01/10/09

Roma 3 ottobre: manifestazione nazionale precar@ della scuola e in difesa della libertà di informazione

Il Coordinamento Precari Scuola conferma la manifestazione del 3 ottobre.
Il percorso e' stato democraticamente deliberato dai Comitati locali e dalle associazioni che ne fanno parte che si sono espresse in data odierna.
Il percorso partirà alle ore 14.30 da Piazza della Repubblica (Roma) e passerà in Piazza del Popolo dove una delegazione di insegnanti precari sarà chiamata a parlare sul palco della manifestazione in difesa della libertà di stampa.

Il COORDINAMENTO PRECARI SCUOLA RIPRENDERA' IL CORTEO VERSO VIALE TRASTEVERE, DOVE CONCLUDERA' LA MANIFESTAZIONE IN DIFESA DELLA SCUOLA.

Cie, sangue e lividi a Gorizia: "E' stata la polizia". Il video dei pestaggi




di Gabriele Del Grande


Finalmente cattivi. Qualcuno deve aver preso sul serio le parole del ministro Maroni. E le ha applicate alla lettera. Almeno a giudicare dal numero di ematomi che si possono contare sui corpi degli immigrati detenuti nel centro di identificazione e espulsione (Cie) di Gradisca d’Isonzo. Siamo in provincia di Gorizia, a due passi dalla frontiera slovena. I fatti risalgono a lunedì scorso, 21 settembre. Ma le prove sono arrivate soltanto ieri. Si tratta di un video girato di nascosto all'interno del Cie e diffuso su Youtube. È un montaggio di riprese fatte con un videofonino. Inizia con un primo piano sul volto tumefatto di un detenuto tunisino.

«Guarda il polizia» ripete indicando l'ematoma sull'occhio. I pantaloni sono ancora imbrattati di sangue. E le gambe segnate dagli ematomi delle manganellate e in parte bendate. Il video prosegue mostrando le gabbie dove gli immigrati sono rinchiusi in attesa di essere espulsi, da ormai più di tre mesi. Ma il pezzo forte arriva alla fine. Si vede un uomo sdraiato a terra, esanime, tiene una mano sull’inguine, ha il volto sanguinante, il sangue ha macchiato anche il pavimento. Nel cortile una squadra di poliziotti e militari in tenuta antisommossa prepara un'altra carica. Dalle camerate si alzano cori di protesta. Ma quando i militari entrano, i detenuti non sanno come difendersi e scappano gridando «No, no!».

Ma cosa è successo davvero quel giorno? «Al Cie di Gradisca non c’è stato nessun pestaggio – dice il capo di Gabinetto della prefettura di Gorizia, Massimo Mauro -, anzi l'unico a essere stato ricoverato è stato un operatore di polizia che si è preso un calcio in una gamba». Ma allora qualche tafferuglio c'è stato, dunque. La versione della Prefettura parla di un tentativo di fuga di una trentina dei reclusi, la notte del 20 settembre, sventato dal personale di vigilanza senza particolari momenti di tensione. I problemi – continua Mauro – sarebbero arrivati intorno alle 13.00, quando un gruppo di trattenuti avrebbe rifiutato di rientrare nella camerata dopo il turno della mensa, «inscenando una protesta e lanciando bottiglie di plastica vuote contro il personale di polizia» che avrebbe quindi provveduto a farli rientrare con la forza. Le immagini diffuse su Youtube, Mauro non le ritiene attendibili. Chi dice che sono state a Gradisca? E chi dice che non sia materiale vecchio riciclato a uso e consumo di qualche associazione antirazzista?

Versione tutta diversa arriva da un detenuto di Gradisca, che abbiamo raggiunto telefonicamente. Per motivi di sicurezza non sveleremo la sua identità. Questa persona non soltanto ci ha confermato che il video era stato girato in quei giorni. Ma ci ha anche descritto nel dettaglio il tipo di ferite che si vedono nelle riprese. La sua versione dei fatti coincide con quella della Prefettura per quanto riguarda il fallito tentativo di evasione la notte e il rientro pacifico nelle camerate all’alba. Il resto però è tutta un’altra storia.

Alle 13.00 sarebbe iniziata una irrispettosa perquisizione. «Hanno rotto i carica batterie dei telefoni, a alcuni hanno tagliato i vestiti, e in una camerata hanno strappato un Corano». Un gesto quest’ultimo che avrebbe provocato l'ira dei detenuti, che hanno cominciato a inveire contro la polizia. «In una camerata hanno rotto le finestre e cominciato a lanciare cose». Finché polizia e militari hanno deciso la carica. Nelle camerate numero tre, due e sei. Alla fine della rivolta, secondo il nostro testimone, 12 persone sarebbero finite in ospedale. E in ospedale tornerà il detenuto tunisino con l'occhio tumefatto. Lunedì ha un appuntamento per un'operazione, all'ospedale di Udine.

Chi ha ragione? La Prefettura? I detenuti? È presto per dirlo. Anche perché i detenuti vittime delle violenze si sono detti pronti a sporgere una denuncia. E in quel caso sarebbe un giudice ad avere l’ultima parola.

07/09/09

"la precarietà ci stronca la vita, con questo governo facciamola finita!"

Le lavoratrici, femministe del TAVOLO 4 "lavoro/precarietà/reddito" sono fino in fondo al fianco di tutte le lavoratrici e i lavoratori della scuola che in questo momento stanno lottando e che manifestano oggi in tante città, da Milano a Palermo.

Dal resoconto su un'assemblea nazionale del Tavolo 4:

"... la precarietà investe la condizione generale delle donne sia materiale che fisica, che psicologica, investe la dimensione della vita, il futuro, incide non solo sulla condizione concreta di vita ma anche sulla visione della vita e per questo diventa anch'essa una "violenza" contro le donne..."

"la precarietà ci stronca la vita, con questo governo facciamola finita!"

Un abbraccio collettivo

Tavolo4

02/09/09

Appello delle insegnanti precarie sul tetto del provveditorato di Benevento

Benevento: ARRAMPICATEVI TUTTE

benevento.jpg

Siamo donne, gran parte di noi madri di famiglia, ogni anno in attesa di una stabilizzazione, di una garanzia per il futuro, sballottate per oltre 10 anni da una scuola all'altra a tappare i buchi di una scuola pubblica allo sfascio.
Il governo ha deciso per noi: della scuola e degli insegnanti se ne può anche fare a meno.

Per fare le veline e i tronisti, per mentire ed imbrogliare, per corrompere e arricchirsi, non serve conoscere Socrate o Manzoni.
Serve piuttosto infondere nella società il bene più prezioso sul quale il potere fonda la sua forza e il suo consenso: l'ignoranza.
La nostra colpa, la colpa di ventimila insegnanti che vogliono cacciare nell'angolo buio e disperato della disoccupazione, è il nostro lavoro, il nostro impegno quotidiano, l'alzarsi ogni mattina per compiere un' attività ormai forse ritenuto da lor signori superfluo o negativo: insegnare.

Siamo persone semplici, non abbiamo mai impugnato una bandiera o uno striscione fino a poche settimane fà, ma dalla storia dell'umanità abbiamo imparato che la ribellione è l'ultima arma a dispozione contro i soprusi e la prepotenza dei potenti.
Il ministro Gelmini vuole distruggere la scuola pubblica, ma noi non lo permetteremo.

Siamo saliti su questo tetto rovente di giorno e gelido di notte come atto estremo di protesta contro i tagli alla scuola, nella speranza che questo gesto sia anche e soprattutto un raggio di luce per aiutare i più a non chiudere gli occhi, a non lasciarsi intorpidire verso il sonno della ragione.
Hanno calpestato i nostri diritti, le nostre speranze, il nostro futuro, solo unendo le nostre forze, mobilitandoci in modo collettivo, possiamo riconquistarli.

La solidarietà è la nostra arma, la stessa arma che ha condotto gli operai della INNSE alla vittoria.
Stanotte resteremo ancora qui sopra e ci addormenteremo con un piccolo sogno nella testa: risvegliarci al mattino e scoprire che non siamo soli, che sui tetti di 10, 100, 1000 scuole e uffici scolastici, una moltitudine di colleghi, studenti, insegnanti, hanno acceso altre centinaia di candele della speranza e della ribellione.

Arrampicatevi sui tetti, se saremo in tanti, vinceremo con la forza della nostra determinazione.
Perchè in gioco non c'è solo il nostro posto di lavoro, ma il sapere e la conoscenza, la speranza e il futuro di un domani migliore.

Patrizia, Elvira, Daniela, Silvana, Mariolina, Pina, Lucia.
Dal Tetto dell'Ufficio Scolastico di Benevento, nel sud ribelle le sannite agguerite preparano le forche caudine.
30 agosto 2009, 38° gradi all'ombra.

fonte: indymedia.org

16/08/09

Una lettera al tavolo 4

Sulle uccisioni delle donne.

Al di là degli scoup giornalistici di estate, è indubbio che vi è un aumento delle uccisioni delle donne (una ogni 10 giorni; "30% in più di delitti rispetto al 2007 e 68% in più per quanto riguarda le vittime" - secondo fonti Eures), assassini nella maggior parte dei casi fatti da mariti, ex, fidanzati. Ma due sono le cose che vogliamo mettere in evidenza che mostrano il salto di qualità di questa guerra contro le donne, la sua caratteristica attuale, il fatto che essa è strutturale, non legata a episodi contingenti e singoli.
1. Guardiamo a una delle ultime efferate uccisioni. La strage di famiglia avvenuta il 7 agosto a Gornate Olona (Varese) in cui un uomo ha ucciso nella notte prima la moglie poi i due figli, e quindi si è suicidato. Il contesto in cui è avvenuto è emblematico: un piccolo borgo, una realtà chiusa non solo come luogo e abitazione ma come concezione del "padrone" della casa e della famiglia; al cancello della villa aveva messo un grande cartello con su scritto "attenti al cane al padrone e a tutta la famiglia" con tanto di disegno di fucile, pistola e coltello. Una concezione da padrone della vita della moglie e dei figli, che ha portato "naturalmente" a decidere che non dovevano vivere senza di lui.
2. L'Eures ha analizzato che la maggiorparte degli assassini di donne da parte degli uomini, dei mariti avviene al Nord (soprattutto Lombardia): ben 59,3% rispetto al 21,9% del centro e al 18,8% del Sud. Si tratta di dati importanti, in un certo senso inaspettati rispetto al rapporto Nord/centro/sud e, quindi, illuminanti. La denuncia più diffusa che vede nel "patriarcalismo" la causa principale degli omicidi di donne, avrebbe dato questo risultato quantomeno rovesciato: concezione e costumi patriarcali sicuramente sono più presenti nel sud che nel nord. E invece è nel nord che c'è il dato più allarmante.
Allora, il "patriarcalismo classico" non è e non può essere una spiegazione sufficiente e principale. Tornando all'omicidio in provincia di Varese. Certo c'è anche la classica gelosia verso una moglie delusa che se ne vuole andare, insieme alla frustrazione da scalata sociale non realizzata scaricata in famiglia. Ma soprattutto c'è una concezione fascista, moderno integralista, una concezione che fa scrivere il cartello per avvisare che è tutto suo e ognuno che rompe questa "proprietà privata" (dalla casa alla famiglia) è da tenere fuori o da uccidere se propria moglie; la concezione reazionaria-chiusa per cui in famiglia tutto si può fare e chiunque osa intromettersi, sia il ladro, sia l'immigrato, sia chi rompe "l'unità della famiglia", è l'estraneo. Una concezione pienamente frutto e in sintonia con l'ideologia leghista, moderno clericofascista, razzista oggi sempre più presente e agente, soprattutto in realtà del Nord, portata avanti organicamente dagli esponenti principali del governo, della Chiesa, dai loro mass media, ma diffusa in settori delle masse, in particolare della piccola borghesia o strato superiore dei lavoratori, ma non solo. Vogliamo dire che è in atto insieme ad un aumento dell'oppressione verso le donne che investe ugualmente dal nord al sud, un incancrenimento, imbarbarimento ideologico che si unisce, in alcune fasce sociali e in alcune realtà del paese, ad uno stile di vita corrispondente - chiuso e pieno di valori reazionari, conservatori che danno alimento al maschilismo, patriarcalismo, comunque presente.
Di questa ideologia e modo di vita le prime a subirne gli effetti mortali sono le donne. Ma questo spesso è difficile che venga capito dalle stesse donne, che a volte in queste realtà hanno uguali valori, uguali concezioni dei loro oppressori, quei valori di cui poi sono le principali vittime (la donna uccisa in provincia di Varese accusava il marito di aver deluso il proprio padre padrone che si era fatto da solo e aveva dato loro lavoro, casa ma considerandole sempre come cose sue). Occorre quindi sviluppare una lotta/campagna non solo pratica, ma anche ideologica, con le donne, verso le donne prima di tutto; altrimenti assisteremo a un continuo inevitabile incremento delle uccisioni delle donne. Non c'è Telefono Rosa, centri antiviolenza che tengano. Se questi valori generali da moderno medioevo vanno avanti, non trovano dighe adeguate e altrettanto forti anche nella risposta di lotta, non faremo che scrivere decine e decine di comunicati indignati ma purtroppo impotenti.

Margherita del MFPR

16.8.09

15/08/09

Cie di Milano e Torino: le immigrate e gli immigrati si ribellano

Un gruppo di donne nigeriane, recluse nel settore femminile del Cie di Milano ha dato vita ieri sera ad una forte e accesa protesta alla quale si sono uniti anche gruppi di migranti del settore maschile contro il provvedimento di notifica a 15 di loro del prolungamento del trattenimento nel Cie sulla base della nuove norme liberticide e razziste contenute nel cosiddetto pacchetto sicurezza varato dal governo moderno fascista Berlusconi ed entrato in vigore l’8 agosto scorso.
La polizia ha arrestato 14 stranieri quattro donne nigeriane, una cittadina del Gambia, quattro marocchini, tre algerini, un ivoriano e un tunisino
Proteste solidali ci sono state anche nel Cie di Torino, dove già da un paio di giorni diversi migranti hanno dato vita a uno sciopero della fame, il pacchetto sicurezza anche alla luce delle notizie giunte sulla rivolta al Cie di Milano.

Forte solidarietà alle lotte delle immigrate e degli immigrati costretti a subire come dei veri propri criminali l’umiliazione della prigionia, del sopruso e dell’intimidazione, a Milano, a Torino così come in tutti i Cie/lager

Contro il pacchetto sicurezza
Libertà per tutte le immigrate e tutti gli immigrati

mfprpa

12/08/09

Debora Damiani è stata licenziata ingiustamente

DEBORA DAMIANI, dopo ben 14 anni di servizio per una società - Vodafone - che non si è fatta scrupoli a vendere la sua professionalità ma soprattutto la sua vita ad un'azienda - Comdata Care - creata appositamente per distruggere gradualmente tutte le certezze dei dipendenti che apparentemente ha acquistato insieme ad un presunto ramo d'azienda (che ancora oggi dimostra di non avere nessuna autonomia) E’ STATA LICENZIATA INGIUSTAMENTE.

PERCHÉ Debora è stata licenziata?

La sua password, A SUA INSAPUTA, è stata utilizzata per attivare delle promozioni.

Debora è stata quindi licenziata per non aver denunciato prima le inefficienze di Comdata Care in materia di sicurezza dei sistemi utilizzati per svolgere il proprio lavoro e per non averla obbligata a predisporre dei sistemi informatici più sicuri!

Quale colpa ha Debora se per avviare una qualsiasi macchina presente in azienda è stata predisposta una password uguale per tutti?

Quale colpa ha Debora se per avviare qualsiasi applicativo necessario a svolgere il suo lavoro deve collegarsi ad un server di Vodafone che è l'unica ad identificarla come utente abilitato a compiere tali operazioni?

Quale colpa ha Debora se solo oggi scopriamo che Roma è l'unica sede Comdata Care che usa Citrix, una specifica interfaccia per lavorare sui sistemi Vodafone?

Esiste un sistema di identificazione alle macchine di Comdata Care?

MA SOPRATTUTTO:

esiste un'analisi fatta da Comdata Care per dimostrare l'estraneità di Debora ai fatti segnalati da Vodafone?

Possibile sia sufficiente un resoconto di Vodafone per sbattere fuori una persona che solo pochi anni fa era stata premiata economicamente dalla stessa Vodafone per la sua diligenza?

Siamo o non siamo dipendenti Comdata Care?

E' sufficiente bloccare il computer quando ci allontaniamo dalla nostra postazione?

O è necessario chiudere tutte le applicazioni per salvaguardare la nostra password?

A Debora e a nessuno di noi è stato detto nulla in proposito!

PERCHE’?

O forse la verità è un'altra e le colpe di Debora sono di essersi resa disponibile a testimoniare per un altro collega che era stato ingiustamente licenziato, di aver scelto di partecipare attivamente alla nascita di un sindacato che per questa azienda non rientra negli schemi convenzionali, di essersi candidata nella lista Cobas per le elezioni della nuova Rsu?

Noi nutriamo molti dubbi sulla correttezza di Comdata Care, Comdata e soprattutto Vodafone, artefice principale del nostro destino, ma su Debora NO!

COSA STA SUCCEDENDO? COSA È SUCCESSO ESATTAMENTE 2 ANNI FA?

Molti di voi lo ricorderanno sicuramente - ma è bene ricordare all'opinione pubblica - quello che fin da subito 914 persone hanno temuto stesse per accadere e che oggi si sta concretizzando: CESSIONE DI RAMO PER MASCHERARE LICENZIAMENTI DI PERSONALE!

Non si è trattato di una cessione di ramo d'azienda: Vodafone non era in crisi, il ramo d'azienda non era preesistente, il personale addetto non aveva uno specifico know how e i sindacati confederali che hanno assistito allo scempio si sono arrogati il diritto di firmare un accordo di cessione fasullo e senza alcun mandato dei lavoratori.

ECCO COSA E’ CAMBIATO:

dopo quell'accordo Comdata Spa è stata sindacalizzata e prima ancora di intervenire sulle garanzie dei lavoratori è stato firmato un accordo per garantire un monte di 4000 ORE DI PERMESSI SINDACALI per le segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL!

Dopo solo 18 mesi dall'operazione FIORENZO CODOGNOTTO, amministratore delegato della holding che controlla Comdata Care, guadagna una POLTRONCINA all'ASSTEL. Cosa sicuramente irrilevante se non fosse che nei 20 anni di attività che aveva alle spalle non era riuscito forse neanche ad entrare
all'ASSTEL…

VODAFONE... cara Vodafone... e tu cosa hai guadagnato in tutto questo?

Continui a vendere la tua immagine di società perfetta, a collezionare “bollini rosa” per il buon trattamento riservato alle tue donne, a fare profitti con il lavoro di quelle persone che hai affidato ad un altro padrone perché se ne liberasse senza coinvolgerti e senza che le tue manine si macchiassero.

PIETRO GUINDANI, all'epoca dei fatti amministratore delegato di Vodafone, dove sta?

Ha rassicurato i suoi dipendenti sull'affidabilità di questo partner commerciale e come carne da macello ci ha ceduto ad una società che, non riuscendo a sollevarsi, ci tratta come zavorre.

Siamo certi che in sede di giudizio questa storia si risolverà a favore della collega ma non siamo disposti a far finta che non sia successo niente e ci batteremo fino in fondo per ottenere il suo reintegro.

AIUTACI ANCHE TU A DENUNCIARE QUANTO E’ SUCCESSO A DEBORA E QUELLO CHE ALTRI
HANNO DECISO PER IL NOSTRO FUTURO!