A quanto pare lo ha rifatto. Era già indagato
per stupro il soldato statunitense di stanza a
Vicenza Gray Jerelle Lamarcus, ora accusato
di aver violentato, picchiato e rapinato, con il commilitone
Edil McCough, una giovane donna romena, incinta
di sei mesi. Fatto accaduto la scorsa settimana, la giovane è
ancora in ospedale.
Dove in un altro corridoio è ricoverato
anche il soldato Gray, che avrebbe tentato il suicidio un paio
di giorni dopo. Piantonato, anche se non risulta in stato di
fermo: i carabinieri pare siano lì per proteggerlo, e non per
evitare la fuga.
A novembre 2013 il soldato Gray avrebbe aggredito e stuprato una ragazza minorenne. All'esterno di una discoteca, con una modalità che ricorda tristemente quanto già accaduto l'anno prima all'Aquila. Anche lì il protagonista della violenza vestiva una divisa, dell'Esercito Italiano, e non poche sono state le polemiche seguite alle decisioni “morbide” della procura e dell'Esercito nei suoi confronti: il militare restò regolarmente in servizio. Qui la divisa è degli Stati Uniti d'America, e le cose si fanno ancora più complicate.
«Il militare aveva da poco ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari», è l'aggiornamento di Anna Silvia Zanini, avvocato della minore, «la buona notizia è che la richiesta del comando Usa di poter celebrare il processo in una corte americana è stata respinta dal ministero della Giustizia. Non era per nulla scontato, visti i precedenti». L'avvocato non si sorprese allora della mancata custodia cautelare del soldato, nonostante l'imputazione di violenza sessuale aggravata e sequestro di persona, ancor meno si stupisce di fronte al fatto che non venga applicata ora.
In procura la titolare del fascicolo Silvia Golin non smentisce né conferma che i due indagati per lo stupro della giovane donna incinta siano sottoposti a qualche limitazione della libertà. Fatto sta che non lo sono, dice Alessandra Bocchi, avvocato della vittima. Caricata in auto dai due commilitoni dopo aver concordato una prestazione, la donna è stata aggredita e trattenuta per oltre due ore e derubata e poi abbandonata in un campo nella periferia di Vicenza (la denuncia è per violenza sessuale, lesioni, percosse, sequestro di persona e rapina). Ma aveva memorizzato la targa dell'auto, perciò i due sono stati identificati in fretta: non si erano neppure preoccupati di far sparire la sua biancheria intima, che si erano portati via e che nell'auto, ora sequestrata, è stata ritrovata.
I due soldati sono in forze alle caserme Ederle e Del Din, nota anche come Dal Molin. Nel caso di reati commessi da loro militari, accordi prevedono che il comando Usa possa richiedere al Ministero della Giustizia italiano la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale. Ovvero che i processi vengano celebrati in una corte statunitense (il che a volte significa non celebrarli per nulla, dato che può venire meno l'obbligatorietà dell'azione penale). «Per quasi tutti i reati commessi a Vicenza veniva riconosciuto il difetto di giurisdizione», anche per questo l'avvocata Zanini definisce una buona notizia che per la sua assistita, la minore, si sia deciso diversamente. Ora a sperare, con la vittima recente, è l'avvocato Bocchi: per il momento la procura per i due soldati ha disposto il divieto di espatrio, «e credo sia evidente che gli accordi Italia Usa non possano riguardare cittadini statunitensi che commettono reati, tantomeno di questa fattispecie, al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni di militari».
Le decisioni sull'ultimo caso spettano ora al Ministero della Giustizia e alla procura di Vicenza. Una cittadina di poco più di centomila abitanti chiamata a fare i conti con una massiccia presenza militare, tradotta nelle frotte di soldati che la sera e la notte popolano bar e locali notturni, spesso non sobriamente. E i procedimenti giudiziari, per reati che vanno dalla rissa all'aggressione agli incidenti stradali con fuga e omissione di soccorso, non sono mai mancati. I loro protagonisti sono talvolta militari di ritorno da missioni sui fronti di guerra, le due caserme ne sono piene e lo stesso Comando è consapevole dei rischi che questo comporta. Ha infatti istituito servizi di sostegno, per loro e per le loro famiglie. Fece scalpore nel 2006 il caso di James Michael Brown, parà della Ederle condannato per stupro a 5 anni e 8 mesi, al quale furono riconosciute le attenuanti in virtù dello stress a cui era stato sottoposto nella missione in Iraq.
A novembre 2013 il soldato Gray avrebbe aggredito e stuprato una ragazza minorenne. All'esterno di una discoteca, con una modalità che ricorda tristemente quanto già accaduto l'anno prima all'Aquila. Anche lì il protagonista della violenza vestiva una divisa, dell'Esercito Italiano, e non poche sono state le polemiche seguite alle decisioni “morbide” della procura e dell'Esercito nei suoi confronti: il militare restò regolarmente in servizio. Qui la divisa è degli Stati Uniti d'America, e le cose si fanno ancora più complicate.
«Il militare aveva da poco ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari», è l'aggiornamento di Anna Silvia Zanini, avvocato della minore, «la buona notizia è che la richiesta del comando Usa di poter celebrare il processo in una corte americana è stata respinta dal ministero della Giustizia. Non era per nulla scontato, visti i precedenti». L'avvocato non si sorprese allora della mancata custodia cautelare del soldato, nonostante l'imputazione di violenza sessuale aggravata e sequestro di persona, ancor meno si stupisce di fronte al fatto che non venga applicata ora.
In procura la titolare del fascicolo Silvia Golin non smentisce né conferma che i due indagati per lo stupro della giovane donna incinta siano sottoposti a qualche limitazione della libertà. Fatto sta che non lo sono, dice Alessandra Bocchi, avvocato della vittima. Caricata in auto dai due commilitoni dopo aver concordato una prestazione, la donna è stata aggredita e trattenuta per oltre due ore e derubata e poi abbandonata in un campo nella periferia di Vicenza (la denuncia è per violenza sessuale, lesioni, percosse, sequestro di persona e rapina). Ma aveva memorizzato la targa dell'auto, perciò i due sono stati identificati in fretta: non si erano neppure preoccupati di far sparire la sua biancheria intima, che si erano portati via e che nell'auto, ora sequestrata, è stata ritrovata.
I due soldati sono in forze alle caserme Ederle e Del Din, nota anche come Dal Molin. Nel caso di reati commessi da loro militari, accordi prevedono che il comando Usa possa richiedere al Ministero della Giustizia italiano la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale. Ovvero che i processi vengano celebrati in una corte statunitense (il che a volte significa non celebrarli per nulla, dato che può venire meno l'obbligatorietà dell'azione penale). «Per quasi tutti i reati commessi a Vicenza veniva riconosciuto il difetto di giurisdizione», anche per questo l'avvocata Zanini definisce una buona notizia che per la sua assistita, la minore, si sia deciso diversamente. Ora a sperare, con la vittima recente, è l'avvocato Bocchi: per il momento la procura per i due soldati ha disposto il divieto di espatrio, «e credo sia evidente che gli accordi Italia Usa non possano riguardare cittadini statunitensi che commettono reati, tantomeno di questa fattispecie, al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni di militari».
Le decisioni sull'ultimo caso spettano ora al Ministero della Giustizia e alla procura di Vicenza. Una cittadina di poco più di centomila abitanti chiamata a fare i conti con una massiccia presenza militare, tradotta nelle frotte di soldati che la sera e la notte popolano bar e locali notturni, spesso non sobriamente. E i procedimenti giudiziari, per reati che vanno dalla rissa all'aggressione agli incidenti stradali con fuga e omissione di soccorso, non sono mai mancati. I loro protagonisti sono talvolta militari di ritorno da missioni sui fronti di guerra, le due caserme ne sono piene e lo stesso Comando è consapevole dei rischi che questo comporta. Ha infatti istituito servizi di sostegno, per loro e per le loro famiglie. Fece scalpore nel 2006 il caso di James Michael Brown, parà della Ederle condannato per stupro a 5 anni e 8 mesi, al quale furono riconosciute le attenuanti in virtù dello stress a cui era stato sottoposto nella missione in Iraq.
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