne Curde come andare all’ambasciata Turca a Roma con
un grande striscione il 25 novembre 2014, sfidando la polizia, e da
anni abbiamo posto un “ ponte” con le tante donne che lottano
nella guerra popolare in India, vero e proprio cuore pulsante della
rivoluzione nella rivoluzione in questa guerra di popolo.
L’Mfpr
per rafforzare questo ponte parteciperà alla delegazione
internazionale che si recherà in India contro l'operazione Green
Hunt, genocida del popolo indiano ad opera del governo fascista Modi.
Il
cammino di noi donne proletarie contro lo sfruttamento e
l’oppressione di questo sistema non è certamente facile ma è
sicuramente entusiasmante perché l’obiettivo è luminoso: “tutta
la nostra vita deve cambiare!”
Movimento femminista proletario rivoluzionario Italia
*****
13° DOCUMENTO DI PROSPETTIVA
POLITICA DI DONNA NUOVA
LE DONNE PROLETARIE COSTRUISCONO LA
RESISTENZA CONTRO L’ATTACCO IMPERIALISTA!
L'assalto politico, economico e
ideologico del sistema imperialista continua a guidare il declino dei
popoli sfruttati e oppressi in tutto il mondo. In opposizione ad esso
sorge dietro barricate, per le strade, nelle università e le
fabbriche la resistenza dei popoli sfruttati e oppressi contro le
guerre di redistribuzione degli imperialisti.
La lotta contro la disoccupazione
crescente, la sottrazione dei diritti sociali e il razzismo delle
classi proletarie e oppresse in Europa ... Lo spirito del movimento
Gezi in Turchia ha avviato un processo di lotta che incide tutte le
sfere della vita ... La resistenza gloriosa contro l'obiettivo
imperialista di ridisegnare il Medio Oriente per i propri profitti
... migliora la speranza. Forse la resistenza delle masse non si sta
sviluppando alla stessa velocità in tutto il mondo, ma di sicuro si
tratta di un presagio per i giorni luminosi.
Dal punto di vista delle donne che
comprendono il livello più basso degli sfruttati e oppressi; anche
quando la personalità silenziosa e passiva imposta dal sistema alle
donne non viene combattuta in tutto il mondo nella stessa
estensione, tuttavia questo silenzio viene rotto passo dopo
passo. Il ruolo di guida delle donne durante gli scioperi in Europa,
sulle barricate del movimento di Gezi in Turchia e durante la
resistenza in Rojava e Kobanè migliora la nostra speranza.
24/02/15
Turchia, violenza sulle donne in aumento, ma non si fermano le proteste e gli uomini scendono in piazza in minigonna
Le
violenze contro le donne sono aumentate del 400% da quando è al potere
in Turchia il partito islamico Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan
secondo la stampa di opposizione. L'emozione suscitata dal barbaro
assassinio di Ozgecan non ha fermato assassini e violentatori, secondo i
media di Ankara. Diversi casi di omicidi di donne e di violenze sono
stati registrati negli ultimi giorni nel paese. La stampa turca
riferisce che il cadavere di una ragazza di 18 anni, bruciata come
Ozgecan, è stato trovato domenica in un parco di Akhisar, vicino a
Manisa.
Ma le proteste non si fermano, migliaia di persone ancora
in piazza per denunciare le violenze sulle donne e diversi uomini si
sono fatti fotografare in minigonna, pubblicando le immagini sul web per
denunciare la piaga delle violenze contro le donne nel Paese. La
campagna è diventata subito virale con l'hashtag #ozgecanicinminietekgiy
("Una minigonna per Ozgecan"), dal nome della giovane vittima.
“Se
alla fine dei conti la colpa è sempre della minigonna, se indossarla è sintomo
di immoralità e di impurità, se una donna che porta una gonna corta è un invito
implicito a toccarla, allora anche noi uomini vogliamo mandare lo stesso
messaggio”.
Oltre
sei milioni di persone hanno twittato il nome di Özgecan Aslan e moltissime donne hanno
raccontato le loro esperienze di abusi.
Le concezioni maschiliste e reazionarie profuse a piene mani da governi,
politici e autorità scolastiche alimentano le
violenze contro le donne. Sempre più efferate. Lo vediamo tutti i giorni
in Italia, Spagna, Turchia, India....
Ribellarsi non solo è giusto, ma è un dovere di tutte e tutti!
Ribellarsi non solo è giusto, ma è un dovere di tutte e tutti!
23/02/15
Spagna, di nuovo sotto attacco il diritto di aborto
il governo spagnolo, dopo essere stato costretto con
la lotta delle donne a fare marcia indietro, ritorna all' attacco
del diritto d'aborto, in forma limitata con la proposta della
necessità, per le ragazze di 16, 17 anni , del consenso dei
genitori.
Di seguito i comunicati delle femministe spagnole
Di seguito i comunicati delle femministe spagnole
El Gobierno cambia de forma limitada y
urgente la ley del aborto
(su www.feministas.org)
El Gobierno aborda de forma discreta, rápida y limitada la reforma
del aborto, tras una legislatura de polémicas sobre este asunto. Lo hace
con una proposición de ley breve de solo dos artículos y tres
disposiciones presentada hoy por el PP que solo afectará al permiso de
los padres a las mujeres de entre 16 y 18 años.
Después de una
legislatura de dudas y polémica, que provocó la dimisión de Alberto
Ruiz-Gallardon como ministro de Justicia, el Gobierno ha optado por esta
fórmula rápida que disgusta a sectores más conservadores del partido.
Abandona la reforma global y acepta de forma implícita la ley de plazos
o, al menos, renuncia a modificarla. La ley de plazos de 2010 está en
vigor, pero pendiente de que el Tribunal Constitucional resuelva el
recurso presentado por el PP cuando estaba en la oposición.
La
norma elimina el apartado 4 del artículo 13 de la ley del aborto
(2/2010/ y cambia la ley de autonomía del paciente para que sea
obligatorio el permiso de los padres. En caso de conflicto, según el
portavoz del PP, Rafael Hernando, se aplicaría el Código Civil.
Hernando
ha asegurado reiteradamente en rueda de prensa en el Congreso que no
puede haber discrepancia porque se cumple estrictamente el programa del
PP. Ese punto del programa es tan ambiguo como que fue invocado durante
meses por el Gobierno para sustentar la sustitución de la ley de plazos
por una de supuestos restringida.
El portavoz del PP ha dejado en manos del Constitucional el futuro de la ley de plazos.
El
Gobierno intentó cambiar la ley a través del plan de familia, pero
recibió el varapalo del Consejo de Estado por querer cambiar una ley
orgánica con una ordinaria y ahora usa la fórmula de la proposición de
ley del PP, muy poco habitual y usada con polémica para eliminar la
justicia universal o reformar la legislación antiterrorista.
De
esta forma se elude el trámite de informes técnicos y solo se hace
obligatorio el consentimiento de los padres para menores que quieran
abortar. La actual ley tuvo apoyo de PSOE, UPyD, IU, PNV y convergencia
que, de esa forma, apoyaron el conjunto de la norma incluyendo lo
relativo a las menores. Solo Unió era partidaria de reformar la ley que
ahora puede ser cambiada solo con los votos del PP.
Nota de prensa de ACAI
El PARTIDO POPULAR DESPROTEGE A UNAS 400 MENORES A LAS QUE ABOCARÁ A UN ABORTO CLANDESTINO.
El PARTIDO POPULAR DESPROTEGE A UNAS 400 MENORES A LAS QUE ABOCARÁ A UN ABORTO CLANDESTINO.
La "buona scuola" di Renzi?: repressione contro le insegnanti e gli insegnanti precari in lotta!
Forte solidarietà!
Il governo Renzi anche in questa occasione mostra tutta la sua natura moderno fascista che avanza e che usa la repressione per mettere a tacere chiunque osi dissentire o ribellarsi a riforme o leggi sempre più reazionarie al servizio degli interessi del Capitale, come il vergognoso Jobs Act o la riforma della "buona scuola".
Non ci metteranno a tacere! Ma è necessario lavorare e lottare in ogni ambito e settore affinchè si arrivi ad uno sciopero generale vero! per la caduta del governo sempre più antiproletario e antipopolare
Il governo Renzi anche in questa occasione mostra tutta la sua natura moderno fascista che avanza e che usa la repressione per mettere a tacere chiunque osi dissentire o ribellarsi a riforme o leggi sempre più reazionarie al servizio degli interessi del Capitale, come il vergognoso Jobs Act o la riforma della "buona scuola".
Non ci metteranno a tacere! Ma è necessario lavorare e lottare in ogni ambito e settore affinchè si arrivi ad uno sciopero generale vero! per la caduta del governo sempre più antiproletario e antipopolare
Lavoratrici e lavoratori scuola- ATA
Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo
Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo
***
Roma,
22 febbraio 2015 - Docenti messi a tacere in malo modo, allontanati,
identificati e portati in questura, mentre si invitavano le telecamere
presenti a non riprendere: ecco quanto accaduto oggi alla kermesse
organizzata dal Dipartimento Scuola del PD per la presentazione
ufficiale del decreto scuola.
I precari e le precarie di Roma e provincia si erano dati appuntamento alle 9.30 in Piazza della Repubblica per partecipare al presidio di protesta indetto dall’USB, a qualche centinaia di metri di distanza dal luogo in cui si svolgeva l’iniziativa del Pd, un Hotel in Via Palermo.
Intorno alle 12.00 il presidio si è sciolto e alcuni partecipanti hanno deciso di spostarsi alla “spicciolata” verso Via Palermo per attendere i colleghi che stavano prendendo parte alla kermesse con regolare accredito.
Dopo aver sostato pochi minuti sul marciapiede antistante l’Hotel, i docenti sono stati avvicinati dalle Forze dell’ordine, allontanati e minacciati di denuncia se non avessero immediatamente abbandonato la via. Si precisa che i colleghi in questione erano sprovvisti di megafono, striscioni, cartelloni, o qualsiasi cosa potesse far pensare ad una manifestazione. Ed erano in silenzio al bordo della strada ad attendere i colleghi. L’apice si è raggiunto quando due insegnanti, di cui una donna,dell’USB - rei di aver tentato di distribuire dei volantini e di parlare con la stampa – sono stati immediatamente bloccati e portati in questura.
Intanto i docenti che erano all’interno ad assistere alla kermesse hanno tentato di prendere la parola durante l’intervento di Renzi, chiedendo di poter esprimere la propria opinione, ma sono stati subito allontanati, mentre Renzi definiva i loro interventi delle “pagliacciate per apparire in tv!”.
Reputiamo che quanto accaduto in questa giornata sia gravissimo. Mentre si presenta la riforma della Scuola pubblica, non si esita a dare un’ennesima dimostrazione dell’assoluta mancanza di democrazia che caratterizza i processi decisionali del Governo. La voce della scuola non si mette a tacere con atti intimidatori e repressivi perchè la scuola per sua natura è libera, pensante, critica e non ha padroni e finchè avrà fiato continuerà a parlare nelle strade, nelle piazze, al chiuso, prendendo parte ad eventi pubblici e ad eventi mediatici, e soprattutto all'interno delle Istituzioni scolastiche stesse per porre un argine alla distruzione dell'istruzione pubblica statale e alla deriva dei diritti sul lavoro.
Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai colleghi portati in questura e a coloro che sono stati identificati e facciamo presente che ora più che mai è utile e necessario portare avanti la nostra lotta, in difesa della Scuola pubblica statale, del lavoro e della democrazia.
I precari e le precarie di Roma e provincia si erano dati appuntamento alle 9.30 in Piazza della Repubblica per partecipare al presidio di protesta indetto dall’USB, a qualche centinaia di metri di distanza dal luogo in cui si svolgeva l’iniziativa del Pd, un Hotel in Via Palermo.
Intorno alle 12.00 il presidio si è sciolto e alcuni partecipanti hanno deciso di spostarsi alla “spicciolata” verso Via Palermo per attendere i colleghi che stavano prendendo parte alla kermesse con regolare accredito.
Dopo aver sostato pochi minuti sul marciapiede antistante l’Hotel, i docenti sono stati avvicinati dalle Forze dell’ordine, allontanati e minacciati di denuncia se non avessero immediatamente abbandonato la via. Si precisa che i colleghi in questione erano sprovvisti di megafono, striscioni, cartelloni, o qualsiasi cosa potesse far pensare ad una manifestazione. Ed erano in silenzio al bordo della strada ad attendere i colleghi. L’apice si è raggiunto quando due insegnanti, di cui una donna,dell’USB - rei di aver tentato di distribuire dei volantini e di parlare con la stampa – sono stati immediatamente bloccati e portati in questura.
Intanto i docenti che erano all’interno ad assistere alla kermesse hanno tentato di prendere la parola durante l’intervento di Renzi, chiedendo di poter esprimere la propria opinione, ma sono stati subito allontanati, mentre Renzi definiva i loro interventi delle “pagliacciate per apparire in tv!”.
Reputiamo che quanto accaduto in questa giornata sia gravissimo. Mentre si presenta la riforma della Scuola pubblica, non si esita a dare un’ennesima dimostrazione dell’assoluta mancanza di democrazia che caratterizza i processi decisionali del Governo. La voce della scuola non si mette a tacere con atti intimidatori e repressivi perchè la scuola per sua natura è libera, pensante, critica e non ha padroni e finchè avrà fiato continuerà a parlare nelle strade, nelle piazze, al chiuso, prendendo parte ad eventi pubblici e ad eventi mediatici, e soprattutto all'interno delle Istituzioni scolastiche stesse per porre un argine alla distruzione dell'istruzione pubblica statale e alla deriva dei diritti sul lavoro.
Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai colleghi portati in questura e a coloro che sono stati identificati e facciamo presente che ora più che mai è utile e necessario portare avanti la nostra lotta, in difesa della Scuola pubblica statale, del lavoro e della democrazia.
NO ALLA CATTIVA SCUOLA!
STOP AL PRECARIATO!
TUTTI E TUTTE AL PRESIDIO DAL 23 al 27 (dalle ore 15 alle 19) IN PIAZZA MONTECITORIO!
PRECARI UNITI CONTRO I TAGLI https://www.facebook.com/events/420915961406775/?pnref=STOP AL PRECARIATO!
TUTTI E TUTTE AL PRESIDIO DAL 23 al 27 (dalle ore 15 alle 19) IN PIAZZA MONTECITORIO!
22/02/15
Un messaggio delle donne turche di Yeni Kadin (Donna Nuova) alle donne delle Movimento femminista proletario rivoluzionario
Il 7-8 febbraio vi è stato a Francoforte il congresso di DONNA
NUOVA e insieme a noi per due giorni, portando con il proprio
intervento un buon esempio di solidarietà internazionale delle
donne, il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
Il nostro congresso, le organizzazioni e i dipartimenti delle donne, dopo avere ascoltato l'intervento del Mfpr tradotto, hanno condiviso la lotta di liberazione che le nostre amiche in Italia fanno con l'organizzazione femminista proletaria rivoluzionaria delle donne...
Grazie ancora per il loro lavoro e la solidarietà, estendiamo i nostri saluti internazionali e femminili
Yeni Kadin
Il nostro congresso, le organizzazioni e i dipartimenti delle donne, dopo avere ascoltato l'intervento del Mfpr tradotto, hanno condiviso la lotta di liberazione che le nostre amiche in Italia fanno con l'organizzazione femminista proletaria rivoluzionaria delle donne...
Grazie ancora per il loro lavoro e la solidarietà, estendiamo i nostri saluti internazionali e femminili
Yeni Kadin
21/02/15
Perù, 300mila donne e 22mila uomini sterilizzati con la forza dal governo Fujimori lottano ancora per avere giustizia
Perù, i veri crimini contro l'umanità sono da sempre impuniti, mentre i dirigenti del PCP e della guerra popolare di quegli anni sono seppelliti in carcere o muoiono in carcere, come la camarada Nancy.
Da Redacción Desinformémonos
traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
In Perù durante il governo del presidente Alberto Fujimori, condannato a 25 anni di carcere per crimini di lesa umanità, furono sterilizzati con la forza almeno 300 mila donne e 22 mila uomini. Vittime e organizzazioni sociali mettono in dubbio l’imparzialità della giustizia durante i 18 anni di questo caso.
Da un anno, le indagini sulla sterilizzazione che si incominciò a praticare tra il 1988 ed il 2001 sono archiviate, in questo modo si esclude la responsabilità di Fujimori e dei suoi Ministri della Sanità di allora. I casi non sono stati portati in giudizio al di là dell’imputazione per delitti minori.
Secondo il Centro della Donna Peruviana Flora Tristán, “per le donne la giustizia è una utopia”, dei 300 mila casi di sterilizzazione, solo in un caso è stata riconosciuta la responsabilità penale dello stato. Il processo ha richiesto al governo di indennizzare la famiglia di María Mamérita che morì a causa di una generalizzata infezione dopo un intervento forzato di sterilizzazione, che faceva parte del programma governativo di Salute Riproduttiva e Pianificazione Familiare.
Senza il loro consenso e molte volte ingannate, le chirurgie erano praticate alle donne dei paesi più poveri e delle zone rurali del Perù, la maggior parte di queste erano indigene quechua e aimara. Anche donne incinta furono obbligate a subire il procedimento dato che i funzionari del ministero della sanità dovevano effettuare un determinato numero di sterilizzazioni.
Il Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione contro la Donna (Dedaw), raccomanda allo stato di identificare tutte le donne che hanno subito l’intervento con la forza, l’indagine giudiziaria e la riparazione integrale delle vittime.
Su informazioni di Adital
Da un anno, le indagini sulla sterilizzazione che si incominciò a praticare tra il 1988 ed il 2001 sono archiviate, in questo modo si esclude la responsabilità di Fujimori e dei suoi Ministri della Sanità di allora. I casi non sono stati portati in giudizio al di là dell’imputazione per delitti minori.
Secondo il Centro della Donna Peruviana Flora Tristán, “per le donne la giustizia è una utopia”, dei 300 mila casi di sterilizzazione, solo in un caso è stata riconosciuta la responsabilità penale dello stato. Il processo ha richiesto al governo di indennizzare la famiglia di María Mamérita che morì a causa di una generalizzata infezione dopo un intervento forzato di sterilizzazione, che faceva parte del programma governativo di Salute Riproduttiva e Pianificazione Familiare.
Senza il loro consenso e molte volte ingannate, le chirurgie erano praticate alle donne dei paesi più poveri e delle zone rurali del Perù, la maggior parte di queste erano indigene quechua e aimara. Anche donne incinta furono obbligate a subire il procedimento dato che i funzionari del ministero della sanità dovevano effettuare un determinato numero di sterilizzazioni.
Il Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione contro la Donna (Dedaw), raccomanda allo stato di identificare tutte le donne che hanno subito l’intervento con la forza, l’indagine giudiziaria e la riparazione integrale delle vittime.
Su informazioni di Adital
Turchia, preside propone gruppo di molestatori contro le studentesse in minigonna
20 Febbraio 2015 - “Se si vestono con le minigonne meritano di essere molestate. Se la vanno a cercare”. Da questo ragionamento è partita la vicepreside di un liceo di Antalya, in Turchia. E la conclusione è stata quella di organizzare un vero e proprio team di studenti maschi con il compito di girare per la scuola e intercettare le compagne vestite in maniera succinta. Delle vere e proprie ronde con compiti ben precisi. “Prima dovranno avvisarle, poi, se queste continueranno a portare minigonne, potranno anche farle sentire a disagio, così impareranno a vestirsi decentemente”, ha annunciato la vicepreside durante una riunione con i rappresentanti di classe.
I ragazzi hanno riferito il tutto a un'insegnante che, pensando di aver frainteso, ha chiesto lumi alla diretta interessata. “Se tolleriamo che le studentesse girino in minigonna, chi sarà il colpevole in caso di molestie?”, le ha chiesto la dirigente scolastica. “Chi le ha commesse, chiaramente”, ha ribattuto l'insegnante. Ma la miccia era ormai accesa.
L'unione degli insegnanti ha confermato l'accaduto e denuncerà il fatto alle autorità competenti. La vicepreside, raggiunta dall'agenzia di stampa Dogan, ha dichiarato: “Ogni cosa che ho detto sull'argomento ai miei studenti è riservata. Quello che ci diciamo in questi incontri non dovrebbe essere rivelato”. Il tutto avviene mentre la Turchia è ancora sotto shock dopo che una ragazza di Mersin, sabato scorso, è stata brutalmente stuprata e uccisa.
I ragazzi hanno riferito il tutto a un'insegnante che, pensando di aver frainteso, ha chiesto lumi alla diretta interessata. “Se tolleriamo che le studentesse girino in minigonna, chi sarà il colpevole in caso di molestie?”, le ha chiesto la dirigente scolastica. “Chi le ha commesse, chiaramente”, ha ribattuto l'insegnante. Ma la miccia era ormai accesa.
L'unione degli insegnanti ha confermato l'accaduto e denuncerà il fatto alle autorità competenti. La vicepreside, raggiunta dall'agenzia di stampa Dogan, ha dichiarato: “Ogni cosa che ho detto sull'argomento ai miei studenti è riservata. Quello che ci diciamo in questi incontri non dovrebbe essere rivelato”. Il tutto avviene mentre la Turchia è ancora sotto shock dopo che una ragazza di Mersin, sabato scorso, è stata brutalmente stuprata e uccisa.
Onore alla compagna Teresa
A Rocca di Botte è morta ieri la compagna Teresa Scinica. E'
rimasta vittima di un incidente con l'auto sulla rampa garage della
casa del compagno, che aveva portato al lavoro.
Operaia Fiat a Torino, entrata giovanissima in contatto con i gruppi
della sinistra extraparlamentare, quindi nel "Partito Guerriglia" nato
da una scissione delle Brigate Rosse, era stata poi condannata
all'ergastolo e quindi aveva vissuto gran parte della sua vita nelle
carceri speciali, a Voghera e altrove. Ne era infine uscita dopo aver
scontato per intero la condanna (Contropiano)
Il nostro ultimo saluto a Teresa con una poesia di Nazim Hikmet:
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
20/02/15
Manifestazioni in Turchia e in Europa per lo stupro e l'uccisione di Ozgecan Aslan
Migliaia di donne turche e di attivisti contro la violenza sulle
donne hanno protestato in diverse città della Turchia ed europee negli ultimi
giorni contro lo stupro, dopo l’omicidio di una studentessa di
vent’anni, Özgecan Aslan, ritrovata morta a Tarso, nel sud del paese il
13 febbraio.
Su Twitter le associazioni contro la violenza hanno
lanciato l’hashtag #sendeanlat (#raccontalatuastoria) per denunciare le esperienze di violenza subite.
Secondo i mezzi d’informazione locali, Özgecan Aslan è stata
violentata e uccisa dall’autista dell’autobus che la portava
dall’università a casa. Grazie all’aiuto di due complici, l’omicida,
identificato come Ahmet Suphi Altindoken, ha dato fuoco al corpo della
ragazza per distruggere ogni possibile traccia dell’omicidio. I tre
aggressori sono stati arrestati dalla polizia il 15 febbraio e hanno
confessato l’omicidio.
Le organizzazioni per i diritti delle donne hanno chiesto al governo
di Ankara di combattere questo tipo di reati e hanno accusato i politici
del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) al governo di aver
assecondato atteggiamenti misogini. Secondo queste associazioni, gli
omicidi di donne sono aumentati in modo significativo negli ultimi dieci
anni, fino a raggiungere i trecento casi nel 2014.
Le Monde, Al Jazeera, Bbc
Studentessa palestinese condannata dal tribunale militare sionista per una manifestazione
Il 16 febbraio il tribunale militare dell'occupazione sionista di
Ofer ha condannato una studentessa dell'università di Bir Zeit, Lina
Khattab, a sei mesi di reclusione, una multa di 6000 shekel e tre anni
di libertà vigilata per aver partecipato ad una manifestazione di
protesta davanti alla prigione di Ofer, chiedendo la liberazione dei
prigionieri palestinesi. (Fonte mondoweiss)
Lina
Khattab, 18 anni, ballerina, fu arrestata il 13 dicembre 2014 con l'accusa di aver lanciato pietre e di aver partecipato a una manifestazione illegale (nel 47 ° anniversario della fondazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).
Nei due mesi di detenzione (le è stata rifiutata la cauzione), prima nella prigione di Ofer, poi nel carcere di HaSharon, Lina Khattab è stata sottoposta a torture, interrogatori e condizioni detentive durissime. A sua madre Lina ha detto di essere stata oggetto di "percosse estreme" da parte dei soldati israeliani e tuttavia, nonostante la tortura, ha spiegato che si era rifiutata di piangere, facendo arrabbiare i soldati che l'hanno aggredita.
L'unica prova usata contro di lei in tribunale sono state infatti le testimonianze dei tre poliziotti israeliani che l'hanno arrestata.
Alla fine del 2014 il governo israeliano ha varato una legge che prevede fino a 20 anni di carcere per chi - e sono soprattutto i bambini e gli adolescenti - lancia pietre contro i veicoli militari israeliani come atto simbolico di resistenza all'occupazione israeliana e indipendentemente dal fatto che ci siano stati effettivamente danni a persone o cose.
Oltre a Lina Khattab, più di 20 donne e bambine palestinesi sono attualmente rinchiuse nel carcere di HaSharon. Solo pochi giorni fà, è stata rilasciata la 14enne Malak al-Khatib, condannata a due mesi di prigione, una multa di $ 1.500, e tre anni di libertà vigilata per presunto lancio di sassi e il possesso di un coltello.
Adalah, il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele, ha dettagliato la tortura sistematica di Israele nei confronti dei bambini palestinesi detenuti: insulti, umiliazioni, percosse, minacce di morte e tortura anche ai famigliari, incappucciamento della testa, elettroshock, isolamento, violenza sessuale anche nei confronti delle loro madri e sorelle. Ai bambini vengono inoltre negati il cibo, l'acqua e l'accesso ai servizi igienici per decine di ore, a meno che non confessano le accuse contro di loro.
Nei due mesi di detenzione (le è stata rifiutata la cauzione), prima nella prigione di Ofer, poi nel carcere di HaSharon, Lina Khattab è stata sottoposta a torture, interrogatori e condizioni detentive durissime. A sua madre Lina ha detto di essere stata oggetto di "percosse estreme" da parte dei soldati israeliani e tuttavia, nonostante la tortura, ha spiegato che si era rifiutata di piangere, facendo arrabbiare i soldati che l'hanno aggredita.
L'unica prova usata contro di lei in tribunale sono state infatti le testimonianze dei tre poliziotti israeliani che l'hanno arrestata.
Alla fine del 2014 il governo israeliano ha varato una legge che prevede fino a 20 anni di carcere per chi - e sono soprattutto i bambini e gli adolescenti - lancia pietre contro i veicoli militari israeliani come atto simbolico di resistenza all'occupazione israeliana e indipendentemente dal fatto che ci siano stati effettivamente danni a persone o cose.
Oltre a Lina Khattab, più di 20 donne e bambine palestinesi sono attualmente rinchiuse nel carcere di HaSharon. Solo pochi giorni fà, è stata rilasciata la 14enne Malak al-Khatib, condannata a due mesi di prigione, una multa di $ 1.500, e tre anni di libertà vigilata per presunto lancio di sassi e il possesso di un coltello.
Oltre il 20% della popolazione palestinese è sottoposta a detenzione e tortura nelle carceri dello stato sionista; più di 160 sono minorenni con età compresa fra i 12 e i 17 anni.
Adalah, il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele, ha dettagliato la tortura sistematica di Israele nei confronti dei bambini palestinesi detenuti: insulti, umiliazioni, percosse, minacce di morte e tortura anche ai famigliari, incappucciamento della testa, elettroshock, isolamento, violenza sessuale anche nei confronti delle loro madri e sorelle. Ai bambini vengono inoltre negati il cibo, l'acqua e l'accesso ai servizi igienici per decine di ore, a meno che non confessano le accuse contro di loro.
La multinazionale britannica della sicurezza privata G4S assicura la protezione delle carceri israeliane e si rende così complice delle innumerevoli torture perpetrate all’interno delle mura oltre che della pulizia etnica in Palestina, della guerra scatenata da Israele per cancellare un intero popolo, colpendo soprattutto le donne e i bambini.
Ma le donne e i bambini palestinesi stanno dimostrando ancora una volta che non sono solo vittime: Lina Khattab è diventata il simbolo della resistenza del popolo palestinese e una sorta di "intifada elettronica", una campagna internazionale per la sua liberazione è stata lanciata anche sui social network
L'MFPR esprime la massima solidarietà a Lina e a tutte le donne palestinesi, che con coraggio e determinazione resistono all'occupazione dello stato nazi-sionista di Israele.
Siamo con le donne palestinesi perchè Israele paghi caro il loro sangue e lacrime per i figli e familiari uccisi!
Siamo con la resistenza delle donne palestinesi e siamo convinte che, con la loro forza, trasformeranno quel sangue e quelle lacrime in “armi” contro la barbara oppressione e i massacri di Israele, nella lotta fino alla libertà della Palestina.
Ma siamo in Italia e la nostra lotta deve andare oltre un comunicato di solidarietà. Per questo lottiamo contro lo stato e il governo italiano, che insieme all’imperialismo USA ed europeo sono complici dell’oppressione coloniale israeliana, fornendo ad Israele le armi delle industrie belliche italiane per massacrare il popolo palestinese e prendendo da Israele i “consiglieri economici” per massacrare quello italiano a colpi di jobs act (Yoram Gutgeld, consigliere economico del Governo Renzi, già ufficiale superiore dell’esercito israeliano)
Siamo in Italia e siamo contro le cosiddette "quote rosa" del nostro parlamento, che non spendono una parola sul sangue delle donne palestinesi e sulla condizione di miseria e di oppressione che vivono le proletarie italiane in questa società capitalistica, ma guardano all’IS (che la stessa borghesia mondiale ha creato e finanziato) con interesse strumentale a una nuova guerra imperialista!
MFPR
Ma le donne e i bambini palestinesi stanno dimostrando ancora una volta che non sono solo vittime: Lina Khattab è diventata il simbolo della resistenza del popolo palestinese e una sorta di "intifada elettronica", una campagna internazionale per la sua liberazione è stata lanciata anche sui social network
video tratto da palestinian prisoner solidarity network
Siamo con le donne palestinesi perchè Israele paghi caro il loro sangue e lacrime per i figli e familiari uccisi!
Siamo con la resistenza delle donne palestinesi e siamo convinte che, con la loro forza, trasformeranno quel sangue e quelle lacrime in “armi” contro la barbara oppressione e i massacri di Israele, nella lotta fino alla libertà della Palestina.
Ma siamo in Italia e la nostra lotta deve andare oltre un comunicato di solidarietà. Per questo lottiamo contro lo stato e il governo italiano, che insieme all’imperialismo USA ed europeo sono complici dell’oppressione coloniale israeliana, fornendo ad Israele le armi delle industrie belliche italiane per massacrare il popolo palestinese e prendendo da Israele i “consiglieri economici” per massacrare quello italiano a colpi di jobs act (Yoram Gutgeld, consigliere economico del Governo Renzi, già ufficiale superiore dell’esercito israeliano)
Siamo in Italia e siamo contro le cosiddette "quote rosa" del nostro parlamento, che non spendono una parola sul sangue delle donne palestinesi e sulla condizione di miseria e di oppressione che vivono le proletarie italiane in questa società capitalistica, ma guardano all’IS (che la stessa borghesia mondiale ha creato e finanziato) con interesse strumentale a una nuova guerra imperialista!
MFPR
Di seguito il comunicato di solidarietà del FPLP, da Palestina Rossa
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina denuncia i tribunali militari sionisti come strumento di persecuzione e usati come arma contro il popolo palestinese e contro i suoi legittimi diritti di difendersi e resistere all'occupazione come sancito dal Diritto Internazionale.
Il Fronte
ha affermato che l'arresto di Lina Khattab, così come la continua
politica di rapire e imprigionare, di perpetrare abusi e torture anche
sui bambini, tra cui il figlio Malak al-Khatib rilasciato solo pochi
giorni fa, la detenzione di migliaia di uomini e donne palestinesi in
condizioni difficili dimostrano la natura fascista e criminale dello
Stato di occupazione.
Il Fronte esalta la determinazione della
studentessa Lina Khattab, che nonostante gli abusi e gli interrogatori
subiti nelle prigioni dell'occupante ha rifiutato ogni tentativo di
costrizione a confessare, diventando un modello di rifiuto
dell'ingiustizia e delle corti razziste dell'occupazione ribadendo
invece la giustezza della nostra causa.
Il Fronte osserva che la
resistenza incarnata da Lina rivela anche l'incapacità dell'occupazione -
nonostante tutti i suoi attacchi – di ridurre in ginocchio il popolo
palestinese e di minare la loro sua ferma volontà.
17/02/15
8 marzo dedicato alle donne rivoluzionarie curde e alle donne indiane combattenti nella guerra popolare più grande del mondo
Le donne dell'UIKI
(Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia) hanno
recentemente
scritto:
Care Compagne e amiche, vi inviamo questo appello della rappresentanza internazionale del movimento delle donne curde, per chiedervi di dedicare quest'anno le manifestazioni per l'8 marzo alle donne rivoluzionarie delle YPJ (Unità femminili di Difesa del Popolo – Rojava)....”
Nei mesi scorsi, il 25 novembre, l'Mfpr ha fatto un presidio con striscione all'ambasciata turca al fianco delle combattenti curde contro l'Isis e l'imperialismo, e in ogni nostra mobilitazione abbiamo solidarizzato con le nostre sorelle curde.
Quindi, per noi è naturale nell'8 marzo esprimere solidarietà alle donne rivoluzionarie curde che hanno vinto una importante battaglia con la liberazione di Kobane. E sapendo bene che la lotta non finisce ma deve andare avanti contro il nemico più forte, l'imperialismo, Usa ed europeo e il suo braccio nella zona lo Stato fascista turco.
L'8 marzo, nel percorso portato avanti da alcuni anni di costruire un “ponte” con tutte le donne e le combattenti rivoluzionarie nelle lotte di liberazione, dalla Turchia, all'India, ecc., uniremo – e chiediamo alle compagne curde di fare altrettanto - alla solidarietà con le donne rivoluzionarie delle Ypj, la solidarietà, la conoscenza della grande lotta che stanno facendo le donne indiane, in prima fila nella guerra di popolo che per le dimensioni rappresenta il movimento rivoluzionario più grande del pianeta, dove le zone liberate coprono una grandezza quanto l'Italia, dove le donne sono il 60% delle forze rivoluzionarie combattenti e portano avanti una guerra di popolo, sviluppando una rivoluzione nella rivoluzione contro la triplice oppressione: feudale, patriarcale, capitalista-imperialista.
Una guerra di popolo che influisce e influirà sempre di più, nei prossimi anni, nei rapporti di forza nel mondo tra masse popolari, proletariato e imperialismo e quindi sul futuro di liberazione dei popoli oppressi e della loro maggioranza, le donne.
MFPR
16.2.15
16/02/15
Campagna delle donne per la Özgecan bruciata a morte dopo stupro
Le donne in Turchia e del Kurdistan del nord hanno sollevato forti reazioni all’omicidio selvaggio
di una studentessa universitaria, Özgecan Aslan,che è stata bruciata a morte dopo essere stata
violentata ieri a Mersin da tre uomini.
Le donne hanno aperto una campagna su twitter aprendo l’hashtag #ÖzgecanAslan.Anche le donne esponenti politiche dell’HDP,inclusa la co-presidente del partito Figen Yüksekdağ, stanno sostenendo l’iniziativa.
La portata di femminicidio in Turchia è stata ancora una volta rivelata dall’omicidio della Özgecan Aslan,mentre secondo i dati ufficiali gli omicidi delle donne sono aumentati durante il periodo di governo dell’AKP del 1.400%.
Le donne hanno condiviso le foto sui social media reggendo cartelli in proteste per l’uccisione selvaggia della Özgecan.Anche la co-presidente dell’HDP Yüksekdağ ha condiviso una foto con un cartello che diceva: “Fermate l’uccisione delle donne, # ÖzgecanAslan”.
Nel frattempo, le organizzazioni femminili si stanno preparando oggi per iniziative di protesta in molte città.Mentre la piattaforma””Fermeremo l’uccisione delle donne”si radunerà di fronte al consolato francese di Istanbul per marciare verso piazza Galatasaray,la piattaforma femminista “Gruppo provvedimenti di emergenza contro l’omicidio delle donne”svolgerà una marcia a partire dalle 19.00.La “Piattaforma delle donne di Adana organizzerà una manifestazione a partire dalle 17.30 da piazza 5 Gennaio al parco İnönü .
Le donne hanno aperto una campagna su twitter aprendo l’hashtag #ÖzgecanAslan.Anche le donne esponenti politiche dell’HDP,inclusa la co-presidente del partito Figen Yüksekdağ, stanno sostenendo l’iniziativa.
La portata di femminicidio in Turchia è stata ancora una volta rivelata dall’omicidio della Özgecan Aslan,mentre secondo i dati ufficiali gli omicidi delle donne sono aumentati durante il periodo di governo dell’AKP del 1.400%.
Le donne hanno condiviso le foto sui social media reggendo cartelli in proteste per l’uccisione selvaggia della Özgecan.Anche la co-presidente dell’HDP Yüksekdağ ha condiviso una foto con un cartello che diceva: “Fermate l’uccisione delle donne, # ÖzgecanAslan”.
Nel frattempo, le organizzazioni femminili si stanno preparando oggi per iniziative di protesta in molte città.Mentre la piattaforma””Fermeremo l’uccisione delle donne”si radunerà di fronte al consolato francese di Istanbul per marciare verso piazza Galatasaray,la piattaforma femminista “Gruppo provvedimenti di emergenza contro l’omicidio delle donne”svolgerà una marcia a partire dalle 19.00.La “Piattaforma delle donne di Adana organizzerà una manifestazione a partire dalle 17.30 da piazza 5 Gennaio al parco İnönü .
Un’inchiesta su donne - tumori - lavoro. La realtà e “la soluzione” provocatoria del Jobs Act
Dallo stralcio dell'articolo apparso oggi su Sole 24 Ore - e che
di seguito riportiamo - emergono alcune questioni, esemplari in un certo
senso della situazione attuale delle lavoratrici e della "risposta" del
governo Renzi.
Primo. L'articolo dice che anche il lavoro è parte della cura per
le donne che hanno subito un tumore e che le donne vogliono tornare a
lavorare; quindi la ripresa dell'attività lavorativa è una delle
componenti essenziali per un ritorno ad una vita normale. MA COME SI FA
QUANDO, COME OGGI, IL LAVORO VIENE TOLTO? Quando, come, solo in parte, e
la stessa inchiesta lo dimostra, le aziende per il fatto che hai più
assenza per la malattia, per la cura, ti licenziano preventivamente?
Ti negano il lavoro e ti negano anche la salute la vita!
Secondo. Ammesso e non concesso il ritorno al lavoro, le
lavoratrici sono costrette a fare una sorta di scelta tra doversi
curare, superando mille ostacoli, e mantenere il lavoro, o non farsi
peggiorare le condizioni di lavoro.
Terzo. Ma la cosa più paradossale è la risposta che viene data a
questa necessità di potersi curare e contemporaneamente non perdere il
lavoro: Il jobs act del governo Renzi! Cioè il demansionamento previsto
dalla riforma del lavoro.
Qui ipocritamente il demansionamento viene presentato come a
favore della lavoratrice, quando in realtà è un'arma data alle aziende
per usare i lavoratori, in questo caso le lavoratrici, come e quando
servono.
D'altra parte, se il lavoro è un incentivo anche psicologico per
una ripresa da un tumore, come si può sentire una lavoratrice che
rientra e viene cacciata dal suo posto di lavoro e viene trattata come
una handicappata?
(da 'Sole 24 ore')
Donne e tumori, anche il lavoro è parte della cura
La diagnosi di tumore al seno riguarda ogni anno oltre 40mila donne. Esclusi i carcinomi della pelle, è la neoplasia che più colpisce le donne: in pratica, un tumore maligno su tre è alla mammella. L’età della malattia tende a coincidere sempre più con la fase piena della vita lavorativa: i tumori della mammella sono quelli più frequenti per le donne sotto 49 anni (41%), per quelle tra 50 e 69 anni (36%), per le over 70 (21%)...
Dall’indagine emerge che poco più di
un’azienda su tre, fra quelle intervistate, si dichiara impegnata in
iniziative specifiche di sensibilizzazione: campagne informative,
giornate di prevenzione, formazione con esperti, visite annuali...
Iscriviti a:
Post (Atom)