Dalle riflessioni a caldo sul lungo weekend NO TAV delle
compagne del CAU di Napoli.
Riportiamo qui del testo soprattutto la parte. che
si sofferma sull'episodio di aggressione e arresto da parte della polizia della
compagna Marta, condito in questo caso da molestie e offese sessiste.
“Perché si
accaniscono così tanto sul movimento NO TAV e su chi lo appoggia?
In Valsusa si gioca una partita che parte da un treno... e
si spinge ben oltre. La lingua del movimento NO TAV parla a tutti quelli che si
oppongono allo stato di cose presente e che con ogni mezzo necessario hanno
intenzione di sovvertirlo, di abolirlo... Un avanzamento in Val Susa, contro il
TAV, significa, potenzialmente, un avanzamento per tutti. Loro lo sanno, e per
questo non cedono su un progetto dichiarato apertamente inutile.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia: visto che la posta
in gioco è abbastanza alta, hanno deciso di investirci e fare della Val Susa un
laboratorio di repressione, una repressione che diventa, col passare del tempo,
sempre più “normalizzata”...
E spesso nel teatro della sperimentazione-studiata a
tavolino ci scappa, per così dire, anche la barbarie. Ci sembra d’obbligo soffermarsi sull’episodio raccontato e purtroppo
vissuto da Marta, compagna arrivata da Pisa, inizialmente tra i 9 fermati e
poi denunciata a piede libero. Una storia nella storia che nel suo sviluppo
diventa sempre più tremenda: è sempre venerdì 19, e anche lei vive i fatti
raccontati precedentemente, passeggiata-cariche-lacrimogeni-pestaggi-il fermo,
fino a quando si aggiunge qualcos’ altro: en
passant, la polizia decide anche di
molestarla e rivolgerle insulti sessisti.
La tragedia diventa
ancora più tragica e la barbarie più barbarica quando il Senatore Stefano
Esposito sminuisce l’accaduto sostenendo non solo che le manganellate se l’è
meritate, ma che ha inventato le molestie subite. Qualcuno, in buona fede,
si è chiesto cosa c’entrasse questo con la violenza di genere. “Se Esposito avesse parlato di qualche altro
ragazzo fermato non si sarebbe rivolto comunque così?” Pensiamo proprio di
no. Episodi come questo dimostrano
quanto le “questioni di genere” attraversino in profondità ogni attimo delle
nostre vite e quanto il nostro dibattito sia, al netto di ciò, molto arretrato.
Come raccontato da Marta
durante la conferenza stampa, ai poliziotti non sono bastati i calci, i
pugni, i candelotti di gas, il fatto di averla già portata nel cantiere in
stato di fermo, perché c’era anche un ulteriore e più profondo modo per punire
una donna, già impossibilitata a muoversi o reagire: “toccarla nelle parti
intime e palparle il seno”, per farla sentire ancora più impotente nei
confronti degli altri e di se stessa, magari per farla deridere da quelli che
c’erano attorno, per far passare il messaggio “hai scelto tu di essere qui, ma
ora sei nostra, sei nelle nostre mani e di te facciamo tutto quello che
vogliamo noi”. E alla “poliziotta bionda” non è bastato tutto questo, perché
probabilmente per la miseria umana che si ritrova dentro aveva bisogno di
dimostrare la propria superiorità ed emancipazione chiamando Marta “puttana” e
sputandole in faccia.
Perché se la donna è un’attivista NO TAV, se oltre ad
essere moglie e madre diventa un soggetto attivo, critico della società, che
scende in piazza a lottare per difendere i propri diritti, allora è una
“disonorata”, va punita e le manganellate se le merita!
D’altronde Esposito
è senatore di un partito che denuncia la violenza sulle donne con un’ipocrisia
assolutamente dannosa: apre tavoli di confronto sull’argomento, organizza
manifestazioni e dibattiti che vedono protagoniste donne che, in teoria,
dovrebbero avere in comune solo la vagina (dalla Camusso alla Bongiorno; poi si
capisce, in realtà, come in comune abbiano anche l’appartenenza, con contributi
diversi, alla classe dominante e al suo sfruttamento), e al contempo giustifica e legittimare la violenza di
genere con affermazioni come queste, o magari chiedendo più polizia e militari
per le strade (e chi ci protegge, da loro?) continuando ad attaccare la 194 o non facendo nulla per farla
rispettare, e tanto altro ancora.
L’ipocrisia e la strumentalizzazione del PD ci conferma
ciò che sosteniamo da tempo, ossia che la violenza di genere (da quella
sessuale, alla discriminazione, alla segregazione in casa e tanto altro) ha
un’evidente funzione sociale: diventa uno strumento di punizione, di
assoggettamento che serve a confinare, a isolare e a preservare un livello di
subalternità cui è relegata la donna nella società, assolutamente funzionale
agli interessi della classe dominante...”
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