Negli
ultimi tempi, e ancora di più dopo la nomina a ministro dell’Interno di
Marco Minniti, l’utilizzo di provvedimenti amministrativi contro
attivisti dei movimenti sociali è rapidamente cresciuto. Del resto,
prassi di questo tipo sono state ampiamente utilizzate nei periodi e nei
luoghi di maggiore agitazione sociale lungo tutto il corso della storia
dell’Italia unita. Per capire meglio cosa significano simili misure
abbiamo intervistato l’avv. Serena Tucci.
Che cos’è un foglio di via?
È una misura di prevenzione personale
prevista dal D.L. 159/2011 (c.d. codice antimafia) applicata
direttamente dal Questore il quale, a determinati soggetti “pericolosi”
che si trovino fuori dal luogo di residenza, con provvedimento motivato,
può imporre di farvi rientro con il foglio di via obbligatorio ed
inibendo agli stessi di ritornare senza autorizzazione o per un periodo
di tre anni.
Il foglio di via (previsto dall’art. 2
del D.L. summenzionato) e l’avviso orale (previsto dall’art. 3 del
medesimo D.L.) sono le uniche due misure di prevenzione direttamente
applicate dal Questore, senza necessità del vaglio dell’Autorità
Giudiziaria, autorità viceversa necessaria in caso di proposta delle
altre misure di prevenzione (come ad esempio la sorveglianza speciale,
l’obbligo di dimora, la confisca, il sequestro) attraverso apposito
procedimento di prevenzione.
Puoi descriverci il concetto di pericolosità sociale utilizzato dal Legislatore?
Nell’ambito delle misure di prevenzione
si parla di soggetti destinatari delle misure stesse che devono avere
determinate caratteristiche, desunte da elementi di fatto. Nel caso
dell’avviso orale e del foglio di via, tali sono: 1) soggetti
abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2) soggetti che vivono
abitualmente con i proventi di attività delittuose; 3) soggetti dediti
alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo
l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la
tranquillità pubblica. È importante sapere tuttavia che, nonostante tali
caratteristiche, l’azione di prevenzione può essere esercitata anche
indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale. In pratica, anche
un soggetto totalmente incensurato e privo di carichi pendenti, può
essere destinatario della misura stessa.
Il foglio di via, unitamente
all’avviso orale, è previsto dal D.L. 159/2011 che rientra all’interno
della normativa antimafia. Entrambe le misure sono state usate in questi
anni contro molti attivisti dei movimenti. Perché un dispositivo
pensato all’interno della normativa di contrasto alle organizzazioni
mafiose finisce per essere utilizzato con scopi politici?
Perché evidentemente si è stravolto il
significato originario che il Legislatore tendeva a dare, utilizzando
tali misure in maniera spropositata ed ai limiti
dell’incostituzionalità. L’intera materia si rivela a forte rischio di
incompatibilità con la Costituzione e con la Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo. Gli attivisti dei movimenti dovrebbero avere
un’ideologia di fondo ispirata all’impegno sociale e politico, entrambi
perfettamente leciti e lontani dalle esigenze contingenti che hanno
indotto il Legislatore a creare una disciplina finalizzata alla
prevenzione. Se si pone mente al fatto che le misure di prevenzione sono
finalizzate alla tutela dell’ordine pubblico, allora appare evidente
come certi fatti, lungi dal poter mettere in pericolo la pubblica
sicurezza, si qualificano come meri strumenti di lotta politica e
sociale, del tutto legittimi in un ordinamento costituzionale.
Inoltre, il presupposto imprescindibile
per l’applicazione della misura di prevenzione è l’accertamento della
pericolosità del soggetto, desunta dalla volontaria condotta di vita
dello stesso. Qualora ci si trovi innanzi a comportamenti che, per
diversi motivi, primo tra tutti la matrice politica e l’impegno sociale,
potrebbero essere giustificati come irrilevanti sotto il profilo
criminale, non appare giustificabile neppure l’applicazione di una
misura di prevenzione, né tantomeno di un provvedimento di avviso orale o
foglio di via.
Quali altre criticità principali
presenta questo Decreto Legge, anche rispetto al dettato costituzionale
degli art. 25 (III comma) e 13 (II comma) [1]?
La legittimità costituzionale
dell’istituto, giacché direttamente incidente su beni costituzionalmente
garantiti, non può prescindere dall’osservanza del principio di
legalità. Tale principio – in materia di prevenzione – implica che
l’applicazione della misura, seppur ancorata ad un giudizio meramente
prognostico [ossia relativo alla mera supposizione che una determinata situazione si verificherà,
ndr], trovi il suo presupposto nelle “fattispecie di pericolosità”
accuratamente descritte dalla legge. Ci si deve concentrare quindi sul
sufficiente o insufficiente grado di determinatezza della descrizione
legislativa dei presupposti di fatto, dal cui accertamento dedurre il
giudizio prognostico sulla pericolosità del soggetto. In altre parole,
in ossequio al principio di legalità previsto dall’art. 13
della Costituzione, deve essere predisposto un quadro legislativo
idoneo per la descrizione delle fattispecie rilevanti ai fini
dell’applicazione delle misure di prevenzione, tale da consentire
l’individuazione precisa ed inequivocabile delle condotte dal cui
accertamento si arriva ad un giudizio prognostico di pericolosità del
soggetto e quindi all’applicazione della misura di prevenzione.
Nella prassi giudiziaria tuttavia, si richiama spesso una pericolosità cosiddetta generica.
La norma, infatti, non descrive una
condotta, una fattispecie o un elemento di fatto adeguatamente
individuato a cui fare riferimento. L’individuazione delle condotte
rilevanti è rimessa in tutto e per tutto al Giudice (per le misure
applicate dall’Autorità Giudiziaria) o al Questore (per le misure
dell’avviso orale e del foglio di via).
La formula tratteggiata dal Legislatore
quindi non adempie in nulla alla funzione di fattispecie legale
(individuazione specifica dei casi) ma offre agli operatori uno spazio
di incontrollabile discrezionalità assolutamente incompatibile con i
dettami dell’art. 13 della Costituzione.
Giansandro Merli da DinamoPress
Note:
[1] Articolo 25, III comma: Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge; Articolo 13, II comma: Non
è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione
personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se
non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi
previsti dalla legge.
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