L’Aquila 9 novembre 2010
Una settantina di persone hanno manifestato nei pressi della scuola della guardia di finanza (dove si è svolto il G8), contro l’arrivo di Berlusconi e Bertolaso e per rilanciare la manifestazione nazionale all’Aquila - “macerie di democrazia”- indetta dai comitati cittadini per il 20 novembre.
Uno sproporzionato schieramento di carabinieri e polizia in assetto antisommossa ha respinto per 2 volte consecutive il tentativo dei manifestanti di forzare il blocco e di recarsi fin sotto il cuore della cittadella blindata (che ovviamente non era aperta al pubblico). “Corruzione, polizia è questa la loro democrazia” è stato urlato più volte in risposta alle cariche e poi ancora “fuori gli sciacalli dalla città”.
Ancora una volta Berlusconi e Bertolaso hanno evitato di avvicinarsi ai cittadini che protestavano e sono arrivati alla caserma attraverso altre vie, ma la nostra contestazione è arrivata comunque a destinazione.
Schierati con cartelli e striscioni siamo rimasti a presidiare la rotonda prima del blocco con le carriole piene di macerie e urlando alla passerella di militari, funzionari, protezione civile, croce rossa, vigili del fuoco, forestale ecc. diretta alla cerimonia, tutta la nostra rabbia.
“Paramilitari in polo blu, L’Aquila non sarà la vostra Salò”, recitava uno striscione strappatoci durante la prima carica. “Macerie di democrazia, 20 novembre L’Aquila chiama Italia” ricordava invece lo striscione strappato durante la seconda.
Un ombrello con scritto “Vattene” ricordava al presidente, nel caso fosse arrivato in elicottero, il suo dovere nei confronti dei terremotati aquilani e di tutta l’Italia.
Donne con cartelli con su scritto: “tu bunga bunga, noi macerie macerie” oppure “…noi tasse tasse” “…noi map map”. “Fatti, non escort”, “Berlusconi + Bertolaso = monnezza + macerie”.
Sul cartello del movimento femminista proletario rivoluzionario era scritto –milioni per “massaggi” e bunga bunga, Beffe e Botte per chi da vendere ha solo la rabbia, LO STATO DEI MAGNACCIA TORNA ALL’AQUILA A LAVARSI LA FACCIA–
Durante il presidio è stato riconosciuto, a bordo della sua Audi con autista, l’attuale vicecommissario alla ricostruzione Antonio Cicchetti, un altro gentiluomo di sua Santità, coinvolto nell’ennesima “parentopoli” e condannato dalla Corte dei Conti per malagestione della Perdonanza.
Il neo vice commissario è stato bloccato dai manifestanti. Davanti la sua auto spiccava lo striscione con su scritto “basta commissari e cricche d’affari” e da dietro i vetri gli hanno urlato “condannato, è lui, sono i corrotti che dovete arrestare, non noi!” e gli sono stati lanciati coriandoli.
La sua auto è stata quindi vigorosamente presa d’assalto con i corpi, gli striscioni arrotolati, calci e ombrellate e un manifestante vi ha attaccato addosso il cartello che portava con sé: “da noi macerie e topi, nei vostri palazzi mascalzoni e zoccole”.
Il presidio si è concluso con una pioggia battente e con un ingenuo consiglio agli sbirri e un impegno per tutti, da parte di un manifestante che protestava perché ci avevano circondato dentro la rotonda.
Rivolto alle guardie ha urlato: “sono i criminali che dovete reprimere non noi e i criminali sono lì, dietro di voi; quelli come Gheddafi e i suoi amici vanno fucilati, se non lo farete voi lo faremo noi!”
Naturalmente è stato messo a tacere dai buonisti del presidio e da una funzionaria della digos.
Una settantina di persone hanno manifestato nei pressi della scuola della guardia di finanza (dove si è svolto il G8), contro l’arrivo di Berlusconi e Bertolaso e per rilanciare la manifestazione nazionale all’Aquila - “macerie di democrazia”- indetta dai comitati cittadini per il 20 novembre.
Uno sproporzionato schieramento di carabinieri e polizia in assetto antisommossa ha respinto per 2 volte consecutive il tentativo dei manifestanti di forzare il blocco e di recarsi fin sotto il cuore della cittadella blindata (che ovviamente non era aperta al pubblico). “Corruzione, polizia è questa la loro democrazia” è stato urlato più volte in risposta alle cariche e poi ancora “fuori gli sciacalli dalla città”.
Ancora una volta Berlusconi e Bertolaso hanno evitato di avvicinarsi ai cittadini che protestavano e sono arrivati alla caserma attraverso altre vie, ma la nostra contestazione è arrivata comunque a destinazione.
Schierati con cartelli e striscioni siamo rimasti a presidiare la rotonda prima del blocco con le carriole piene di macerie e urlando alla passerella di militari, funzionari, protezione civile, croce rossa, vigili del fuoco, forestale ecc. diretta alla cerimonia, tutta la nostra rabbia.
“Paramilitari in polo blu, L’Aquila non sarà la vostra Salò”, recitava uno striscione strappatoci durante la prima carica. “Macerie di democrazia, 20 novembre L’Aquila chiama Italia” ricordava invece lo striscione strappato durante la seconda.
Un ombrello con scritto “Vattene” ricordava al presidente, nel caso fosse arrivato in elicottero, il suo dovere nei confronti dei terremotati aquilani e di tutta l’Italia.
Donne con cartelli con su scritto: “tu bunga bunga, noi macerie macerie” oppure “…noi tasse tasse” “…noi map map”. “Fatti, non escort”, “Berlusconi + Bertolaso = monnezza + macerie”.
Sul cartello del movimento femminista proletario rivoluzionario era scritto –milioni per “massaggi” e bunga bunga, Beffe e Botte per chi da vendere ha solo la rabbia, LO STATO DEI MAGNACCIA TORNA ALL’AQUILA A LAVARSI LA FACCIA–
Durante il presidio è stato riconosciuto, a bordo della sua Audi con autista, l’attuale vicecommissario alla ricostruzione Antonio Cicchetti, un altro gentiluomo di sua Santità, coinvolto nell’ennesima “parentopoli” e condannato dalla Corte dei Conti per malagestione della Perdonanza.
Il neo vice commissario è stato bloccato dai manifestanti. Davanti la sua auto spiccava lo striscione con su scritto “basta commissari e cricche d’affari” e da dietro i vetri gli hanno urlato “condannato, è lui, sono i corrotti che dovete arrestare, non noi!” e gli sono stati lanciati coriandoli.
La sua auto è stata quindi vigorosamente presa d’assalto con i corpi, gli striscioni arrotolati, calci e ombrellate e un manifestante vi ha attaccato addosso il cartello che portava con sé: “da noi macerie e topi, nei vostri palazzi mascalzoni e zoccole”.
Il presidio si è concluso con una pioggia battente e con un ingenuo consiglio agli sbirri e un impegno per tutti, da parte di un manifestante che protestava perché ci avevano circondato dentro la rotonda.
Rivolto alle guardie ha urlato: “sono i criminali che dovete reprimere non noi e i criminali sono lì, dietro di voi; quelli come Gheddafi e i suoi amici vanno fucilati, se non lo farete voi lo faremo noi!”
Naturalmente è stato messo a tacere dai buonisti del presidio e da una funzionaria della digos.
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