30/04/23
Manifestazione nazionale dei migranti del 28 a Roma - Report a cura di MFPR-AQ
Una lettera della Commissione Femminile di Rivoluzione Comunista e la risposta del MFPR
Al MFPR nazionale
E p.c. MFPR Milano
Vi inviamo in allegato, per vostra conoscenza, la nostra presa di posizione dell’8 aprile u.s. sulla bocciatura da parte della Commissione Politiche Europee del Senato della proposta di riconoscimento automatico del certificato emesso dagli altri paesi membri dell’UE (proposta di regolamento della CE) dei figli di coppie omogenitoriali, e sulla gestazione per altri.Dobbiamo però rilevare, con vivo disappunto, che nel documento postato sul vostro sito il 23 marzo scorso, intitolato “La maternita' surrogata? Prima di tutto il nostro NO alla Roccella, FdI, Meloni”, si legge, nel 1° punto laddove criticate la presa di posizione del Pungolo Rosso/Si cobas: “Gratta gratta dietro queste posizioni politiche del Si.cobas/Cuneo rosso compare sempre il "bordighismo", che anche durante il fascismo/nazismo in nome di posizioni di "principio" non fece nulla per combatterlo”.
Questa vostra affermazione, propria della mistificazione calunniatoria togliattiana, rivela un’ignoranza piena della storia del comunismo rivoluzionario in Italia dal 1921 al 1945, ed è inaccettabile e offensiva per noi comunisti/e... (e indicano poi alcuni loro articoli e documenti pubblicati nel 2021 nel centenario della scissione di Livorno e fondazione del P.C. d’It. ndr).
La Commissione Femminile di Rivoluzione Comunista.
27/04/23
Ogni tanto una buona notizia, annullata l'assoluzione di 2 stupratori al raduno degli alpini a L'Aquila
Chi più di noi ha bisogno della teoria? Ma una teoria agente e critica verso il femminismo borghese
Questo è il senso dell’opuscolo fatto su alcune delle posizioni della teorica accademica femminista Silvia Federici, che tratta in termini critici le posizioni antimarxiste di questa importante femminista.
26/04/23
Nasce il podcast: FORMAZIONE MARXISTA PER OPERAI/OPERAIE - fate girare
24/04/23
10 anni fa il crollo del Rana Plaza: lo sfruttamento dell'imperialismo e dei padroni locali non è cambiato; la lotta delle operaie SI
Il manifesto fatto nel da Mfpr |
https://www.repubblica.it/esteri/2023/04/21/news/bangladesh_rana_
plaza_fast_fashion_diritti_lavoratori-396886339/
BANGLADESH: VETRINE SPORCHE DI SANGUE...La stragrande maggioranza erano donne, in quel maledetto fabbricato in cui lavoravano, nelle 5 fabbriche di abbigliamento esistenti e in condizione da moderno schiavismo 3.122 lavoratori. Migliaia di operaie che producono 3 milioni di vestiti, jeans, camicie all'anno, a 28 euro al mese, salario che neanche viene pagato tutti i mesi, con un orario di lavoro che arriva a 18 ore al giorno "a ridosso della consegna".
La rabbia e la lotta degli operai, delle operaie, dei giovani è esplosa subito in tante fabbriche di Dacca - non fermata certo dalla risposta del governo, complice di questa strage, che ha usato lacrimogeni e proiettili di gomma contro operai, parenti degli stessi morti nel crollo.
"...da molte delle migliaia di fabbriche tessili a rischio che sono il cuore dell'economia del Bangladesh sono partiti cortei oceanici di operai: hanno sfilato davanti alla sede della Confederazione delle industrie tessili, ritenute le principali responsabili dei mancati controlli di sicurezza... la folla infuriata, con decine di feriti e assalti a colpi di bastone contro auto e camion che non rispettavano il giorno di lutto nazionale..." (La Repubblica).
Ma non è una strage del "terzo mondo", per cui le coscienze democratiche dei paesi del "primo mondo" possono mettersi la coscienza a posto e "indignarsi".
E' una programmata strage dei paesi più "avanzati" dell'occidente imperialista! Queste morti ricadono sulle spalle dei ricchi proprietari dei più grandi imperi industriali, degli Usa, dell'Europa, dell'Italia, tra cui Benetton! che, in una catena di appalti e subappalti per tagliare al massimo il costo del lavoro, in una nera catena di padroni e padroncini sciacalli assetati di avere le briciole dei profitti delle grandi Marche, arrivano nei paesi come il Bangladesh (2° esportatore al mondo di tessile).
Profitti fatti spingendo le operaie, più di 3 milioni in tutto il Bangladesh su 4 milioni di lavoratori, a lavorare fino allo sfinimento, ad andare a lavorare anche se c'è un evidente pericolo per la loro sicurezza - "... il giorno prima del crollo sulle pareti del Plaza erano apparse crepe minacciose e il palazzinaro Rana (legato al partito di governo) si era fatto intervistare: "nessun pericolo". I manager avevano diffuso messaggi più discreti: "venite a lavorare, tutto a posto", aveva fatto sapere il capo di Sofura, aggiungendo una minaccia più grande di una crepa: "Altrimenti vi lasciamo a casa e vi scordate gli arretrati".... l'edificio (di 8 piani) era omologato per cinque piani (gli altri tre abusivi)...". (Corriere della Sera).
I grandi capitalisti nostrani non si sporcano le mani! "Non spetta a noi occuparcene" hanno dichiarato la gran parte delle industrie mondiali. Loro lasciano fare agli schiavisti locali di rovinare, fino alla morte, vite giovanissime. A novembre scorso 112 operaie erano bruciate vive, producevano golf e calzoncini. Ai capitalisti interessano gli utili miliardari, puliti (oltre 20 miliardi di dollari di fatturato).
E quegli abiti, sporchi di sudore e sangue, pagati a otto centesimi in Bangladedsh, arrivano poi nelle nostre vetrine luccicanti, attraenti, spesso costosi.
Finchè il capitalismo con la sua sete di profitti continua a sopravvivere è un inferno per i proletari - con le donne e i ragazzi più sfruttati, oppressi, violentati - per i popoli, per l'umanità!
Per questo è vitale per i proletari, le donne, i popoli rovesciare il capitalismo con la rivoluzione proletaria.Un Filo rosso sangue tessuto a macchina
"C'è un filo rosso, un filo tessuto a macchina, che dalle rovine di Dacca, in Bangladesh, si dipana in tutta l’Asia: dalla Turchia a Ovest all’Indonesia a Est. Un filo rosso che passa dalla Cina (primo produttore mondiale del tessile con un fatturato di 115 miliardi di dollari), dai quartieri di molte città indiane o dalle periferie dei centri cambogiani.
Proprio la Cambogia, non meno che in Bangladesh, la vicenda del Rana Plaza — ma anche i tanti incidenti nelle fabbriche spesso prive delle elementari norme di sicurezza – ha dato la stura a una protesta che rivendica da mesi un salario decente. Diversi manifestanti sono stati uccisi da una dura repressione dei moti sindacali che, dal 24 dicembre scorso, chiedono un aumento del salario minimo da 80 dollari a 160.
In Bangladesh invece, forse il Paese più conveniente per i marchi che hanno deciso di investire qui preferendolo persino alla Cina e all’India (13 mld di fatturato), la richiesta di adeguamento salariale si è fermata a ottanta dollari. Le lotte innescate l’anno scorso hanno fatto siglare un parziale aumento al governo, ma da qui a farlo rispettare ce ne corre.
Gli investitori stranieri sono continuamente in cerca di nuove strade dove pagare meno, ottenere qualità, non dover fare i conti col sindacato, poter trattare con governi compiacenti. La Cambogia è una di queste nuove frontiere ma anche il Vietnam: Paesi meno cari dell’Indonesia (15,5 mld di fatturato) che vanta però una manodopera specializzata in un Paese dove ormai la dittatura trentennale di Suharto è un ricordo, dove il tessile ha una lunga storia e si fa anche molta formazione e quindi la qualità del prodotto – oltre che il politically correct — è garantita, pur se costa di più per unità di prodotto. Se Hanoi e Phnom Penh sono le capitali più gettonate, una parte importante della delocalizzazione del tessile resta ancora in India e Pakistan per la capacità, tra l’altro, di garantire sistemi industriali di confezione e di spedizione. Poco importa se anche qui la catena di incidenti è lunga e le condizioni di lavoro spesso bestiali; situazioni dove si sfrutta una manodopera – per lo più femminile e spesso minorile — reclutata nelle campagne dove c’è fame di lavoro e riluce il fascino della modernità urbana.
Comunque, per capire come va il mercato bisogna guardare i dati dell’export tessile: al primo posto c’è la Cina (159,6 mln di dollari), il Bangladesh è al terzo (oltre 19 mln), al sesto, settimo e ottavo rispettivamente Turchia, Vietnam e India (circa 14 mln), al 13mo l’Indonesia (7,5). Chi compra? Ai primi posti gli Stati uniti, seguiti da Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Hong Kong, Italia, e Spagna". (Da Il Manifesto)
23/04/23
Riprendere gli insegnamenti della Resistenza antifascista come guida all'azione, per le donne doppiamente necessario. Viva il 25 aprile
22/04/23
"Quale femminismo, oggi?" Un movimento femminista proletario rivoluzionario
Dall'intervento fatto all'assemblea delle compagne del Comitato di lotta Viterbo del 15 aprile.
La questione “quale femminismo oggi?” è importante. Noi diciamo, non da oggi ma a maggior ragione oggi in cui “la borghesia veste donna”, si traveste da donna per dimostrare, alla faccia della dura realta’ in cui la maggioranza delle donne vive, che la condizione delle donne invece va avanti, e questo sarebbe dimostrato con la peggiore figura attualmente delle donne, la Meloni fascista, che ciò che serve è un movimento femminista proletario rivoluzionario. Questa è la risposta che diamo alla domanda “quale femminismo, oggi?”
Ognuna di queste parole: movimento, femminista, proletario, rivoluzionario, è importante.
Per questo parlare di “movimento” non è solo una parola, ma si deve riempire di organizzazione e di lotte delle donne.
Ma deve essere un movimento femminista. E su questo dobbiamo fare un po' di chiarezza. “Femminista” nel senso che raccoglie tutte le espressione di ribellione delle donne su tutti gli aspetti di oppressione, sfruttamento, violenza sessuale e in tutti gli ambiti. Quando i borghesi attaccano (per loro in senso dispregiativo) come “femminista” ogni manifestazione di ribellione, di protesta delle donne, di controtendenza, di denuncia della propria condizione di oppressione senz’altro, allora “siamo tutte femministe”.
Le rivoluzionarie, le comuniste non sono su una montagna, devono raccogliere ogni forma di ribellione al sistema capitalista esistente; ogni forma di ribellione verso sfruttamento, oppressione, femminicidi, stupri, dovunque avvengano. In questo senso diciamo che proprio le donne proletarie devono essere “più femministe delle femministe”, perchè è interesse nostro, della maggioranza delle donne sviluppare, far avanzare la ribellione delle donne su ogni aspetto di oppressione.
Femminismo significa rivendicare l’imprescindibilita’ del protagonismo delle donne, della loro marcia in più. Poi torneremo su questa questione della “marcia in più”.
Il problema non è solo di lotta. Tutti lottano, i proletari lottano, anche se in questo periodo dovrebbero lottare molto di più, gli uomini lottano, però il problema che noi riteniamo assolutamente necessario è che nella lotta le donne siano protagoniste, siano anche dirigenti nel movimento proletario, anticapitalista.
In questo senso dire il capitalismo sfrutta sia le donne che gli uomini (benchè anche su questo non è la stessa cosa, anche se la radice è uguale), dire che abbiamo interessi comuni, di classe a lottare contro questo sistema sociale, questo è vero, però come avviene questo, cosa è necessario perchè le donne siano effettivamente protagoniste di questa lotta? Noi diciamo che è necessario un’organizzazione delle donne, specifica delle donne, uso una parola che anche a noi non piace molto, la parola “separate”; un’organizzazione che permetta quelle condizioni pratiche, ideologiche in cui le donne possano riconoscere la loro condizione, non individuale ma collettiva, frutto di questa societa' capitalista, e quindi sentirsi forti. E in questo portare nel movimento proletario più generale una ricchezza, quella marcia in più, di cui parlavamo prima.
Questo è necessario sicuramente all’esterno. Le donne senza una propria organizzazione, le lavoratrici senza una propria organizzazione come proletarie donne – una parentesi: noi stiamo intervenendo anche alla Stellantis Mirafiori di Torino, e in una di questi interventi alla fabbrica un’operaia diceva: ah, finalmente, sono contenta che si parli e si voglia lottare sia sui problemi che abbiamo in fabbrica ma sia su tutti i problemi che abbiamo come donne, perchè le donne hanno una condizione costante di sfruttamento, oppressione sia dentro la fabbrica, dove sono discriminate anche rispetto ai loro stessi compagni di lavoro, sia, in maniera molto più evidente, fuori dalla fabbrica, in casa, nella societa’ -, non possono pesare realmente nella lotta di classe.
Ma, diciamo che è assolutamente necessaria un’organizzazione specifica delle donne nei sindacati di base, anche nei sindacati classisti e combattivi, dove senza che le lavoratrici affrontino e portino l’insieme della loro condizione, e del loro protagonismo positivo in termini di ricchezza, vediamo, compagne, quello che succede: nelle assemblee anche di questi sindacati sono pochissime le lavoratrici che prendono in mano le assemblee, che intervengono, che decidono sulle varie questioni. E' necessaria un'organizzazione delle compagne è nelle organizzazioni rivoluzionarie, nei partiti comunisti. Non è un caso che li’ dove ci sono state, in Perù, in Nepal, o dove ci sono tuttora delle guerre popolari, in primis in India, e si tratta di guerre popolari dirette da partiti comunisti marxisti leninisti maoisti, bene, la’ ci sono state e ci sono le più ampie, attive, anche all’interno delle organizzazioni comunisti, organizzazioni delle donne.
Ma aggiungeva, e aggiungiamo anche noi, nello stesso tempo, bisogna stare attenti a che la questione delle donne non venga posposta a causa di un eccesso di zelo nell'applicazione della contraddizione di classe – non una sottovalutazione della contraddizione di classe ma un “eccesso di zelo” - questo porterebbe ad un settarismo di “sinistra” verso l’intero movimento femminista.
Entrambe le tendenze estreme devono essere fermate, rendendo le donne di origini piccolo borghesi più coscienti che la contraddizione determinante è quella di classe, e quelle delle classi proletarie ad essere più sensibili alla questione di genere...”.
Faccio su questo un esempio. Chi ci conosce sa bene che noi abbiamo sempre criticato dall’inizio l’assunzione in Nudm del “Transfemminismo”, per cui non ci si dice più “femministe” ma transfemministe, e questa cosa si sta molto estendendo, e noi abbiano detto perchè è sbagliato perchè oscura la condizione e la lotta come donne, in quanto donne; però ora c’è questa campagna oscena, reazionaria che utilizza patriarcalismo e modernita’, che parla di togliere i figli alle coppie omosessuali; e rispetto a questo noi abbiamo detto: “siamo tutte transessuali, siamo tutte gay, siamo tutte lesbiche”; perchè di fronte ad un attacco della borghesia, di questo governo fascista, le proletarie,come dicevamo prima, devono essere in questo caso “più femministe delle femministe” raccogliendo tutti gli elementi di ribellione a questi attacchi che sono ideologici, politici ma anche pratici.
Tornando al discorso: quale femminismo serve, serve non un generico “femminismo” ma un femminismo proletario. Perchè non si tratta di una specificita’ femminile come astratto problema di genere, ma di un femminismo espressione della maggioranza delle donne che sono proletarie, lavoratrici, precarie di oggi e di domani, che sono oppresse dentro e fuori la famiglia, donne che non hanno nulla da difendere ma hanno doppie catene da spezzare. Un femminismo che non ha da migliorare questo sistema capitalista, o, come dice Nudm da perseguire una “trasformazione radicale del sistema produttivo capitalista”, ma da rovesciare questo sistema; un femminismo che afferma l'incompatibilità, inconciliabilità delle donne con ogni aspetto, economico, politico, sociale, culturale, ideologico di questo sistema e lotta perchè “tutta la vita deve cambiare”. Un femminismo proletario perchè questo sistema sociale capitalista è di classe, questo Stato è di classe, questo Governo, questi partiti parlamentari sono di classe, la loro politica si fonda sulla lotta di classe quotidiana, perchè il maschilismo, il clericalismo, il fascismo sono espressione di una classe capitalista, imbarbarita e putrefatta. E' soprattutto tra le proletarie che si pone l'emergenza di fondere la lotta di classe con la lotta di genere.
Questo femminismo deve combattere ogni forma di interclassismo. Noi non siamo affatto partigiane delle donne che scalano il potere in questo sistema; anzi la storia e la realta’ ci dimostra che spesso le donne al potere sono “più realiste del re” in senso negativo.
Questo movimento femminista proletario non può che essere rivoluzionario: non c’è liberazione senza rivoluzione e la lotta delle donne possiamo dire che è la lotta più inconciliabile anche ora con qualsiasi aspetto del riformismo, anche quello apparentemente radicale; perchè la condizione delle donne è di un attacco a 360 gradi, di oppressione senz’altro – e qui torniamo al discorso di "uomini/donne, tutti siamo sfruttati, oppressi". Certo, ma per le condizioni storiche, economiche, su cui ora non possiamo soffermarci, l’oppressione verso le donne è come se sintetizza tutte le oppressioni, verso tutte le masse popolari. Per questo parliamo di oppressione senz’altro, senza specificazioni, perchè è totale, è una violenza “sistemica” di questa società capitalista, che non può essere riformata ma rovesciata con un processo rivoluzionario, in cui le donne – dall'inizio - siano l'anima e la forza più generalista, più coerente, più radicale di una rivoluzione che vada a fondo, una rivoluzione nella rivoluzione, che sconvolga e trasformi la terra e il cielo. Allora per questo, la lotta delle donne, il protagonismo delle donne nella lotta in ogni momento è complessivo.
Guardate, noi organizziamo quasi ogni giorno le lotte delle lavoratrici, operaie, si tratta di lotte sindacali sulle condizioni di lavoro, salariali, ecc., cosi’ come organizziamo le lotte degli operai, delle Acciaierie, dell’appalto; ma c’è una differenza. Per la condizione che subiscono, le donne portano nella lotta l’insieme della loro condizione; partono dalla condizione che vivono sul posto di lavoro, ma poi inevitabilmente parlano della loro vita in famiglia, della questione dei figli, dei problemi col marito, sessuali. Per questo alle proletarie non basta ottenere un risultato dalla lotta, che comunque è poca cosa rispetto all’odio verso tutto quello che subiscono, rispetto al fatto che tutta la vita deve cambiare. Allora non ci si può fermare anche se si sono ottenuti alcuni risultati. Questo deve essere riconosciuto anche dai lavoratori maschi, anche dalle organizzazioni sindacali combattive e di classe, anche dalle organizzazioni rivoluzionarie, comuniste.
Non ce la siamo inventati noi, è una condizione storica e attuale delle donne, di attacco a 360 gradi e quindi di necessita’ di una lotta a 360 gradi. Per questo: non c’è liberazione senza rivoluzione, ma non c’è rivoluzione senza liberazione delle donne.
Le donne essendo le prime ad essere state soggiogate nella storia dell'umanità, saranno le ultime ad essere liberate, da qui la loro spinta a portare la rivoluzione a forme più alte, dalla rivoluzione socialista ad una rivoluzione nella rivoluzione. Perchè il veicolo della trasformazione dalla terra al cielo della società sono principalmente le donne. Per questo coloro che vogliono mantenere lo status quo cercano sempre di bloccare questo veicolo.
Questo lo stanno verificando anche negli altri paesi, nei paesi in cui ci sono le rivolte, nei paesi in cui ci sono le guerre popolari, in cui non è possibile una rivoluzione che tocchi la terra e il cielo, che tocchi tutte le questioni (dalla scuola alla sanita’, ecc.), se non c’è una rivoluzione nella rivoluzione, che tocchi le questioni sovrastrutturali, che trasformi le idee patriarcali.
Noi abbiamo detto in varie occasioni, in particolare a fronte di femminicidi, stupri: “Noi odiamo gli uomini che odiano le donne”. Purtroppo le violenze sessuali non sono patrimonio solo dei borghesi, sono frutto di concezioni, pratiche che sono presenti anche tra i proletari. E ci sono anche tra i compagni – diceva il Partito Comunista dell’India maoista che decine e decine di atteggiamenti, concezioni maschiliste erano presenti anche tra i compagni comunisti, che pur morivano per la lotta.
Lo stesso Lenin, nel suo famoso discorso con Clara Zetkin diceva ad un certo punto parlando della sottovalutazione da parte dei compagni della donna e del suo lavoro: "Disgraziatamente si può ancora dire di molti compagni: "Gratta un comunista e troverai un filisteo!". Evidentemente dovete grattare il punto sensibile: la loro concezione della donna".
Quindi, è prima di tutto dalla condizione oggettiva che nasce la “marcia in più”. Non è un valore morale, è un’analisi scientifica.
Questa coscienza che le donne hanno una marcia in più spiega il perchè noi diciamo che la battaglia delle donne non è un’appendice della lotta di classe ma è parte della lotta di classe, del movimento proletario rivoluzionario, e porta una visione radicale.
La condizione di doppio sfruttamento e di doppia oppressione delle donne è un fattore decisivo dello svelamento di questo sistema sociale; e nello stesso tempo fa della ribellione delle donne una forza poderosa della rivoluzione per la distruzione di tutte le catene vecchie e moderne della societa’ capitalista.
21/04/23
Sul movimento femminista in Spagna. Ascolta l'intervista
L'intervista è stata fatta dal MFPR a una femminista di base spagnola, Pilar Álvarez Martínez, attivista da molti anni in diversi collettivi, lavora nell'ambito culturale, storico; e ad un professore universitario di antropologia, Alessandro Forina, italiano, che vive da più di 10 anni a Madrid, specialista in materia di femminismo, rifugio e migrazioni forzose. Attivista nella difesa dei diritti umani delle persone rifugiate e migranti.
MAURIZIO MARRONE, GIU' LE MANI DALLA LEGGE 194
Il Piemonte è una delle quattordici regioni il cui Governo locale è finito nelle adunche mani della destra radicale e fascista: dal 2014 la Giunta è guidata da Alberto Cirio, un industriale forzitaliota, mentre a farla da padrone è la formazione fascista meloniana; nelle vesti di assessore alle Politiche Sociali c’è Maurizio Marrone, già protagonista, nel 2009, dell’irruzione notturna – attuata con alcui suoi amichetti di partito – all’interno dei locali del centro sociale Murazzi, imbrattati da scritte inneggianti la dittatura del ventennio.
20/04/23
"Meno migranti più figli" "Lavoro alle donne contro i migranti"... NON IN NOSTRO NOME!
Liberare Jj4
Jj4 l'orsa al centro delle polemiche di distrazione di massa del governo, colpevole di aver ucciso un runner che correva nel bosco.
L'orsa e le femmine animali se vengono spaventate, cercano di difendere i loro cuccioli, ma nel Trentino dove viveva l'orsa è diventata subito caccia "all'assassina"; il governatore fascioleghista Fugatti per coprire le inadempienze al progetto finanziato dall'Unione, Life Ursus, per preservare una piccola popolazione di orsi nel territorio trentino.
In Italia risulta l'unico caso di morte causato da orsi, mentre i cacciatori hanno causato oltre 300 morti e un centinaio di feriti umani negli ultimi anni sia di cacciatori stessi che di chi non c'entrava niente, ma lo stesso accanimento nel braccare i colpevoli di queste morti non si è mai visto.
A frequentare i
boschi si deve avere più paura di incontrare l'uomo e non gli animali,
che hanno tutto il diritto di vivere nel loro ambiente, soggetti a
costante pressione ed invasione da parte dell'uomo la cui devastazione
per interessi economici, di sfruttamento dei territori è diventata una
emergenza.
Altro che “orso assassino”: il capitalismo ha prodotto una
razza assassina, che secondo qualsiasi legislazione che parificasse
l’ecocidio ai crimini contro l’umanità, meriterebbe la "condanna a
morte" senza appello.
Nel mondo circa ventimila orsi sono “allevati” per mungere la loro bile mediante ferite permanenti, tenuti in schifose gabbie. Ma in questo sistema è chi combatte per un ambiente vivibile per animali e uomini che diventa il "criminale" da perseguire.
NO all'uccisione di JJ4!
Liberare JJ4!
Fiorella Mfpr Taranto
19/04/23
Formazione Marxista il link per venerdì 21 aprile
Formazione Marxista, terza lezione ore 17.30 venerdì 21 aprile, in presenza alla sede Slai Cobas di Dalmine, con il prof Di Marco.
E' possibile seguire la lezione on line a questo link:
18/04/23
25 aprile: donne contro il moderno fascismo
Contro il moderno fascismo facciamo sentire forte il nostro grido, lotta in questo 25 aprile, contro Meloni, i suoi ministri fascisti, integralisti, sessisti, razzisti, guerrafondai.
Meloni, che usa il fatto di essere donna/madre come una patacca, ci fa ribrezzo. Si tratta di una serva che cerca spazio in ogni consesso internazionale, che fa la piazzista degli interessi dei grandi padroni italiani nel Nord Africa, Tunisia, in Egitto, in Medio oriente, in India, ecc; in cambio del blocco/respingimento dei migranti, donne, bambini, che a centinaia muoiono in mare o li si vuole rimandare nei lager delle torture, stupri. Come la più squallida dei mercanti, la Meloni offre/fornisce sempre più armi per la guerra imperialista in Ucraina che sta uccidendo soprattutto donne e bambini; mentre toglie soldi alla scuola, alla sanita’, ai servizi sociali, scaricando sulle donne il lavoro di cura, assistenza, il carovita.
Si azzarda a parlare di tematiche presenti tra le donne Lgbt+ senza capirne niente, ma solo per affermare di fatto che chi sei lo decide Dio ed è indiscutibile. La Min. Roccella, esponenti di FdI, affermano che le coppie gay, lesbiche, "non possono spacciare i bambini per propri figli", si vieta la trascrizione all'anagrafe dei figli delle famiglie omogenitoriali, per arrivare tra un pò a togliere loro i figli.
E gia' Cirielli FdI vice ministro degli Esteri ha proposto di togliere i figli alle madri detenute
Mentre riprende la campagna per fare figli più figli per il capitale e per la patria, perchè le donne valgono, vengono “pesate” principalmente sulla base dei figli che fanno. Ma, sia chiaro, questi figli devono essere rigidamente frutto di coppie eterosessuali, con padre maschio e madre donna, bianchi e italiani...
E dietro questa campagna riappare l’onda nera dell’attacco al diritto d’aborto. Viene cosi’ alimentato l’humus/clima maschilista che a livello di massa si trasforma inevitabilmente anche in violenza sessuale/femminicidi contro tante donne, la cui libertà di scelta, di decidere è messa sotto attacco.
Tutto questo è fascismo. L'ideologia che l'accompagna è fascismo.
Per questo oggi, come ieri, noi donne in prima fila per una nuova Resistenza!
16/04/23
Formazione marxista, terza lezione 21 aprile, collegarsi e far girare
Marx ha dimostrato che il rapporto lavoro salariato e capitale, sfruttamento/profitti, operai/padroni non è eterno, non è una maledizione inevitabile, e che spetta proprio agli operai farsi i “becchini” del sistema capitalista ed essere il motore collettivo della nuova Storia, della società senza classi, il comunismo.
'La classe operaia possiede un elemento di successo: il numero; ma il numero non pesa sulla bilancia se non quando è unito in collettività ed è guidato dalla COSCENZA' Karl Marx
Ci stiamo preparando alla terza lezione di questo ciclo della Formazione Marxista, che in presenza nella sede dello Slai Cobas di Dalmine, in via Marconi 1, alle ore 17.30, lezione che sarà possibile seguire on line collegandosi al link che verrà pubblicato a breve.
Terza lezione: il denaro come rapporto sociale in forma di cosa
prima lezione: merce denaro capitale plusvalore salario
seconda lezione: il processo di produzione e riproduzione del capitale
«Riconoscere i prodotti come prodotti suoi e giudicare la separazione dalle condizioni della sua realizzazione come separazione indebita e forzata – è una coscienza enorme che è essa stessa un prodotto del modo di produzione basato sul capitale, e al tempo stesso il Knell to its doom [il rintocco funebre del suo giudizio finale], al pari della coscienza dello schiavo di non poter più essere proprietà di un terzo, la sua coscienza di essere una persona, la coscienza che la schiavitù ormai continua a vegetare soltanto come un’esistenza artificiosa e non può più continuare ad essere la base della produzione».
Dai Lineamenti Fondamentali della Critica dell’Economia Politica 1857/1858